CAP. 6 Flashcards

1
Q

MARCA PER I NUOVI PRODOTTI

A

-Lo sviluppo può fondarsi sull’introduzione di nuovi prodotti, ma anche su quelli già esistenti, tramite quali realizzare strategie di forzatura del mercato e/o di aumento della quota del mercato.
1. MARCA ATTUALE E LINEA ATTUALE: l’innovazione di prodotto si inserisce sia nell’ambito delle linee in cui l’impresa è già attiva e questo implica l’attuazione di una strategia di estensione della linea (line extension) mediante l’aggiunta di nuove varianti in grado di rispondere in maniera più efficace ad alcune dinamiche evolutive della domanda (Es. mini-cornetti o King size).
2. MARCA NUOVA E LINEA ATTUALE: L’impresa decide di continuare a competere nelle linee tradizionalmente presidiate ma dando vita a una nuova marca, che si traduce nello sviluppo di:
a. Sub-Brand: nuova marca collegata esplicitamente a quelle esistenti. Questa soluzione consente di far leva sulle associazioni già presenti nel customer-mindset (parent brand), posizionando però il nuovo prodotto in modo distintivo. La rilevanza del parent brand è superiore al sub-brand, e il parent brand viene «declinato» con nuovi elementi innovativi.
b. Flanker brand: finalizzata all’ottenimento di una quota di mercato (a livello della linea specifica) più elevata di quella reputata possibile facendo leva su un’unica marca, la funzione rafforzare i PoP con la concorrenza in modo tale che le marche più importanti possono conservare il posizionamento desiderato, ma non deve risultare talmente attraente da erodere il fatturato delle altre marche -> difendere il posizionamento delle marche in portafoglio, relazione “prezzo-> attrattività/fatturato/immagine”.
c. Marche Entry-Level e Marche prestige: nuovi prodotti che, pur potendo far leva sulle associazioni ad altri brand della linea, si differenziano in base al prezzo e la qualità; si tratta di conferire profondità alla linea di prodotto verso il basso/alto per raggiungere altri segmenti di domanda, differenziando in base al p o q. Un’estensione verticale è rischiosa, in linea di massima la soluzione più prudente è mantenere il brand sempre allo stesso livello in termini di qualità ricorrendo a nuove marche per approfondimenti verticali.
• Marche Entry-Level: La funzione è quella di agevolare la transizione dei clienti verso la marca principale o di posizionamento superiore vi è un rischio per la reputazione della marca e può intaccare il patrimonio di relazioni con i clienti preesistenti-> “seconda linea” per segmenti di livello inferiore; anche canali distributivi diversi;
• Prestige Brand: si applica prodotti dotati di attributi distintivi rispetto ad altri presenti nel portafoglio aziendale e si rivolge a segmenti di domanda meno elastici al prezzo. La funzione è quella di fornire un contributo positivo all’immagine aziendale anche se non sempre consegue un fatturato particolarmente rilevante. Il rischio è che la marca può non disporre di credibilità e prestigio sufficienti a consentire di funzionare in un segmento più elevato (e quando funzionano di solito sono iniziative strategiche limitate) -> Prezzo e qualità più elevate; innalzare la famiglia prodotti.
3. MARCA ATTUALE E NUOVA LINEA: Category extension.
4. MARCA NUOVA E NUOVA LINEA: Brand & Business Innovation, inserire una nuova marca per innovare il business. Se non si è ancora sviluppato il potenziale di una marca in portafoglio (ma manca la consonanza percettiva con la marca e il nuovo prodotto) oppure se si vuole entrare in un nuovo business distante da quello “presidiato”.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
2
Q

ESTENSIONE DELLA MARCA

A

-Le strategia di estensione si riferiscono alla possibilità di far leva su una marca esistente per lanciare un nuovo prodotto in linee consolidate o nuove. L’obiettivo è di ampliare il raggio d’azione (scope) e leverage su brand equity (patrimonio di notorietà e immagine da essa sviluppato nel corso del tempo).
-Realizzano una sintesi tra Valore attuale (che dipende dai flussi) e Valore potenziale (che discende dalle opportunità di crescita). Questo implica l’allargamento e l’approfondimento della rete di relazioni con la domanda (che dipende dalla capacità della strategia di estensione di ampliare il portafoglio clienti e aumentare la fedeltà)
Line extension:
-Line extension: utilizzo del parent brand per introdurre nuovo prodotto, nuovo articolo, nuova variante…diversa da quelle già commercializzate (es. nuovi gusti, nuove dimensioni della confezione…).
-Vantaggi: consente di soddisfare senza dover sopportare severi aggravi di costo le differenti esigenze dei consumatori attraverso un’ampia varietà di beni ampliando la copertura del mercato. Due potenziali minacce:
1. Se il nuovo prodotto non riuscisse a soddisfare i consumatori, questo potrebbe riflettersi negativamente sugli atteggiamenti nei confronti degli altri prodotti della stessa marca -> insoddisfattore;
2. esiste la possibilità di concorrenza intra brand tra il prodotto principale è l’estensione o tra due o più estensioni. Per evitare tale concorrenza è necessario differenziare i prodotti e distinguerli.
-Es: settore automotive

Category extension:

  • Category extension: Utilizzo di un brand esistente per entrare in una nuova categoria, un nuovo settore, in una nuova area di business, lanciare un prodotto in una linea diversa da quella in cui opera il brand. (le marche che per prime hanno fatto questo sono le griffe, si è poi estesa in tante realtà es. Virgin) -> Leverage brand esistente,
  • Alcuni distinguono le category extensions: estensione verso ambiti in qualche modo contigui a quello di origine della marca; dallo stretching: estensioni verso settori del tutto distanti. La praticabilità delle estensioni più radicali sul piano innovativo dipende dal livello di astrazione dei significati della marca, è possibile estendere il brand in business distanti solo in presenza di associazioni che trascendono da attributi concreti benefici funzionali (esempio lifestyle brands-> Armani e Armani casa).
  • Rischio: troppo stretching può portare ad effetti negativi, perdendo il prestigio come Pierre Cardin (+800 licenze).
  • Line & Brand Extension: modalità di attivazione delle strategie (Classificazione non esclusive!):
    1) Line Extension: Stesso prodotto ma in formati, forme o versioni nuovi (target, occasioni d’uso, luoghi di consumo) -> fisiologica (es. bottiglie Coca-Cola);
    2) Line & Brand Extension: offrire un nuovo prodotto che fa leva su un elemento distintivo del brand (gusto, aroma, sapore, ingrediente, beneficio specifico) (es. Ferrero Rocher ora fa anche tavolette e gelati);
    3) Brand Extension: offrire uno o più nuovi prodotti complementari o accessori agli altri offerti dal brand (sistema prodotto: uso un prodotto originario in combinazione con altri) (es. Mentadent da dentifrici a spazzolini);
    4) Brand Extension: offrire un nuovo prodotto che «prenda» da competenze ed esperienze sviluppate dal brand, trae vantaggio dall’esperienza maturata dalla marca (il consumatore ha fiducia nel brand che reputa «affidabile» per ciò che ha fatto sino ad allora) (es. Bic e cose plastic disposable);
    5) Brand Extension: offrire un nuovo prodotto che trae origine da immagine e prestigio della marca originaria (reputazione, connotati simbolici…) ->occhialeria, pelletteria, profumeria, ristorazione, hotellerie, arredamento… capacità di estensione correlata positivamente e trasversale se rappresentativa di vita, sistema estetico, pensiero-> modo di stare al mondo;
    6) Brand Extension: offrire nuovi prodotti rilevanti per i clienti, che colgano le loro esigenze (già consumatori, fedeli, heavy user…) (es. Poste Italiane).
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
3
Q

VANTAGGI E RISCHI DELLA BRAND EXTENSION

A

-L’attuazione di strategie innovative richiede il superamento di una serie di barriere, interne ed esterne, fra le quali assumono spesso importanza decisiva quelle relative alla reputazione, al rischio percepito dei consumatori nel nuovo pdt, all’accesso ai canali distributivi. Il loro superamento implica elevati investimenti di mktg per raggiungere gli adeguati livelli di notorietà, immagine e copertura distributiva.
-Vantaggi:
1) Superamento di barriere all’innovazione. Facilitando il raggiungimento di un livello di notorietà nel nuovo pdt idoneo a consentire l’ingresso della marca nel set evocato dei consumatori, conseguendo l’effetto alone sui consumatori fedeli, applicando un premium price, utilizzando trade leverage già detenuto dalla marca…;
2) Economie di velocità (vantaggi connessi al tempestivo sfruttamento di opportunità innovative alla rapida conquista di posizioni competitive di rilievo). Il conseguimento di queste subordinato sia alla capacità di cogliere l’esistenza di vuoti di offerta (con interazione diretta con domanda) ma anche alla contrazione dei tempi di penetrazione dei mercati (funzione di investimenti di marketing, validità politiche commerciali, reazione degli stakeholder). In quest’ottica le strategie di estensione consentono:
• di conseguire l’effetto leva positivo a livello di domanda intermedia e finale, permettendo al contempo di contenere gli investimenti rischi associati al nuovo prodotto;
• trasferire con rapidità e vantaggi di differenziazione sviluppate per il prodotto originario, vanificando in tutto o in parte le barriere all’entrata in rete dei concorrenti;
3) Rafforzamento componenti cognitive della marca (notorietà e immagine). Accrescendo il raggio d’azione queste strategie comportano un allargamento delle occasioni d’uso e consumo correlato sul piano cognitivo alla marca stessa, e quindi un incremento dell’ampiezza e della profondità dell’awareness. Si ha anche un suo rafforzamento grazie alla concentrazione degli investimenti. Permette anche il consolidamento forza delle associazioni;
4) Trasferimento patrimonio fiduciario di marca. In particolare, le strategie di estensione possono facilitare:
• l’ingresso a costi contenuti in business strategici (contribuendo al controllo delle frontiere innovative e allo sfruttamento delle opportunità derivanti dall’apertura delle barriere strategiche);
• il miglioramento della flessibilità di manovra (in termini di iniziative contro la concorrenza e/o di risposta alle mosse dei rivali);
• Il rafforzamento delle capacità difensive dell’impresa (creazione di barriere all’entrata e alla mobilità);
• Contenimento dei rischi di insuccesso associati allo sviluppo dell’innovazione, in seguito alla riduzione del rischio percepito dai consumatori nell’adozione del nuovo pdt.
5) Incremento della flessibilità di manovra o creazione di barriere competitive dinamiche (iniziative o risposte contro la concorrenza, capacità difensive con completamento portafoglio o copertura vuoti d’offerta, …);
6) Definizione creativa dell’orizzonte competitivo (non solo concorrenza settoriale, ma anche intersettoriale, trasversale e a catena: es. BIC, sviluppo nuovi mercati…);
7) Facilitare l’accettazione del nuovo prodotto: miglioramento della brand image del nuovo prodotto, Riduzione del rischio percepito dai consumatori, Superamento di barriere commerciali all’entrata, Economie di comunicazione;
8) Rafforzare il parent brand o l’impresa nel suo complesso: definire il “brand meaning” (il territorio del brand), Chiarire i “core brand values” e le associazioni-chiave, Facilitare estensioni successive, Rivitalizzare (ie: aumentare le vendite) e rafforzare il parent brand.
-Rischi:
1. Ripercussione e propagazione di crisi da un pdt all’altro/Effetto domino, per ambiti attività e collegamenti di varia natura attivati: clienti serviti, canali, prodotti complementari…;
2. Inadeguatezza della brand image nel nuovo business, per una non corretta strategia o attuazione dell’estensione con effetti «comunque» non negativi sul brand originario: Zippo profumi, Colgate lasagna, Ravioli Rana dolci e da friggere …;
3. Distruzione del valore potenzialità̀ di marca nel business originario: è il rischio maggiore, è possibile che vi sia uno svilimento della marca di origine, deteriorando le relazioni con i clienti e depauperando la credibilità del brand e l’equity (es. GM Cadillac Cimarron per fascia media ma che ha creato diluzione valore della marca); o incoerenza con le associazioni (es.Domino’s Pizza ricerca su associare marca a gomme da masticare ma rischiava di avere l’associazione «gommosità»!);
4. Contro-estensione (rischio che una marca che si estende con successo in una data categoria di prodotto si trova a dover fronteggiare la reazione di una marca appartenente a tale categoria che decide a propria volta di realizzare un’estensione nella categoria di appartenenza della prima); questo rischio è massimo nel caso in cui la brand-extension sia stata favorevolmente accolta dal mercato e realizzata mediante accordo di co-branding con un partner nei confronti del quale sussiste elevata consonanza percettiva (in termini di prodotto e di immagine); mentre è più basso nel caso in cui la contro estensione viene lanciata in risposta a un’estensione in co-branding che (pur in presenza della massima consonanza percettiva) non è stata coronata da successo-> massimo rischio con fit e successo, minimo rischio senza fit e insuccesso);
5. Cannibalizzazione: effetti incrociati di diminuzione del fatturato per e tra prodotti della stessa marca: aumento vendite del nuovo prodotto corrisponde a una contrazione delle vendite del prodotto originario. Nella line extension la cannibalizzazione rappresenta il rischio maggiore soprattutto se i pdt si rivolgono allo stesso segmento di mercato ed è caratterizzato da un valore (rapporto qualità/prezzo) favorevole rispetto al prodotto tradizionale.
1. CANNIBALIZZAZIONE TOTALE: la nuova variante sottrae il 100% delle sue vendite al prodotto/variante attuale, non apportando alcun vantaggio e condivide le vendite con quello preesistente. Situazione tollerabile se il margine della nuova variante è significativamente superiore a quello del vecchio.
2. CANNIBALIZZAZIONE PARZIALE E AUMENTO DELLA DOMANDA: il nuovo prodotto/variante sottrae vendite a quello attuale, ma espande la domanda primaria aumentando la quota di mercato della marca senza trarre clienti ai rivali. La convenienza dipende dal margine realizzato sulle vendite del nuovo pdt è maggiore a quello perduto sulle vendite del vecchio pdt.
3. CANNIBALIZZAZIONE PARZIALE: aumento della domanda e diminuzione della quota del prodotto concorrente: il nuovo prodotto/variante sottrae vendite al prodotto attuale e al prodotto concorrente, ma espande la domanda primaria. Occorre valutare se la differenza fra i margini guadagnati e perduti determina un aumento della redditività.
4. ASSENZA DI CANNIBALIZZAZIONE: il nuovo prodotto/variante sottrae vendite al
prodotto concorrente ed espande la domanda primaria. La quota di mercato complessiva aumenta e l’estensione apporta il margine positivo in ogni caso.
-La cannibalizzazione deriva da un’errata valutazione dei rapporti di sostituzione esistenti nel mercato, riferibili alla similarità dei bisogni funzionali e psico-sociali soddisfatti da prodotti diversi-> il rischio può essere fronteggiato con posizionamento distintivo sia ne confronti dei concorrenti che con le proprie marche in portafoglio;
-La cannibalizzazione può esistere sempre e va considerata (…spesso voluta e pianificata) perché: Esiste la concreta necessità di migliorare o aggiornare il posizionamento, l’immagine del prodotto o della marca (varianti light, le serie speciali/oro…), è necessario completare una linea o si deve prevenire l’ingresso dei concorrenti. Nella misura in cui un certo grado di cannibalizzazione può essere considerato fisiologico e occorre che il brand manager deve:
1) Valutare il potenziale di cannibalizzazione studiando il grado di sostituzione tra prodotti e varianti nella domanda mediante ricerche e test di mercato nelle fasi di sviluppo dei nuovi prodotti:
• Concept testing;
• Pre-test market (prime prove del pdt);
• (esistenza) Modelli di previsione delle vendite che inglobano la stima degli effetti di cannibalizzazione;
• Ricerche di mercato (come per «elasticità incrociata rispetto al prezzo»).
2) Stimare gli effetti economico-finanziari della cannibalizzazione contabilizzando i ricavi, i costi e gli investimenti differenziali per il lancio del nuovo prodotto.
Marca A valuta estensione di linea B, PA=2€ per unità con mdc=450.000€ mentre PB=1,75€. Si stima che il nuovo pdt può estendere la domanda primaria da 15 a 15,5mln di unità e generare un aumento della qdm della marca (dal 5 al 6%). La commercializzazione dei due pdt genererebbe 93mila unità vendute contro le 750mila attualmente vendute. Disponendo delle info sulle fonti delle vendite (source of businesses) si stima che il volume di vendita del pdt B deriva in ugual misura dalla sottrazione pdt concorrenti (150mila) nonché all’acquisizione di nuovi clienti (80mila). Ultime 4 colonne: coglie gli aspetti della cannibalizzazione: in questo caso migliora fatturato in misura pari a 265.000; anche il mgc migliora ma stanti le spese di mktg necessarie e il secondo mg peggiora di quasi 161.000€
3) Prevedere l’incremento delle vendite necessarie per neutralizzare l’impatto della cannibalizzazione = mantenere invariati i margini reddituali

Nel caso in cui il pdt avesse un prezzo o un mg maggiore per ogni unità cannibalizzata si registrerebbe un aumento dei mg; andranno valutati anche i costi di investimento e di lancio aggiuntivi.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
4
Q

GESTIONE DELLE STRATEGIE DI ESTENSIONE

A

-È necessario capire il modo in cui il consumatore valuta l’estensione della marca, ipotizzando che si fonda solo sulla conoscenza che possiede (prescindendo dalle attività pubblicitarie ecc.). La positività è subordinata al fatto che:
1. Possiedano una certa conoscenza della marca e abbiano sviluppato associazioni mentali positive;
2. Almeno una parte di tali associazioni siano evocate dal nuovo pdt;
3. Non vi sia trasferimento di associazioni mentali negative dalla marca verso il nuovo pdt;
4. Il nuovo pdt non trasmetta associazioni negative alla marca.
-Per una corretta strategia di estensione occorre verificare alcuni aspetti rilevanti attinenti a:
1. Brand knowledge (livello notorietà e associazioni mentali evocate dalla marca): Identificazione e valutazione delle associazioni evocate dal Brand;
2. Perceptual fit: verifica dell’esistenza di una consonanza percettiva fra marca, nuovo pdt e categoria in cui si inserisce;
3. Benefit transfer: Verifica della trasferibilità dei benefici offerti dalla marca al nuovo prodotto;
4. Competitive leverage: Analisi dei vantaggi competitivi acquisibili dalla marca col nuovo prodotto (accertando quali benefici trasferibili al nuovo pdt possono consentire un vc difendibile nel tempo).
! Strategie di estensione specie di categorie richiedono che l’immagine di marca sia astratta.

La consonanza percettiva

  • È essenziale la capacità di trasferire (rafforzandolo) al nuovo pdt il patrimonio di fiducia della marca, che dipende dal perceptual fit.
    1. Product fit o category fit: similarità percepita fra il pdt o la categoria in cui la marca ha tradizionalmente operato e in quella in cui si inserirà il nuovo pdt.
  • Le dimensioni usate dai consumatori per la formulazione dei giudizi riguardo il product/category fit sono:
    1. Complementarità (grado in cui i pdt possono essere impiegati insieme per soddisfare una determinata esigenza);
    2. Sostituibilità (misura in cui reputa che pdt diversi condividano modalità di applicazione, contesto di utilizzo, bisogni soddisfatti);
    3. Trasferimento di competenze (riflette la percezione del consumatore in merito all’abilità di un’impresa operante in una certa categoria nel realizzare pdt appartenenti ad un’altra categoria), in particolare know how transfer (trasferimento competenze) e/o easy of make (facilità realizzazione) -> più facile è e più difficile è la realizzazione nuova categoria, tanto più positiva è la valutazione;
    2. Brand fit: similarità percepita tra le associazioni mentali che caratterizzano l’immagine di marca e quelle relative al nuovo pdt. Vi sono due diverse tipologie di associazioni:
    a. Brand concept, associazione generale connessa alla marca, ovvero significati astratti attribuiti in un unico modo; è un dato brand che originano tipicamente da una particolare configurazione degli attributi di prodotto e dagli sforzi aziendali per generare tale significati. Posiziona il prodotto nella mente del consumatore contribuisce a differenziare le marche operanti nella medesima categoria produttiva.
    b. Associazioni specifiche al brand, attributi o benefici che differenziano una marca da quelle concorrenti. Possono rendere ininfluenti gli effetti del brand affect e della similarità dei prodotti a fine della valutazione, quando un’associazione risulta rilevante per il nuovo prodotto è percepito come coerente e viene preferito rispetto all’estensione realizzata da una marca diversa che gode di un maggiore brand affect. Inoltre, le associazioni specifiche moderano il ruolo della similarità, tant’è che il consumatore predilige l’estensione della marca in una categoria di prodotto di simile rispetto a quella originaria, ma che condivide le medesime associazioni. Queste conclusioni valgono nel caso in cui la marca con elevata notorietà, in caso contrario i consumatori valutano l’estensione facendo riferimento ad associazioni più generali quale il brand affect e la similarità di prodotto.

La trasferibilità degli elementi di differenziazione

  • Benefit transfer: la trasferibilità dipende dall’esistenza di una effettiva fedeltà alla marca e dall’attivazione di una qualche forma di complementarità (la rilevanza di quest’ultima conferma la tendenza dei consumatori di raggruppare beni e sevizi usati in categorie “goal oriented”).
  • Assume rilevanza l’individuazione delle modalità con cui i consumatori combinano differenti marche e prodotti, modalità ricostruite attraverso l’identificazione delle stringhe di consumo (beni/servizi legati da rapporti di complementarietà sul piano funzionale/simbolico nella soddisfazione di un bisogno la cui composizione dipende dalle situazioni d’uso e dagli obiettivi in ogni situazione), dei rituali di consumo (che possono derivare dalle funzioni in uso o da convenzioni culturali) e dalle dialettiche di consumo (caratterizzate da elementi di specificità in termini di ampiezza delle costellazione di marchi e prodotti complementari-misurata dal n medio di item usati in una particolare situazione, regole di combinazione utilizzate, grado di complessità di tali regole).

Il vantaggio competitivo

  • La valutazione se i benefici possono essere trasferiti al nuovo prodotto sono in grado di consentire l’acquisizione di un vantaggio competitivo difendibile va condotta alla luce dei processi cognitivi che regolano la formazione delle preferenze, con attenzione per le attività di comparazione e di scelta.
  • Secondo la categorization theory, la valutazione di un’estensione di marca può avvenire:
    a. secondo un processo analitico (piecemeal processing) fondato sull’identificazione dei benefici offerti e sul giudizio in merito alla capacità della marca di soddisfare in modo più adeguato rispetto ai concorrenti i bisogni-> determinazione del valore ottenibile del brand (è necessario determinare l’importanza relativa dei benefici ricercati e le attese in merito alla capacità della marca di soddisfare tali benefici, e occorre poi procedere alla quantificazione dell’intensità delle convenzioni marca-benefici rispetto a quelle maturate rispetto ai rivali. Sulla base di questi dati è poi possibile determinare la potenziale attrattività della marca e la solidità della posizione concorrenziale conseguibile);
    b. mediante un processo sintetico (category-based processing) basato sul trasferimento al nuovo prodotto dell’atteggiamento sviluppato nel business originario verso la marca stessa-> processo valutativo sintetico (i vc acquisibili dipendono dall’atteggiamento sviluppato attraverso la marca nell’attività tradizionale e dal livello di consonanza percettiva, quindi il leverage può essere dedotto (per esempio) indagando mediante la tecnica attribute-based lo spazio delle percezioni di preferenze dei consumatori; infatti, in quest’ultimo trova rappresentazione la marca ideale la cui distanza rispetto alla posizione della marca esistente è un indicatore della solidità dell’atteggiamento dei consumatori: tanto minore questa distanza, tanto maggiore è il leverage competitivo così potenzialmente acquisibili attraverso la strategia di estensione).
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
5
Q

SCELTA DELLE BASI DI ESTENSIONE

A

Le strategie di brand extension fanno leva su:
1. Basi correlate alla marca
a. Attributi (tangibili e intangibili) del pdt;
b. Ai benefici (funzionali, psico-sociali ed esperienziali) offerti;
c. Valori (strumentali e terminali) evocati.
2. Basi correlate al sistema cognitivo del consumatore:
a. Atteggiamento sviluppato verso la marca (funzione del valore percepito): scelta subordinata all’uso di un processo category based, e dipende dal livello di consonanza percettiva, dallo stadio del ciclo di vita del pdt selezionato per l’estensione e dal grado di trasparenza dello stesso-> al crescere della consonanza percettiva tra prodotto tradizionale e quello nuovo migliora la propensione dei consumatori ad ascrivere un giudizio sintetico;
b. Brand loyalty. L’adozione di strategie basate sulla fedeltà della clientela è subordinata al corretto accertamento dell’effettiva consistenza di questa (esaminare oltre che l’acquisto ripetuto, la soddisfazione-> entrambe alte sono un prerequisito per la fedeltà che permette il manifestarsi dell’effetto alone);
c. Percezioni sulle capacità tecnologiche e produttive dell’impresa. Possono essere usate con efficacia solo nei casi in cui la strategia si traduce nell’ingresso in ambiti competitivi caratterizzati da una modesta discontinuità rispetto a quello tradizionale.
3. Basi correlate al comportamento di acquisto e di consumo:
Attivazione di qualche forma di complementarità fra la marca il nuovo prodotto a livello funzionale e simbolico (funzioni d’uso, significati denotativi, e connotativi, canali distributivi ecc.); l’individuazione di tali forme di complementarità si fonda su un’analisi attenta delle stringhe, dialettiche e rituali, ed è tanto più utile e incisiva quanto più essa viene disaggregata con riferimento a definite occasioni di utilizzo.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
6
Q

LINEE GUIDA PER LE STRATEGIE DI ESTENSIONE

A

Processo di estensione della marca:
-Fase 1) Verifica della brand knowledge attuale e di quella desiderata: Capire sia qual è il livello di brand knowledge che attualmente connota il parent brand, sia quello desiderato (posizionamento e valori di marca sono fondamentali per estensione);
-Fase 2a) Individuare i possibili candidati all’estensione: Con riferimento alla marca candidata all’estensione, occorre valutare quali sono le associazioni al brand che il consumatore ha ben salde nella mente;
-Fase 2b) Valutare il potenziale del candidato all’estensione: È necessario analizzare il mercato verso cui ci si indirizza, le caratteristiche interne all’azienda (troppe estensioni=diseconomie di scala; attenzione al core business) e in che modo è strutturato il contesto competitivo (es. reazioni della concorrenza). Per il mercato utile sapere e chiedere: “pensa che l’estensione sia coerente con la marca originaria?”, o “il nuovo prodotto è un prodotto che si aspetterebbe dal brand?”; oppure: “può elencarmi i prodotti già commercializzati da questa marca?” ed ancora “che cosa le viene in mente pensando all’estensione?” o scale per valutare una prestabilita idea di prodotto;
-Fase 3) Pianificare la creazione di valore dell’estensione. Pianificare al meglio i segni di riconoscimento, oltre che sviluppare un corretto piano di marketing per far leva sulle associazioni di marca.
Scegliere i più opportuni segni della marca originaria, usandone o aggiungendone altri propri non riconducibili al parent brand (importanza degli elementi della seconda). Il piano di marketing dovrà rafforzare le associazioni esistenti e crearne di nuove, chiarendo le scelte di prezzo e di distribuzione. Per il posizionamento desiderato:
• se line extension, l’attenzione verterà principalmente sui point of difference, in modo da distinguere l’estensione dalla marca originaria stessa;
• se category extension, il focus sarà sui points of parity con la concorrenza; riducendosi le analogie fra estensione e marca originaria, saranno più importanti i punti di contatto con la concorrenza.
-Fase 4) Valutare il successo di un’estensione del brand e i suoi effetti sul valore della marca originaria. Per valutare il successo di un’estensione di marca è necessario analizzare il rapporto fra parent brand ed estensione, sia prima sia dopo l’attuazione della strategia (brand awareness e brand image).

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
7
Q

ALLEANZA TRA MARCHE

A
  • «Potenti strategie finalizzate al raggiungimento di una visione forte e unica, altrimenti non perseguibile quando le entità indipendenti lavorano da sole» (Gajda, 2005: 65). I partner si accordano nell’utilizzare, in modo congiunto o disgiunto, le rispettive marche, per il perseguimento di obiettivi comuni o autonomi, ma tra loro compatibili.
  • Trend: Da relazioni di tipo verticale tra industria e intermediari della distribuzione (con il franchising o la concessione di vendita) a condivisioni tra imprese in diversi ambiti merceologici e sempre più diffuse in numerose industry (sanitario, educativo, profit e non-profit, cosmesi, largo consumo, B2B, sport, automotive ecc.).
  • Le alleanze strategiche vengono utilizzate per raggiungere diversi obiettivi a breve e/o lungo termine che non sarebbero altrimenti facilmente o economicamente raggiungibili dal brand (aziende, parti, partner, alleati) che agisce in modo indipendente.

-I principali obiettivi:
• Allargare il raggio d’azione (lo scope) delle marche in nuovi ambiti/segmenti (i brand mantengono la loro vocazione originaria, ma collaborano con altri…);
• Incrementare la reputazione;
• Entrare in nuovi mercati geografici;
• Lanciare nuovi prodotti;
• Ridurre i costi con economie di scala e/o di condivisione;
• Rinnovare l’immagine.
-5 tipologie di brand alliance: comunicazione collaborativa, cobranding, Ingrendient branding, limited edition e collaborazioni, licensing.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
8
Q

COMUNICAZIONE COLLABORATIVA

A

-Le imprese associano le proprie marche nell’ambito di iniziative promozionali e/o pubblicitarie congiunte: Marche insieme in pubblicità (anche per target diversi dagli originari) o promozione (medesimo target) nelle diverse forme, di breve durata e tra settori diversi o (spesso) complementari.
1. Product Placement e Sponsorizzazione
• Product placement: la marca viene impiegata nella narrazione per caratterizzare situazioni o personaggi attraverso i suoi valori e significati, ottenendo in cambio il miglioramento della propria notorietà e immagine;
• Sponsorizzazione: si può avere la presenza contestuale di più marche anche qua, spesso è considerata un rapporto di tipo economico finanziario anche se si presta bene all’incremento del valore della marca.
2. Joint promotion:
• Alleanze che si verificano quando due o più marche note collaborano, di solito per periodi di tempo limitati, a livello promozionale per generare vendite aggiuntive attraverso la combinazione della capacità di richiamo di entrambe;
• Le marche di solito appartengono a settori diversi ma si indirizzano allo stesso target e di solito si tratta di promozioni non di prezzo;
• La selezione di un partner è fondamentale e di solito ha luogo in funzione delle associazioni mentali che vuole rafforzare o inserire nella propria immagine.
3. Joint advertising: pubblicità congiunta/comunicazione potenziata:
• Due o più marche sono deliberatamente affiancate a livello pubblicitario in vista dell’ottenimento di benefici sinergici;
• L’obiettivo è quello di rafforzare gli atteggiamenti favorevoli dei consumatori attraverso l’abbinamento della marca contraddistinta da un elevato livello di notorietà, apprezzata, rispetto alla quale sono sviluppate definite associazioni favorevoli;
• Vantaggi: condivisione dei costi che consente di ottenere un livello di esposizione mediatica che singolarmente non si potrebbe raggiungere;
• Pubblicità congiunta: comprende le campagne pubblicitarie nelle quali è prevista la collaborazione tra le marche coinvolte nell’individuazione degli obiettivi, del messaggio e dei mezzi (es. Uliveto e Rocchetta);
• Comunicazione potenziata: comunicazione realizzata da una marca che impiega il nome di una seconda supporto della sua promessa senza che quest’ultima collabori attivamente allo sviluppo della campagna.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
9
Q

CO-BRANDING

A

-Alleanza tra due marche o master brand, già presenti sul mercato, insieme presentano al consumatore un nuovo prodotto (in assoluto) o un prodotto concepito come nuovo dai consumatori-> Le due marche contribuiscono con pari apporto alla definizione e alla commercializzazione del nuovo pdt e l’alleanza, con l’obiettivo di aumentare il valore percepito nel nuovo pdt per il consumatore, sottende una relazione collaborativa che implica:
• Co-definizione di benefici funzionali o simbolici nel nuovo prodotto;
• Co-firma del prodotto da parte delle marche coinvolte nell’accordo.
-Da nuovo prodotto con due identità distinte, nel tempo a un NUOVO BRAND (se nella fase di introduzione la percezione della marca è legata alle due identità componenti nelle fasi successive potrà contare sull’affermazione di una propria identità frutto dell’attività di marketing e le due imprese relativamente all’iniziativa specifica). Il valore di ciascuna delle marche coinvolte che viene trasferito al nuovo pdt ottenendo un effetto sinergico.
Es. Veuve Clicquot (vino) e K-way: ice jacket vauve cliquot x kway (rilancio custodia isotermica ma anche marsupio) e kway rain jacket.
-Obiettivi:
• Costruire una nuova offerta differenziata e rilevante (affinché ciò si verifichi i due brand devono essere portatori di associazioni mentali forti, favorevoli, uniche ma anche complementari modo tale che si vengono a creare sinergie tra le marche, es. ricerca propensione acquisto nuovo prodotto: Kodak (20%), Sony (20%), Kodak + Sony (80%));
• Sviluppare estensione di marca, Volta inserire la propria marca in categorie e sottocategorie merceologiche diverse da quelle precedentemente presidiate. Di fatto rappresenta una soluzione alternativa per il lancio di nuovo prodotto (co-branding extension) (Braun per oral care + Oral B e dispositivo elettrico per igiene orale) -> difficile da soli per consonanza percettiva, ma sinergia ed effetto elastico (anche tra brand non paritetici che però con il nuovo pd SORPRENDONO!);

caso in cui il contributo non è paritetico (marca free rider e un brand molto noto).
-Vantaggi quando estensione di marca:
• Apertura orizzonti strategici, opportunità di sviluppo verso la diversificazione e stretching: Consonanza percettiva determinate per il successo delle estensioni: se attraverso il co-branding la marca ha esteso con successo, è pronta ad ulteriori estensioni (l’ampiezza della brand strategy influenza le valutazioni positive del consumatore);
• Riduzione costi e investimenti relativi (e ottenere ulteriori vendite!) rispetto all’agire in autonomia: R&D, produzione, brand building e branding, brand knowledge effect, attingendo al valore dei master brand;
• Sviluppare azioni e mosse competitive in tempi rapidi: sia dal punto di vista della realizzazione, stante la possibilità di usare la reciproca esperienza e risposte dai mercati di riferimento.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
10
Q

INGREDIENT BRANDING

A

-Due marche: marca ospitante (master brand) e marca ospitata (ingredient brand). La collaborazione consente l’utilizzo all’interno di un pdt della marca ospitante di un materiale o componente (ingredient) contraddistinto da una marca affermata, al fine di accrescerne la notorietà, immagine e desiderabilità-> la seconda marca funge da differenziatore, in quanto modifica uno o alcuni aspetti specifici in grado di conferire valore aggiunto al valore finale.
-Qui esiste un master brand (abbinato di solito a pdt/servizio preesistente) che si avvale del contributo addizionale di una marca.
- Ingredient brand famosi:
• antirumore Dolby,
• fibre idrorepellenti Gore-Tex
• rivestimenti antiaderenti Teflon
• rivestimento per divani Alcantara,
• confezioni Tetra-pack
• suole in gomma Vibram
-All’interno dell’ingredient branding è possibile individuare due situazioni:
• Slot filler ingredient branding, uno degli attributi già presenti in forma anonima nel prodotto viene sostituito con uno contraddistinto da una marca nota aumentando la competitività del prodotto esistente;
• New attribute ingredient branding: l’attributo viene introdotto per la prima volta nel prodotto direttamente con la marca, creando così una nuova offerta per il brand ospitante.
-Può anche accadere che l’alleanza sia circoscritta ad un aspetto specifico: Affiancamento al “one brand” esistente di uno “con” un nuovo ingredient brand. Le marche coinvolte possono anche far capo alla stessa azienda (es. Ferrero pdt con nutella), inoltre talvolta la marca ospitata connota un pdt che non ha vita autonoma, nel senso che può essere usato solo come componente di un pdt più complesso (suole gomma vibram), mentre altre volte tale marca contraddistingue anche il pdt destinato al consumatore finale. le varianti sono numerose e in continua evoluzione.
-Vantaggi per Ingredient brand:
• Agire su awareness e rafforzare le associazioni (ottenendo visibilità); talvolta l’ingrediente può affermarsi persino quale standard industriale che non acquisteranno pdt senza (divenendo PoP);
• «Palmares» di chi ottiene successo rende l’ingredient brand leader della categoria (es. Brembo) -> possibile affermarsi come standard industriale (e PoP);
• Margini e fatturato anche in canali non presidiati direttamente (es. M&M e MCFlurry) ->maggiori quantità di pdt vendute rispetto a quanto sarebbe accaduto in mancanza dell’alleanza;
• Rapporti fiduciari di lungo periodo (es. Brembo e DaimlerChrysler per Brembo Ceramic Brake System per il carbonio ceramico) -> in questo caso le due imprese decidono di collaborare in termini più ampi giungendo sino a forme di coprogettazione per lo sviluppo dei prodotti che possono sposare rapporti di cointeressenza ancora più forti (a volte l’ingredient branding è frutto di un percorso deliberatamente avviato dall’impresa fornitrice dell’ingrediente che inizia quando dà il via la promozione nei confronti dell’utente finale con l’intento di generare notorietà e immagine);
• Ingredient diviene un brand anche verso il consumer (e sviluppa push anche per gli host potenziali).
-Vantaggi per host brand:
• Miglioramento del posizionamento con differenziazione percepita per l’ingrediente;
• Aumentare il proprio valore, qualità e performance rassicuranti;
• «Debellare» la fase di maturità del prodotto fortemente competitiva;
• Premium price (ingredienti di marca sono spesso indicatori di qualità e fonte di rassicurazione dal che può discendere fedeltà alla marca);
• Maggior penetrazione nel canale distributivo;
• Ottenere immagine a fronte di margini in discesa (quota parte o royalties all’ingredient) (si attribuisce visibilità a un determinato attributo);
• Accrescere attrattività per clienti «ricercatori» dell’ingredient se esclusivo;
• Se non «esclusivo» allineato agli standard o comunque con valenza significativa;
• Vantaggi economici nel contribuire agli investimenti.
-Dal punto di vista del consumatore, l’ingredient branding genera una maggiore qualità percepita ed un minor rischio percepito legato all’acquisto del prodotto.
-Condizioni per il successo dell’alleanza nell’Ingredient branding:
a) Gli ingredienti devono essere rilevanti e quindi devono risultare facilmente percepibili dal consumatore come segnale di qualità, gusto superiore, performance che si collegano all’evidente presenza dell’ingredient (Brembo e il rosso!), qualità nello stile (D&G per Citroen);
b) L’ingrediente deve essere innovativo e superiore agli altri e quindi «non equivalente» ad altri concorrenti, l’ingredient brand deve avere una posizione di leadership o di dominanza nella categoria;
c) Comunicare per sottolineare l’importanza e i vantaggi degli ingredienti e utilizzare elementi che segnalino la presenza dell’ingrediente (push e pull), per altri enti è difficoltoso ottenere effetti positivi sul consumatore.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
11
Q

LIMITED EDITION E COLLABORAZIONI

A

-Limited Edition: offerta limitata offerta da una o più marche, di cui non si prevede la replica, per accrescere prestigio e esclusività agendo sulla scarsità (il principio di scarsità tende ad attribuire valore maggiore a ciò che è meno disponibile). Si distinguono in:
• Edizioni quantitativamente limitate (Limited quantity scarcity (LQS)): un numero limitato di prodotti sono disponibili per l’acquisto (per pochi);
• Edizioni temporalmente limitate (Limited – time scarcity (LTS)): un periodo di tempo limitato, così da rendere più desiderabili i prodotti…altrimenti «sfuma» l’occasione.
-Es. ieri Un numero limitato di copie di libri con impression di prima qualità, oggi ad es sofficini con gusti particolari.
-L’obiettivo è quello di agire sulla percezione del cogliere il momento/l’occasione diversa dal solito o l’esclusività in quanto non di massa, speciali e unici, nonché ai portatori dei valori individuali o di gruppi di consumatori all’interno di specifiche culture e sub-culture.
-Drop: Programma di Branding che enfatizza l’aspetto periodico e non in unica soluzione. È la vendita di prodotti in quantità limitate a cadenza periodica, anche a sorpresa, centellinando la possibilità di acquisto. In questo modo si mantengono l’hype e l’attesa e si stimola i clienti ad essere sempre aggiornati, creando una sorta di rituale.
-Raffles: Programma di Branding che propongono lotterie con durata limitata per far acquistare «d’impulso». Il limite della quantità è riconducibile alla volontà della marca di garantire a pochi consumatori il privilegio di acquistare un prodotto esclusivo stimolando la percezione di essere parte di una comunità di pochi, aumentando il valore che i consumatori attribuiscono all’offerta della marca e dunque il prezzo. Proxy al successo: reselling (che permette un guadagno +1000%) e «sneakerheads» nel settore delle sneakers.
-La limited edition è diversa dalla Capsule-Collection/Collaboration: Un gruppo di articoli numericamente limitato, facilmente combinabile, realizzato con partnership tra marchi di lusso o celebrity e catene mass market.
-Collab: «incrocio» tra alleanza tra due o più marche (co-branding o ingredient branding) e limited edition, per cui la limited edition diviene lo strumento (coincidente con la realizzazione della collezione). I prodotti «unici, esclusivi e limitati» riflettono il DNA delle marche coinvolte nell’alleanza e dimostrano la volontà di interpretare le tendenze del momento con processi creativi innovativi. Notorietà, immagine, esperienze, competenze e capacità di ciascun brand si fondono in un tutt’uno per la realizzazione di una particolare offerta.
Es. LV x Supreme: da un lato lusso (qualità ed esclusività) e una dimensione onirica: sogno di accedere a un mondo di privilegio su consumatori sensibili a esclusività, rarità e unicità; dall’altra streetwear (stravaganza e hype): Tratti mutuati dalla strada, e dalla cultura pop dei giovani (con influenze e sottoculture o tribù: dagli anni ‘80 con surf e skate e brand come O’Neill, Billabong, Etnies) come forma di dichiarazione generazionale per differenziare e affermare il proprio sé. Sono stati fatti diversi prodotti fino a coltellini svizzeri, ma anche l’iconico baule LV per trasportare lo skate ed è stato applicato un significativo Premium Price.
-Vantaggi: Innovazione (svecchiamento) dell’immagine di marca e Conquista di nuovi segmenti:
a) Vantaggi per i partner operanti nel segmento young (es. Supreme):
• Accrescere l’equity di marca;
• “Entrare” tra i luxury brand;
• Raggiungere un segmento con elevate disponibilità economiche;
• Soddisfare la ricerca di qualità;
• Affermare la marca per valore simbolico.

b) Vantaggi per i Partner operanti nel luxury (es. Louis Vuitton):
• Modernizzare l’immagine;
• Revisione in “chiave innovativa” dei valori;
• Raggiungere un nuovo target;
• Cogliere l’opportunità di “svecchiare” la clientela.
-Rischi:
a) Perdita dei clienti più fedeli e affezionati alla identità stilistica di marca;
b) Superamento esclusività distributiva (si sviluppano mercati secondari in cui i pdt vengono rivenduti), perdendo controllo su prezzo e distribuzione ma anche sull’esperienza del consumatore;
c) Vendita di prodotti contraffatti e danno reputazionale: l’elevata richiesta, stimolando la diffusione alla vendita di articoli contraffatti, sottrae margini alle marche coinvolte, danneggiando l’immagine e la reputazione.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
12
Q

LICENSING

A

-Forma di brand alliance che indica il contratto tra impresa titolare del marchio (licenziante) che concede a un terzo (licenziatario) l’uso per la produzione e la vendita di determinati prodotti, nell’ambito di una ben definita area geografica e attraverso determinati canali distributivi, per un periodo di tempo stabilito, a fronte di un compenso che il licenziatario si impegna a corrispondere al licenziante (royalty).
-> Estensioni «non in via diretta» con accordi di licenza con imprese specializzate nella produzione del particolare prodotto (spesso avviene nella moda e nel lusso).
Stilisti come Donna Karan, Calvin Klein e altri esigono alte royalties per i diritti di utilizzo del loro nome su vestiti, cinture, cravatte e valige. Nell’arco di trent’anni, Ralph Lauren è diventato lo stilista di maggior successo al mondo e ha dato vita a un giro d’affari di oltre 5 miliardi di dollari concedendo in licenza i propri brand Ralph Lauren, Double RL e Polo per molti prodotti in diverse categorie.
Anche in ambito sportivo, il licensing relativo ad accessori di abbigliamento e altri prodotti (merchandising) è cresciuto fino a diventare un business multimiliardario.
Persino i Rolling Stones hanno creato una linea di numerosi articoli in licenza (dalle magliette, alle cravatte, a una carta di credito) venduti ai concerti, oltre che nei punti di vendita, e- commerce e su catalogo.
-Notevole diffusione nell’utilizzo di marche rappresentate da figure, nomi, parole e simboli tratti da opere letterarie, teatrali, cinematografiche o televisive; immagini di personaggi di fumetti e cartoni animati; nomi ed emblemi di personaggi ecc.-> L’impiego del valore suggestivo di tali marche (denominate «property», nel gergo del settore entertainment) avviene principalmente negli ambiti dell’abbigliamento (t-shirt, felpe, cappelli, sciarpe ecc.), dei giocattoli, della cosmesi, degli articoli per la casa, dei prodotti di cartoleria e dei beni alimentari di largo consumo.
Es. Camomilla: è una società produttrice di accessori e idee regalo nata nel 1983 a Milano da due compagni di lavoro e di vita: Grazia e Maurizio Belloni. Oggi è un’azienda con un fatturato in costante crescita, il 70% del quale proveniente dal mondo Hello Kitty (sanrio + camomilla): nel 1991 Sanrio affida Camomilla la distribuzione esclusiva per l’Italia dei prodotti a marchio Hello Kitty; nel 2011 Camomilla è l’unico caso di distributore Sanrio con licenza di creatività e produzione a livello internazionale.
-Due modalità di possibile impiego delle Property in termini di licensing:
1. Licensing diretto: concessione in uso della property per creare prodotti con aspetti e funzionalità fortemente associate e correlate (divengono un tutt’uno agli occhi del consumatore, associazione diretta);
2. Licensing promozionale: concorsi, canvas, tecniche promozionali legate a personaggi o film, non modificano il prodotto ma si aggiungono e consentono di ricevere premi per chi abbia “partecipato” o acquistato il personaggio….
-Motivazioni per il licenziante:
• Dopo l’affermazione della marca può trarre vantaggio per lo sviluppo;
• Aumentare la diffusione del brand e Rafforzarne l’immagine;
• Sfruttare know-how, conoscenze ed esperienze di altri (licenziatario);
• Ridurre investimenti e costi fissi;
• Generare ulteriori ricavi e profitti;
• Realizzare un’estensione alternativa e rafforzare l’equity di marca (ampiezza e profondità awareness e associazioni).
 Può trarre dalla forza conquistata utilizzandola in ambiti competitivi coerente con il proprio disegno di sviluppo ma per il quale non si dispone delle necessarie risorse e competenze senza sostenere i necessari investimenti ottenendo anzi un flusso di profitti; è una modalità di realizzare strategie di brand extension alternative rispetto allo sviluppo interno.
-Motivazioni per il licenziatario
• Superamento di barriere all’ingresso di settore/i o gruppo strategico;
• Catalizzazione di investimenti su una marca già conosciuta e affermata

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
13
Q

RISCHI E CAUTELE NELLA GESTIONE DELLE ALLEANZE

A

-Logiche di marca:
• Attenzione alla parziale perdita di controllo su asset sviluppati nel tempo (rischio accettabile se: pregresso rapporto fiduciario, basato su relazioni precedenti, reciproco affidamento nel condividere i propri asset);
• Monitoraggio nel tempo, per verificare eventuale variazione delle priorità di ciascun partner e delle valenze rispetto all’avvio (disinteresse o eccessivo coinvolgimento), del partner e della relazione (azioni dell’iniziativa collaborativa sia di altre attività del partner non del programma condiviso per potenziali ripercussioni sulle associazioni);
• Amplificare l’alleanza, specie se di breve periodo, valorizzando l’esistenza di una partnership fra le due marche presso il pubblico (tramite una comunicazione specifica ai ripetuti messaggi di comunicazioni, che creino risonanza sull’iniziativa).
-Logiche di mercato:
• Diluizione del valore del brand per:
a) (la compresenza del brand si traduce in una) ridotta visibilità e affievolimento prominenza con appannamento delle associazioni distintive a favore dell’altra marca;
b) maggiore se ampliamento del portafoglio prodotti, oltre la categoria occupata. Effetti di spillover negativi quando la ripercussione negativa per l’affiancamento con un brand verso cui il consumatore non abbia un atteggiamento positivo.
• Cautela: impegno attivo nella ricerca del partner, uno degli elementi che incide sull’efficacia è infatti, il ricorso a marche che i consumatori percepiscono come indipendenti; non di rado le brand alleanze nascono da una condizione di contrasto senza essere attentamente analizzata in base a specifici criteri di valutazione;
• Condizione essenziale è che il partner sia riconoscibile e desiderabile agli occhi dei consumatori appartenenti al target di riferimento (non uso di «variabili interne»: rapporti commerciali avviati, vicinanza geografica, realtà conoscenza approfondita di proprietà o management, che non considerano le valenze della marca).
Il criterio guida per le alleanze fra marche: «farsi guidare dal mercato», cioè in linea con le tendenze, le priorità e le preferenze di marca riscontrate presso il pubblico.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly