CAP. 1 Flashcards
IL SIGNIFICATO DELLA MARCA
-Brand: bruciare, con riferimento l’operazione di marcatura necessaria per contrassegnare e riconoscere i capi di bestiame (di derivazione nordica). Marca: dal germanico marka, che significa limite, termine, confine;
-AMA: una marca è “un nome, termine, segno, simbolo o disegno, o una combinazione di questi elementi, che ha lo scopo di identificare i beni e servizi di un venditore o gruppo di venditori, differenziandoli da quelli della concorrenza” -> La marca è una risorsa intangibile basata sulla fiducia, fondamentale per lo sviluppo del capitale relazionale (resource-based management).
-Aggiunge all’offerta una dimensione identificativa, percettiva e fiduciaria, differenziandola da altre a livello razionale e tangibile (funzionalità e prestazioni) o a livello simbolico, emotivo e intangibile (ciò che la marca evoca e rappresenta): la marca è una fondamentale risorsa intangibile, costruita aggregando, intorno a specifici segni di riconoscimento (dimensione identificativa) capaci di evocare nella mente del consumatore un insieme di associazioni (dimensione percettiva), aspettative e convinzioni (dimensione fiduciaria).
-I consumatori attribuiscono un valore differenziale che influenza la relazione tra prezzo e quantità, traducendosi per l’impresa in vantaggi di prezzo (premium price) e/o di quota (share premium)
• Effetto di traslazione: spostamento verso dx della curva di domanda: livello vendite maggiori a parità di p. Si misura considerando il margine lordo rapportato in termini % ai volumi di vendita.
• Effetto di irrigidimento: maggiore inclinazione della curva di domanda: p maggiori a parità di volumi venduti. Questo effetto è misurabile col differenziale di prezzo, corretto per tenere conto dei differenziali di costo.
- È la promessa che si materializza agli occhi del consumatore, come essenza dei benefici (funzionali, psico-sociali ed esperienziali), che i clienti possono aspettarsi di ricevere nello sperimentare i beni o servizi identificati dalla marca stessa-> dovrà distinguersi da quella dei concorrenti (agendo su differenze razionali e tangibili es. Apple investimenti R&S + politiche mktg o emotive, simboliche e intangibili es. Marlboro successo su elementi non collegati pdt).
- Per il consumatore la marca assume un significato personale e unico e la relazione fra consumatore e marca è una sorta di vincolo o patto: il primo offre fiducia e lealtà nell’intendimento implicito che la seconda garantisca valore (performance conforme alle attese e strategie appropriate di p, comunicazione e distribuzione).
VALORE DELLA MARCA PER CONSUMATORE E IMPRESA
-Valore per il consumatore: vantaggi di apprendimento (bisogna creare associazioni con la marca e usare i segni di riconoscimento per formare nella memoria un nodo relativo alla marca, necessario per creare la brand image), di considerazione (la maggiore notorietà fa entrare la marca nell’insieme evocato – marche prese in considerazione per acquisto) e di scelta (la notorietà influenza la scelta, soprattutto quando il coinvolgimento è limitato si possono scegliere un base alla brand awareness).
-La marca aiuta il consumatore a:
1. interpretare, elaborare e memorizzare in modo corretto le informazioni: identifica il produttore, attribuisce la responsabilità e contiene i costi di ricerca/elaborazione delle informazioni;
2. rafforzare la sicurezza e la fiducia nelle decisioni d’acquisto o la soddisfazione: garantisce performance e riduce il rischio percepito (i vantaggi sono significativi per i beni di esperienza-caratteristiche non facilmente giudicate prima dell’acquisto- e beni di fiducia- valutazione spesso difficile anche dopo uso);
3. rafforzare il conseguimento dei benefici simbolici e i valori associati alla specifica marca: elementi non direttamente collegati al prodotto e immaginari attraenti e associazioni intangibili.
-Valore per l’impresa: incrementa/rafforza i risultati competitivi e reddituali,
1. garantendo una maggiore efficienza ed efficacia nelle attività di marketing: divenire garanzia di prestazioni o significati, gli investimenti realizzati dotano il bene o servizio di associazioni mentali e significati unici, che li distinguono dai concorrenti;
2. stimolando la ripetizione degli acquisti-> fedeltà alla marca (capacità di prevedere la domanda e difendere): soddisfattori per i successivi acquisti e stimolare la ripetizione degli acquisti;
3. giustificando livelli di prezzi premium, e generando quindi margini elevati;
4. favorendo estensioni di marca;
5. facilitando l’accesso ai canali distributivi, trade leverage (es. Nel 2017: Nike Direct e-commerce e migliorare la sua catena di fornitura, con l’obiettivo di raggiungere $ 16 miliardi di vendite entro la fine del 2020, risultato ottenuto già̀ nell’anno del lancio. Nel 2017 negozio Nike House of Innovation a Shanghai. Altri in giro per il mondo);
6. agendo da barriera nei confronti dei rivali (difficile da imitare, è uno strumento per amplificare il vantaggio competitivo).
-In sintesi, la marca:
• per il consumatore è una risorsa fiduciaria: possiede un significato personale, facilita l’attività̀ quotidiana e le decisioni di acquisto, arricchisce l’esistenza, rappresenta la profonda relazione marca-consumatore ed è patto, vincolo, lealtà;
• Per l’impresa è un asset: rappresenta la promessa, è inimitabile dalla concorrenza, conferisce unicità, serve per ampliare e difendere il vantaggio competitivo.
MODELLO EVOLUTIVO DELLA MARCA
- Evidenzia che il valore della marca nasce dai diversi livelli di potenzialità che la caratterizzano:
1. potenziale di orientamento: consente di indirizzare il processo di acquisto verso l’offerta della marca favorendo aspettative di valore superiori rispetto alle alternative;
2. potenziale di differenziazione: rafforzare gli elementi di distinzione sul piano competitivo nella mente del consumatore;
3. potenziale di estensione: favorisce l’ampliamento della rete di significato facilitando l’introduzione di innovazioni idonee a estenderne il raggio d’azione nel business attuale e in nuovi;
4. potenziale di apprendimento: contribuisce allo sviluppo del patrimonio aziendale di conoscenze, attraverso processi di apprendimento basati sulla sperimentazione. - Quattro vettori:
1. di identificazione, sintetizza processi di mktg da cui dipendono notorietà e immagine;
2. di valorizzazione, che consente lo sviluppo di valore-utilità e valore-equità e retroagisce sul VI, favorendo il rafforzamento della consapevolezza e immagine di marca;
3. di astrazione, che con il VV consente di rafforzare tali componenti in termini di profondità, ampiezza, forza e positività e che (solo VA) rafforza le percezioni di valore sul piano dell’utilità e dell’equità;
4. di sperimentazione, che incide sulle dimensioni alla base dei processi di apprendimento organizzativi ed è alla base del contribuito che la marca può fornire allo sviluppo delle risorse di conoscenze dell’impresa, stimolando l’introduzione di nuovi pdt e servizi, ed estende i significati e la proposta di valore della marca. - E 4 stadi:
1. di accreditamento, che implica la generazione delle componenti cognitive della marca e in cui agisce il VI che alimenta potenziale di orientamento;
2. di accumulazione, che si basa sul VV che rende operante il potenziale di differenziazione tramite la generazione di convinzioni stabili nei consumatori riguardo la capacità della marca di garantire un soddisfacente rapporto benefici/sacrifici e all’equità dei suoi comportamenti di mercato;
3. Di attivazione, che concerne l’ampliamento del valore e in cui agisce il VA che, arricchendo il significato della marca e proposta di valore, favorisce la nascita del potenziale di estensione;
4. Di ampliamento, in cui si attiva il valore della marca tramite il VS che, stimolando lo sviluppo di innovazioni che consolidano ed estendono il network di relazioni di mercato, favorisce l’accumulazione di un potenziale di apprendimento sul quale basare la reiterazione dei cicli evolutivi.
IL MODELLO DELLA CUSTOMER-BASED BRAND EQUITY
- Nella prospettiva di marketing, la marca è una fondamentale risorsa intangibile, costruita aggregando intorno a specifici segni di riconoscimento, un definito complesso di valori, di associazioni cognitive ed emotive, al quale i consumatori attribuiscono un valore aggiunto che eccede le performance tecnico-funzionali del prodotto-servizio identificato dalla marca stessa, e che pertanto si traduce in un valore economico-finanziario differenziale per l’impresa (Brand Equity) -> esiste nella mente di consumatori, simbolo di riconoscimento, va oltre il pdt, suggerisce specifiche associazioni.
- In questa prospettiva, il valore della marca è l’effetto differenziale che la brand knowledge esercita sulla risposta del consumatore alle attività di mktg realizzate dalla marca stessa. L’effetto è positivo se reagiscono in maniera più favorevole al mktg quando identificano il brand rispetto a quando non lo riconoscono e viceversa è negativo.
Tre elementi chiave:
- L’effetto differenziale (proprio perché il valore della marca deriva dall’esistenza di differenze nelle reazioni dei consumatori, in assenza il pdt di marca si può classificare come merce o versione generica);
- La conoscenza della marca (le differenze suddette sono il risultato di questa, che è articolata nella notorietà brand awareness- e nelle associazioni mentali -brand image);
- La risposta del consumatore alle politiche di mktg (la risposta differenziale dei consumatori determina il valore della marca e si riflette nelle percezioni, nelle preferenze e nei comportamenti legati a tutte le attività di mktg).
MARCHE CONNESSE A PRODOTTI SERVIZI E INDUSTRY
- Consumer brand vs business to business brand. Molti prodotti che in passato erano semplici merci sono divenute marche, in quanto i consumatori si sono persuasi che non tutte le offerte nell’ambito della medesima categoria sono equivalenti e che possono esistere differenze non trascurabili (es. caffè). Anche le aziende che operano nel B2B, in cui l’applicazione del branding è stata ostacolata dalla convinzione che, essendo il processo di acquisto caratterizzato da razionalità e valutazioni funzionali e utilitaristiche, non vi fosse spazio per politiche di marca, riconoscono i benefici e costrutti nati nei mercati di consumo hanno trovato applicazione (brand personality, attachment, experience) -> la marca deve orientarsi alla creazione di un’immagine e di una reputazione positive per l’impresa nel suo complesso. (es. Cisco,DuPont);
- Service brand. Una delle principali sfide che la politica di marca incontra è connessa all’immaterialità, inseparabilità tra produzione e consumo, eterogeneità e deperibilità. Queste caratteristiche hanno evidenziato sia la necessità di enfatizzare le componenti tangibili dell’offerta di marca, sia di presidiare e gestirne continuamente la comunicazione all’interno del customer journey, dando rilevanza all’immagine di marca ed esaltandone gli elementi visivi. Quindi, anche il branding dei servizi, nomi, loghi, simboli personaggi e slogan devono creare consapevolezza e immagine per fornire maggior concretezza ai vantaggi offerti;
- Retail e store brand. Anche le aziende commerciali, facendo leva sulla loro capacità di influenzare le scelte di ognuno, hanno elaborato strategie di marca sempre più efficaci, es. Esselunga e Coop che hanno sviluppato attività di branding convergenti, ricercando elementi di differenziazione di marca in: localizzazione dei punti vendita, tipologia dei punti di distribuzione, portafoglio di marche, merchandising… Inoltre, le strategie delle insegne commerciali sono sempre più imperniate sullo sviluppo di marche proprie, favorito da:
- positiva evoluzione delle percezioni dei consumatori nei confronti degli attributi dei prodotti contraddistinti dalle private label;
- Aumenti della pressione promozionale e il miglioramento della gestione delle leve di merchandising;
- Il processo di riposizionamento delle linee a marca propria avviato negli ultimi anni da numerose realtà distributive con un progressivo orientamento alla segmentazione dell’offerta e quindi delle politiche di mktg (marche primo p, marche insegna e premium) -> da logica monomarca a multimarca;
- Luxury brand. Adottano politiche di marca finalizzate a perseguire un posizionamento distintivo che enfatizza quel savoir faire in linea con gli archetipi di life style solitamente proposti, il luxury branding è la sola modalità per le imprese di ottenere luxury margin. Le politiche di marca fanno leva sul corporate brand. Luxury brand è quel bene o servizio di marca che:
• i consumatori percepiscono di essere di elevata qualità;
• Offre valore autentico, un insieme di benefici e/o psico-sociali e/o esperienza desiderati da parte da chi lo acquista e lo utilizza;
• È associato/associabile a un’immagine di prestigio riconosciuta nel mercato di riferimento costruita su qualità specifiche fra le quali l’artigianalità, la maestria esecutiva, la qualità intrinseca, la distribuzione altamente selettiva;
• Si caratterizza per praticare un prezzo sensibilmente superiore rispetto a quello medio di mercato per la stessa categoria merceologica;
• È in grado di instaurare una profonda connessione con il consumatore (resonance); - Sport brand. Il prodotto sportivo ha superato la dimensione prettamente funzionale, per divenire “un insieme complesso di attributi materiali e immateriali, asset tangibili e intangibili” e pertanto uno sport brand. Diverse squadre professionistiche e organizzazioni sportive (es. FIFA) sono divenute ormai brand a tutti gli effetti ma anche il singolo evento (es. mondiali o formula 1). Questi eventi hanno il compito di trasferire un’esperienza di consumo unica, irripetibile e difficile da controllare. Tutto questo implica un’accresciuta competizione non solo reciproca all’interno di squadre, giocatori, federazione ecc, ma anche con altre scelte di svago e intrattenimento;
- Digital brand. Internet ha trasformato anche il marketing e il branding. Per le imprese pure player la marca si manifesta attraverso un processo virtuale, interattivo e basato sulla relazione online. Se inizialmente si è cercato di replicare gli sforzi di branding online ma non si riusciva a catturare pienamente i potenziali vantaggi e le opportunità come interattività, collaborazione, fino a personalizzazione e real-time. Al monologo oggi sono sostituite modalità come interazione e condivisione non solo fra marca e consumatore, ma anche tra questi stessi, sono andati così affermandosi i concetti di brand collaborativi, partecipativi, engaging. Il digital brand deve quindi racchiudere al suo interno sia i concetti chiavi di partecipazione e co-creazione di significato, sia una regola fondamentale del brand management: la gestione di relazioni di mercato volta a creare valore per i clienti e a ottenere e accrescere la brand equity.
MARCHE CONNESSE AI LUOGHI
- Il potere della marca consiste nel creare consapevolezza intorno al luogo e nel renderlo desiderabile. L’aumentata mobilità di persone e imprese ha portato allo sviluppo di questi, nell’ambito delle più ampie categorie di mktg territoriale.
1. Place brand. Designa la marca in maniera generica rispetto ai luoghi, mentre nation brand e city brand in maniera progressivamente più specifica. È la rete di associazioni di caratteristiche e di valori, presente nella mente del consumatore relative alla percezione del luogo, e può differire in funzione di gruppi target (che solitamente vengono distinti in visitatori e/o turisti; residenti e lavoratori; imprese e industria o investitori/stakeholder). A fronte di una competizione ormai globale i luoghi devono essere distintivi e valorizzare la propria immagine, definendo vere proprie marche in quanto l’immagine è il fattore chiave per qualsiasi processo decisionale.
2. Nation brand. Diversi paesi cercano di affermare un brand-nazione. Il nation branding ha quattro principali ambiti applicativi: il paese d’origine, il luogo o la destinazione, la politica diplomatica e l’identità nazionale. È stato distinto tra marca di un paese, di una regione o di una città partendo dall’analisi delle differenti percezioni e valutazioni concernenti benefici e associazioni mentali sviluppate dei diversi target. Partendo da tali premesse, è posto che le percezioni di un paese sono da intendersi come la risposta a eventi o situazioni, si è spesso fatto riferimento alla immaginazione geografica per descrivere significati che le persone attribuiscono i luoghi.
3. City brand. Può servire agli abitanti per identificarsi con la città offrendo alle persone, cose ed eventi la propria marca e svolgendo funzioni come identificazione, orientamento, riconoscimento, differenziazione, continuità. Per questo le applicazioni del marketing urbano dipendono in gran parte da costruzione, comunicazione e gestione dell’immagine della città. - > Country-of-Origin (COO) (“Made in”), Region-of-Origin (ROO) (“Made in”) e Terroir (“Made in”).
MARCHE CONNESSE ALLE PERSONE
Anche gli individui possono ricorrere a strategie di branding per migliorare le loro opportunità e la loro performance:
1. Employer brand. Sempre più spesso i brand promettono di preoccuparsi anche di dipendenti, ambiente e umanità, in generale, è una strategia di marketing volta ad attrarre (e mantenere) i collaboratori migliori, comunicando il valore identitario dell’azienda e i benefici offerti in termini professionali. La ricerca e la fedeltà dei migliori dipendenti sono prerogative delle organizzazioni eccellenti (si pensi al Best Places to work e il trust index), che fanno leva anche sul coinvolgimento delle risorse umane di qualità per accrescere e difendere il loro vantaggio competitivo-> Questo può essere fatto solo in presenza di una prospettiva di centralità della domanda (delle risorse umane) e di creazione di valore per i diversi stakeholder e per primi i collaboratori attuali e potenziali.
La creazione di un Employer brand implica attività rivolte ai collaboratori partendo dall’identità della marca corporate, rendendo appetibili percorsi di carriera e la vita o l’esperienza all’interno dell’organizzazione e impiegando la comunicazione per il mantenimento-> processi di natura relazionale volti a migliorare la vita aziendale grazie al senso di orgoglio dei dipendenti per il proprio lavoro e per l’organizzazione, ma anche e la fiducia verso il management e la qualità dei rapporti con e tra i colleghi.
2. Celebrity brand. Il ricorso a persone note e ammirate per la promozione dei prodotti (celebrity endorsment) si fonda sul presupposto che queste possano catalizzare l’attenzione verso una marca e accrescere la notorietà e che possano plasmare la percezione della marca attraverso deduzioni formulate dai consumatori in base alla conoscenza del personaggio stesso. Le imprese nella scelta di un testimonial valutano la notorietà e se questo possiede un’immagine in linea con l’azienda (celebrity veri e propri marchi valutabili in termini di distintività o attrattività percepita). Si fa tramite storie e narrazione veicolate dai media e oggetto di interpretazione da parte del pubblico. Dietro il successo di numerosi personaggi vi sono strategie di personal branding (es. Lady Gaga con Haus of Gaga).
3.Influencer brand. Gli Influencer esibiscono una serie di combinazioni desiderabili sia in termini di attributi personali (credibilità, competenza o entusiasmo) o relazionali (connettività o centralità); l’influencer è un soggetto che:
• gode di credibilità presso il proprio gruppo di riferimento (perché le sue idee sono adottate dagli altri o perché dispone di un’autorità che gli è esplicitamente riconosciuta);
• persevera nel tentativo di convincere gli altri, anche in presenza di qualche disaccordo, poiché è in grado di convincerli prendendosi il tempo per farlo;
• propone argomenti o idee che altri condividono e sostengono, risultando influente anche nel dirigere la conversazione, discutendo di temi che sono di interesse per gli altri.
Essi stessi diventano delle marche in grado di perseguire obiettivi di notorietà e facendo leva su questi è possibile massimizzare la diffusione di un’informazione, nuovo prodotto o una marca.
• Micro-influencer brand: Personaggi non famosi che hanno basi fan piccole ma dedicate (1.000-10.000 follower). Lavorano nella loro categoria o sono ben informati, appassionati e autentici e sono considerati una fonte attendibile;
• Brand ambassador: incarna i valori del brand e ne rappresenta l’immagine pubblica; fa propri: missione, visione, valori e obiettivi, che utilizza per coinvolgere positivamente clienti e consumatori.
4. Personal brand e self brand. Concetto introdotto nel ‘97 con la pubblicazione dell’articolo “A Brand Called You”, in cui sostiene che chiunque pur lavorando in ambiti diversi e innanzitutto imprenditore di se stesso, amministratore delegato e direttore di marketing dell’azienda chiamata Io spa. Personal branding: processo attraverso il quale individui e imprenditori si differenziano e si distinguono dalla folla identificando e articolando la loro proposta di valori come unica, professionale o personale, e poi sfruttandola attraverso modalità tese a costruire un’immagine coerente per raggiungere un obiettivo specifico. Questo concetto vale tanto per artisti quanto imprenditori e amministratori delegati, si pensi al ruolo dei CEO; può migliorare la percezione e la reputazione dell’azienda rafforzando la fiducia.
MARCHE CONNESSE A CONTENUTI E COMUNICAZIONE
(Branded content in precedenza veniva indicato con integrated marketing communication)
1. Branded content. I contenuti di marketing assumono un ruolo sempre più rilevante e si vanno diffondendo anche nuove figure professionali (responsabile editoriali e creativi) con il compito di trasporre e far vivere attraverso contenuti e canali più idonei il mondo della marca e l’esperienza di marca, costruendo il consumer journey.
Il Content marketing è un approccio strategico focalizzato sulla creazione e distribuzione di contenuti ricchi e rilevanti e coerenti per attrarre e mantenere un’audience ben definita e, da ultimo, nel guidare azioni redditizie nei confronti della clientela. (CMI) I canali digitali sono quelli su cui le marche stanno investendo sempre più, mirando ad attrarre il target e a rafforzare il legame tra questo e la marca mediante l’offerta di contenuti rilevanti, coerenti e di valore secondo un processo continuativo volto a coinvolgere ed emozionare i consumatori tramite l’engagement-> la marca passa da entità funzionale (promessa connessa ad attributi product related) a comunicativa (promette inclusione e partecipazione); di fatto sui social la comunicazione diventa dialogica, bidirezionale e non intrusiva.
Storie e narrazioni divengono i più rilevanti e mezzo e collante naturale e i social media divengono i mezzi di comunicazione digitali indispensabili.
2. Branded content entertainment. É l’evoluzione del classico product placement (pubblicità inserita solo per raggiungere pubblico ma col tempo distribuiti attraverso ampia rete di mezzi e piattaforme) e consiste nell’integrazione della comunicazione di marca con i contenuti di intrattenimento. I brand sono infatti incorporati nelle trame di un film, di un programma o di un altro spazio di intrattenimento e sia la convergenza fra pubblicità, contenuti e intrattenimento. L’obiettivo è creare una connessione emotiva più intensa per il consumatore.
MARCHE CONNESSE A PIATTAFORME E ECOSISTEMI
I termini come Platform ed ecosystem sono utilizzati per descrivere i particolari contesti nei quali gli artefatti tecnici, tecnologici e digitali risultano centrali per rimodellare e riconfigurare una vasta gamma di attività e relazioni. Un numero crescente di marche in diversi fattori ha riconosciuto la possibilità di offrire valore tramite tali piattaforme ecosistemi, in grado di cogliere le potenzialità innovative intrinseche alle tecnologie digitali. Un requisito è una larga base di individui, aggregati intorno a una marca caratterizzata da associazioni forti, favorevoli e uniche nonché proprietaria della piattaforma, o quale aggregatore garante di marche selezionate e diverse
1. Branded platform
-Società delle piattaforme: quella in cui il traffico sociale ed economico è sempre più canalizzato da un ecosistema online globale e guidato da algoritmi e alimentato da dati. Quindi sono 4 i principali elementi su cui si fondano le piattaforme: (1) alimentate dei dati (2) organizzate da algoritmi (3) governate da relazioni proprietarie caratterizzate da specifici modelli di business (4) contraddistinte da particolari accordi con l’utente;
-le piattaforme sono la base tecnologica per le interazioni tra i partecipanti, orchestrando la creazione di valore impostando le condizioni di governance per la partecipazione. Definiscono il modo in cui le marche possono effettuare transazioni e interagire con i consumatori, e sono abilitatori di connessione, facilitando le interazioni tra due o più gruppi in grado di creare valore (nuove dinamiche di interazione tra proprietari, produttori e consumatori interne alle piattaforme). Solitamente oltre il proprietario (che abilita e governa l’interazione) sono coinvolti almeno i produttori (creatori delle offerte veicolati) e i consumatori (acquirenti)-> uniscono questi attori in diversi scambi mediante asset quali informazioni, offerte, dati e interazioni;
-le piattaforme possono contribuire in misura significativa all’affermazione della marca; numerosi brand hanno iniziato a realizzare a gestire piattaforme multi-sided che accolgono al loro interno più interlocutori, consentendo la realizzazione di network, relazioni e interazioni atti ad agevolare e realizzare gli scambi, aumentando il valore delle piattaforme per tutti coloro che vi partecipano e acquistano. Di fatto, gran parte della vita quotidiana passa attraverso le piattaforme;
-intendere la marca come piattaforma (quindi come abilitatori di connessione tra diversi membri dell’ecosistema) le fa assumere un ruolo molto più ampio: è definita in base alle opzioni strategiche connesse al potenziale evolutivo dei diversi attori. Es. la «piattaforma Apple» (costituita da Mac, iPad e iPhone) con sub-brand, prodotti, tecnologie e servizi rivolti al segmento business viene presentata come sicura e performante.
2. Branded ecosystem
-Per la maggior parte delle piattaforme il successo è il frutto dell’ecosistema generato, ovvero l’insieme composto da molteplici soggetti, da diverse tecnologie, differenti servizi, prodotti e marche. Vi sono due tipologie di piattaforme:
1. Interne, realizzate da un unico soggetto (azienda o marca) e sono in grado di sviluppare e produrre in modo efficiente un flusso di offerte basandosi su un insieme di risorse organizzate all’interno di una struttura comune, ovvero la propria piattaforma di marca es. Apple for business;
2. Esterne, che possono essere formate da un insieme di prodotti, servizi o tecnologie diverse, provenienti da soggetti diversi e la cui struttura è organizzata in un ecosistema in grado di sviluppare offrire prodotti, tecnologie o servizi-> numero elevato di marche che realizzano innovazioni da sommarsi via via a quelle esistenti e possono esserci una o più keystone firm: aziende e o marche che guidano l’innovazione di un sistema in continua evoluzione, composto da componenti sviluppati separatamente ma che ricadono all’interno dell’ecosistema es. Apple store (Apple è la key-stone firm).
Presentano inoltre alcune specificità rilevanti: forniscono le loro funzioni come parte di un sistema le cui componenti provengono da diverse aziende/marche partner (complimenti), e che senza la presenza di quest’ultimi il valore generato per i clienti sarebbe relativamente basso; e infine grande rilevanza hanno gli effetti di rete (che si evidenziano nel crescente numero di adottanti, nell’accesso alla rete di utenti interessati all’innovazione complementare da esso generati).
COMPLESSITA’ COMPETITIVA
-Diverse cause: (1) diversi beni e servizi sono entrati nella fase di maturità e l’aumento delle vendite di una marca può avvenire solo sottraendo quote di mercato ai concorrenti; (2) la cresciuta consapevolezza e la capacità di scelta dei consumatori si sono tradotte in una minore fedeltà alla singola marca, costringendo le imprese a investire continuamente nel miglioramento del rapporto qualità prezzo; (3) per ricercare opportunità di crescita le imprese hanno spesso usato brand esistenti per lanciare nuovi prodotti in altre categorie, innescando una concorrenza trasversale; (4) Vi sono stati processi di regolamentazione in vari settori favorendo l’ingresso di nuovi concorrenti mentre la crescente globalizzazione ha comportato una crescita del numero di competitor; (5) La penetrazione dei prodotti generici è aumentata su scala mondiale e i distributori investono sempre più sulle proprie marche mentre esigono maggiori compensi per dare adeguata visibilità ai brand nazionali; (6) le nuove tecnologie digitali determinano una convergenza fra settori che innesca fenomeni di concorrenza allargata (intersettoriale) e di sostituzione spesso inarrestabili.
-In sintesi, la crescente complessità competitiva nasce dalla coesistenza di meccanismi competitivi indiretti, che si affiancano alla tradizionale concorrenza settoriale (fra le imprese operanti nel medesimo settore), questi meccanismi si sostanziano in:
1.Concorrenza trasversale: imprese entrano in nuovi settori avvalendosi delle competenze tecnologiche dei vantaggi concorrenziali acquisiti negli ambiti originari di attività;
2.Concorrenza intersettoriale: aumento dell’interdipendenza tra imprese appartenenti a settori diversi che, pur utilizzando tecnologie differenti, soddisfano gli stessi bisogni;
3.Concorrenza a catena: consolidamento di relazioni competitive indirette, riconducibili alla diffusione di strategie di diversificazione, che rende assai probabile la comunanza di concorrenti tra imprese operanti in contesti differenti;
-La concorrenza settoriale, implica il continuo potenziamento del sistema di offerta per aumentare la differenziazione; in termini di brand management questo pone quindi in primo piano la ricerca continua di elementi di differenza (point of difference) forti, favorevoli e unici. La trasformazione digitale ha amplificato le opportunità di differenziazione.
-La concorrenza trasversale rende invece sempre più critiche le strategie di marca in ottica:
• Difensiva: è fondamentale adottare strategie di difesa mobile basate sulla copertura anticipata di quote di offerta, sviluppando la profondità della strategia di marca;
• Offensiva: per fare il proprio ingresso in nuovi settori è importante la realizzazione di interrelazioni critiche tra differenti ambiti di attività. È necessario definire l’orizzonte competitivo aziendale alla luce delle molteplici interrelazioni esistenti fra settori, attivando line e category extension che possono fare leva o sulla comunanza esistente a livello di cliente canali distributivi e sui rapporti di complementarietà tra prodotti eterogeni nell’appagamento di gruppi interconnessi, o sul potenziale di diffusività del capitale di conoscenza e di reputazione della marca che consente sensibili risparmi nei costi di comunicazione e rilevanti benefici in termini di time to market.
-All’aumentare della profondità e dell’ampiezza delle strategie di marca aumenta la crescita di questa e si assiste parallelamente a un aumento della complessità gestionale che può essere fronteggiata solo tramite una costante focalizzazione sul valore per il cliente, che risulta ancora più cruciale per fronteggiare la concorrenza intersettoriale (che per definizione è concorrenza sul valore percepito dal cliente) e a catena, che non concretizzandosi in forme di rivalità diretta possono risultare meno facilmente percepibili:
• Concorrenza intersettoriale deriva da un rapporto di sostituzione, ma, se in alcune occasioni questo appare evidente, in altri richiede un’approfondita analisi della domanda e della concorrenza;
• Concorrenza a catena è ancora meno visibile perché prescinde dall’esistenza di un rapporto di sostituzione e nasce dalla condivisione da parte di imprese operanti in settori anche molto distanti di un concorrente attivo in entrambi, e in questi casi importanza ancora più centrale è assunta dalla costruzione di un rapporto di fedeltà alla marca.
COMPLESSITA’ RELAZIONALE
Una prima causa di sfide è la migrazione digitale.
Per esempio, più un settore può contare su clienti finali disponibili a utilizzare nuovi canali digitali, tanto più il potere degli intermediari tradizionali si riduce (e può trasferirsi sia ai nuovi intermediari elettronici che al cliente finale). Allo stesso modo, se le imprese a monte non riescono a differenziarsi sul fronte del valore, la pressione sui loro margini va a vantaggio dei settori a valle e viceversa
quando Internet sancisce il successo di una o poche imprese a monte, che grazie alla rete hanno saputo sviluppare una proposta di valore unica-> il potere contrattuale dei fornitori si accresce proporzionalmente a discapito dell’impresa a valle.
-Vi sono poi ad aggiungere sfide le nuove istanze provenienti dalla società, dalla comunità finanziaria, dei consumatori che si sono tradotte in alcune discontinuità rilevanti e tra queste assumono particolare criticità:
1. Centralità attribuita all’etica e al rispetto delle persone e dell’ambiente: i consumatori tengono contro della dimensione etica e responsabile dell’offerta; le imprese devono quindi agire su temi quali il brand purpose e l’impatto sociale della marca;
2. Il consumer empowerment (la sempre maggiore capacità di autodeterminazione dei consumatori): il consumatore ha acquisito maggiori competenze, è divenuto più informato, più esigente, più selettivo e più consapevole della vulnerabilità del sistema economico e dei rischi ambientali. Convivono nei consumatori aspettative eterogenee, alimentate da informazioni e report istituzionali nonché da siti web, social network eccetera. In questo processo un ruolo di rilievo ha giocato la crescita a ritmi sostenuti dell’offerta, la proliferazione delle marche e la diffusione di nuovi formati distributivi, ma anche il piacevole accesso di informazioni reso possibile dal web e tutto questo esercita effetti importanti sulla marca e sulla sua reputazione;
3. Aumentata sensibilità al value for money nei beni e servizi. La maturità che caratterizza la domanda di molti beni di largo consumo stimola i consumatori ad assumere comportamenti di acquisto più attenti alle effettive performance: non si tratta solo della ricerca del prezzo più basso, ma la richiesta di qualità e di eticità rivolta a tutta la filiera produttiva, è la soddisfazione delle due esigenze, in passato del tutto contrapposte, di risparmio monetario e di controprestazione ottenuta in termini di costi e benefici.
-Gli elementi di discontinuità che caratterizzano il rapporto fra consumatore e marca impongono all’impresa una riflessione profonda in merito:
1. Alle determinanti del valore di marca sui quali il rapporto si fonda: l’evoluzione dei valori e dei comportamenti di consumo richiede attenzione crescente alla qualità e alla gestione delle relazioni, e questo si riflette anche sulle associazioni mentali alla marca: la differenziazione rimane un fattore decisivo ma da declinare in relazione a nuovi territori valoriali e definendo una personalità di marca coerente, e significativo il ruolo della fiducia con implicazioni sulla progettazione dell’architettura di marca;
2. Alle logiche dei processi di brand management: la portata delle sfide richiede una sostanziale revisione delle strategie delle politiche di brand management, e infatti nel contesto odierno le logiche di sfruttamento dei differenziali di prezzo contando sulla protezione data dalla notorietà, dall’atomismo e dalla passività dei consumatori non sono più concepibili, essendo il Premium Price sempre più subordinato al corretto presidio dell’equità (essenziale per lo sviluppo della fiducia relazionale), dell’interazione (fondamentale per la co-evoluzione) e dell’innovazione (necessaria per l’avviso a nuove opportunità evolutive). Per quest’ultimo aspetto è critica l’adozione di approcci di ricerca che possono accrescere le capacità innovative, le imprese ottengono risultati superiori ai concorrenti anche grazie a: (1) Investimenti significativi nel nuovo ambiente digitale delle leve di marketing, (2) costante attenzione ai cambiamenti in atto nei comportamenti di acquisto e consumo (che trova evidenza tangibile nella costituzione di un Customer insight group), (3) utilizzo di approcci e strumenti di ricerca innovativi (esempio etnografiche, natural language programming, consumer lab, blog mining, osservazioni shop).
COMPLESSITA’ TECNOLOGICA
-Le tecnologie digitali impongono una trasformazione degli approcci gestionali e delle metriche di business che coinvolgono le strategie di marca sia sul piano progettuale sia attuativo. La percentuale di budget e di comunicazione destinata alla pubblicità tradizionale negli anni si sta contraendo a vantaggio di nuove forme di comunicazione (media digitali, eventi, product placement).
1. Social network: hanno assunto un’importanza sempre maggiore e all’interno di questi ecosistemi digitali possono trovare spazio anche le marche, purché riescano a sviluppare azioni innovative e compatibili con le dinamiche relazionali sulle quali si fondano. Queste sfide vengono affrontate con branded platform e branded ecosystem, branded content e branded content entertainment. Gli utenti di un social network non sono semplici clienti ma stakeholder e se il vantaggio di tali media è quello di avere una base di utenti ampia e stabile e dalle caratteristiche ben profilate, ne discende che la marca deve essere capace di creare iniziative che coinvolgono questi utenti facendo leva sul senso di appartenenza: tanto più questo è elevato, tanto più facilmente l’impresa può usare i social media come veicolo per la diffusione virale dei suoi messaggi;
2. Big data: la rivoluzione tecnologica ha comportato anche un nuovo modo di immagazzinare, distribuire e analizzare i dati, e le caratteristiche distintive dei big data sono riconducibili a volume (ordine di penta o exabyte), varietà (numeri, fotografie, filmati, registrazioni vocali, frasi) e velocità (fino ad arrivare al real time). L’analisi di questi è fondamentale anche per cogliere nuove tendenze, immaginare soluzioni innovative basate sui nessi causali esistenti fra i dati: le straordinarie potenzialità dei big data derivano dalla crescente diffusione di oggetti interconnessi ma soprattutto dalla disponibilità dei consumatori a condividere, che si traduce in un patrimonio informativo straordinario, che può essere valorizzato dai modelli di machine Learning e dall’intelligenza artificiale;
3. Piattaforme di intelligenza artificiale al servizio dei consumatori: la forma più diffusa è costituita dagli assistenti vocali e potrebbero sostituirsi alle Marche nello svolgimento di alcune funzioni fondamentali (ad esempio comprensione ed esigenze preferenze, garanzie di qualità dei prodotti eccetera), e questo si tradurrebbe in un trasferimento della fiducia e della fedeltà dalle marche alle piattaforme, che potrebbero diminuire il principale sono l’unico canale di accesso altri al consumatore accrescendo il potere di mercato;
4. Logiche omnicanale: I mezzi digitali devono integrarsi efficacemente all’interno della strategia aziendale e richiede la progettazione e riprogettazione dell’intera piattaforma relazionale dell’azienda nella prospettiva di veicolare al mercato un’esperienza di valore di elevata qualità indipendentemente dal touch point utilizzato. In questo processo la trasparenza è imprescindibile anche perché la possibilità di confrontare in maniera simultanea prodotti, prezzi, offerte alternative e l’attitudine a connettersi in rete con altri consumatori per scambiarsi opinioni ed esperienze riduce sensibilmente le asimmetrie informative nei confronti del sistema di offerta, e questo comporta un costante allineamento tra quanto promesso in sede di comunicazione e quanto realmente offerto (importanza di costruire narrazioni di marca attraverso lo storytelling e la realizzazione di esperienze di marca diversificate).
!! Il brand manager è sempre più un integratore di tutti gli attori le rilevanti per la creazione del valore della marca e spesso si trova a perseguire ambiziosi obiettivi a breve termine a causa delle pressioni dei mercati finanziari e degli imperativi del senior management, ma questo induce a scelte miopi che nel breve periodo comportano risparmi di costo ma che si rivelano penalizzanti per il futuro.