Diabete Flashcards

1
Q

Diabete: differenza M/F

A

Maggiore nelle donne fino a 44 anni e oltre i 60

Maggiore negli uomini solo nella fascia tra i 44 e i 60

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2
Q

Diabete mellito

Definizione

A

Disordine metabolico caratterizzato da deficit di insulina o per mancata produzione da parte del pancreas (DEFICIT da distruzione cell.beta) o per desensibilizzazione a livello tissutale (INSULINO RESISTENZA).
Primo sintomo: eccessiva produzione di urina, mellito perché presente glucosio nelle urine
Aumento concentrazione plasmatica di glucosio nel sangue

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3
Q

Diabete

Cause

A

Predisposizione genetica
Alimentazione sregolata
Obesità
Virus (rosolia, coxackie —> omologia delle proteine del nucleocapside con antigeni cell beta)
Agenti tossici che agiscono sulle beta cellule

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4
Q

Diabete

Classificazione

A
  • Diabete di tipo I o insulina-dipendente (IDDM= insulin dependent diabetes mellitus)
  • Diabete di tipo II o non insulina-dipendente (NIDDM= non insulin dependent diabetes mellitus) che compare più tardivamente nel corso della vita. Si è visto che non è sempre non insulina-dipendente, può evolvere anche verso la dipendenza dell’insulina, per questo si preferisce chiamarlo tipo II.
  • Ridotta tolleranza al glucosio (IGT) condizione pre-diabetica che conferisce una iperglicemia non spiccata oppure una difficoltà a smaltire il glucosio in seguito ad un pasto o a un carico glicidico.
  • Diabete mellito gestazionale (GDM) più o meno reversibile a seconda dei casi, conferisce un rischio alla madre di diventare diabetica dopo il parto.
  • Forme di diabete dipendenti da altre varie cause (diabete secondario).
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5
Q

Diabete secondario

A
  • Difetti genetici nell’azione dell’insulina
  • Mutazioni presenti nel gene dell’insulina o nel gene del recettore dell’insulina
  • Malattie del pancreas esocrino
  • Malattie endocrine (S. Cushing, feocromocitoma, glucagoma, acromegalia…)
  • Farmaci (glucocorticoidi, cortisonici che conferiscono una resistenza all’insulina)
  • Infezioni (rosolia, citomegalovirus, coxsackie)
  • Forme di diabete autoimmuni (autoanticorpi anti-recettore, Stiff-Man sindrome)
  • Sindromi genetiche (Sindrome di Down…)
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6
Q

Diabete di tipo I

A
  • È insulina-dipendente: è necessaria l’insulina per la correzione di questo tipo di diabete.
  • Insorge in giovane età
  • Insorgenza acuta
  • Tende alla chetosi perché il glucosio non viene più metabolizzato e quindi vengono ossidati i lipidi
  • Si formano autoanticorpi contro antigeni delle cellule beta pancreatiche (fenomeno di autoimmunità)
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7
Q

Diabete di tipo II

A

*È non insulina-dipendente, anche se può diventarlo (ci sono forme intermedie che prendono il nome di diabete di tipo 1,5 perché hanno caratteristiche intermedie.
*Ha un’insorgenza lenta
*Ha una scarsa tendenza alla chetosi
*Inizialmente è sensibile alla sola dieta, se poi l’individuo non si mette a regime alimentare o è sovrappeso diventa diabetico di tipo II.
*Colpisce frequentemente soggetti obesi
Il soggetto non sa quando è diventato diabetico perché i sintomi sono subdoli

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8
Q

IGT

A

È un’alterata tolleranza al glucosio. È una condizione pre-diabetica quindi una sindrome asintomatica iperglicemica. I livelli di glucosio a digiuno in questo caso sono un po’ borderline, leggermente fuori norma. Il 20% dei soggetti che hanno IGT evolvono, o rischiano di evolvere, verso il diabete.

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9
Q

Diabete gestazionale

A

Il feto della donna diabetica viene sottoposto ad un periodo di iperinsulinismo perché la mamma ha dei livelli glicemici superiori alla norma. L’iperinsulinismo alla nascita può diventare insidioso perché può provocare delle crisi ipoglicemiche e quindi causare delle alterazioni neurologiche anche irreversibili. È un diabete reversibile ma, come già detto, conferisce alla madre un rischio residuo fino al 60 % di diventare diabetica.

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10
Q

Omeostasi del glucosio

A digiuno e dopo i pasti

A
A digiuno prevale:
*la glicogenolisi
*la gluconeogenesi
per mantenere i livelli di glucosio nella norma.
Dopo i pasti invece prevale:
*la glicogenosintesi
*la glicolisi per produrre ATP
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11
Q

Insula pancreatica o di Langerhans

A

L’unità funzionale della parte endocrina del pancreas prende il nome di insula pancreatica o di Langerhans. All’interno di questa si trovano 4 tipi di cellule che insieme governano l’omeostasi del glucosio:

  • cellule alpha che sintetizzano il glucagone, in grado di aumentare la glicemia.
  • le cellule beta sintetizzano l’insulina che si contrappone a innalzamenti della glicemia
  • le cellule delta che sintetizzano la somatostatina
  • le cellule PP, che producono il polipeptide pancreatico
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12
Q

Funzionamento glicemia/insulina

A

Aumento glicemia —> pancreas sintetizza insulina —> insulina raggiunge settori periferici in modo da far sì che:
*fegato converta glucosio in glicogeno
*muscolo ossidi il glucosio (e >uptake) + glicolisi
*tess.adiposo: lipogenesi e uptake glucosio
Invece a digiuno —> pancreas spegne cell. Beta e accende le Alpha —> sintesi glucagone che a livello epatico dà glicogenolisi
Altri ormoni con lo stesso scopo del glucagone
*catecolammine
*cortisolo
*ormone della crescita (GH)

Quando le cell.beta non funzionano

  • glucosio ristagna in circolo
  • cell.pancreatiche secernono glucagone
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13
Q

Trasportatori del glucosio

A

*Co-trasportatore Na/glucosio —> microvilli cell.epiteliali intestinali
*trasporto facilitato: GLUT
12 isoforme di GLUT tutte transmembrana, secondo gradiente.
Glut2 —> pancreas e fegato
Glut4 —> tess.adiposo e muscolare (dipendente da insulina)
Glut1 —> cerebrale e tess.muscolare

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14
Q

Insulina

Molecola

A

Formata da catena a, b e c
Le carbossipeptidasi staccano il polipeptide c
Due ponti disolfuro tra catena a e b e uno intracatena a
Formata così da 51aa
Per ogni mole di insulina viene quindi liberata una mole di polip.c

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15
Q

Insulina

Recettore

A

Costituito da due subunità: alpha (esterno) e beta (interno del citoplasma)
Il legame tra insulina e il suo recettore determina fosforilazione
Localizzato prevalentemente a livello di:
*fegato
*muscolo
*tess.adiposo
E poi in intestino, cervello (GLUT 1 e 3) e cell.endoteliali

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16
Q

Cosa avviene in generale in seguito al legame tra insulina e recettore?

A

*incremento del glucosio a livello della cellula
*maggior sintesi delle proteine
*inibizione della glicogenolisi
*attivazione della glicogenosintesi
*attivazione dei trigliceridi
*inibizione dell’idrolisi dei trigliceridi
*attivazione della glicolisi e dell’ossidazione del glucosio
questi effetti non si verificano contemporaneamente in tutte le cellule: la glicogenosintesi verrà attivata nel fegato e nei muscoli che sono gli organi più sensibili, mentre la sintesi lipidica sarà priorità del tessuto adiposo ecc..

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17
Q

Cosa avviene nel fegato dopo legame tra insulina e recettore?

A

Il glucosio tramite il GLUT entra nel fegato e si incrementa la sintesi di glicogeno, si spegne la gluconeogenesi, aumenta la glicolisi e aumenta la liposintesi a livello epatico. Si blocca invece la chetogenesi perché viene ossidato il glucosio al posto dei lipidi.

18
Q

Cosa avviene nel tess.adiposo dopo legame tra insulina e recettore?

A

Tramite il GLUT4 entra il glucosio e si forma più glicerolo-3-fosfato, precursore per la sintesi dei trigliceridi. Abbiamo inoltre una trasformazione degli acidi grassi in trigliceridi e una ridotta idrolisi dei trigliceridi.

19
Q

Cosa avviene nel tess.muscolare dopo legame tra insulina e recettore?

A

Abbiamo anche qui GLUT4, maggiore uptake del glucosio, maggiore sintesi del glicogeno e maggiore sintesi proteica.

20
Q

Catabolismo insulina

A

L’insulina viene catabolizzata a livello epatico attraverso la glutatione insulina-transidrogenasi, enzima che utilizza due molecole di glutatione per ridurre i due ponti disolfuro.
Il glutatione viene poi rigenerato dalla glutatione reduttasi.

21
Q

Patogenesi diabete di tipo I

A

Abbiamo una predisposizione genetica, fattori ambientali, una risposta autoimmune verso le cellule beta.
Questo comporta una carenza di insulina e di conseguenza una IPERGLICEMIA che comporta varie manifestazioni cliniche.
La glicemia si mantiene normale fino a quando viene distrutto il 90% delle cellule beta pancreatiche. A questo punto le cellule residue non possono più tamponare l’iperglicemia e si manifesta il diabete.
Durante questa distruzione immunitaria iniziano a formarsi degli anticorpi anti-insulina, anticorpi anti IA2, anticorpi anti-trasportatore dello zinco isoforma 8, anticorpi anti GAD (decarbossilasi dell’acido glutammico, enzima che forma GABA)
Si ha quindi la comparsa dell’iperglicemia, la glicosuria, poliuria, una perdita di peso, una condizione metabolica di fame: c’è del glucosio in circolo ma non l’insulina per farlo entrare dentro le cellule.
Se non viene corretta con insulina si va incontro ad acidosi, quindi perturbazione dell’omeostasi.

22
Q

Patogenesi diabete di tipo II

A

Generalmente compare dopo i 50 anni. È subdolo, per questo motivo il soggetto non sa quando è iniziata la malattia, potrebbe essere anche 5-6 anni prima della diagnosi.
Anche in questo caso si parla di malattia multifattoriale, quindi abbiamo:
*suscettibilità genetica,
*obesità e
*stile di vita alterato
che incidono sulla cellula beta pancreatica, creando:
*insulina-resistenza, oppure
*disfunzione beta cellulare tipo alterazione della secrezione del granulo..
Ovviamente i soggetti che hanno una disfunzione beta cellulare, ma anche quelli che hanno un’insulina-resistenza sono più predisposti se non si attengono alle normali regole di alimentazione.
L’insulina-resistenza è una condizione in cui, per mantenere una glicemia normale, la cellula beta pancreatica deve secernere più insulina del normale, ma facendo così va incontro a rapido esaurimento. Per questo motivo molti diabetici di tipo II, a lungo andare, evolvono verso l’insulino-dipendenza. Il diabete di tipo II deve essere monitorato per vedere la funzionalità residua della beta cellula in quel momento.

23
Q

Fasi di sviluppo del diabete di tipo II

A

-resistenza periferica all’insulina
-ridotta tolleranza al glucosio
-molti soggetti che hanno la sindrome metabolica che è una condizione di insulino-resistenza collegata a una leggera alterazione del metabolismo lipidico,
-iperinsulinemia
-prima fase di diabete con dei picchi iperglicemici a livello postprandiale -infine diabete manifesto
Il diabete di tipo due è caratterizzato da:
*ridotta secrezione di insulina
*resistenza periferica all’insulina
*aumento della secrezione epatica di glucosio
i tessuti diventano meno sensibili all’azione dell’insulina.

24
Q

Cosa succede nel tessuto adiposo insulina-resistente?

A

Meno glucosio entra nella cellula di tessuto adiposo, meno glicerolo-3-fosfato si forma, meno trigliceridi si formano, e, di conseguenza, si formano più acidi grassi ex novo. L’insulina non inibisce più l’enzima ormone-sensibile, cioè quella lipasi presente a livello del tessuto adiposo che idrolizza i trigliceridi in acidi grassi non esterificati . Questi acidi grassi liberi vanno a finire nel sangue e nel fegato, dove possono creare diverse perturbazioni. A livello del tessuto adiposo in condizioni di insulina-resistenza si formano anche delle citochine pro- infiammatorie come il TNF, che impedisce la sintesi di acidi grassi in trigliceridi.

25
Q

Cosa succede nel tessuto muscolare insulina-resistente?

A

Anche nel muscolo il glucosio non entra dentro la cellula e ristagna nel circolo. Si forma quindi meno glicogeno, si riduce l’attività della glicogeno sintetasi e aumenta l’attività della glicogeno fosforilasi. Di conseguenza viene immesso più glucosio: al glucosio esogeno (alimentare) si associa anche il glicogeno endogeno.

26
Q

Cosa succede nel fegato insulino-resistente?

A

-ridotta sintesi di glicogeno perché non entra più zucchero
-aumento della gluconeogenesi
- ridotta glicolisi e
- aumento della glicogenolisi.
Se si liberano in circolo gli acidi grassi che vengono ossidati, si formano molti corpi chetonici

27
Q

Effetti dell’essere diabetici

A
  • comparsa dell’aterosclerosi
  • retinopatia, nefropatia e neuropatia (cellule in cui l’ingresso del glucosio non è regolamentato, il glucoso entra per effetto massa)
  • piede diabetico
28
Q

Test di laboratorio per valutazione diabete

A

-Routine: glicemia
-Dubbi diagnostici e soggetti a rischio (dopo 2 o 3 determinazioni di valori basali di glicemia non propriamente nella norma) si effettuano degli OGTT (si somministrano 75g di glucosio e si va a vedere la glicemia):
*Curva glicemica
*Profilo glicemico (si chiede al paziente di monitorarsi con i misuratori della glicemia, che servono soprattutto per evitare crisi ipoglicemiche e monitorare la glicemia, NON per effettuare diagnosi di diabete)
*Glicemia alla seconda ora dopo il pasto
-Approfondimenti diagnostici per vedere la funzionalità residua del pancreas:
*tra gli OGTT ora si richiede sempre una curva insulinemica o la misura del c-peptide, perché se il soggetto ha già istituito la terapia insulinica, è inutile richiedere il dosaggio dell’insulina (sarebbe quella esogena), si deve richiedere il c-peptide perché ogni mole di questo che viene liberato in circolo corrisponde ad una mole di insulina che viene sintetizzata.
*ICA (auto anticorpi anti-insulina)
*Anticorpi anti-insulina
Il diabete va però anche monitorato per evitare le suddette complicanze. Il monitoraggio viene effettuato con il dosaggio dell’emoglobina glicosilata (HBA1C)
N.B. Il dosaggio del glucosio deve essere fatto al mattino dopo almeno 8-10h di digiuno, la perdita di glucosio in provetta è del 7-8% ogni ora.

29
Q

Inibitori della glicolisi per evitare la perdita di glucosio in provetta

A

*Sodio fluoruro, stabilizza il glucosio dopo 4h dal prelievo. Nelle 4 ore prima c’è comunque una perdita del 10%. Questa sostanza inibisce l’enolasi, enzima che agisce a valle della cascata glicolitica.
*Litio iodoacetato (funziona poco)
*Quello che funziona maggiormente è l’acidificazione del sangue con particolare anti-coagulante a base di acido borico, purtroppo non ancora in commercio. Con questo si ha solo una perdita dello 0,3% di glucosio in 2h.
Ancora non viene utilizzato, come rimediare? Raffreddare in ghiaccio la provetta e separare il plasma dalla parte corpuscolata entro 30min dal prelievo.
NOTA BENE: è fondamentale separare il plasma dalla parte corpuscolata perchè il glucosio non venga divorato.

30
Q

HbA1c

A

L’HbA1c è l’emoglobina glicosilata quindi riflette la glicosilazione delle proteine. Quando il glucosio è molto elevato si va a legare ai residui della valina di tutte le proteine del nostro corpo.
HbA1c se presente vuol dire che c’è così tanto glucosio che non necessita di enzimi per legarsi alle proteine.
Se i livelli persistono, questi prodotti di glicosilazione si trasformano in AGE= prodotti di avanzata glicosilazione non enzimatica, molto tossici perché alterano il collagene, che alterano le cellule.
La glicosilazione delle proteine è causa di:
-retinopatia
-nefropatia
-neuropatia
-macroangiopatia e microangiopatia.
L’emoglobina si forma da emoglobina A che rappresenta il 97%, una piccola quota di emoglobina fetale e l’HbA2. L’HbA è una miscela di HbA0 e di HbA1. L’HbA1 è un gruppo di 3 sottogruppi di emoglobina:
-una emoglobina con dei residui di fruttoso (fruttoso 1-6 difosfato o glucosio-6-P), l’HbA1A.
- una legata a piruvato, HbA1b
-una legata a glucosio, HbA1c.
L’emoglobina glicosilata riflette l’andamento glicemico delle 8 settimane che precedono il prelievo: valore di emoglobina glicata molto alta, perché essendo glicosilata, e i globuli rossi hanno un’emivita di 120 gg, bisognerebbe impiegare tre mesi affinchè il valore di emoglobina glicata cambi. Il valore dell’emoglobina glicata, espressa in mmol/mol di Hb, aumenta all’aumentare della glicemia.
Se ho un valore inferiore al 6%, vuol dire che ho un controllo glicemico ottimo,
buono se è inferiore al 7%,
mediocre o pessimo se supera il 9 %, che corrisponde a un valore di 50-60-70 mmol/mol.

31
Q

OGTT

A

L’OGTT valuta le variazioni di glicemia dopo un carico glicemico, generalmente di circa 75g.
Questo esame viene rivolto a quei soggetti che a digiuno hanno una glicemia borderline, osservata almeno 2-3 volte.
Si valuta ogni 30 min la glicemia e l’insulina.
Abbiamo 3 curve: si valuta valore basale e valore a 120 min.
Abbiamo un caso di ridotta tolleranza al glucosio, perché parte da una glicemia basale però a 120 min la glicemia rimane più alta della norma, non ritorna ai valori di partenza.
Il diabete invece ha una curva molto differente: parte già da valori basali molto alti per poi rimanere altissimi dopo 120 min.
Per quanto riguarda la curva insulinemina, nel diabete di tipo I non abbiamo insulina, quindi la curva rimane piatta.

32
Q

Valori di glucosio a digiuno

A
Si parla di normoglicemia quando la glicemia a digiuno è inferiore o uguale a 100 mg/dl che corrisponde a un valore di HbA1c di 38 mmol/mol o, con la vecchia unità di misura, inferiore al 5,4-5,7%. 
Quando il valore di glicemia a digiuno è da 101 a 125 compreso, significa che il soggetto si trova in una condizione di ridotta tolleranza al glucosio —> IFG. In questo caso HbA1c da 38 a 46 mmol/mol.
Se invece abbiamo un valore di glicemia a digiuno superiore a 125, significa che il soggetto è diabetico. Se nel corso della giornata, ad un’ora qualsiasi, si ha un valore di glicemia che supera i 200, il soggetto è sicuramente diabetico, non c’è bisogno di fare altri test.
Casi dubbi (cioè un riscontro più volte di valori vicini a 125 o poco superiori) si procede con l’OGTT
33
Q

Valori di OGTT

A

In questo caso se al tempo zero è al di sotto di 100mg/dl, il soggetto è normale, se in un tempo di 2h è al di sotto di 140, il soggetto è normale. Se invece il soggetto ha al tempo zero un valore che oscilla tra 101 e 125 e le due ore è inferiore a 140, significa che si trova in una situazione alterata glicemia a digiuno —> IFG.
Se dopo 2h ha una glicemia tra 140 e 199 mg/dl ha una ridotta tolleranza al glucosio, condizione pre-diabetica —> IGT.
Se dopo le due ore ha 200 mg/dl è sicuramente diabetico.

34
Q

Diabete gestazionale

A

Il diabete gestazionale ha altri parametri: se il valore è compreso tra 93 e 126 si può fare diagnosi di diabete gestazionale.
La diagnosi si può fare dalla 24esima settimana tramite OGTT.
Se al tempo 0 il valore supera 92mg/dl si ha diabete gestazionale, così come se dopo un’ora si ha un valore di 180 e dopo due di 153 mg/dl.
Inoltre le donne che hanno avuto diabete gestazionale devono sottoporsi nuovamente ad un OGTT dopo circa 12 settimane dal parto (3 mesi)

35
Q

Marcatori dell’autoimmunità nel diabete

A
  • ICA, anticorpi delle beta cellule. Questa è una definizione generica che comprende tanti tipi di antigene, molti dei quali vengono dosati singolarmente.
  • anticorpi contro la decarbossilasi dell’acido glutammico (GADA)
  • gli IA-2A, anticorpi contro la proteina 2 associata all’insulinoma.
  • Anticorpi anti-insulina (IAA)
  • Anticorpi anti trasportatori dello zinco, isoforma 8
    Questi anticorpi circolanti confermano la diagnosi clinica di diabete di tipo I, ma ci sono anche dei soggetti affetti da diabete di tipo II, che hanno in circolo questi anticorpi. Questi soggetti saranno quelli che più velocemente evolveranno verso l’insulina-dipendenza.
    Bisogna richiedere questi anticorpi anche nei parenti di primo grado del soggetto affetto da diabete di tipo I perché sono dei validi predittori di insorgenza di diabete I. Bisogna considerare che un 3-4-5% dei pazienti affetti da diabete di tipo I possono risultare negativi a questi autoanticorpi. Da non dimenticare che questi anticorpi possono essere presenti anche in caso di endocrinopatie.
36
Q

ICA

A

Anticorpi diretti contro le beta cellule
Gli ICA si riscontrano nel 70-90% dei pazienti all’esordio ma possono essere positivi anche in soggetti normale (2-3%). Hanno una specificità molto elevata (fino al 97%), per cui se un paziente risulta negativo agli ICA, non è sicuramente affetto da diabete di tipo I.
Esistono diversi tipi di ICA:
- ICA unrestricted, non legati solamente alla cellula beta, ma possono essere legati anche alla cellula alpha, delta ecc.
- ICA restricted, di proprietà della cellula beta.
- ICCA antigeni ICA citoplasmatici
- ICSA antigeni ICA di superficie
Sono importanti come valori di prognosi perché valutano la progressione verso il diabete manifesto in 1-7anni.
Gli ICA sono una famiglia di anticorpi policlonali rivolti verso un pool antigenico (l’isotipo anticorpale è l’IgG1). I loro antigeni sono GAD e IA2.
Come si esprime il risultato? Essendo una reazione di immunofluorescenza indiretta, una serie di workshop internazionali hanno portato alla standardizzazione delle metodiche di determinazione e all’espressione quantitativa in unità internazionali JDF(Juvenile Diabetes Foundation). Sono considerati positivi campioni che hanno ICA superiori a 5 JDF.
Dopo diversi anni di malattia gli anticorpi ICA tendono a diminuire nel tempo con modalità e cinetica differenti a seconda del tipo di cellula e del soggetto.

37
Q

GAD

A

È l’enzima che sintetizza GABA. Ci sono due isoforme: 65 e 67, a noi interessa GAD 65, il secondo si trova in patologie che interessano il sistema nervoso centrale. Questo compare nell’80% dei pazienti con diabete diagnosticato, predilige il sesso femminile e ha valenza pediatrica. Il GAD può comparire anche molto prima la comparsa del diabete. Il dosaggio degli anticorpi anti- GAD è un marker molto utile per vedere la successsiva dipendenza all’insulina esogena: è richiesto nel diabete di tipo II e nel diabete gestazionale. I soggetti con livelli di GAD molto elevati sono quelli che hanno un aplotipo HLA ad alto rischio, che conferisce una maggior suscettibilità al diabete. L’80% dei soggetti diabetici all’esordio presenta elevati valori di GAD e i soggetti diabetici di tipo II positivi al GAD evolvono inesorabilmente verso il diabete di tipo I.
Quando si analizza la sequenza amminoacidica del GAD isoforma 65 si vede che parte di questa proteina la si ritrova anche nel virus coxackie B4, che è stato considerato potenzialmente coinvolto nell’insorgenza del diabete di tipo I a causa di questo fattore di mimetismo molecolare. In seguito ad infezione del virus coxackie, c’è un gruppo di anticorpi che riconosce il GAD presente nelle beta cellule.

38
Q

IA2

A

Insulinoma Antigen. È una proteina transmembrana di circa 980 AA, codificata da un gene localizzato sul braccio lungo del cromosoma 7. l’IA2 è un antigene dell’ICA512. E’ un enzima ad attività tirosino-fosfatasica ma non ha attività enzimatica, non si sa ancora bene la sua funzione. Ha un peso molecolare di 106 KDa e viene sintetizzata dalle cellule beta e alpha dell’insula pancreatica oltre che da tutti i tessuti che hanno origine neuroendocrina.
Esiste anche la fogrina, che è omologa all’IA2 per il 74%, e viene definita IA-2beta.
La positività all’IA2 decresce ad un anno dalla diagnosi. L’IA2 potebbe essere il bersaglio del processo distruttivo che si verifica in corso di diabete di tipo I. Compare nell’80% dei bambini nel diabete di tipo I. l’IA2 è associato ad un aplotipo a rischio.

39
Q

IAA

A

Anticorpi anti insulina
Sono degli anticorpi rivolti verso antigeni presenti sulla catena beta dell’insulina e della pro-insulina. Si associano agli ICA, infatti nel 50% dei casi si trovano negli ICA positivi, mentre ci possono essere dei diabetici IAA positivi ma ICA negativi (piccolo gruppo). Non possono essere utilizzati per la diagnosi di diabete dopo che si è già instaurata la terapia con insulina esogena. C’è un’eccezione: se un soggetto scopre che la terapia di insulina esogena inizia a non fare effetto, si può richiedere l’IAA per vedere se c’è un incremento di anticorpi. Nel caso di positività al test bisogna cambiare tipo di insulina. La positività all’IAA è inversamente correlata all’età: più il soggetto è giovane, più aumenta l’IAA. L’IAA è strettamente correlato all’evoluzione dell’insulite. I soggetti ICA positivi con elevati titoli di IAA, evolvono verso il diabete manifesto nel giro di 4-5 anni; diversamente, bambini ICA positivi e IAA negativi hanno un’evoluzione più lenta della malattia.

40
Q

Trasportatore dello zinco

A

Questa è una proteina quindi evoca degli anticorpi quando viene esposto a un attacco immunologico. Se questo trasportatore presenta un polimorfismo (il triptofano sostituisce l’arginina in posizione 325 della sua struttura), non funziona più correttamente, il soggetto avrà una secrezione del granulo che contiene l’insulina più rallentata, meno efficiente rispetto ad un soggetto normale e pertanto avrà dei livelli di glicemia che potrebbero essere leggermente più mossi a qualsiasi età.
La proteina isoforma dello zinco è una proteina specifica della beta cellula, è un bersaglio del processo distruttivo e si trova nei soggetti molto giovani (70% dei soggetti diabetici sotto i 10 anni).

41
Q

Richiesta di anticorpi per valutare il diabete

A

Generalmente è meglio richiedere un pannello di anticorpi perché se richiedo un solo tipo di marcatore per volta ho una sensibilità del 55% per gli anticorpi anti-insulina, 68% per gli anticorpi anti-GAD, 72% per gli IA2 e del 63% per il trasportatore dello zinco. Se invece misuro tutti e 4 i tipi, il rischio predittivo per il diabete raggiunge il 98%.
Questi marcatori dell’immunità quindi servono per effettuare diagnosi di diabete , per predire l’evoluzione di questa condizione (se diabete II evolve verso insulina dipendenza o no), per la patofisiologia della malattia stessa (a che punto è questo attacco autoimmunitario).

42
Q

DOSAGGIO DELLA FRUTTOSAMMINA E DELLA ALBUMINA GLICOSILATA.

A

La fruttosammina è un marcatore di glicosilazione delle proteine totali. Correla con la glicemia nei primi 15 giorni che precedono il prelievo. L’albumina glicata è un test nuovo non ancora entrato in routine che probabilmente tra alcuni anni verra effettuato insieme all’emoglobina glicosilata. Bisogna stare attenti all’emoglobina glicata perché in caso di emoglobinopatie come la talassemia, il soggetto presenta bassi livelli di emoglobina glicata anche se ha il diabete. In questo caso è meglio richiedere il dosaggio dell’albumina glicata. Attenzione anche a valori molto elevati di emoglobina.
Anche in questo caso riflettono una glicemia media su un periodo molto più breve rispetto all’emoglobina glicata: massimo 30 gg per l’albumina e 15-20 giorni per la fruttosammina. Non abbiamo ancora stabilito l’utilità clinica di questi marcatori e non esiste una relazione diretta proporzionale tra livelli elevati di albumina glicosilata e fruttosammina e complicanze croniche del diabete. Al contrario, questa correlazione è stata appurata e accettata universalmente per quanto riguarda l’emoglobina glicosilata.