CAP. 7 Flashcards

1
Q

RAFFORZAMENTO E RIVITALIZZAZIONE DELLE MARCHE

A

Secondo alcuni studiosi dovrebbe esserci un ciclo di vita della marca, diverso dal ciclo di vita degli individui: per i brand non è detto che esistono fenomeni di declino o scomparsa che nel determinismo biologico lo sono. Fasi:
a. Lancio: marca nuova, definizione del posizionamento ricercato-> confermare identità, accrescere notorietà e migliorare l’immagine;
b. Conferma: la marca con potenziale procede con la definizione del territorio di marca. Infatti, man mano che si esaurisce l’effetto moda, le vendite delle marche senza potenzialità sfumano e gli intermediari della distribuzione escludono i pdt dai loro assortimento-> attenzione!
c. Consolidamento: conquista di quote di mercato-> la marca riconosciuta deve confermare la propria ambizione nei mercati (nazionali e internazionali) e affermare l’equity e migliorare la distribuzione in termini di copertura ponderata e/o penetrazione;
d. Diffusione: la marca in espansione rinnova il marketing mix operativo o il mix-> adattamento del marketing per espansione, conquista di nuove generazioni, forte tensione verso la reinvenzione per non tramontare (le marche incidentate sono quelle che tramontano);
e. Posizione Orbitale: la marca di riferimento sviluppa il suo potenziale proveniente da successo, riconoscibilità e rispetto. Deve produrre uno stile, un linguaggio per e dei consumatori, e prestare attenzione al rischio di declino e uscita dal mercato.
-Come fa una marca longeva a «mutare» costantemente senza perdere la sua «fisionomia»?
• Investire continuamente in innovazione di prodotto (es. Gillette e lamette sempre diverse da quelle originali) e di marketing (significati invariati, i significanti mutano-> core values invariati, per non perdere identità, ma mutati nei significanti con un sistema di codici e di linguaggio espressivo per la marca: es. Dior, Balmain…);
• Mantenere «sintonia» con il consumatore in continua evoluzione e saperne leggere i mutamenti;
• Realizzare un continuo processo di armonizzazione con il contesto (selezionare il segmento di domanda, individuarne sensibilità, gusti e valori; monitorarne l’evoluzione);
• Mettersi perennemente in discussione e adattare i cambiamenti alla proposta di valore;
• Aggiornare i significati di marca, non stravolgendo radicalmente i propri valori di fondo (rischio perdita di credibilità e autorevolezza);
• Garantire «continuità», per rinforzare l’identità, ma imprimere «evoluzione» che assicura modernità.

-Come gestire l’invecchiamento (naturale) del brand? Contrastarlo, Rallentarlo, Invertirlo con:
a. Lungimiranza, creatività e prospettiva di lungo termine;
b. Atteggiamenti e comportamenti manageriali e/o imprenditoriali, tre tipi:
1. Trend drivers, marche in grado di guidare le tendenze:
o Capacità di ascolto del mercato (esigenze esplicite e implicite) e osservazione del contesto;
o Questa capacità caratterizza spesso i brand leader in grado di: conferire visibilità alle azioni (grazie alla loro notorietà e immagine), ottenere accesso alla distribuzione e scegliere tempi e modi per l’avvio di strategie di rafforzamento o di rivitalizzazione;
2. Trend respondents:
o Capacità di allinearsi alle azioni dei brand più proattivi;
o Brand follower che non dispongono di risorse sufficienti per R&D ma che sono attenti al mercato e possiedono flessibilità interna;
o Talvolta atteggiamento usato anche da imprese di rilievo ma rispetto a marche che sono comunque senza rilievo nel portafoglio aziendale;
3. Trend avoidance: marche prive di intraprendenza, rigide e incapaci di vedere potenzialità di rivitalizzazione o rafforzamento. Brand che:
o non dispongono di risorse sufficienti per il monitoraggio;
o sono inconsapevoli del ciclo di vita della marca e si ritengono immuni da esso – pensano di avere il tempo per «reagire e rispondere».
c. strategie di rafforzamento e rivitalizzazione delle fonti del valore in linea con l’evoluzione del contesto del mercato considerando anche le azioni verso i consumatori fedeli (con brand architecture che «spingono» su sub-branding o endorsed branding, oppure adottando co-branding che «legittima» la condotta).

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Q

RAFFORZAMENTO DEL BRAND

A

-Il valore della marca si rafforza con azioni di marketing in grado di comunicarne il significato e questo avviene lavorando:
• sulla brand awareness, spiegando quali sono i pdt che il brand rappresenta, quali bisogni soddisfa e quali benefici offre. Es, Nivea è conosciuta per la crema multiuso, si è estesa a bagnoschiuma ecc. e rafforzandone la posizione tra le più importanti marche dell’igiene personale;
• sulla brand image, si tratta di spiegare in che modo la marca rende superiori i prodotti che contraddistingue oltre che promuovere associazioni forti e uniche. Es. balck e Decker attraverso lo sviluppo di pdt e introduzione di estensioni di successo si è imposta come marca dal design innovativo, o anche Stone Island, marca in grado di rafforzare costantemente il suo valore.
Come?
1. Preservare la coerenza del Brand (coerenza nelle comunicazioni di marketing);
2. Proteggere le fonti del valore di marca (tutelare i punti di parità e di differenza, es. pdt proposti anche nei diversi contesti geografici, facendo riferimento alla presenza di un quarto di crema idratante);
3. Non eccedere nel leverage della brand equity;
4. Rafforzare il significato della marca, tramite:
• associazioni product-related: innovazioni nel design, nella produzione e nel merchandising (es. Mattel ha ottenuto risultati eccellenti grazie a prodotti innovativi che anticipano le tendenze del mercato: Barbie, Hot Wheels, Harry Potter, dietro studio bambini e aggiornamenti continui si pensi a Barbie) -> le innovazioni sono fondamentali per le marche basate sulle performance (es. PlayStation con le sempre più sofisticate versioni delle sue consolle per videogiochi tradizionali). In alcuni casi il miglioramento dei prodotti può comportare l’introduzione di linee extension con ingredienti o caratteristiche superiori (es. Lindt Excellence) o sottomarche (es. Danone, le innovazioni di pdt hanno dato origine a sub-brand molto forti come Activia, Actimel, Alpro, Danacol);
• associazioni non-product-related: focus sull’immaginario legato all’utilizzatore e alle situazioni d’uso del brand; essendo più intangibili dovrebbero essere più facilmente modificabili (es. Moretti e baffo-> paragrafo dopo).
-Riposizionamenti troppi frequenti possono danneggiare la marca, e quando si parla di gestione del valore della marca bisogna tenere presente del trade-off fra le attività di marketing volte a rafforzarlo e ad accrescerlo, e quelle mirate a sfruttarlo per ricavarne benefici economico-finanziari del breve periodo.
-Inoltre, nelle fasi di crescita in cui si attuano politiche di rafforzamento è relativamente consueto il ricorso al licensing e l’estensione della marca che, se motivate da considerazioni di breve periodo, si rischia la diluzione (category extension ha effetti positivi, mentre line extension non manca di palesare una componente di rischio).
-L’incapacità di rafforzare il brand è destinata a sfociare in una minore consapevolezza e un’immagine indebolita che può portare a dismettere la marca cedendola ad aziende che ritengono di poterla sviluppare (es, Granarolo ha dismesso Giacobazzi).

Marlboro si è preservata al punto che il famoso cowboy inventato negli anni ‘70 è rimasto nel nostro immaginario, e di fatto pensiamo che la sigaretta classic sia la sigaretta da macho.

Un altro modo che ho per preservare la coerenza è quella di lavorare sulle associazioni di marca preservando sull’idea che il packaging è fondamentale -> io sono Barilla e io sono scatola, che è come un libro, dà autorevolezza.

PROTEZIONE-> RAFFORZARE-> cercare attività più idonee, lo fa attraverso una serie di iniziative che vogliono dire, per esempio, nel corso del tempo cambia testimonial influencer o opinion leader ma ti dico sempre 2 al posto di 1, oppure cerco di riproporre elementi storici del successo, per esempio con quello che ha fatto Lavazza con Carmencita dove Lavazza non appare ma fa parlare Carmencita che proviene da anni ‘60 dove c’era il caffè Paulista e c’era il personaggio Carmencita, poi quando Lavazza ha avuto bisogno di rinnovare e pensare al caffè con brand che si inserisce nel suo portafoglio ha lanciato nuovo prodotto con brand che ha accompagnato tutte le diverse iniziative di Carmencita -> podcast (allora, non adesso!) era modo per parlare in modo giovane alle donne.

-Proteggere le fonti del valore della marca attraverso azioni di marketing che comunichino un significato coerente in termini di consapevolezza e immagine-> Volkswagen “das auto”: ribadire che sono auto, proteggo quello che sono.

Dove: attività che cerchino di rafforzare idea che è per tutti i tipi di pelle, non c ‘è distinzione e ti dico provalo. È Dove che si presta e su quello per cui ha lavorato nel corso del tempo.

Poi Tetrapak e Palmolive lavoro su design il primo e poi line extension, dando uniformità con il package facendo tutte queste attività nel corso del tempo.
Gillette: scelte di quelle attività di marketing che servono per rafforzare il significato della marca. Lo scorso anno ha lanciato una campagna in cui il papà si metteva dietro al ragazzino transgender e in America soprattutto ci sono stati movimenti contro e pro, e campagna bellissima che lavorava sull’idea che Gillette potesse essere da tutti, non solo al macho Bobone.

Moretti: baffo o non baffo lo teniamo lo stesso di orsini o cambiamo è importante per un brand soprattutto nazionale come Moretti.
> Gli obiettivi di rafforzamento possono essere
diversi

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3
Q

RIVITALIZZAZIONE

A

-Evitare che numerosi fattori incidano sul brand e lo facciano declinare (come Abercrombie & Fitch) o scomparire (come successo a Motorola) -> Restituire «nuova vita» con strategie di marketing. Come?
1. Ricostruire le strutture cognitive della marca (rinvigorire le tradizionali fonti di valore o crearne di nuove);
2. Verificare l’esistenza di valori chiari e rilevanti, a lungo ignorati o comunicati in modo inefficace;
3. Creare nuove fonti di valore o riattivare quelle tradizionali attraverso:
• Incremento della brand awareness (sulla profondità e/o ampiezza consapevolezza);
• Aumento della forza, della positività e dell’unicità delle associazioni che definiscono la brand image.
! Non tutte le marche si prestano alla rivitalizzazione.
Aumento della consapevolezza
-Aumentare la prominenza agendo alla base della piramide del valore. In genere la marca in declino ha un problema di ampiezza e non di profondità, ovvero i consumatori non hanno difficoltà a riconoscere e richiamare alla memoria la marca, ma tendono a pensarla in termini limitativi. È necessario adottare strategie volte ad aumentare l’uso della marca aumentando:
1. La quantità consumata (quando si rileva un uso inferiore alle dosi ottimali raccomandate, occorre convincere in merito ai benefici o ridurre le conseguenze negative di un uso più intenso, fare bundling, rendere il prodotto più comodo e facile da usare);
2. La frequenza (intervenire su categorie di prodotto, incrementando la dimensione della domanda primaria per accrescerne la desiderabilità). Si può fare, ad es. nel settore alimentare:
• Operare su una differenziazione del nucleo di prodotto, modificando le caratteristiche intrinseche affinché possa offrire una soluzione a ulteriori esigenze (esempio, dadi da brodo anche in forma gelatinosa e già pronti);
• Agire sugli elementi accessori del prodotto, come la confezione (formula differente come Turci, spezie ed erbe aromatiche in spray);
• Aggregare sottocategorie, per coprire nuove esigenze (es, Pedon legumi sotto forma di snack);
• Cogliere le nuove tendenze (attenzione alla responsabilità sociale come Mutti, azioni per contrastare il caporalato);
• Proporre una nuova applicazione del medesimo prodotto (Ponti aceto balsamico di Modena è riuscito a far sì che i consumatori hanno apprezzato anche per il consumo quotidiano abbinandolo a cibi insoliti come fragole e gelato).

Philadelphia: incremento di occasioni d’uso, è brand dominant nella categoria formaggio da spalmare, non ha problemi ed è il primo che viene in mente per formaggio spalmabile, oltre a essere leader in termini di quota di mercato; si inventa il saltalo, mischialo, goditelo, aggiungilo: sto lavorando in termini di brand awareness.
Ponti pubblicità metteva aceto su erba disruptive, ora i genitori dicono limone e zucchero su fragole ma anche aceto. Quindi si lavora su una modalità innovativa, su idee che possono essere utilizzate.
Interessante cosa ha fatto quando è passato da portafoglio P&G a Henkel modificando tutto, lavorando su associazioni opacizzate, e ha avuto associazioni pazzesche.

Cinzano: brand storico, dal 1990 al ‘99 faceva parte del portafoglio Diageo e non l’aveva considerata tanto rilevante, poi 1999 rientra in Italia e fa parte del portafoglio Campari. Brand con 200 anni di storia, ci si chiede come faccio a rivitalizzarlo? Si comincia a dire cerco di rafforzare le associazioni opacizzate. Valorizza che fa parte del consorzio dell’Asti. Per trattenere concocenti vulnerabili, concorrente diretto è No Martini No Party. Più feste meno party, quindi lavora su questo e per neutralizzare le associazioni negative pure sul fatto che è vecchio, quindi faccio una bottiglia più cool e ragionano sulle associazioni negative trasferite. Per riconquistare clienti persi si ragiona sulle altre categorie collegate al brand Cinzano. Si creano nuove associazioni e si lavora sull’anniversario. Per l’anniversario si associa Cinzano allo sport e si inizia a pensare al fatto che si possono anche conquistare le donne col rosé. Avviene dal 2005 al 2007 cercando di lavorare sulla creazione di nuove associazioni.

Un altro modo per agire sulla marca è quella di pensare di cambiare target, ad esempio, Calzedonia si è rivolta a nuovi utilizzatori indirizzandosi verso un target maschile.

Il miglioramento delle associazioni

  • Per migliorare le associazioni può essere necessario:
    1. Rinvigorire le associazioni positive come quelle divenute opacizzate, ovvero ribadire ai consumatori l’esistenza di particolari attributi e benefici che hanno cominciato a dare per scontati;
    2. Crearne di nuove, coerenti con l’evoluzione del proprio target (Procter and Gamble, cookie Dent da funzionale a benefici psico-sociali in linea con il nuovo stile di vita del target)
  • > molte marche mature per ottenere personalità più contemporanea usano sia 1 e 2 (es. Burberry ha innovato le linee svecchiando il target e aumentando la notorietà);
    3. Neutralizzare quelle negative eventualmente sviluppatesi nel corso del tempo. Ad esempio, Nutella e olio di palma, garantisce ai consumatori che viene trattato con estrema cura durante la lavorazione che per ottenere lo stesso quantitativo di olii alternativi sarebbe necessario più terra coltivata e garantisce la sostenibilità della filiera.
  • L’attuazione delle strategie in merito alle associazioni comporta una riflessione anche sul target di riferimento che non coincide con l’intera domanda; una prima possibilità è proprio quella di rivolgersi a nuovi segmenti (esempio Johnson&Johnson con Baby Shampoo portato anche un target di adulti, o Gillette al pubblico femminile con Venus, anche se può non essere facile). Talvolta invece è sufficiente riuscire a trattenere i clienti esistenti o riconquistare quelli perduti (esempio Gillette cosmetici per cura della barba).
  • Spesso l’attuazione di queste strategie richiede la modifica di uno o più segni di riconoscimento della marca, se il nome è il più difficile da modificare (Eliminare o sigla come General Electric GE), l’intervento su altri è più semplice.
  • In conclusione, per fronteggiare i cambiamenti e valorizzare la proposta è necessario tener conto di alcuni aspetti fondamentali:
    1. innovazione è una necessità comune di tutte le marche ma nel rispetto di una coerenza identitaria e valoriale;
    2. l’identità di marca è fondamentale ma le evoluzioni impongono un’apertura verso l’esterno (il plus oggi trasformatosi in must consiste nell’offrire un valore superiore ponendolo al centro degli sforzi del brand);
    3. è essenziale comprendere l’evoluzione dei fenomeni sociali sia off line che online per poterli fronteggiare ottimizzando la reinvenzione e la valorizzazione di marca in un processo senza fine di innovazione continua.
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Q

REBRANDING

A

È la pratica di costruire un nuovo nome, termine, simbolo, disegno o una combinazione di essi per un marchio affermato, con l’intenzione di sviluppare una nuova posizione differenziata per stakeholder e concorrenti versus riposizionamento (es. rivitalizzazione) quale modifica nelle associazioni mentali alla marca -> tantissime marche lo stanno facendo e lo stavano pensando anche prima della pandemia. Vuol dire che io ho deciso di costruire qualcosa di nuovo che deve essere trasferito, prendo qualcosa di nuovo e posso sviluppare una posizione differenziata sul mercato.
Quando?
1. Cambiamenti della struttura proprietaria;
2. Operazioni di finanza straordinaria;
3. Modifiche nella strategia aziendale e/o di marketing;
4. Mutamenti nelle condizioni competitive;
5. (Semplice) Obsolescenza del logo (es. con canoni stilistici diversi dagli attuali);
 Obiettivo è cambiare l’immagine e la percezione che gli stakeholder & C. hanno di una marca

  • E il rebranding può riguardare ognuno degli elementi che compongono l’identità visiva della marca sia collettivamente (riprende in totale) sia individualmente (riprendo imparziale). Può essere inoltre evolutivo (concerne il logo e lo slogan) o rivoluzionario (un radicale che coinvolge anche il nome). Infine, può essere Proattivo (connesso alla scelta di migliorare l’immagine, avviare una strategia di crescita, entrare in nuovi mercati o raggiungere segmenti di domanda in precedenza non oggetto di interesse da parte della marca) o Reattivo (risposta a eventi specifici, quali ad esempio la necessità di assolvere ad obblighi legali e cambiamenti messi in atto dai concorrenti).
  • Il rebranding può riguardare tutti i livelli della gerarchia di marca: Gerarchia di marca, Brand Mix, Category Extension. Es. Pavesi e Cerealmix: fino al 2005 Cerealmix faceva parte del portafoglio del Mulino Bianco e figurava con l’evidenza endorsment del family brand Mulino Bianco. Barilla in seguito all’acquisizione del brand Pavesi ha riorganizzato il brand mix per distinguere il posizionamento di MB (alimentazione in casa) e Pavesi (consumo fuori pasto). In quest’ottica è poi è entrato a far parte di Pavesi perché è uno snack.

-Il cambiamento del brand name potrebbe vanificare la notorietà in immagini raggiunte e quindi il valore degli investimenti di marketing cumulati.
Es. Anni fa la marca di abbigliamento GAP decise di cambiare in modo radicale il proprio logo, ma ricevette così tante critiche dai consumatori (che non capirono la scelta e non ritrovarono i valori aziendali nella nuova grafica, e fu costretto a ritornare al logo precedente).
-Al contrario, è possibile creare appartenenza e coerenza del nuovo logo, come AirBnb che ne ha spiegato la filosofia: simbolo che rappresenta amore, luoghi e persone e spiegando come sia stato studiato per essere semplice e replicabile in ogni parte del sito. All’interno di azione di rebranding della piattaforma completa a partire dalla grafica e dal tone of voice: più storytelling. Inclusivo, che lavora su un nuovo target.
-I principi fondamentali del rebranding:
1. Andare avanti rimanendo sé stessi (progettazione di una nuova identity, che sia in rispetto della core identity);
2. Conservare alcuni elementi del brand concept (costruire tra vecchio e nuovo per accettazione cambiamenti) -> rebranding deve estrinsecarsi in un’osservazione incrementale piuttosto che radicale;
3. Sviluppare brand orientation attraverso attività di comunicazione, training e marketing interno per aumentare le probabilità di successo di una decisione di rebranding (si ha quando tutti gli stakeholder sono allineati sul brand, che rientra nella routine quotidiana);
4. Coordinare il marketing mix.
Es. Grande rebranding Italia è quello di Telecom Italia a TIM + riposizionamenti + nuova visione e identità.

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Q

BRAND MIGRATION

A

-Pratica di gestire la transizione dei clienti da una marca ad un’altra. Da una «marca di origine» (con equity da preservare facendolo confluire) ad una marca «di destinazione» nel brand mix. Perché? (3 obiettivi)
1. A seguito di un rebranding che voglia rivitalizzare la marca (7.3.1);
2. Razionalizzazione del brand mix (tipicamente a seguito di operazioni di fusione e/o acquisizione o in mercati maturi/bassa crescita dove è necessario concentrare le risorse su un numero minore di marche a livello di categoria);
3. Sviluppare le marche già presenti sul mercato (puntare a un target più ampio e composto sia con segmenti attuali e potenziali; vi rientra anche passaggio da marche locali a globali -powerbrand, megabrand, flagshipbrand).
-Metamorfosi: dal greco Morphous/morphē (shape) “Trasformazione o trasformare completamente la propria apparenza…” ->I processi di Metamorfosi implicano, sempre, che qualcosa cessi di esistere e si trasformi in qualcosa differente.
-Quando?
1. Razionalizzazione brand mix:
• M&A (Novartis) -> alcune marche vanno sotto altra azienda unica
• Portafoglio multi-brand (GE, Black & Decker, P&G);
2. National markets vs. International markets -> considero marche con uno sguardo sovranazionale, quindi per esempio decido che alcune marche sono globali o sovranazionali;
3. Riduzione dei costi di produzione e di marketing;
4. Sviluppo di marche (forti) già presenti sul mercato;
5. National brands vs. global brands;
6. Power-brands, pillar- brandsà Nestlé (6), L’Oreal (16);
7. Global consumer (idea che esiste consumatore globale che ha dei processi di acquisto Es. marche di lusso);
8. Mercato azionario.

  • Problema 1: in ottica Customer Based-> Customer Dilemma: da marca conosciuta, con specifiche associazioni, apprezzata verso una marca diversa: Si possono spostare gli acquisti verso la nuova marca? È una marca nota o meno nota? Quali connotazioni possiede? Fornirà la stessa soddisfazione della marca originale?
  • Problema 2: in ottica BE. Management Dilemma: come non perdere i consumatori lungo la strada perché essi: non sono direttamente coinvolti nel prendere la decisione di emigrare e svolgono un ruolo passivo nella decisione, ma sono attivi nella sua realizzazione.
  • L’obiettivo è guidare i consumatori dal brand di origine verso quello di destinazione. Infatti, per i clienti della marca di origine la marca di destinazione potrebbe risultare sconosciuta o meno nota, o per associazioni mentali diverse all’interesse o incertezza rispetto capacità di soddisfare aspettative. Il problema fondamentale è non perdere i consumatori fedeli al brand di origine, conservare i propri e acquisirne di nuovi.
  • Come? Processo di migrazione:
    1. Migrazione Graduale: Transizione graduale attraverso alcuni passaggi intermedi (per marche con elevata equity: elevata notorietà e immagine forte) -> es. da Omnitel a Vodafone; da Philips Morris International da PM blu A Marlboro Silver;
    2. Migrazione Rapida: Passaggio Immediato (basso rischio di generare confusione nel target, solitamente ha luogo se la marca non è dotata di un immagine forte).

Il passaggio da Omnitel a Vodafone: il national brand Omnitel è entrato a far parte del gruppo Vodafone nel 2000 ed è stato oggetto di una graduale serie di cambiamenti che hanno portato alla sua definitiva trasformazione in Vodafone nel 2003. In un primo momento la marca del gruppo si è affiancata a quella nazionale, in seguito la prominenza crescente di Vodafone ha guidato la transizione dei suoi clienti fino alla completa scomparsa della marca di origine.  ! >8 anni

-> passaggio da Gemey Paris a Maybelline dell’Oréal, brand di Procter, ma nel ‘97 viene rivenduto nel ‘96 nel ‘97 viene acquisito da L’Oréal poi Maybelline.

3 mesi: Obiettivo era accrescere la quota di mercato di Marlboro nel segmento premium e effettuare trading down di Philips Morris blu attraverso nuovi lanci-> non era possibile fare comunicazione nel settore, il packaging era l’unico mezzo.

  • si rende conto che doveva rafforzare la posizione di Marlboro; serie di marche che costavano meno rispetto a Marlboro, e cerca di allinearne il prezzo aumentandolo modo tale che i consumatori fossero abituati a comprare Philips Morrison a quel prezzo. Dopo una o due settimane preannunciano il fatto che Morrison sarà cambiato in Marlboro Silver, e lo fanno prima con una linguetta che dice preparati a chiamarla Marlboro Silver, poi con effetto cellophane o camouflage, e l’unico modo che hanno per parlare con il consumatore è il package (hanno fatto ricerche e certezze che il gusto sia quello) poi migliora dopo sei settimane -> transizione graduale; I passi fondamentali sono stati attuare una comunicazione che assicurasse e rassicurasse i fumatori adulti del brand di origine del mantenimento del gusto, far abituare il consumatore Retriever al cambiamento, sviluppare Retelit Geigy mente e mantenere livello distributivo per il brand brand Marlboro silver, facendo attenzione alle possibili e potenziali attività delle marche concorrenti.
  • Fasi per la migration:
    1. analisi della percezione della marca di origine da parte dei consumatori, per individuare le associazioni mentali che la contraddistinguono rispetto a quelle dei rivali;
    2. definizione del grado di consonanza (fit) fra tale marca e quella di destinazione;
    3. (eventuale) valutazione per una strategia di co-branding;
    4. gestione della confluenza nel nuovo brand.

-Ambiti e fasi del processo di migrazione:
• Tempi del processo di sostituzione
a. Cambiamento improvviso o Big bang
b. Cambiamento progressivo verso la “fusione” (architettura di marca, co-branding, dual branding, sub-branding);
• Brand Elements:
a. Logo, Colori Slogan Profumi, …;
b. Gamma di prodotti;
c. Mantenimento SKU, ricetta, tecnologia… Nuove varietà, formule, ricette…;
• Comunicazione:
a. Contenuto: la sostituzione;
b. Target: consumatori, rivenditori, analisti finanziari;
c. Tipo del messaggio: informativo, warning, rassicurare, spiegare…

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Q

GESTIONE DEL DECLINO

A

-Quando le fonti del valore sono prosciugate e non si è in grado di sviluppare una rivitalizzazione del brand, si può: uscire dal mercato (disinvestimento, dismissione) o sfruttare la marca sino in fondo (milking).
- Tipologie di Milking verso una base client ampia e fedele:
• Milking di mantenimento: con investimenti in marketing che si riducono;
• Milking accelerato: con immediato azzeramento degli investimenti;
• Migration (migrazione dei clienti dalla marca in difficoltà a una marca più forte) -> es. Unilever decise di far migrare il detersivo Bio Preto in Surf, una marca globale più forte, ma nel frattempo è stato acquisito da Henkel.
-Le condizioni alla base di una strategia di milking sono le seguenti (Perché Milking?):
• Il brand ha un tasso di fedeltà sufficiente, anche se indirizzato ad un segmento ristretto;
• Il tasso di riduzione della domanda primaria e secondaria non è elevato, e comunque non se ne prevede una drastica riduzione;
• Il livello di prezzo si stima stabile e tale da consentire al brand una marginalità positiva;
• Marca con valore per l’azienda (facilitando il raggiungimento di economie di scala, fornendo supporto ad altri brand in portafoglio…).
es. Loberasco frutta secca e spazio che ora hanno ma anche tutte le marche nei supermercati per frutta secca e legumi che per una serie di elementi sono entrati a far parte.
-La strategia di milking non è di semplice attuazione, la condizione essenziale è che sia il più possibile mimetizzata, altrimenti i clienti potrebbero perdere fiducia, la distribuzione e cessare di referenziare il prodotto, e i dipendenti avere un calo del morale: tutto questo comporta un’accelerazione del declino. Le premesse su cui si fonda la diagnosi di declino possono anche rivelarsi errate, infatti la domanda potrebbe anche evolvere in positivo, e uno o più concorrenti potrebbe uscire dal settore -> Come Milking?
• Mimetizzarla (rischio abbandono, disaffezione, passaggio a concorrenza…);
• Essere certi e svolgere un’analisi del declino corretta (es. mercato legumi e frutta secca!).

  • Quando le prospettive per la marca non sono positive e c’è impossibilità di perseguire una strategia di milking, bisogna seguire la soluzione più radicale: cessare la produzione della marca e non sostenerla più (orphan brand). Le condizioni (perché?):
    1. Brand con tasso di riduzione domanda primaria elevato e in accelerazione, senza alcun gap di potenziale colmabile;
    2. Limitata fedeltà alla marca per sostanziale assenza di differenziazione percepita;
    3. Pressione sui prezzi da parte di concorrenti «agguerriti»;
    4. Marca con posizione debole e vantaggi competitivi detenuti dai competitor;
    5. Barriere all’uscita «non insormontabili».

Non è detto che una marca ritirata dal mercato non possa riapparirvi in futuro, magari cavalcando l’effetto nostalgia (es. Winner Tako).!
È facile uscire, le barriere alla mobilità non sono insormontabili quindi ci sono indicazioni tabelle (cosa devo guardare) e ultimo cessione della marca.

-Il disinvestimento può realizzarsi anche tramite la cessione ad altre aziende:
• Danone, presente con diverse marche all’interno delle acque minerali, ha dimesso le marche Ferrarelle, Boario e Vitasnella, che sono state acquisite dal gruppo LGR tornando così in mani italiane;
• Granarolo, nell’ottica di semplificazione del modello di business, ha dismesso Pandea, marca di prodotti a forno (acquistati qualche anno prima da un’asta fallimentare) -> il ramo di azienda è stato ceduto a Morato Pane player, secondo player nel mercato del pane industriale in Italia e Spagna. Nella prospettiva dell’acquirente, l’operazione è motivata ad acquisire ulteriore Know-How nel mercato degli alimenti senza glutine, estendendo la presenza a nuove categorie di prodotto.
-Ottica acquirente: Acquisire quota di mercato, Rafforzare Know-how, Acquisire ulteriore Know-how, Estendere la presenza in nuove categorie, Sinergie.

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