DA PAGINa 46 a 70 Flashcards

1
Q

Il Sindacato e le Istituzioni

A

Il sindacato, pur operando principalmente nel settore privato, interagisce significativamente con le istituzioni pubbliche. Questa interazione si manifesta attraverso la partecipazione a organismi pubblici che gestiscono problemi del mondo del lavoro, la stipula di accordi con il Governo (contrattazione triangolare), e l’influenza sull’indirizzo politico generale, sia legislativo che economico-programmatorio.

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2
Q

Il Sindacato Rappresentativo e la Contrattazione

A

Nel settore privato, l’individuazione dei soggetti contraenti, l’apertura delle trattative e gli esiti contrattuali dipendono dai rapporti di forza. Tuttavia, alcune leggi conferiscono al sindacato maggiormente rappresentativo (o comparativamente più rappresentativo) il potere di derogare a norme di legge tramite contrattazione. Nel settore pubblico, il sindacato rappresentativo è l’interlocutore contrattuale esclusivo della Pubblica Amministrazione.

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3
Q

Ratio Storico-Politica dei Diritti Sindacali nell’Impresa

A

La garanzia della libertà sindacale (art. 39, comma 1, Cost.) è rafforzata dal Titolo II e III dello Statuto dei Lavoratori. Il Titolo II garantisce la libertà sindacale, mentre il Titolo III fornisce diritti specifici che prescindono dai rapporti di forza, promuovendo l’attività sindacale all’interno dell’impresa. Questi diritti sono concessi principalmente a RSA/RSU.

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4
Q

Associazione e Attività Sindacale in Azienda

A

L’art. 14 dello Statuto dei Lavoratori garantisce il diritto di costituire associazioni sindacali e svolgere attività sindacale nei luoghi di lavoro. Questo diritto tutela anche il pluralismo sindacale, incluso il sindacato di dissenso, con il limite della liceità dei fini e della non segretezza (art. 18).

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5
Q

Il Principio di Non Discriminazione (art. 15-16)

A

Gli artt. 15 e 16 dello Statuto dei Lavoratori vietano le discriminazioni per motivi sindacali, politici, religiosi, di sesso, razza, lingua, handicap, età, orientamento sessuale o convinzioni personali. Sono vietati atti che subordinino l’occupazione all’adesione o meno a un sindacato, o che ledano un lavoratore per la sua attività sindacale. L’art. 16 vieta trattamenti economici collettivi discriminatori.

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6
Q

Sindacati di Comodo

A

L’art. 17 dello Statuto dei Lavoratori vieta ai datori di lavoro di costituire o sostenere sindacati di comodo (o sindacati gialli), organizzazioni create per avere un interlocutore apparentemente antagonista ma in realtà controllato.

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7
Q

Il Diritto di Assemblea (art. 20)

A

Il diritto di assemblea è riconosciuto a ogni lavoratore, ma il potere di indire assemblee spetta alle RSA (e alle RSU). Le assemblee possono essere indette in forma unitaria o separata, e possono trattare materie di interesse sindacale e del lavoro, anche di carattere politico. Sono previste 10 ore annue retribuite per assemblea per lavoratore.

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8
Q

Il Referendum (art. 21)

A

Le fonti non forniscono dettagli specifici sul referendum in ambito sindacale. Mentre il diritto di assemblea è ampiamente descritto, il referendum è menzionato solo brevemente come strumento di partecipazione lavorativa a decisioni sindacali e contrattuali.

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9
Q

Diritto di Affissione

A

Il diritto di affissione spetta alle RSA e RSU e alle organizzazioni sindacali che hanno stipulato il CCNL applicato. Il datore di lavoro deve fornire spazi appositi (bacheche sindacali), e non può controllare il contenuto degli scritti.

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10
Q

Proselitismo e Collette Sindacali (art. 26)

A

L’art. 26 consentiva ai lavoratori di raccogliere contributi e fare proselitismo, con il limite del normale svolgimento dell’attività aziendale. Dopo l’abrogazione dei commi 2 e 3 ad opera del referendum del 1995, il diritto è rimasto disciplinato principalmente dai contratti collettivi nazionali.

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11
Q

Locali per le RSA (art. 27)

A

L’art. 27 obbliga il datore di lavoro a fornire locali idonei per le RSA. Nelle aziende con almeno 200 dipendenti, il locale deve essere permanente; nelle aziende più piccole, il locale deve essere messo a disposizione di volta in volta. Il rifiuto costituisce condotta antisindacale.

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12
Q

Permessi per i Dirigenti Sindacali Aziendali (artt. 23-24)

A

Gli artt. 23 e 24 prevedono permessi retribuiti (art. 23) e non retribuiti (art. 24) per i dirigenti sindacali aziendali per lo svolgimento del loro mandato e la partecipazione ad attività sindacali.

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13
Q

Permessi e Aspettative per i Dirigenti Sindacali Esterni

A

L’art. 30 prevede permessi retribuiti per i dirigenti sindacali provinciali e nazionali per partecipare a riunioni, e l’art. 31 prevede aspettative non retribuite per la durata del loro mandato.

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14
Q

Garanzie per i Dirigenti Sindacali Aziendali

A

L’art. 22 e l’art. 18 offrono garanzie speciali contro licenziamenti e trasferimenti. In caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore può essere reintegrato e il datore di lavoro deve pagare la retribuzione per il periodo di ritardo.

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15
Q

Licenziamento

A

I dirigenti sindacali godono di tutele speciali contro il licenziamento, con possibilità di reintegrazione provvisoria e pagamento della retribuzione in caso di ritardo della reintegrazione.

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16
Q

Trasferimento

A

I dirigenti sindacali godono di tutele speciali contro trasferimenti illegittimi, ma le fonti non specificano i dettagli di tali tutele.

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17
Q

Campo di Applicazione del Titolo III dello Statuto

A

Il Titolo III dello Statuto dei Lavoratori si applica ai rapporti di lavoro subordinato. I diritti sindacali ivi previsti sono accordati alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) o RSU, se presenti.

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18
Q

Diritti Sindacali nel Lavoro Pubblico

A

Nel settore pubblico, i diritti sindacali sono simili a quelli del settore privato, ma con alcune specificità. Vi sono distacchi sindacali retribuiti, permessi retribuiti e non retribuiti, ed aspettative non retribuite per i dirigenti sindacali.

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19
Q

Diritti di Informazione e Controllo

A

I diritti di informazione, consultazione e controllo su scelte aziendali possono derivare da leggi o contratti. Il diritto di informazione consiste nella trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori, mentre la consultazione è un confronto tra le parti.

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20
Q

L’Importanza dell’Art. 28

A

L’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori definisce la condotta antisindacale, tutelando la libertà, l’attività sindacale e il diritto di sciopero. Qualsiasi comportamento del datore di lavoro che leda questi beni è considerato antisindacale.

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21
Q

La Fattispecie e il Soggetto Attivo (Art. 28)

A

L’art. 28 indica il datore di lavoro come soggetto attivo della condotta antisindacale. La fattispecie è ampia, includendo comportamenti diretti o indiretti che ledono i beni protetti.

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22
Q

Il Comportamento Antisindacale

A

Il comportamento antisindacale, secondo l’art. 28, è qualsiasi comportamento del datore di lavoro che impedisca o limiti l’esercizio della libertà sindacale, dell’attività sindacale o del diritto di sciopero.

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23
Q

I Beni Protetti dall’Art. 28

A

I beni protetti dall’art. 28 sono la libertà sindacale, l’attività sindacale e il diritto di sciopero.

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24
Q

I Limiti dell’Antisindacalità

A

La condotta antisindacale deve ledere potenzialmente i beni protetti dall’art. 28. Il normale funzionamento dell’impresa costituisce un limite all’esercizio dei diritti sindacali.

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25
Q

Antisindacalità Giuridica e di Fatto

A

Le fonti non distinguono esplicitamente tra antisindacalità giuridica e di fatto, ma l’art. 28 si concentra sulla condotta del datore di lavoro, mentre altri comportamenti, come il rifiuto di trattare con determinate sigle sindacali, possono essere o meno considerati antisindacali a seconda della giurisprudenza.

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26
Q

Fronte

A

Retro

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27
Q

Antisindacalità e l’Interesse dell’Impresa

A

L’esercizio dei diritti sindacali deve avvenire nel rispetto del normale svolgimento dell’attività aziendale. L’art. 28 bilancia la libertà sindacale con le esigenze organizzative dell’impresa.

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28
Q

Reazioni allo Sciopero (Fonti non specificano)

A

Le fonti non forniscono informazioni dettagliate sulle reazioni allo sciopero.

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29
Q

Comportamenti nelle Trattative (Fonti non specificano dettagli)

A

Le fonti non forniscono informazioni dettagliate sui comportamenti nelle trattative.

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30
Q

Stipulazione e Applicazione Generalizzata di Accordi Separati

A

La stipula di accordi separati, come quelli del settore metalmeccanico tra la Fiat e alcune sigle sindacali, ha portato a situazioni complesse in cui l’efficacia dei contratti è discussa.

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31
Q

Violazione dei Diritti Sindacali Contrattuali

A

La violazione delle clausole obbligatorie contenute negli accordi sindacali è considerata condotta antisindacale.

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32
Q

La Irrilevanza degli Elementi Soggettivi (Fonti non lo affermano esplicitamente)

A

Le fonti non affermano esplicitamente l’irrilevanza degli elementi soggettivi in caso di condotta antisindacale.

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33
Q

Legittimazione ad Agire e Interessi Protetti dall’Art. 28

A

L’art. 28 legittima ad agire gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali. La giurisprudenza estende la legittimazione anche a organizzazioni monocategoriali nazionali, ma non a RSA o RSU.

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34
Q

Il Procedimento per Conducta Antisindacale

A

Il procedimento per condotta antisindacale si svolge innanzi al Tribunale ordinario in funzione di giudice del lavoro.

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35
Q

Le Sanzioni per Conducta Antisindacale

A

Le sanzioni per condotta antisindacale includono la reintegrazione del lavoratore e il pagamento della retribuzione per il periodo di ritardo e, secondo la legge n. 388 del 2000, la revoca delle agevolazioni fiscali per l’occupazione.

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36
Q

La Contrattazione Collettiva in Generale

A

La contrattazione collettiva è il processo di regolamentazione congiunta (sindacati-datori di lavoro) dei rapporti di lavoro. In Italia, le modalità e le procedure sono largamente derivate dalla prassi, soprattutto nel settore privato.

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37
Q

Anni ‘60: La Prima Modernizzazione del Sistema Contrattuale (Fonti non forniscono dettagli specifici su questo periodo)

A

Le fonti non forniscono dettagli specifici sulla prima modernizzazione del sistema contrattuale negli anni ‘60.

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38
Q

Il Ciclo 1968-1975: Sviluppo e Decentramento della Contrattazione (Fonti non forniscono dettagli specifici su questo periodo)

A

Le fonti non forniscono dettagli specifici sullo sviluppo e decentramento della contrattazione nel periodo 1968-1975.

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39
Q

La Centralizzazione e gli Accordi Triangolari

A

Negli anni ‘90, la contrattazione triangolare (tra Governo, sindacati e datori di lavoro) si è intensificata a causa delle esigenze di risanamento economico e di allineamento alle regole europee.

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40
Q

Anni ‘80: Nuovo Decentramento o Riequilibrio? (Fonti non forniscono dettagli specifici su questo periodo)

A

Le fonti non forniscono dettagli specifici sul decentramento o riequilibrio del sistema contrattuale negli anni ‘80.

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41
Q

Gli Anni ‘90: Riapplicazione e Razionalizzazione del Sistema Contrattuale

A

Negli anni ‘90, si è cercato di riaccentrare e razionalizzare il sistema contrattuale, con l’introduzione di due livelli di contrattazione (nazionale di categoria e aziendale) e clausole di tregua per evitare azioni unilaterali.

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42
Q

RSA e RSU nel Settore Pubblico

A

Nel settore pubblico, le RSA sono costituite dai sindacati rappresentativi (almeno 5% di rappresentatività), mentre le RSU sono elette a suffragio universale. Le RSU tendono ad assorbire le funzioni delle RSA.

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43
Q

Antisindacalità e l’interesse dell’impresa

A

Comportamenti del datore di lavoro che ostacolano l’esercizio dei diritti sindacali. Devono esistere esigenze aziendali concretamente dimostrabili a giustificazione del comportamento, escludendo intenzioni antisindacali.

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44
Q

Reazioni allo sciopero

A

L’articolo 28 tutela lo sciopero entro i limiti legali e contrattuali. Il crumiraggio indiretto interno (sostituzione con personale interno) è lecito se non comporta dequalificazione; il crumiraggio indiretto esterno (assunzione di personale esterno) è illegittimo.

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45
Q

Comportamenti nelle trattative

A

Inizialmente, il rifiuto del datore di partecipare alle trattative era considerato lecito. Successivamente, la Corte Costituzionale ha ritenuto antisindacale il rifiuto ingiustificato di accesso alle trattative del sindacato maggiormente rappresentativo.

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46
Q

Stipulazione e applicazione generalizzata di accordi separati

A

Applicare un contratto collettivo firmato solo da alcuni sindacati a tutti i lavoratori, anche quelli di sindacati dissenzienti, è stato ritenuto antisindacale, soprattutto dopo l’accordo interconfederale del 2009 e la successiva stagione di accordi separati.

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47
Q

Violazione dei diritti sindacali contrattuali

A

Violazioni degli accordi collettivi sulle prestazioni indispensabili (es. imporre lavoro senza rispettare il minimo fissato dall’accordo) sono considerate antisindacali.

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48
Q

La irrilevanza degli elementi soggettivi

A

Le fonti non forniscono informazioni specifiche sull’irrilevanza degli elementi soggettivi nell’antisindacalità.

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49
Q

Legittimazione ad agire e interessi protetti dall’art. 28

A

L’articolo 28 protegge i diritti sindacali contro comportamenti antisindacali del datore di lavoro. La giurisprudenza ha esteso la legittimazione ad agire alle RSA per la tutela dei diritti contrattuali (es., diritto all’informazione).

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50
Q

Il procedimento per accertare comportamenti antisindacali

A

Le fonti non specificano un procedimento dettagliato. Si deduce che si tratti di un processo giudiziario, con possibilità di ricorso in Cassazione per violazione o falsa applicazione del contratto collettivo (dal 2006).

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51
Q

Le sanzioni per comportamenti antisindacali

A

Possono includere la revoca di agevolazioni fiscali per l’occupazione (legge 388/2000). Le fonti non elencano altre sanzioni specifiche.

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52
Q

La contrattazione collettiva in generale

A

Processo di regolamentazione congiunta (sindacati-datori di lavoro) dei rapporti di lavoro. In Italia, le modalità e procedure sono spesso derivate dalla prassi, soprattutto nel settore privato. Attori principali: sindacati maggiormente/comparativamente rappresentativi e datori di lavoro.

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53
Q

Gli anni ‘60: la prima modernizzazione del sistema contrattuale

A

Crescita della contrattazione a due livelli: nazionale di categoria (asse portante, con tabelle minime salariali, orario, diritti sindacali) e aziendale (inizialmente tramite commissioni interne, poi istituzionalizzata). Decentramento controllato tramite clausole di rinvio e tregua.

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54
Q

Il ciclo 1968-1975: sviluppo e decentramento della contrattazione

A

Rottura con il passato: schema di clausole di rinvio e tregua distrutto; decentramento massimo; contrattazione aziendale prevalente su quella nazionale; bipolarità completa; contratto nazionale come strumento di generalizzazione.

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55
Q

La centralizzazione e gli accordi triangolari (anni ‘70)

A

Crisi economica: contrattazione difensiva; riconferma di istituti preesistenti e ricerca di nuovi elementi contrattuali (diritti di informazione e controllo); pressione per contenimento del costo del lavoro; ricentralizzazione della struttura contrattuale e accordi triangolari (Governo, sindacati, datori di lavoro).

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56
Q

Anni ‘80: nuovo decentramento o riequilibrio?

A

Spinta al decentramento per adattamento alle esigenze produttive; scomparsa della contrattazione interconfederale; perdita di rilievo dei contenuti innovativi nella contrattazione di categoria; blocchi nei rinnovi contrattuali; riemersione di contrattazione aziendale non coordinata; obiettivi sindacali difensivi; imprenditori che riaffermano le proprie prerogative.

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57
Q

Gli anni ‘90: riaccentramento e razionalizzazione del sistema contrattuale

A

Urgenza di risanamento economico; intervento statale incisivo ma non espropriativo dei poteri sindacali; contrattazione triangolare di vertice; valorizzazione del sindacato maggiormente rappresentativo; accordo del 23 luglio 1993 (due livelli di contrattazione: nazionale di categoria e aziendale, con prevalenza del primo; durata predeterminata; clausole di tregua); razionalizzazione del sistema.

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58
Q

Rappresentatività sindacale - generale

A

La legislazione italiana sulla rappresentatività sindacale è carente. La mancanza di una legge sindacale (art. 39 Cost.) ha portato ad un sistema basato sull’auto-regolamentazione, con un ruolo significativo della giurisprudenza e della prassi.

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59
Q

Rappresentatività sindacale - Art. 19 Statuto dei Lavoratori

A

Criteri iniziali: appartenenza alle confederazioni maggiormente rappresentative o stipula di contratti collettivi nazionali/provinciali. Successivamente modificato dal referendum del 1995 (enfasi sulla sottoscrizione di contratti collettivi a qualsiasi livello) e dalla sentenza della Corte Costituzionale 231/2013 (partecipazione alle trattative sufficiente).

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60
Q

Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU)

A

Introdotte nel 1993, strutture unitarie di rappresentanza aziendale elettive, aperte a tutti i lavoratori. Coesistenza con RSA (Rappresentanze Sindacali Aziendali).

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61
Q

Accordi Interconfederali - Generale

A

Accordi tra confederazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL) e Confindustria che hanno influenzato l’evoluzione del sistema di relazioni industriali, a volte con accordi separati (es. 2009) e accordi unitari (es. 2011, 2013).

62
Q

Accordo Interconfederale 28 Giugno 2011

A

Accordo unitario (CGIL, CISL, UIL) che ha introdotto nuove regole sulla rappresentatività sindacale per la contrattazione collettiva nazionale (soglia del 5% calcolata come media tra iscritti e voti nelle elezioni RSU), efficacia dei contratti collettivi aziendali, e procedure di contrattazione.

63
Q

Testo Unico sulla Rappresentanza (2014)

A

Ha recepito gli accordi interconfederali del 2011 e 2013, definendo la rappresentatività sindacale (soglia del 5%) per l’accesso alla contrattazione collettiva nazionale, e stabilendo le modalità per la certificazione della rappresentatività con il coinvolgimento dell’INPS e del CNEL.

64
Q

Contrattazione Collettiva - Livelli

A

I livelli principali sono nazionale di categoria e aziendale. L’influenza reciproca e la prevalenza di uno sull’altro sono variate nel tempo.

65
Q

Contrattazione Collettiva - Anni ‘50

A

Sistema centralizzato e a predominanza politica; contrattazione centralizzata, debole e statica; esclusiva competenza salariale delle confederazioni; debolezza dei contratti nazionali di categoria; contrattazione aziendale non formalmente riconosciuta.

66
Q

Contrattazione Collettiva - Anni ‘70

A

Peso crescente della crisi economica; contrattazione difensiva; ricerca di nuovi elementi contrattuali qualitativi e di controllo sulle scelte economiche dell’impresa; diritti di informazione e controllo; pressione per la riduzione del costo del lavoro; ricentralizzazione e accordi triangolari.

67
Q

Contrattazione Collettiva - Anni ‘80

A

Spinta al decentramento; scomparsa della contrattazione interconfederale; perdita di rilievo dei contenuti innovativi nella contrattazione di categoria; blocchi nei rinnovi; riemersione della contrattazione aziendale non coordinata.

68
Q

Contrattazione Collettiva - Anni ‘90

A

Riacecntramento e razionalizzazione; intervento statale incisivo; contrattazione triangolare di vertice; accordo del 23 luglio 1993 (due livelli, prevalenza del nazionale, durata predeterminata, clausole di tregua).

69
Q

Contrattazione Collettiva Separata (2009-2010)

A

Accordi quadro sulla riforma degli assetti contrattuali (2009) sottoscritti da CISL e UIL ma non dalla CGIL; modifiche al sistema: nuovo parametro retributivo (IPCA), durata del contratto (3 anni), articolazione su due livelli (nazionale e aziendale).

70
Q

Contratto Collettivo Aziendale - Efficacia

A

L’efficacia erga omnes può essere ottenuta tramite accordo maggioritario (AI 2011, T.U. 2014) o intervento legislativo (legge 148/2011).

71
Q

Art. 39 Costituzione

A

Garanzia della libertà di organizzazione sindacale (comma 1); disposizione non attuata sulla registrazione dei sindacati e sull’efficacia erga omnes dei contratti collettivi (commi 2-4).

72
Q

Fonti del Diritto Sindacale

A

Scarsa legislazione specifica; auto-regolamentazione delle parti sociali; fonti internazionali, comunitarie, costituzionali, statali, regionali, giurisprudenza, usi aziendali.

73
Q

Diritto di sciopero - Generale

A

Garantito dall’articolo 40 Cost.; regolamentato dalla legge 146/1990 (servizi pubblici essenziali) e dalla contrattazione collettiva; diverse forme di sciopero (singhiozzo, scacchiera, bianco, dello straordinario, del rendimento).

74
Q

Diritto di sciopero - Servizi Pubblici Essenziali

A

Legge 146/1990 e modifiche del 2000; prestazioni indispensabili; contemperamento tra diritto di sciopero e diritti costituzionalmente tutelati; intervalli minimi tra scioperi; procedure di raffreddamento e conciliazione.

75
Q

Serrata

A

Chiusura o interruzione temporanea dell’attività aziendale; non è un diritto costituzionale ma una libertà; diverse tipologie (individuale/collettiva, sospensiva/risolutiva, offensiva/difensiva).

76
Q

Contratti Collettivi - Tipi

A

Corporativi (abrogati), di diritto comune (prevalenti), quello previsto dall’art. 39 Cost. (non attuato), recepiti in decreto (con limitazioni).

77
Q

Contratto Collettivo - Efficacia nel Tempo

A

Durata (prima 4 anni/2 anni, poi 3 anni/3 anni); ultrattività (prolungamento dell’efficacia oltre la scadenza); retroattività (applicazione a periodi precedenti).

78
Q

Clausole di Tregua Sindacale

A

Obbligo di pace sindacale durante il rinnovo dei contratti; sanzioni in caso di violazione.

79
Q

Partecipazione dei lavoratori

A

Diritti di informazione e consultazione (legali o contrattuali); diversi livelli e soggetti coinvolti; obblighi di informazione del datore di lavoro; riservatezza.

80
Q

Organizzazione Sindacale - Generale

A

CGIL, CISL, UIL (storia, ideologie, rapporti); sindacati autonomi; nuovi soggetti sindacali; debolezza e crisi di rappresentatività.

81
Q

Organizzazione dei lavoratori nei luoghi di lavoro - Generale

A

Commissioni Interne (CI); sezioni sindacali aziendali; delegati di fabbrica; RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie); RSA (Rappresentanze Sindacali Aziendali).

82
Q

Libertà Sindacale - Individuale

A

Libertà di costituire un sindacato, di aderirvi, di fare opera di proselitismo, di raccogliere contributi, di riunirsi in assemblea; libertà negativa (di non aderire o recedere).

83
Q

Libertà Sindacale - Collettiva

A

Libertà di azione sindacale, in particolare di azione contrattuale; diritto a trattare per la stipula di contratti collettivi (più complesso nel settore pubblico che nel privato).

84
Q

Legislazione di sostegno al sindacato

A

Interventi legislativi a sostegno dei sindacati dei lavoratori, inizialmente con la partecipazione ad organismi pubblici, poi con una posizione preferenziale nelle aziende (art. 19 St. Lav.).

85
Q

Rappresentatività ai fini dell’accesso alle trattative CCNL (settore privato)

A

Accordo quadro 2009 (rottura dell’unità sindacale); Accordo interconfederale 2011 e Protocollo 2013; soglia del 5% (media tra dati associativi ed elettivi).

86
Q

Rappresentatività nel settore pubblico

A

Modelli di rappresentanza e contrattazione diversi dal settore privato; Accordo Quadro 7 Agosto 1998 per le RSU nella Pubblica Amministrazione.

87
Q

RSU nel settore pubblico

A

Elette a suffragio universale; apertura anche a organizzazioni non rappresentative; ripartizione dei seggi proporzionale; obbligo di rinnovo periodico.

88
Q

Diritto di Informazione e Controllo

A

Origine legale o contrattuale; informazione, consultazione, controllo; diversi livelli (nazionale, aziendale…); soggetti coinvolti; oggetto (organizzazione produttiva, strategie aziendali…).

89
Q

Direttiva n. 2002/14 CE

A

Introduce il diritto generale di informazione e consultazione in capo ai lavoratori; rinvio alla contrattazione collettiva per le modalità di attuazione.

90
Q

Contratti Collettivi e Contratti Individuali di Lavoro

A

Ambito di efficacia del contratto collettivo; applicazione erga omnes o solo agli iscritti; contratti collettivi in peius; applicazione dei minimi tariffari anche ai datori non iscritti (mediazione dell’art. 36 Cost. e art. 2070 c.c.).

91
Q

Interventi legislativi sull’ambito di efficacia del contratto collettivo nazionale

A

Impossibilità di estensione diretta dell’efficacia erga omnes (art. 39 Cost.); interventi per incentivare l’applicazione generalizzata (obbligo di osservare le norme dei contratti collettivi, fiscalizzazione degli oneri sociali).

92
Q

Contratti Collettivi Aziendali - Deroghe

A

Possibilità di deroghe in peius al contratto nazionale (anni ‘80); criterio di specialità; AI 2011: deroghe possibili nei limiti e con le procedure previste dal contratto nazionale.

93
Q

Deregolamentazione Controllata

A

Legislatore che utilizza la contrattazione collettiva per attenuare la rigidità delle norme; esempi: art. 4 e 6 St. Lav.; legge 148/2011.

94
Q

Rapporti tra contratti collettivi di pari livello

A

Teoria dell’incorporazione (abbandonata); variazioni in peius applicabili ai nuovi lavoratori; diritti quesiti (contratto individuale).

95
Q

Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello

A

Derogabilità in peius del contratto nazionale da parte di quello aziendale (sentenze contrastanti); criterio della posteriorità; criterio di specialità; AI 2011: deroghe possibili nei limiti e con le procedure previste dal contratto nazionale.

96
Q

Efficacia nel tempo del contratto collettivo

A

Durata; ultrattività; retroattività; rinnovi con OO.SS dissenzienti.

97
Q

Usi aziendali

A

Comportamenti del datore di lavoro con apprezzabile continuità; efficacia sui rapporti di lavoro: proposte contrattuali tacitamente accettate o equiparati ad accordi collettivi aziendali; derogabilità da parte di successivi accordi.

98
Q

Pubblico Impiego - Generale

A

Trattamento economico e normativo inizialmente fissato per legge; processo di istituzionalizzazione della contrattazione; legge quadro 1983; privatizzazione del pubblico impiego (decreto legislativo 29/1993).

99
Q

Pubblico Impiego - Contrattazione Collettiva

A

Ambiti e livelli; ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni); Comitati di settore; procedimento per la contrattazione collettiva nazionale; copertura economica per rinnovi contrattuali.

100
Q

Pubblico Impiego - Procedimento Contrattazione Nazionale

A

Atti di indirizzo; trasmissione al Governo; pareri; Corte dei Conti; sottoscrizione definitiva; riapetura della trattativa (pareri negativi).

101
Q

Pubblico Impiego - Tutela Retributiva

A

Erogazione provvisoria degli aumenti; indennità di vacanza contrattuale.

102
Q

Fronte

A

Retro

103
Q

Diritti sindacali nel lavoro pubblico

A

I diritti sindacali nel lavoro pubblico sono stati a lungo oggetto di dibattito e di una complessa evoluzione normativa. Fino agli inizi degli anni ‘60, il trattamento economico e normativo dei dipendenti pubblici era fissato esclusivamente dalla legge o da regolamenti. Il processo di sindacalizzazione del pubblico impiego ha avuto un’evoluzione diversa rispetto al settore privato, con una maggiore attenzione alla centralizzazione del sistema contrattuale.

104
Q

Evoluzione dei diritti sindacali nel lavoro pubblico

A

A partire dagli anni ‘60 si è assistito a un graduale processo di istituzionalizzazione della contrattazione nel pubblico impiego, culminato nella legge quadro del 1983. Questa legge ha introdotto una disciplina unitaria per la contrattazione in tutto il settore pubblico, regolandone ambiti, attori, contenuti, livelli ed efficacia. Tuttavia, la legge si è rivelata presto inefficace, portando all’avvio del processo di privatizzazione del pubblico impiego nei primi anni ‘90.

105
Q

La privatizzazione del pubblico impiego

A

Il decreto legislativo n. 29 del 1993 ha avviato la privatizzazione del pubblico impiego, modificando la natura del rapporto di lavoro, che è diventato contrattuale, e restituendo al contratto collettivo il ruolo di fonte diretta di disciplina del rapporto. Questo processo ha comportato il passaggio di disciplina da leggi e regolamenti a contratti collettivi, l’applicazione dello Statuto dei Lavoratori al pubblico impiego e l’introduzione di nuovi istituti come la proroga e la sospensione dei contratti collettivi.

106
Q

Diritti sindacali nel pubblico impiego dopo la privatizzazione

A

Dopo la privatizzazione, i dipendenti pubblici godono di una serie di diritti sindacali, tra cui: Diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale. Diritto di assemblea. Diritto di affissione. Diritto di raccogliere contributi e di svolgere proselitismo. Diritto di utilizzare locali per le RSA. Diritto a permessi retribuiti e non retribuiti per i dirigenti sindacali. Aspettativa non retribuita per i lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali. Tutele in caso di licenziamenti o trasferimenti.

107
Q

Rappresentanza sindacale nel pubblico impiego

A

Il modello di rappresentanza sindacale nel pubblico impiego prevede due tipi di strutture: le RSA e le RSU. Le RSA sono costituite dai sindacati rappresentativi e sono organi periferici dell’associazione sindacale esterna. Le RSU, invece, sono organismi di rappresentanza unitaria del personale eletti a suffragio universale e voto segreto da tutti i lavoratori.

108
Q

Criteri di rappresentatività nel pubblico impiego

A

Per essere considerato rappresentativo nel pubblico impiego, un sindacato deve avere una rappresentatività non inferiore al 5% nel comparto o nell’area contrattuale di riferimento. Questa percentuale è calcolata come media tra il dato associativo (percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali) e il dato elettorale (percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle RSU).

109
Q

Diritti dei sindacati rappresentativi nel pubblico impiego

A

Solo i sindacati sufficientemente rappresentativi (con una rappresentatività minima del 5%) godono di una serie di diritti, tra cui: Accesso alla trattativa nazionale. Costituzione di RSA. Attribuzione dei relativi diritti sindacali. Iniziativa per la formazione di RSU. Legittimazione a stipulare accordi per la disciplina delle RSU. Possibilità di presentare liste per l’elezione delle RSU. Eventuale accesso alla contrattazione integrativa e alla partecipazione sindacale.

110
Q

Diritti di informazione e controllo

A

I diritti di informazione, consultazione e controllo sono strumenti essenziali per la partecipazione dei lavoratori alle decisioni aziendali. Tali diritti, riconosciuti sia dalla normativa nazionale che europea, garantiscono ai lavoratori la possibilità di essere informati e consultati su questioni che riguardano l’attività d’impresa, come l’organizzazione produttiva, il decentramento e le strategie aziendali.

111
Q

Fonti dei diritti di informazione e controllo

A

I diritti di informazione e controllo possono derivare da diverse fonti: Legge: Alcune leggi specifiche prevedono obblighi di informazione e consultazione in determinati ambiti, come ad esempio il D.Lgs. n. 25/2007 sull’informazione e la consultazione dei lavoratori. Contrattazione collettiva: I contratti collettivi spesso disciplinano in modo dettagliato i diritti di informazione e consultazione, definendo i soggetti titolari, le modalità, i tempi e i contenuti dell’informazione. Normativa europea: La Carta dei diritti fondamentali dell’UE sancisce il diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa.

112
Q

Livelli e soggetti coinvolti nell’informazione e consultazione

A

I diritti di informazione e consultazione si articolano su diversi livelli, coinvolgendo diversi soggetti: Livelli: Nazionale, regionale, provinciale, d’impresa o di gruppo di impresa. Soggetti: Sindacati nazionali di categoria, loro articolazioni regionali o provinciali, RSA o RSU.

113
Q

Obblighi del datore di lavoro

A

Il datore di lavoro ha diversi obblighi in materia di informazione e consultazione: Trasmettere dati e informazioni: Il datore di lavoro è tenuto a fornire ai rappresentanti dei lavoratori tutte le informazioni necessarie per la conoscenza e l’esame delle questioni aziendali. Sottoporre la materia ad esame congiunto: In alcuni casi, il datore di lavoro è obbligato a confrontarsi con la controparte sindacale e ad esaminare congiuntamente le questioni aziendali, soprattutto in relazione alle conseguenze delle scelte aziendali sulle condizioni di lavoro e sull’occupazione. Garantire tempi e modalità adeguate: Le modalità di tempo e contenuto dell’informazione devono essere tali da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato e, se necessario, di preparare una consultazione.

114
Q

Obbligo di riservatezza

A

I rappresentanti dei lavoratori sono tenuti a rispettare l’obbligo di riservatezza per le informazioni ricevute dal datore di lavoro, soprattutto quando queste informazioni potrebbero creare difficoltà al funzionamento dell’impresa o arrecarle un danno.

115
Q

Sanzioni per la violazione degli obblighi

A

La violazione degli obblighi di informazione e consultazione può comportare diverse sanzioni: Sanzioni amministrative: Il D.Lgs. n. 25/2007 prevede una sanzione amministrativa da 3.000 a 18.000 euro per ciascuna violazione. Rimedi civilistici: Il sindacato può agire in giudizio per ottenere il rispetto degli obblighi di informazione e consultazione, anche attraverso il procedimento per la condotta antisindacale.

116
Q

L’importanza dell’art. 28

A

L’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori rappresenta uno strumento fondamentale per la tutela dei diritti sindacali, in quanto mira a reprimere le condotte antisindacali del datore di lavoro. Tale articolo sancisce che sono considerati comportamenti antisindacali tutti quei comportamenti del datore di lavoro volti a impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale, nonché del diritto di sciopero. La sua importanza deriva dalla capacità di offrire una tutela specifica ed efficace contro le azioni del datore di lavoro che mirano a ostacolare l’attività sindacale.

117
Q

La fattispecie e il soggetto attivo

A

La condotta antisindacale si configura come una fattispecie a struttura aperta, in quanto l’art. 28 non fornisce una definizione precisa dei comportamenti vietati, ma si limita a indicarne il fine: impedire o limitare l’esercizio dei diritti sindacali. Il soggetto attivo di tale condotta è il datore di lavoro, inteso in senso ampio, a prescindere dalla sua natura giuridica (pubblico o privato), dalla sua qualifica (imprenditore o non imprenditore) e dal numero di lavoratori occupati.

118
Q

Il comportamento

A

Il termine comportamento utilizzato nell’art. 28 è da intendersi in senso ampio, ricomprendendo sia atti giuridici (es. sanzione disciplinare), sia comportamenti materiali (es. intimidazioni), sia atti omissivi (es. rifiuto di promuovere un lavoratore). L’elemento qualificante la condotta antisindacale non è la forma del comportamento, ma il suo fine, che deve essere quello di ostacolare l’esercizio dei diritti sindacali.

119
Q

I beni protetti

A

L’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori tutela specificatamente tre beni: Libertà sindacale: diritto di costituire sindacati, di aderirvi, di svolgere attività sindacale. Attività sindacale: complesso delle attività svolte dal sindacato per la tutela degli interessi dei lavoratori. Diritto di sciopero: diritto dei lavoratori di astenersi collettivamente dal lavoro per tutelare i propri interessi.

120
Q

Condotta antisindacale plurioffensiva

A

Si parla di condotta antisindacale plurioffensiva quando il comportamento del datore di lavoro lede non solo gli interessi del sindacato, ma anche i diritti individuali dei lavoratori. In questi casi, l’azione giudiziaria può essere promossa sia dal sindacato, per la tutela dell’interesse collettivo, sia dal lavoratore, per la tutela del proprio interesse individuale.

121
Q

I limiti dell’antisindacalità

A

Non tutti i comportamenti del datore di lavoro che possono essere considerati anti-sindacali in senso lato rientrano nella fattispecie dell’art. 28. Per configurare una condotta antisindacale, è necessario che il comportamento del datore di lavoro sia oggettivamente idoneo a ledere i beni protetti dalla norma, ovvero che sia diretto a impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale, nonché del diritto di sciopero.

122
Q

Antisindacalità giuridica e di fatto

A

Si distingue tra: Antisindacalità giuridica: Comportamento del datore di lavoro che rientra nella fattispecie dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori e che, pertanto, è sanzionabile. Antisindacalità di fatto: Comportamento del datore di lavoro che, pur essendo contrario agli interessi del sindacato, non integra gli estremi della condotta antisindacale prevista dall’art. 28 e, quindi, non è sanzionabile.

123
Q

Esempi di limiti dell’antisindacalità

A

Alcuni esempi di comportamenti del datore di lavoro che, pur potendo apparire contrari agli interessi del sindacato, non sempre costituiscono condotta antisindacale: Comportamenti attinenti alla gestione dell’impresa: Se il datore di lavoro dimostra l’esistenza di esigenze aziendali che giustificano il suo comportamento, questo non sarà considerato antisindacale, anche se ha un impatto negativo sull’attività sindacale. Reazioni allo sciopero: Il datore di lavoro può adottare misure per limitare gli effetti negativi dello sciopero sull’attività aziendale, purché tali misure non siano dirette a impedire o limitare l’esercizio del diritto di sciopero. Ad esempio, il crumiraggio interno (sostituzione dei lavoratori in sciopero con altri lavoratori non scioperanti) può essere legittimo se non viola il divieto di dequalificazione. Comportamenti nelle trattative: Il rifiuto del datore di lavoro di partecipare alle trattative sindacali può essere considerato antisindacale solo se ingiustificato e se riguarda un sindacato maggiormente rappresentativo.

124
Q

Violazione dei diritti sindacali contrattuali

A

La violazione da parte del datore di lavoro dei diritti sindacali previsti dai contratti collettivi non rientra automaticamente nella fattispecie dell’art. 28. Tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto che la violazione di alcuni diritti, come ad esempio il diritto di informazione, può costituire condotta antisindacale se lede l’interesse collettivo del sindacato.

125
Q

Irrilevanza degli elementi soggettivi

A

Per la configurazione della condotta antisindacale è sufficiente l’accertamento dell’oggettiva idoneità del comportamento del datore di lavoro a ledere i beni protetti, a prescindere dall’esistenza di dolo o colpa. L’intenzionalità del comportamento del datore di lavoro (animus antisindacale) può assumere rilevanza solo in casi eccezionali, ad esempio quando la condotta, pur essendo formalmente lecita, si configura come un abuso del diritto.

126
Q

Sanzioni per la condotta antisindacale

A

La condotta antisindacale è punibile con una sanzione civile che consiste nell’obbligo per il datore di lavoro di rimuovere gli effetti del comportamento antisindacale e di astenersi da futuri comportamenti analoghi. A questa sanzione si aggiunge la revoca delle agevolazioni fiscali connesse agli incentivi per l’occupazione.

127
Q

Procedimento per la repressione della condotta antisindacale

A

Il procedimento per la repressione della condotta antisindacale si svolge innanzi al Tribunale ordinario in funzione di giudice del lavoro. L’azione può essere promossa dalle organizzazioni sindacali o dai singoli lavoratori lesi dal comportamento del datore di lavoro. Il giudice, accertata la condotta antisindacale, ordina al datore di lavoro di cessare il comportamento illegittimo e di rimuovere i suoi effetti.

128
Q

Antisindacalità e interesse dell’impresa

A

Uno dei principali ambiti di controversia in materia di condotta antisindacale riguarda i comportamenti del datore di lavoro attinenti alla gestione dell’impresa. In questi casi, il datore di lavoro deve dimostrare l’esistenza di effettive esigenze aziendali che giustificano il suo comportamento e che escludono la finalità antisindacale. Ad esempio, una riorganizzazione aziendale che comporta la soppressione di alcune posizioni lavorative potrebbe essere considerata legittima se il datore di lavoro dimostra che è necessaria per il mantenimento dell’efficienza e della competitività dell’impresa.

129
Q

Reazioni allo sciopero e condotta antisindacale

A

Le reazioni del datore di lavoro allo sciopero possono costituire condotta antisindacale se sono dirette a impedire o limitare l’esercizio del diritto di sciopero. Ad esempio, il crumiraggio esterno (assunzione di lavoratori esterni per sostituire i lavoratori in sciopero) è generalmente considerato illegittimo, in quanto mira a vanificare gli effetti dello sciopero. Analogamente, la violazione degli accordi collettivi sulle prestazioni indispensabili durante lo sciopero costituisce condotta antisindacale.

130
Q

Comportamenti nelle trattative e condotta antisindacale

A

Il comportamento del datore di lavoro durante le trattative sindacali può essere scrutinato alla luce dell’art. 28. Ad esempio, il rifiuto ingiustificato di partecipare alle trattative, la presentazione di proposte irricevibili, l’adozione di comportamenti dilatori o ostruzionistici possono essere considerati condotta antisindacale se mirano a impedire o limitare l’esercizio dell’attività sindacale.

131
Q

Abuso del diritto e condotta antisindacale

A

Anche un comportamento del datore di lavoro che, formalmente, rientra nell’esercizio di un suo diritto può costituire condotta antisindacale se si configura come un abuso del diritto. Si ha abuso del diritto quando l’esercizio del diritto è deviato dal suo scopo tipico e viene utilizzato per perseguire finalità illegittime, come ad esempio quella di ostacolare l’attività sindacale.

132
Q

Esempi di condotta antisindacale

A

Alcuni esempi concreti di comportamenti che sono stati riconosciuti come condotta antisindacale dalla giurisprudenza: Licenziamento o sanzione disciplinare di un lavoratore per motivi sindacali. Rifiuto di concedere i permessi sindacali ai dirigenti sindacali. Impedire l’accessai locali aziendali alle RSA. * Interferire nell’elezione delle RSU. * Diffondere notizie false o diffamatorie sul sindacato. * Esercitare pressioni sui lavoratori per indurli a non aderire al sindacato o a revocare la propria iscrizione.

133
Q

FONTI RSU PUBBLICO

A

l’AQ del 7 agosto 1998 (per la costituzione delle RSU per il personale dei comparti delle pp.aa.) riproponendo la c.d. “clausola di salvaguardia” già contenuta nell’Accordo del 20 dicembre 1993.

L’art. 42 D.Lgs. n. 165-2001 ha instaurato un inedito sistema di verifica effettiva e democratica del consenso nei luoghi di lavoro

134
Q

differenza rsu pubblico e privato

A

La differenza più significativa sta nel fatto che le RSA del settore pubblico non nascono dall’iniziativa dei lavoratori ma sono immediata e diretta espressione dei sindacati in possesso della rappresentatività minima del 5%, a prescindere dal fatto che siano firmatari di contratti collettivi applicati alla categoria.

Si tratta di organi periferici dell’associazione sindacale esterna e non di strutture agganciate a detto sindacato come nel settore privato.

135
Q

come vengono istituite le rsu nel pubblico

A

Gli organismi di rappresentanza unitaria del personale vengono istituiti ad iniziativa anche disgiunta dei sindacati rappresentativi nel medesimo ambito costitutivo delle RSA mediante elezioni aperte a tutti i lavoratori.

136
Q

elezioni RSU nel pubblico

A

Le RSU sono elette a suffragio universale e voto segreto, con apertura del meccanismo elettorale anche ad organizzazioni sindacali non rappresentative. Anche a queste ultime si attribuisce la facoltà di presentare liste, purché, come visto per il settore privato, costituite in associazione con proprio statuto e formalmente aderenti agli accordi disciplinanti elezioni e modalità di funzionamento delle RSU. A tali requisiti, l’AQ ha aggiunto quello del rispetto delle norme sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ed il possesso, anche da parte dei sindacati rappresentativi di un modesto numero di firme dei lavoratori.

La ripartizione dei seggi deve avvenire secondo il metodo proporzionale.

Viene esclusa l’ipotesi di una riproposizione contrattuale della riserva del terzo (come nel privato).

è infine previsto l’obbligo di periodico rinnovo delle rappresentanze in parola, con esclusione della prorogabilità.

Per quanto riguarda i poteri dell’organismo elettivo:

gli viene attribuita dalla legge una competenza sui distinti ma contigui piani della contrattazione integrativa e della partecipazione.

Resta ferma la possibilità di integrare ex contractu, la RSU con rappresentanti delle organizzazioni rappresentative firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto.

137
Q

RSU E PUBBLICHE ISTITUZIONI

A

Al riguardo conviene distinguere:

  1. la presenza in organi di carattere prevalentemente consultivo ovvero di collaborazione rispetto all’esercizio tipico dei poteri dello Stato:

tra questi c’è il CNEL; Commissioni operanti presso la Regione o la Provincia ecc.

  1. *la partecipazione di tipo cogestivo* in organi direttivi di enti pubblici destinati a svolgere attività in favore dei lavoratori: si pensi agli enti previdenziali; enti parasindacali operanti nell’istruzione o assistenza; i patronati di assistenza.

In tali sedi i sindacati non si muovono in funzione di ausiliari, ma acquisiscono la funzione di co-amministratori.

  1. La partecipazione alle politiche di formazione professionale mediante la costituzione di organismi paritetici bilaterali.
  2. La partecipazione informale del sindacato all’indirizzo politico generale nei due spetti dell’attività legislativa e della politica economica e programmatoria.
138
Q

Il sindacato rappresentativo e la contrattazione (particolarità del settore pubblico)

A

1. le 3 maggiori confederazioni CGIL-CISL-UIL, si trovano investite di un monopolio di fatto, così le trattative con le forze governative sui grandi temi che investono l’economia del paese come gli Accordi Interconfederali;

2. l’A.I. 2014 attribuisce un diritto a trattare per la contrattazione collettiva nazionale alle federazioni di categoria delle OO.SS. Firmatarie dell’A.I. Del 2014 che abbiano, nell’ambito dell’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, una rappresentatività non inferiore al 5% , considerando a tal fine la media tra dato associativo e dato elettivo;

3. alcune leggi conferiscono al solo sindacato (m.r. O c.r.) rappresentativo, il potere di derogare in via contrattuale ad alcune norme di legge, rimettendo alla valutazione di quest’ultimo l’opportunità o meno di mantenere, specie in settori in crisi, determinati vincoli garantistici di tutela del singolo dipendente.

4. Nel settore pubblico, il legislatore, all’atto della privatizzazione-contrattualizzazione del rapporto di lavoro, ha riconfermato il sindacato rappresentativo nel ruolo di interlocutore contrattuale escusivo della P.A.

139
Q

artt 14-17 statuto dei lavoratori

A

1. 14: libertà sindacale;

2. 15-16: divieto di discriminazioni;

3. 17: divieto di sindacati di comodo.

140
Q

il Titolo III ha ricondotto a specifiche situazioni di diritto, che prescindono dalle dinamiche dei rapporti di forza, lo svolgimento di alcune attività sindacali all’interno dell’impresa:

A

il Titolo III ha ricondotto a specifiche situazioni di diritto, che prescindono dalle dinamiche dei rapporti di forza, lo svolgimento di alcune attività sindacali all’interno dell’impresa:

1. diritto di assemblea;

2. referendum;

3. affissione;

4. raccolta di contributi sindacali e proselitismo;

5. riunione in idonei locali aziendali.

141
Q

l’art. 14:

A

sancisce il diritto per tutti i lavoratori di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale nei luoghi di lavoro.

142
Q

ulteriori tutele date dal titolo IV St. Lav. per RSA RSU

A

Ai componenti delle RSA (e/o RSU) il titolo III attribuisce altresì appositi permessi per lo svolgimento dell’attività sindacale, cui si aggiungono, nel titolo IV, altri permessi per i dirigenti provinciali e nazionali dei sindacati rappresentativi dell’art. 19 St. lav. ed altresì un’aspettativa per i lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali. Completa il quadro una particolare tutela contro il trasferimento ad altra unità produttiva del membro di RSA o RSU, nonché contro il licenziamento individuale illegittimo del medesimo.

143
Q

art 14

A

l’art. 14- sancisce il diritto per tutti il lavoratori di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale nei luoghi di lavoro.
+ A detti organismi, pur privati degli specifici diritti promozionali del titolo III, va infatti riconosciuta, proprio in forza dell’art. 14, tutta la serie di prerogative e libertà implicite nella garanzia costituzionale di libertà sindacale. La tutela si estende, pertanto, anche alla creazione di sindacati nuovi, magari autonomi o comunque di tipo aziendale, con l’unico rilevante limite che non si tratti di sindacati di comodo.

+ Inoltre l’art. 14 tutela lo stesso pluralismo sindacale: assicura la protezione legislativa a forme di dissenso sia stabilizzato in forme alternative all’associazione sindacale tradizionale, sia esprimentesi in momenti di organizzazione collettiva spontanea di carattere transitorio o occasionale (comitati di sciopero, di agitazione e di lotta). Unico limite all’operatività di questi gruppi rimane quello dell’art. 18, regola generale per tutti i fenomeni di carattere associativo (liceità dei fini, non segretezza)

144
Q

diritto di affissione

A

Anche l’art 25 St.lav, come gli art 20 e 21, mira ad assicurare il collegamento tra il personale dell’unità produttiva ed il sindacato. In questo caso, però, il collegamento non implica una partecipazione dei lavoratori, che rimangono passivi fruitori dell’attività di comunicazione.

Il diritto di affissione compete alle RSA nonché, ove costituite, alle RSU e alle OO.SS. aderenti alle associazioni stipulanti il CCNL applicato nell’unità produttiva, secondo le disposizioni dell’A.I. 20 dicembre 1993. Il diritto si esercita “all’interno dell’unità produttiva” dove il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre appositi spazi (bacheche sindacali) che rendano esercitabile il diritto.

L’attività di affissione può avere ad oggetto pubblicazioni, testi e comunicati “inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro”. La previsione è interpretata in senso estensivo, considerata altresì la tendenza dei giudici a negare il potere del datore di lavoro di esercitare un controllo sul contenuto degli scritti dei quali viene richiesta l’affissione

Resta discussa l’inesistenza di qualsiasi forma di autotutela da parte del datore di lavoro, soprattutto ove il documento ecceda i limiti stabiliti dalla legge, ovvero risulti offensivo, diffamatorio per il datore o in generale integri gli estremi di un reato.

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il referendum

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Il diritto di referendum, finalizzato a far emergere l’opinione dei lavoratori (iscritti e non) su determinate tematiche, con precise limitazioni è regolato dall’art 21 St. lav.

Come per l’assemblea la facoltà di convocazione è riservata alle RSA, che possono però esercitarla soltanto congiuntamente, o alla RSU unitariamente intesa, ogni qualvolta questa, eletta nei luoghi di lavoro, sia automaticamente subentrata nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni spettanti alle RSA.

La disciplina particolarmente restrittiva del potere di indizione dei referendum appare ispirata ad un duplice obbiettivo:

a) garantire una qualche stabilità alle strategie ed opzioni del sindacato, evitando una continua esposizione al rischio di contestazioni da parte di lavoratori dissenzienti o di sindacati minoritari;

b) nell’impedire una eccessiva proliferazione di consultazioni nei luoghi di lavoro, nell’interesse della parte datoriale.

Sotto il profilo dell’oggetto il referendum deve riguardare materie inerenti all’attività sindacale.

Per quanto concerne le modalità di svolgimento, l’art. 21 dispone che il referendum debba tenersi in ambito aziendale e fuori dall’orario di lavoro, salvo ulteriori modalità previste dai contratti collettivi.

Dottrina e giurisprudenza hanno optato per un rilievo del referendum circoscritto al rapporto associativo tra lavoratore e sindacato; così l’esito negativo non influisce sull’efficacia dell’accordo collettivo sottoposto a referendum, ma presenta solo una valenza “politica”.

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il diritto di assemblea

A

Funzione dell’assemblea -come del referendum- è di permettere ai lavoratori, anche non appartenenti al sindacato, di partecipare alla elaborazione e decisione delle politiche contrattuali e sindacali.

Ai sensi del 1° comma dell’art. 20 “i lavoratori hanno diritto di riunirsi nell’unità produttiva”. La titolarità del diritto di riunione spetta dunque ai singoli prestatori di lavoro- ciascuno dei quali può parteciparvi nei limiti delle 10 ore annue- mentre il potere di convocare l’assemblea è riservato a ciascuna RSA.

Le assemblee possono essere indette dalle RSA unitariamente o separatamente, anche in forma orale, secondo l’ordine di precedenza delle convocazioni comunicate al datore di lavoro. Hanno altresì pieno diritto di convocare l’assemblea le RSU, una volta subentrare alle RSA dei sindacati partecipanti all’elezione.

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Resta ad ogni modo fermo, ex art 4 dell’A.I, il potere di indire assemblea da parte delle oo.ss. aderenti alle associazioni stipulanti il CCNL applicato nell’unità produttiva “singolarmente o congiuntamente per 3 delle 10 ore annue retribuite spettanti a ciascun singolo lavoratore ex art 20 St.lav.

La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che, essendo l’assemblea la riunione delle persone qualificate dalla omogeneità e dalla convergenza dei rispettivi interessi, mal si concili con la sua natura la pretesa del datore di lavoro di partecipare ad essa. Problema ancora più delicato è se all’assemblea abbiano diritto di partecipare i dirigenti dell’impresa. La risposta è senz’altro negativa ove i dirigenti intendano prendervi parte come inviati dell’imprenditore. Altra questione che ha fatto discutere riguarda l’operatività del diritto di assemblea nei confronti dei lavoratori in CIG, o in sciopero e la risposta è stata positiva in ambedue i casi.

L’assemblea deve riguardare “materie di interesse sindacale e del lavoro (può dunque concernere anche tematiche di carattere non strettamente rivendicativo-aziendale, bensì politico in senso ampio, non invece aspetti che afferiscono esclusivamente al campo della politica). La prova del carattere sindacale di una tematica è fornita dalla sola circostanza che il sindacato ne faccia oggetto del proprio interesse.

L’assemblea può svolgersi durante l’orario di lavoro nei limiti di 10 ore annue per ciascun lavoratore (elevabili dalla contrattazione collettiva). Le ore possono essere consumate a scelta del singolo e sono regolarmente retribuite. Il diritto di riunirsi in assemblee non trova comunque limiti temporali per quanto riguarda le riunioni fuori dall’orario di lavoro. Le assemblee nell’unità produttiva possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi.

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LOCALI PER LE RSA (art. 27)

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Oltre ad idonei spazi su cui affiggere testi e comunicati (art 25), le rappresentanze sindacali hanno diritto ad utilizzare appositi locali per l’esercizio dell’attività sindacale, messi a disposizione dall’azienda. La prerogativa è riconosciuta alle RSA o alle RSU, se costituite.

Da notare tuttavia il fatto che la disposizione di cui all’art. 27 distingue due ipotesi.

  1. La prima delle quali concerne le unità produttive con almeno 200 dipendenti: in esse è fatto obbligo al datore di lavoro di mettere a disposizione delle RSA permanentemente un idoneo locale comune all’interno dell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. Secondo la giurisprudenza l’idoneità e la disponibilità del locale devono intendersi in senso lato, comprendente cioè una certa capienza, un minimo di attrezzature e la possibilità delle RSA di riunirsi nel predetto locale in ogni momento che esse ritengano opportuno, senza nessuna limitazione e nessun obbligo di darne notizia al datore di lavoro.
  2. La seconda ipotesi riguarda le unità produttive con meno di 200 dipendenti, nel cui caso viene meno il requisito della permanente disponibilità. Il 2° comma dell’art 27 infatti subordina la concessione di un idoneo locale per le riunioni che di volta in volta le RSA o le RSU decideranno di tenere, quindi prevedendo una situazione di potere più precaria di quella ipotizzata nel 1°comma. La violazione di tale diritto e la concessione di tali spazi costituisce condotta antisindacale.
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PERMESSI PER I DIRIGENTI SINDACALI AZIENDALI (artt. 23 e 24)

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La carica di dirigente sindacale aziendale dà diritto a permessi retribuiti (art. 23) e a permessi non retribuiti (art. 24), che facilitano l’esercizio delle attività sindacali, al riparo da ritorsioni del datore di lavoro.

I permessi retribuiti sono concessi ai dirigenti delle RSA o ai componenti della RSU, ove esistente, “per l’espletamento del loro mandato”. Con questa locuzione deve intendersi il complesso delle attività e delle funzioni inerenti alla sfera di competenza delle strutture sindacali aziendali, quali organismi interni all’unità produttiva. La situazione prevista dall’art 23 dà luogo ad un esonero legale dall’obbligazione lavorativa, che rende possibile al dirigente sindacale di assentarsi dal lavoro per svolgere le funzioni inerenti alla propria qualifica, con conservazione dell’obbligo retributivo a carico del datore di lavoro.

I permessi non retribuiti dell’art. 24 sono, invece, concessi ai dirigenti di RSA o ai componenti di RSU che vi subentrino, oltre che alle OO.SS. aderenti alle associazioni stipulanti il CCNL “per la partecipazione a trattative sindacali o congressi e convegni di natura sindacale”.

È irrilevante la compatibilità dell’assenza del lavoratore che si avvale del permesso con le esigenze aziendali.

Spetta alle RSA, alle singole componenti sindacali della RSU o all’associazione sindacale che inoltra al datore la richiesta dei permessi, il ruolo di garanti della corretta destinazione sindacale del permesso medesimo.

La fruizione del permesso non dipende da un atto di concessione o di autorizzazione del datore di lavoro, la cui volontà è ininfluente. Il dirigente che intende godere del diritto ha semplicemente l’onere di darne comunicazione, a seconda dei casi, tramite la RSA o la RSU, o l’organizzazione sindacale titolare (per i permessi non retribuiti), per iscritto al datore di lavoro di regola 24 ore (per i permessi retribuiti) o tre giorni prima (per i permessi non retribuiti), senza necessità di indicare nello specifico le ragioni della richiesta.

Le norme infine prevedono limiti circa i soggetti beneficiari e il numero delle ore di permesso usufruibili, che variano a seconda delle dimensioni dell’unità produttiva

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  1. PERMESSI E ASPETTATIVA PER I DIRIGENTI SINDACALI ESTERNI (artt. 30 e 31)
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A norma dell’art. 30 St. lav., i componenti degli organi direttivi nazionali e provinciali dei sindacati di cui all’art 19 St. lav. hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.

I lavoratori che ricoprono cariche sindacali provinciali e nazionali, a norma dell’art. 31 1° e 2° comma, possono essere collocati, a richiesta, in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato (così come i lavoratori chiamati a talune funzioni pubbliche elettive).

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