CAP. 3 Flashcards
LA PIRAMIDE DEL VALORE DELLA MARCA
- Piramide del valore della marca: interpreta la costruzione del brand come una serie ascendente di fasi sequenziali finalizzate a:
1. Assicurare che il consumatore identifichi con una specifica categoria di prodotto o una definita necessità di consumo, affinché si abbia una consapevolezza ampia e profonda;
2. Imprimere nei consumatori il significato della marca tramite il collegamento con una serie di associazioni mentali, che agiscono attraverso punti di differenza e/o di parità competitiva sulle strategie di posizionamento del brand;
3. Suscitare risposte adeguate da parte degli individui in termini di giudizi e sensazioni correlate alla marca;
4. Convertire queste risposte in una relazione fra cliente brand fondata su un’intensa e attiva fedeltà. - L’applicazione delle quattro fasi richiede la creazione di sei mattoni (building blocks), che possono essere assemblati a forma di piramide: nel passaggio dalla base all’apice si riduce il numero di soggetti che hanno sviluppato un certo livello di coinvolgimento nei confronti della marca.
- A questa lettura verticale se ne accompagna una in senso orizzontale: sul versante sinistro si riscontrano i blocchi attinenti alla sfera razionale, mentre sul versante destro quelli attinenti alla sfera emotiva, evidenziando la dualità della marca, ovvero la sua capacità di parlare alla mente ma anche al cuore del consumatore, di coinvolgerlo e di creare commitment. La creazione di una marca di valore implica il raggiungimento dell’apice della piramide che è possibile solo mettendo ciascun mattone al suo posto.
3.2 LA PIRAMIDE DEL VALORE DELLA MARCA (PoP: points of parity; PoD: points of difference)
- BRAND PROMINENCE (prominenza della marca)
-Fa riferimento alla consapevolezza che i consumatori hanno della marca, ossia alla capacità di richiamarla alla mente in situazioni opportune. Può essere descritta secondo due dimensioni:
• la profondità: rapidità con cui la marca viene richiamata alla memoria del consumatore rispetto alle marche concorrenti (es. prima marca di biscotti che ricordo è mulino bianco) -> sinonimo di notorietà spontanea;
• l’ampiezza: la varietà di contesti a cui la marca è associata (es. a mulino bianco associa non solo biscotti ma anche dolcetti, merendine eccetera).
-Risponde al quesito “chi sei?” (conoscenza dell’esistenza a prescindere dei significati associati). La superficie del mattone è ampia in quanto la prominenza è un prerequisito per instaurare una relazione e a questo livello può arrestarsi una quota più o meno ampia di individui: quelli informati dell’esistenza del brand ma non interessati. - BRAND PERFORMANCE E BRAND IMAGERY (Prestazioni della marca e immaginario della marca)
- Il consumatore è chiamato a qualificare la marca ascrivendole un significato, rispondendo a “Che cosa sei?”. La marca comincia a prendere forma nella mente, mediante riferimento alle prestazioni e all’immaginario.
• Brand performance: la capacità del prodotto identificato dalla marca di soddisfare bisogni funzionali, collocati sul versante razionale della piramide: qual è il giudizio sulla qualità oggettiva di tale prodotto? In che misura è in grado di soddisfare le esigenze riferimento alla categoria? Anche se tali esigenze variano a seconda della categoria, i consumatori spesso basano le loro valutazioni su alcuni aspetti fondamentali come attributi strutturali, esterni, di supporto; affidabilità durata e funzionalità; efficacia, efficienza ed empatia del servizio; prezzo;
• Brand Imagery: l’immaginario si colloca sul versante emotivo-> insieme di significati intangibili associati mentalmente alla marca, incluso il modo in cui cerca di soddisfare i bisogni psico-sociali. Queste associazioni possono formarsi direttamente (con la sperimentazione del pdt) o indirettamente (tramite la mediazione della comunicazione di marketing o altre fonti informative come quelle personali). In linea di massima le associazioni sono riconducibili al profilo degli utilizzatori della marca; le tipiche situazioni di acquisto e di consumo; alla personalità e valori della marca; la storia, all’eredità e all’esperienza della marca e dei consumatori.
-le prestazioni e l’immaginario concorrono a generare la risposta dei consumatori: con le reazioni e le iniziative poste in essere dalla marca quindi si arriva a suscitare dei riflessi a livello personale. - BRAND JUDGEMENTS E BRAND FEELING (giudizi dei consumatori e sensazioni dei consumi)
-Il consumatore risponde a “Che cosa penso di te?”. Due tipi di risposta a seconda che provengono dalla sfera cognitiva o emotiva:
• Giudizi, incentrati su opinioni e valutazioni personali dei singoli clienti e riguardano (1) la qualità percepita del prodotto, desunta dalla valutazione dei suoi attributi e dei benefici; (2) credibilità, valutata sulla base dell’esperienza e dell’affidabilità della marca; (3) rilevanza, in termini di importanza del brand per l’individuo; (4) superiorità rispetto ai concorrenti, derivanti dalla percezione della capacità della marca di garantire vantaggi che i rivali non sono in grado di offrire nella stessa misura;
• Sensazioni, risposte emotive dei clienti: (1) calore, cioè la sensazione di calma o pace suscitata dal brand; (2) divertimento, inteso come allegria, giocosità, spensieratezza, gioia emanante dalla marca; (3) eccitazione, euforia trasmessa da alcune marche in grado di far sentire i consumatori pieni di energie, affascinanti, desiderabile, protagonisti di un’esperienza speciale, vivi; (4) sicurezza, nel senso che la marca genera sensazione di tranquillità, incolumità, benessere e fiducia; (5) approvazione sociale, che il brand suscita in ordine alle reazioni altrui rispetto al loro aspetto o comportamento autostima, induce dei clienti una migliore opinione di sé, un senso di orgoglio, di realizzazione o di appagamento.
4.BRAND RESONANCE (risonanza della marca)
-Fa riferimento alla relazione che si instaura fra consumatori e marca e alla misura in cui i primi si sentono in sintonia con la seconda, e si manifesta in termini di intensità del legame psicologico fra cliente e marca e nel livello di attività generato da tale legame. Idealmente risponde alla domanda “che cosa può esserci tra me e te”?
Possibili indicatori di misurazione dei mattoni:
Le implicazioni manageriali dei Building Block
• I consumatori sono i “proprietari”;
• Rispettare il “percorso evolutivo”;
• Sfruttamento della “dualità del brand”;
• Sfruttamento della “ricchezza del brand”;
• Raggiungere e tendere alla “risonanza”.
L’IDENTITA’ DI MARCA
- L’impresa deve definire un’identità di marca unica e attuale, ma ad oggi la responsabilità sociale, la garanzia di un servizio efficace e buoni prodotti sono diventati fattori igienici e avere il vantaggio competitivo derivante dall’innovazione non assicura protezione perché in molti casi può essere replicata -> «Fattori igienici»: condizione necessaria, ma sempre meno sufficiente, per competere.
- L’identità racchiude la visione della marca e guida la creazione dei prodotti da offrire, la denominazione con la scelta dei segni visuali e distintivi che lo rappresentano e la comunicazione e altre decisioni di brand management. “Quid”: stabile e duraturo, legato alla radice, necessario per costruire il valore del brand-> fonte inestimabile per consapevolezza e immagine di marca.
- La marca comincia a prendere forma nella mente, mediante riferimento alle prestazioni e all’immaginario. Tra l’identità (progettata dal management aziendale) e l’immagine (che si genera presso il pubblico) non vi è sempre coincidenza a causa di diversi fattori:
1. Controllati dal management: modo in cui viene concepita l’identità all’interno dell’organizzazione: (non solo) azioni coordinate nel tempo, dovrebbe essere frutto di un preciso disegno di fondo condiviso, risultato di scelte condivise (strategiche) alle quali possano concorrere tutte le funzioni aziendali. Infatti, l’identità oltre a sintetizzare la storia, la cultura e i valori dell’azienda deve poter dar di conto della personalità del brand, dei suoi attributi e dei benefici che è in grado di fornire, in modo da evidenziarne la performance.
2. Difficilmente controllabili: i consumatori tendono a costruirsi a livello individuale una propria immagine di marca solo in parte riconducibile ai messaggi veicolati dall’azienda ma influenzata da comunicazioni interpersonali, esperienze dirette etc., solo parzialmente riconducibile ai messaggi dell’azienda e poi sovrappone all’identità di marca modificandone i tratti tra identità originaria e immagine (positiva e negativa). ! Capire codici e rispetto del valore e della cultura.
-L’identità è formata da una serie elementi:
1. Valore come e personalità (tratti caratterizzanti la marca);
2. Marca come storia (storia che in qualche modo come sempre che se io non dico dall’altra parte non lo sono; modo con cui trasferire storia es. Lindt ha inserito nella timeline il fatto di essere presente dal ‘45);
3. Prodotti storici es. oyster primo di Rolex, ha sedimentato significato;
4. Mitologia: quando il brand diventa mito quindi il modo di poter anche utilizzare figure alle Audry Auburne per Tiffany;
5. Fondatori e competenze Es. Ferragamo con calzata, tailleur di Coco;
6. Stile es. Burberry tentativo di svecchiare e dal check e passato al monogramma;
7. Luoghi, il fatto di collegare es. Hermes a Parigi.
-In sostanza, lungo il percorso che porta le marche nella mente di chi le concepisce a quelle dell’interlocutore esterno possono verificarsi errori tali da generare un divario fra identità e immagine, dovuti ad esempio al fatto che: (1) la marca manca de facto di una propria identità (es. nel caso di strategie imitative), (2) l’identità non corrisponde all’effettiva sostanza della marca, portando ad una perdita di credibilità nel medio-lungo periodo, (3) l’identità risulta scarsamente definita perché per renderla attraente per tutti si finisce non di rado per privarla dei più importanti connotati distintivi, (4) l’identità non è stata adeguatamente comunicata.
-La brand identity è il frutto di un intelligente combinazione fra:
1. Prestazioni del prodotto, che sono la base fondante l’esistenza della marca;
2. Contenuti emotivi, i valori di prodotto non devono rimanere solo attributi tecnici ma vanno tradotti sul piano emotivo per conferire un surplus in termini di desiderabilità e distintività;
3. Valori sociali, dal momento che i consumatori sono convinti che l’impegno per il benessere della collettività deve essere dimostrato anche attraverso le scelte di acquisto premiando le marche socialmente responsabili i brand devono provare a essere cittadini esemplari assumendo un modello gestionale orientato alla produzione di un valore anche etico e sociale->crescente importanza del brand purpose: l’obiettivo che la marca si propone di perseguire sul piano sociale;
4. Cultura aziendale, è il fondamento dell’identità che deve essere coerente e in sintonia con i valori imprenditoriali che attribuiscono un senso alle scelte e definiscono il codice genetico della marca, la sua attitudine evolutiva e il progetto di sviluppo-> in mancanza di questi, la marca finisce per risultare una creazione surrettizia e di difficile gestione da parte di un management estraneo ai suoi valori di fondo.
-L’identità di marca si fonda su tre elementi:
a) L’essenza della marca (brand essence). Racchiude “L’anima vera e propria della marca”, è un singolo concetto unificante in grado di esprimere buona parte di quanto la marca intende rappresentare per il mercato, la sua promessa di fondo. In molti casi coincide con la mission o vision aziendale;
b) L’identità di fondo (core identity). È la declinazione della sintetica essenza di marca in una serie di punti cardinali (valori) che l’impresa si dà per orientare i propri comportamenti e che dovrebbero rispecchiare la sua strategia e valori e almeno una parte dovrebbe essere tale da differenziare la marca da quelle della concorrenza e avere risonanza presso i clienti;
c) L’identità estesa (extended identity). È l’insieme di associazioni mentali che non rientrano nel nucleo dell’identità centrale ma che ne specificano meglio il significato. Sono associazioni che l’impresa propone attraverso i propri segni di riconoscimento e azioni di marketing e nella prospettiva del consumatore il concetto di identità estesa coincide con l’immagine della marca: marca come prodotto, organizzazione, persona o simbolo (par. 4.4).
Es. Illy EM emerge a livello di vision (di diventare il mito del caffè, deliziare consumatori con caffè eccellente e esperienza straordinaria e contribuire allo sviluppo del mercato e della cultura globale dell’espresso). IF i valori che incarna (trasparenza, onesta e rispetto, passione per l’eccellenza, centralità del cliente).
- Un’identità di marca efficace deve essere in risonanza con i clienti, differenziare la marca rispetto ai concorrenti e rappresentare ciò che la marca può fare e farà nel corso del tempo.
Es. MCDonald
Processo con mc Donald’s, purpose al di sopra, missione espressa che è la brand essence. Questi ci devono essere perché devono dare giuste ineducazioni di come dobbiamo muoverci, ma devono necessariamente esserci iniziative diverse che la marca deve fare nel rispetto dei valori, che vengono a formare la cosiddetta extended identity. Utilizzata la catena mezzi fini, servita per ricostruire quella frase, identificare i valori e trovare a pensare come potessero essere trasferiti.
POSIZIONAMENTO, VALORI E MANTRA DELLA MARCA
-L’identità ispira la definizione del posizionamento di marca, che è il risultato di un esame approfondito del brand e persegue l’obiettivo di valorizzarne gli attributi distintivi agli occhi dei potenziali clienti. Si parte dallo studio del mercato e dalla definizione della categoria di appartenenza, si scelgono i target più attrattivi e la differenziazione rispetto ai rivali. Infine, si traduce questo intento strategico in una specifica formula di offerta.
-Lo studio di posizionamento ha lo scopo di:
1. Identificare i benefici alla base della promessa (brand promise), che per i consumatori deve risultare interessante, credibile e sostenibile nel tempo;
2. Rendere facilmente intellegibile, agli occhi di chi osserva la marca, a quale target essa intenda indirizzarsi;
3. Far comprendere le occasioni di consumo, appropriandosi di un momento e/o luogo.
-La marca con il posizionamento cerca di inserirsi nella mente dei consumatori appartenenti al segmento di domanda al quale si indirizza, mediante lo sviluppo di associazioni mentali che consentono di farsi notare e riconoscere, ma anche distanziandosi dai rivali evidenziando gli elementi di differenziazione (ma talvolta anche i punti di parità). Le associazioni possono essere basate su qualsiasi attributo e/o beneficio, ma per trasformarsi in points of difference devono essere forti, favorevoli e uniche.
-Valori principali (core brand values): insieme di associazioni che caratterizzano gli aspetti più importanti della marca e rappresentano un fondamento delle strategie di branding. La relazione valori-elementi di differenziazione è alla base della scelta di posizionamento. Possono essere individuati tramite la creazione di una mappa mentale: (categorizzazione) raffigura tutte le principali associazioni collegate alla marca da parte di uno specifico soggetto di domanda.
Ricostruzione associazioni principali alla marca
Unicoop Firenze. Associazioni più importanti: quelle più piene perché vuol dire che presentano una serie di elementi. Di queste quelle più importanti e meno come le rappresento? Prende questi valori e li slitta in metriche per misurare quanto e come vengano rispettate e percepiti dal mercato. Il passaggio importante che alla fine ci permette di dare secondo un’interpretazione tale poi posizionamento che l’azienda ottiene sule mercato, siamo partiti dall’identificazione dei valori chiave interpretati e poi li abbiamo misurati,
-Brand mantra: specifica la caratterizzazione genetica della marca in un’espressione sintetica che descrive la ragione d’esistenza del brand:
• È una breve frase di 3-5 parole in grado di racchiudere gli aspetti più importanti e i valori principali della marca, il vero spirito del brand. Non tutti devono avere la stessa struttura, ma deve delineare chiaramente cosa l’impresa intenda rappresentare e almeno implicitamente -> è la promessa base, l’heart & soul;
• DNA di marcarappresenta le caratteristiche permanenti e più importanti sia per i consumatori sia per l’azienda;
• Assume la sua forza dal significato collettivo di “termini/parole” che, insieme, devono risultare irraggiungibili dalla concorrenza.
-> brand mantra come “ragion d’essere” del brand. Anche le altre marche possono avere una buona performance per alcune associazioni parte del mantra, ma per essere efficace nessun concorrente deve eccellere in tutte le dimensioni.
Al suo interno si devono ritrovare:
1) Funzione del brand. Descrive la natura del prodotto/servizio, o il tipo di benefici offerti sul piano funzionale, psico-sociale, esperienziale; può far riferimento alla categoria di prodotto o a nozioni più astratte come benefici o esperienze ottenibili;
2) Modificatore descrittivo. Un elemento, un chiarificatore ulteriore per circoscrivere le funzioni del brand, per chiarirne meglio la natura e la sua specificità. Insieme alla funzione del brand definisce il significato della marca;
3) Modificatore emotivo. Una ulteriore qualificazione del brand, che spiega “come” ed “in che modo” la marca è in grado di fornire i benefici promessi. Risponde alla domanda: qual è la natura dell’attività della marca e in che modo, esattamente, essa offre determinati benefici?
-Un Brand Mantra efficace dovrebbe:
• definire la categoria (o le categorie), i confini della marca, evidenziare l’unicità;
• essere facilmente memorizzabile, quindi breve e vivace (ideale 3 parole, talvolta necessario un maggior numero di parole per spiegare i modificatori);
• essere rilevante per il maggior numero possibile di dipendenti, in modo da non limitarsi a informarli, ma anche a ispirarli;
• Per evitare ambiguità (anche dettagliando, in calce, il significato di ogni termine) si possono aggiungere, se molteplici significati di un termine, brevi frasi chiarificatrici.
- L’essenza di marca quindi deve:
a) fornire un contributo determinante alla creazione di valore;
b) essere protetta dai tentativi di appropriazione da parte della concorrenza;
c) differenziarsi nel tempo;
d) risultare abbastanza coinvolgente in modo da motivare e ispirare l’intera organizzazione.
-La promessa non è uno slogan. È necessario fornire al consumatore elementi concreti, che confermino nella sua mente una certa immagine della marca:
1. Imperativi Strategici: orientamenti di medio-lungo periodo dichiarati e di ispirazione per realizzare la promessa su cui si basa l’identità di marca. Rappresentano una specie di “test di fattibilità” con investimenti e valutazioni per la realizzazione della promessa (vero impegno dell’organizzazione: esistono le risorse per gli investimenti? Si possiede la capacità di adottare le iniziative necessarie?);
2. Spunti di prova: azioni concrete, già in atto da parte dell’impresa, che contribuiscono a rendere operativi gli imperativi strategici, evidenziandoli fattivamente. Sono una prova della veridicità degli obiettivi dichiarati e della promessa di marca. Possono essere molti e di natura “operativa” (risorse, capacità, programmi, iniziative), mentre gli imperativi sono in genere pochi, costosi e rischiosi;
3. Modelli di ruolo: aneddoti (e leggende come 3M), persone (testimonial o esibizione di individuo a cui marca è legata come il proprietario-es. Giovanni Rana) o eventi che rappresentino la brand identity (e qualsiasi altra attività di comunicazione che sia strettamente legata alla sua immagine e distintiva rispetto ai rivali che diventa simbolo del brand) e che possono contribuire a rendere esplicito il significato e la valenza emotiva della marca-> servono a incarnare i valori della marca-> rilevanza delle persone; impiego di eventi (quasi “property” del brand, simbolo) Es. Together we can- Aperol e Rockin’1000 insieme per sostenere la Protezione Civile- 1.200 musicisti da tutto il mondo, uniti per fare del bene, hanno cantato e suonato insieme “Una musica può fare” di Max Gazzè
! NO elenchi puntati e numerati…non dicono nulla! SI: eventi, aneddoti, persone…EMOZIONI Es. 3 famosi realizzati dalle marche in periodi diversissimi
1. MC Donald ’s-> l’ha cambiato ultimamente quando ha dovuto scollarsi di dosso idea di essere un fast food e avvicinarsi all’idea di ristorante, l’idea era fun, folks e food. Se non avesse food Mc Donald probabilmente non esisterebbe, poi abbiamo folks e fun-> folks sono per tutti e poi ho il fun che è il modificatore emotivo, sono divertente puoi organizzare feste ecc. 3 parole ma si fatica a trovarle ma pensare come diventa importante;
2. Nike-> brand mantra venuto fuori attraverso un disastro di natura commerciale di Nike perché a una certo punto decise di operare più come un brand fashion, quesito soprattutto proveniente da una serie di suggerimenti provenienti da coordinazioni europea che negozio con la casa madre di poter inserire e poter cominciare a pensare a Nike come brand fashion ma questo aveva importanti conseguenze si provo a sviluppare qst ma disastro quindi si senti in dovere di ridefinire in modio chiaro quelli che dovrebbe essere il suo mantra: Authentic, Athletic (collegato a prestazione atletica), Performance (non promettiamo cose che non possiamo fare, non siamo un brand fashion siamo brand che permette di fornirti prestazioni atletiche);
3. Walt Disney-> risultati fantastici ma molti di questi risultati provengono da royalties che ci vengono pagati da alcuni brand da molti clienti character; primo di questi Micky mouse, torniamo ad avere un identità netta chiara per tutti con Winnie de Pooh secondo personaggio character fortissimo che significava che vai da mc trovi dentro happy meal ecc allora disney nonostante avesse risultati economici pazzeschi ha detto ragioniamo e iniziamo a pensare a quello che siamo veramente, torniamo alle nostre origini e indiziamo a ragionare sul fatto che il nostro compito è in intrattenere; per noi è fondamentale la famiglia, terzo intrattenimento.
IDENTITA’ E SEGNI DI RICONOSCIMENTO
-A livello operativo l’espressione dell’identità di marca viene attuato attraverso la progettazione e l’utilizzo di uno specifico sistema di segni: Insieme strutturato di segni da ideare e gestire in modo continuativo per “fare identificare” la marca e “creare distinzione” -> sono i segni di riconoscimento della marca (brand element), e ne definiscono in primo luogo la visual identity (identità visiva) e sono caratterizzati dalla relazione stabilita arbitrariamente in un codice, tra il piano dell’espressione (Significante di tipo linguistico, figurativo..) e dei contenuti (Significato o concetto sottostante).
-Il sound è uno degli elementi, in realtà ci sono una serie di segni di riconoscimento, anche chiamati brand element. Normalmente se metto insieme un sistema di riconoscimento o un insieme di segni cerco di utilizzare dei segni diversi che da un lato permettono di strutturare e aiutare in termini di immagine di capire chi è la mia identità di marca; inoltre, se da un lato devo fare identificazione devo contemporaneamente gestire dei segni che mi permettono di creare distinzione.
- Identità visiva è il primo elemento della comunicazione: Identità visiva per “incanalare” la marca e impiegare qualsiasi “circostanza di visibilità” per presenza sul mercato. È una differenza (perché vale ad assicurare il riconoscimento distintivo del brand) e una permanenza (i segni che la costituiscono perdurano nel tempo (memorizzazione, attaccamento, valore…). Io non posso pensare ad es. di avere un colore di marca per tantissimi anni e cambiarlo senza comunicare sul mercato.
-Questi segni di riconoscimento possono essere verbali, figurativi, semi figurativi… il brand name scritto attraverso un certo lettering si chiama logotipo. Non sono scelte banali, questi brand continuano a perdurare nel tempo, da qui il problema di avere la possibilità di creare distinzione in termini figurativi e semi figurativi. Segni di riconoscimento o Brand Elements sono:
• Name
• Logo & Simbolo
• Jingles
• Font Styles
• Slogan
• Colori
• Suono
• Personaggio
• Package (forma e grafica)
-La scelta dei segni di riconoscimento dovrebbe rispondere ad alcuni criteri di base:
1. Memorizzabilità, ricordati e riconosciuti con facilità (es. YSL chiama profumo Opium che niente ha a che vedere con le fragranze, e vino che usa etichette colorate o fatte agli artisti ecc…);
2. Capacità di significazione, evocare significati coerenti con le associazioni cognitive e affettive al fine di contribuire alla definizione dell’immagine (es. un brand come Coccolino accompagnato dall’orsacchiotto che cammina su qualcosa soffice porta con sé un concetto di morbidezza, coccole…);
3. Piacevolezza, dato che per suscitare l’interesse del consumatore i segni devono essere ricchi di immagini visuali e verbali, divertenti e interessanti; effetto di pancia, mi piace o non mi piace e deve piacere. (es. M&M’s colorati, prodotto che diventa personaggio);
4. Trasferibilità, dato che la marca è sempre più chiamata a estendersi, da un lato devo pensare a elementi che possono essere trasferiti su altri business (es. Montblanc stilizza punta del Monte Bianco, che comincia a potersi trasferire su diversi business; inoltre, mi può vincolare come pronuncia, mentre il disegnino aiuta molto di più e permette una maggiore trasferibilità a livello di business e di paese). Trasferibilità in termini di categorie extension e country extension;
5. Adattabilità. Se il mercato si muove o l’azienda stessa, è ovvio che automaticamente si modificano i segni i riconoscimenti dell’identità e sul mercato assumono un significato diverso-> adattabilità vuol dire che se tanto io punto su questi elementi, tanto più ho bisogno di modificarli e adattarli nel corso del tempo per evitare obsolescenza funzionale e simbolico della marca conseguente ai cambiamenti ambientali e cognitivi;
6. Tutelabilità, in quanto il ritorno sugli investimenti sostenuti per lo sviluppo della marca è subordinato alla capacità di difendere i suoi segni da azioni illecite e da manovre competitive sleali, finalizzate a minarne le valenze distintive. È necessario che gli elementi caratteristici della marca siano scelti nel rispetto dei criteri posti dall’ordinamento giuridico. Importantissima, fondamentale riuscire a capire fino a dove con certi elementi posso effettivamente spingermi o meno quindi un modo interessante per capire.
-I criteri di scelta relativi agli obiettivi:
• Brand building:
1. Memorizzabilità, facile da riconoscere e ricordare;
2. Significatività, creare significato descrittivo e persuasivo;
3. Piacevolezza, divertente, interessante, ricchezza visiva-> piacevole si ricorda.
• Preservare marca:
4. Trasferibilità, all’interno e tra categorie di prodotti e geograficamente;
5. Adattabilità, flessibile con aggiornamenti-> se cambia il mercato o la mia identità ho un problema di raggiungimento del mercato e ultimo ai tutelabili sia legale che di natura competitiva;
6. Tutelabilità, legale e competitiva.
-Per quanto riguarda la tutelabilità, l’articolo 7 del C.P.I. dice che “Il titolare di un marchio registrato ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare:
a) un segno identico al marchio per beni o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;
b) un segno identico o simile, per beni o servizi identici o affini (rischia di arrecare confusione per il pubblico e rischio di associazione fra i segni);
c) un segno identico o simile per beni o servizi anche non affini, se rinomato (perché consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio)”.
->la ratio è non indurre i consumatori a commettere un errore riguardo alla relazioni prodotti marchio e impresa o caratteristiche rilevanti.
- Art. 7 del Codice della proprietà industriale (C.p.i.): possono costituire marchio registrato “tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni e le tonalità cromatiche, purché atti a distinguere i prodotti o servizi di un un’impresa da quelli di altre imprese”… ->Per poter essere giuridicamente tutelati, i segni devono possedere determinati requisiti di validità, connessi a:
a) capacità distintiva, che va tutelata evitando (alla data del deposito della domanda di registrazione), “segni divenuti di uso comune” (art. 13/1 a) c.p.i.), “segni costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono” (segni descrittivi);
b) novità, intesa quale diversità del marchio rispetto ad altri segni distintivi, in particolare a quelli sui quali un altro soggetto abbia acquisito un diritto anteriore al deposito della domanda di registrazione del marchio di cui si tratta-> Art. 12 c.p.i. in merito alla mancanza di novità: preesistenza di parole, figure o segni noti ai consumatori come marchi o altri segni utilizzati da altre imprese per prodotti dello stesso genere; avvenuto deposito domanda di marchio per lo stesso segno o per un segno confondibile, che sia successivamente sfociata in una registrazione.
c) liceità, connessa all’impiego di segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume e decettivi, vale a dire idonei a ingannare il pubblico, “in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi”. (art. 14/1 b) c.p.i.-> deve essere un marchio espressivo (che fornisca o quantomeno evochi informazioni inerenti al prodotto o che risultino non corrispondenti al vero); provenienza geo: esclude semplici nomi geografici; natura o qualità: es. Cotonelle.
-Segni distintivi: tutti i segni suscettibili di rappresentazione grafica (parole-marchi denominativi-, figure -marchi figurativi o loghi-o abbinati-marchi misti-, numeri, lettere, suoni, combinazioni o tonalità cromatiche, forme).
NOME DELLA MARCA (espressivi, di fantasia, sonorità)
-Passo essenziale per la costruzione del valore della marca. Cattura il tema centrale o le associazioni-chiave in modo conciso ed economico; è un efficace strumento di comunicazione, allude e fonda l’immagine del prodotto, ed è basilare per descrivere attributi, personalità, ….
Es. Olio cuore: allude sia alla salute a livello cardiovascolare che il volersi bene, anche il cuore del mais sede delle sue proprietà nutritive e qualità.
-Crescita esponenziale del numero dei nuovi marchi depositati all’Ufficio italiano brevetti e marchi: nel 2019, 58.828 richieste di registrazione (71,7% concluse positivamente) rispetto a 6.533 nel 1989. La crescente globalizzazione dei mercati e l’internazionalizzazione delle aziende richiedono brand name efficaci per culture diverse.
Es. Pubblicità the indipedent non fare questo, quello non acquistare, non leggere ecc.: Pubblicità che parla al consumatore, non per il consumatore.
-Possibili scelte per il brand name:
• Marca Corporate (che spesso coincide con la Ragione sociale), nome dell’azienda per tutti i prodotti;
• Brand Portfolio (assenza Corporate, Unico brand name), si assegnano nomi ai singoli prodotti non collegati con il nome della marca corporate (omino bianco, rio mare);
Brand Portfolio, si assegnano nomi ai singoli prodotti con collegamento alla marca corporate (es. Armani jeans, Armani Exchange…);
• Private label (nomi insegna o nomi di fantasia).
-Altre possibili scelte:
• Nomi descrittivi/espressivi (es. misura, Estathè);
• Nomi a carattere geografico (es. Lindt, Montblanc);
• Mitologici e storici (es. Ulisse);
• Patronimici (es. Ferragamo);
• Sigle e Numeri (es. IBM).
-Un brand name di successo deve essere:
• Semplice da pronunciare, da scrivere, da ricordare;
• Distintivo;
• Significativo, in grado di suggerire un riferimento all’immagine;
• Suggestivo, attirare l’attenzione;
• Rapido e immediato (nel comunicare al consumatore informazioni rilevanti riguardo agli attributi dei prodotti/ bisogni soddisfatti);
• In grado di suggerire caratteristiche e benefici del prodotto;
• Difficile da dimenticare, diverso, insolito.
3.6.1 I nomi espressivi
-L’idea è quella che il nome possa suggerire il posizionamento del prodotto (categoria, benefici, valori e attributi). Se la componente descrittiva è accentuata e non è accompagnato da elementi di differenziazione (suffissi/prefissi, distorsioni o combinazione può prestare problemi di distintività) - Es. Condiriso, Dietorelle, ma anche composizione originale di due entità che descrivono i benefit come Sottilette fila e fondi;
-Marchio debole: tutela giuridica solo verso gli elementi che agiscono sul contributo descrittivo. I marchi forti sono invece quelli privi di attinenza col bene/servizio distinto come segni dotati di un valore semantico che non ha a che fare con ciò che contraddistinguono (Apple) o segni di pura fantasia (Fanta).
!Un marchio originariamente debole può rafforzarsi con l’uso acquisendo capacità distintiva propria.
3.6.2 I nomi di fantasia
-Nome di fantasia: nome non descrittivo e che non vale nemmeno a evocare attributi, benefici o valori del prodotto (es. Spotify).
-Autonomia della marca: con il passare del tempo e il cumularsi degli sforzi della comunicazione e del marketing, certi brand name perdono il loro significato letterale nel senso che il consumatore percepisce un insieme di significati nuovi (es. Mercedes è un nome spagnolo, ma ora è associato a Germania).
-Una dinamica simile coinvolge anche le sigle (il suono può corrispondere a un significato (es. Q8) o presentare un’omonimia con un termine del vocabolario per garantire generazione di senso (FILA)).
-Marche patronimiche: corrispondenti al cognome di una persona che può essere il fondatore (Rana), delle due persone che sono i pionieri dell’attività (Moët & Chandon) o dello stilista (es. Gucci). Alcune di queste sono entrate a tal punto nel linguaggio comune che si è persa ogni memoria delle loro origini (es. Nestlé) -> conferisce alla marca e ai prodotti un’identità distintiva che fa leva sulla cultura produttiva che si tramanda di generazione in generazione, ma anche sulla personalità e carisma individuale.
! L’art.8/2 consente di registrare come marchi il nome altrui (quindi diverso da quello di colui che richiede la registrazione) purché l’uso non sia tale da ledere la fama, il decoro e il credito di chi porta tale nome, e sono esclusi i nomi altrui che sono i nomi notori. Fra i nomi propri che possono essere attribuiti ad una marca vi sono anche i nomi mitologici e storici (es. Cesar cibo per gatti) e di persona o personaggio (Pippo. Ringo, Alice).
-Vi sono poi i nomi di carattere geografico che alludono al territorio duplice (reale e simbolico) della marca (es. Brooklyn per gomme da masticare) -> la scelta è volta a evocare un patrimonio di valori, significati e atmosfere connesse a una città, luogo o regione.
! Le indicazioni sulla provenienza del prodotto qualora abbiano un significato descrittivo della qualità di prodotto sono equiparate a indicazioni propriamente descrittive e non possono essere registrate. In realtà, non sempre i nomi sono località che caratterizzano qualitativamente il prodotto: in un primo caso ingannano il pubblico su elementi che ne influenzano la scelta e sono marchi nulli, in un secondo caso è una località estranea alla qualità del prodotto e si parla di marchio geografico assunto in funzione di mera fantasia.
3.6.3 La sonorità dei nomi
-Marchi anche temi musicali accoppiati a pdt nei messaggi pubblicitari (registrazione pentagramma e note, tutela sull’espressione sonora).
-Suono del brand name:
4. Figure retoriche: Onomatopee (che riproducono rumore o suono associato a un fenomeno es. Strep), allitterazione (TicTac), assonanza (Yamamay), consonanza (Antik- Batik), rima (Rocco Barocco);
5. Lettere alfabetiche: consonanti occlusive (R, C, K, F) per sgranocchiare, masticare, vibrare, provocare brividi (Frosties, Pangrì, Frigoverde, Frio…);
6. Similarità vocalica: vocali o consonanti ad alta frequenza acustica per il “piccolo”, bassa frequenza acustica per il “grande” (in diverse lingue);
7. Simbolismo sonoro sinestetico: impiego di vocali e consonanti per descrivere proprietà tattili, visive, propriocettive: vocali anteriori (i ed u) associate a qualcosa di più piccolo, luminoso leggero, sottile, amaro, debole, veloce, femminile, amichevole, grazioso, freddo vs. vocali posteriori (o, a ed e) associati;
8. Sound repetition: suoni che oltre il significato evocano emozioni e stati d’animo e le percezioni (Lululemon, Kit Kat, Tutti Frutti); studi hanno evidenziato che in presenza di suoni energetici e ripetitivi gli individui mostrano livelli maggiori di stimolazione e piacere, e che un consumatore esposto a brand name contenente una ripetizione fonetica sviluppa un atteggiamento positivo nei confronti della marca e li valutano più favorevolmente e in caso di coerenza tra i due stimoli il simbolismo prevale sulla ripetizione.
-L’attenzione alla sonorità ha assunto crescente rilevanza a causa della globalizzazione e del crescente orientamento al global branding (adozione di un nome di marca che possa rimanere immutato nei vari contesti nazionali). Da studi emerge che il simbolismo sonoro è un fenomeno che abbraccia una molteplicità di culture e lingue diverse e in particolare:
• Suono vocalico simile per forma di piccole dimensioni;
• Numero maggiore di vocali e/o consonanti ad alta frequenza acustica per senso di piccolezza;
• Numero maggiore di vocali e/o consonanti a bassa frequenza acustica per esprimere idee di grandezza.
LOGHI E SIMBOLI
- Importantissimi (!): Circa due terzi degli stimoli che arrivano al cervello passano per il sistema visivo. Quando uno stimolo visivo è in grado a prima vista di richiamare univocamente una certa marca significa che ha saputo imprimersi con forza nella mente del consumatore generando un’associazione di primaria importanza.
-I loghi sono una prima forma di comunicazione della marca, e i nomi consentono una rapida identificazione e identificano e incidono su associazioni e sensazioni (acquisto d’impulso, scelta negli scaffali…) -> il logo personalizza e conferisce un supplemento di identità alle marche e pdt creando associazioni e sensazioni in grado di incidere sulla qualità percepita e sulla fedeltà della clientela. - Logo deriva dal greco e significa parola, il lettering rende distintivo il nome a livello visivo e sono caratteri editoriali impiegati per scrivere il nome con il quale viene graficamente rappresentato-> il logo è la traduzione del nome di marca in una forma leggibile e pronunciabile resa unica e ben riconoscibile in funzione della sua rappresentazione grafica:
• lettering (caratteri usati per scrivere il nome) conferisce unicità e riconoscibilità;
• simboli (monogrammi, acronimi, pittogrammi con ideogrammi o iconografici).
1920’s: Diversi font e diverse percezioni-> Century Bold= economia, forza e Garmond Italics = Lusso, Esclusività. 1960’s (Osgood)-> Italics associato ad attività – bold associato a potenza
-La leggibilità è il principale requisito, ma non deve essere trascurata la sua capacità di esprimere il carattere di marca e alcune sue peculiarità: carattere maiuscolo, a bastone ed essenziale esprime modernità, mentre uno corsivo, minuscolo e calligrafico rinvia a un’idea di classicità, di recupero del passato, di vintage. Un carattere sottile e leggero è femminile mentre il grassetto è più mascolino.
-In alcuni casi il logo è rappresentato unicamente dal lettering su uno sfondo/immagine, in altri è accompagnato da altri elementi quali:
• Monogrammi (combinazione o sovrapposizione di due lettere alfabetiche presenti nel brand name);
• Acronimi (prime lettere del nome);
• Pittogrammi (parte simbolica, l’emblema non leggibile e pronunciabile che può essere ideogramma se rappresenta segni astratti es. Nike, o iconografici se riproducono segni assomiglianti al concetto che intendono esprimere) -> a meno che non sia molto nota, è difficile trovare marchi composti solo da questo.
-Nella maggioranza dei casi, logo è articolazione alfabetica + simbolo stilizzato (McDonald) ma sempre più spesso alcuni simboli stanno acquistando un’autonomia tale da designare la marca a tout court (es. swoosh di Nike). I loghi possono essere espressivi o di fantasia (astratti e che possono essere particolarmente distintivi e riconoscibili) e forti o deboli (quelli in cui prevale funzione descrittiva).
! I loghi astratti e privi di forti associazioni product related possono essere usati per diverse categorie di prodotti, ma non denotativi-> è importante sostenerli con adeguate iniziative di marketing.
-È necessario selezionare i colori con attenzione: sono identificativi di attributi, qualità e proprietà. L’obiettivo è offrire al pubblico gli elementi identificativi dell’organizzazione, che facilitano l’immediata identificazione.
• Il rosso è aperto è appetitoso (esprime eccitazione, forza…stimola il sistema nervoso, aumenta la frequenza cardiaca);
• Il giallo è un colore solare, positivo, allegro (richiama la socialità ed è usato per attirare l’attenzione);
• Il verde esprime il concetto di freschezza (rilassa il sistema nervoso);
• Il celeste evoca una sensazione di leggerezza;
• Il blu è armonioso, dà sicurezza;
• L’arancione è il colore dell’amicizia, della fratellanza e del risparmio
-Il potere comunicativo dei colori: «…confezioni di diverso colore per un detersivo: una rossa, una azzurra, una gialla e una senza alcun colore
dominante. I risultati furono sorprendenti!». Gli intervistati sostennero che: il detersivo nella scatola neutra era di pessima qualità, nella gialla insoddisfacente, nell’azzurra e nella rossa di buona qualità, ma certamente quello rosso era più forte, molto adatto a macchie tenaci, ma non indicato con capi troppo delicati.
-Le scelte delle aziende si articolano lungo un continuum ai cui estremi vi sono da un lato le soluzioni monocromatiche (es. Nike) e dall’altro numero di maggiore di colori combinati in modo unico e che non devono essere più di tre o non forniscono una specifica identità.
-È necessario scegliere la tonalità del colore, e a questo fine devono essere espressi nei rispettivi codici Pantone, un sistema di identificazione di colori per la grafica riconosciuto come standard internazionale: ciascun codice Pantone esprime un colore in una specifica tonalità e garantisce stabilità nella resa cromatica.
-Loghi sono versatili: possono essere aggiornati nel tempo e trasferiti da una cultura all’altra-> Il logo evolve nel tempo (10 anni), e nella maggior parte dei casi si realizza con ritocchi progressivi (es. Starbucks sirena sempre al centro, altri elementi modificati) ma dovrebbe quindi rimanere stabile nel tempo.
-Il logo non è «un’operazione» meramente grafica e con considerazioni SOLO di tipo estetico o stilemi tipografici, deve possedere coerenza comunicativa con semantica del nome e col sistema globale di segni della marca e, come il brand name, è un «indicatore di senso» all’interno dell’identità della marca-> Il logo per essere efficace, funzionale e riconoscibile deve rispettare alcuni requisiti come: originalità, attrattività, visibilità, leggibilità, correttezza morale, riproducibilità grafica, adattabilità all’animazione e al web, tutelabilità.
CONFEZIONE
-Crescente rilevanza per il brand. Modalità tradizionale oggi sempre più importante (libero servizio, «iperscelta» …immagine), perché:
1) Riassume i valori portanti in un «unico supporto» con tanti codici e diventa strumento di riconoscimento del brand;
2) L’informazione comunicata o suggerita dall’involucro aiuta la creazione o il rafforzamento delle associazioni mentali alla marca;
3) Utilizza la forma fra i segni del marchio registrato («marchi di forma» o «tridimensionali» es. bottiglia CocaCola). Non tutte le forme sono registrabili, ma solo le forme non consuete, arbitrarie o di fantasia (le altre al max oggetto di brevettazione);
4) Opportunità per comunicare l’essenza della marca, un «un punto di contatto» e di comunicazione tra il consumatore (esterno) e il prodotto (interno).
-Tipologie di confezioni:
• Package primario: involucro a diretto contatto con il contenuto (carta, sacchetto, scatola, bottiglia, ecc. a diretto contatto con il contenuto);
• Package secondario: avvolge la confezione primaria fornendo ulteriore protezione;
• Package terziario (imballaggio): materiali impiegati per le funzioni logistiche (es. il cartone contente le confezioni dei cioccolatini).
-Osservando la confezione è possibile identificare:
1. Materialità: Valore funzionale alla base delle funzioni di protezione, conservazione (del prodotto nelle sua caratteristiche di integrità, funzionalità, fragranza e igiene), trasporto;
2. Immaterialità: Valore simbolico che consente l’Emersione del prodotto, mostrandolo e descrivendolo, rappresentandolo in un processo di narrazione.
-Il packaging è un oggetto che denota e connota il prodotto, realizzando una funzione di comunicazione multisensoriale e bidirezionale. Permette di:
1. categorizzare il prodotto, rendendo evidente la categoria merceologica a cui appartiene e l’esigenza principale che è volto a soddisfare (anche attraverso le componenti formali, grafiche e formali);
2. Differenziare la marca da quelle rivali, posizionandola in modo distintivo nella mente dei consumatori e catturandone l’attenzione.
-La funzione più rilevante è quella comunicativa: attira l’attenzione nei pochi secondi che l’acquirente trascorre di fronte a uno scaffale o sito, per orientare la scelta. Determina l’immagine della marca nel momento in cui gli altri elementi del mix svolgono un ruolo meno attivo a due livelli:
1. Verbale- informazioni riportate sulla confezione (etichetta o stampa);
2. Simbolico- le capacità metacomunicative riconducibili a un più ampio universo culturale ed emotivo del consumatore-individuo.
-> entrambi i livelli sono veicolati tramite la vista: lo stimolo visivo prevale sugli altri ed esercita un impatto più forte. Es. livello simbolico bottiglie profumo.
• Beni largo consumo: lo scaffale è un primo incontro, e in alcune categorie la differenza con altri è minima-> una confezione attraente può fornire un vantaggio competitivo ed è il primo veicolo di comunicazione all’interno del pdv (es. detersivi e capsule);
• Fase di maturità: dove non si crea un nuovo prodotto il ruolo della confezione si accentua, può aumentare le occasioni di consumo, stimolando nuove modalità di utilizzo e migliorando la soddisfazione del consumatore (es. nell’alimentare confezioni con diverse porzioni);
• Servizi: pacchetto di servizi proposti in forma tangibile, trasmette la sensazione della presenza oltre che consentire la veicolazione al target;
• Comunicazione pubblicitaria: assume un ruolo primario (specie nel caso di nuovi pdt o innovazioni incrementali), ed è uno strumento ottimale per la line extension agevolando il riconoscimento del pdt a marca già nota (es. cosmetici nivea Q10) -> L’efficacia della comunicazione è subordinata alla scelta corretta delle sue componenti estetiche e funzionali.
-La sensibilità del consumatore alle informazioni è aumentata inducendo le imprese a dare maggiore attenzione all’etichetta, che può costituire parte integrante (stampata sul materiale) o essere applicata sul contenitore e comprende:
1. Il copy (parte testuale che può essere corredata da disegni, foto e figure per rendere pdt più accattivante);
2. Il layout (composizione e distribuzione nello spazio);
3. Scelte in termini di grafica (caratteri dei testi).
-La confezione deve avere un livello di coerenza interna (fra aspetti e caratteristiche che la compongono) ed esterna (tra pack e le altre leve del marketing mix), e se il prodotto appartiene alla linea deve garantire la riconoscibilità pur mantenendo identità dello specifico prodotto.
-Facile da modificare nel tempo, e in alcuni settori l’innovazione coinvolge proprio questa (invece che il prodotto e a volte può crearne di nuovi come bevande in contenitori riscaldabili senza altri ausili) ma il prodotto deve rimanere riconoscibile-> la necessità di modificare la confezione deve essere conciliata con quella di preservare il valore della marca. I motivi possono essere: (1) sottolineare il riposizionamento; (2) accentuare differenziazione; (3) segnalare p maggiore; (4) vendere pdt in modo più efficace in canali nuovi o mutevoli; (5) quando si realizza un ampliamento di gamma significativo che beneficerebbe di una certa uniformità nell’estetica.
-Sostenibilità: confezioni ecocompatibili e diffondere maggiore coscienza ecologica usando come strumento lo stesso packaging-> può diventare veicolo di una comunicazione a favore dell’ambiente.
PERSONAGGI
- Personaggi: simbolo della marca che può assumere forma di figure immaginarie o umane (es. pinguino Kinder Pingui/ cowboy Marlboro) e che vengono introdotti con pubblicità che serve per costruire il valore della marca.
- Vantaggi: possono assumere un ruolo di rilievo concorrendo positivamente alla creazione di notorietà e aiutando a comunicare attributi e/o benefici della marca. Il personaggio può inoltre rafforzare la personalità della marca (le associazioni) e renderla più interessante-> più facile per i consumatori costruire una relazione, aumentando la fiducia e inoltre con più facilità possono essere usati in diverse categorie di pdt e opportunità di licensing.
- Svantaggi: rischio che l’attenzione risulti predominante su questo, riducendo la consapevolezza di marca (es: coniglietto Duracell), devono essere aggiornati o sostituiti nel corso del tempo tanto più il personaggio è realistico. Es. 1989 omino Michelin, sempre più snello negli anni.
AVATAR
-Avatar: Entità digitali dall’aspetto antropomorfo, controllate da un essere umano o da un software, e dotate di capacità di interazione. Tecnologie, digitalizzazione, interazione, coinvolgimento -> lo scopo è «umanizzare» il brand e coinvolgere i consumatori.
-Condizioni necessarie…ma non sufficienti:
a) Aspetto antropomorfo
b) Interattività (capacità di interagire bidirezionalmente sia verbalmente che non per soddisfare le esigenze doni che funzionali dei clienti).
-Gli avatar variano moltissimo sia per aspetto visivo sia per comportamenti e interazioni con le persone. Si distinguono per realismo nella forma (Misura in cui la forma dell’avatar appare umana) e realismo comportamentale (grado in cui l’entità digitale si comporta come un essere umano):
1. Semplicistico: aspetto poco antropomorfo, veicola comunicazioni basate su script e svolge attività in base a compiti specifici. Non alimenta aspettative riguardo a comportamenti interattivi, svolge le attività in modo rapido e ripetitivo; efficace per transazioni a basso rischio, e i vantaggi sono connessi all’efficienza e alla possibilità di offrire un servizio on demand;
2. Superficiale: aspetto antropomorfo realistico ma sfrutta poco intelligenza e interattività. La forma alimenta le aspettative relazionali che vengono disattese, ma è efficiente perché può migliorare la produttività delle transazioni a basso rischio ma scarsamente efficace (ai fini dell’esperienza) in quelle ad alto rischio-> aspetto non corrisponde a intelligenza;
3. Non realistico e intelligente: carente nell’aspetto antropomorfo, ma possiede intelligenza cognitiva o emotiva. La forma (spesso
immagine di cartone animato) riduce le aspettative riguardo al grado di intelligenza che è invece elevata e trova espressione in forme di comunicazione autonoma con linguaggi naturali e con contenuti e informazioni che richiedono scambio, interazione e spesso sensibilità su argomenti personali (es. salute);
4. Umano e digitale: aspetto antropomorfo realistico e livello avanzato di intelligenza cognitiva ed emotiva, grazie all’uso dell’intelligenza artificiale che consente alti livelli esperienziali del cliente, ed è capace di una comunicazione autonoma con linguaggi naturali e contenuti relazionali personali. Consente transazioni complesse che richiedono un servizio personalizzato e focalizzato (es. consigli cura pelle).
-Non è detto che…
a. solo perché «umano» sia credibile e competente, o percepito come tale;
b. solo perché interagisca riesca a esprimere e influenzare le aspettative di interazione;
c. essendo interattivo sia in grado di «impegnarsi» in interazioni bidirezionali, di natura verbale o non verbale;
d. riesca a soddisfare esigenze edoniche e funzionali dei clienti.
JINGLE
Motivi musicali che accompagnano la marca (di solito nelle comunicazioni pubblicitarie nei mezzi di massa). La musica è più importante delle immagini perché è più difficile sfuggirci, crea determinate atmosfere influendo sulle percezioni della marca nonché sulle preferenze e sul comportamento.
SLOGAN
-Brevi frasi che comunicano informazioni descrittive o persuasive sul brand (come brand name) -> riassume essenza di marca e si può trasformare in un messaggio pubblicitario (es. LG Life’s Good):
• “Gancio” per aiutare i consumatori ad afferrare il significato della marca, ma anche per creare consapevolezza: scandendo all’interno il brand name, stabilendo un legame con la categoria di prodotto;
• Rafforzare l’elemento differenziante, “Lodare” il brand con superlativi o esagerazioni e “Giocare” con il nome della marca per brand image;
• Gestione integrata con le politiche di marketing e necessità di aggiornamento, e deve essere modificabile nel tempo (considerando se agisce principalmente sulla notorietà o sull’immagine e in che misura è necessario e mantenendo il valore).
-Brevità dei testi ma potenza espressiva, immediato e facile da leggere e da pronunciare, quindi di agevole memorizzazione. Sintetizza l’obiettivo di un programma di marketing, aiuta i consumatori a catturare l’essenza della marca e comprendere che cosa la caratterizza rispetto ai concorrenti. Aiuta a costruire valore per il brand secondo varie modalità (consapevolezza, notorietà, posizionamento desiderato). Il rischio è che il successo di questo sovrastima marca o che continua a comunicare un significato che la marca non vuole più sottolineare.
HASHTAG
-Introdotto da Twitter nel 2007 per contrassegnare delle «parole chiave» e richiamare così l’attenzione su «temi particolari»; deriva dall’inglese hash («cancelletto») e tag («etichetta»). Con la tecnica dell’«hypertext transfer protocol» sul web, gli hashtag tecnicamente possono:
Fanno aumentare la consapevolezza e stimolare la preferenza stimolando il coinvolgimento nonché
permettere di identificarsi con la marca
• collegare vari tipi di contenuto,
• mantenere viva la conversazione,
• connettere fra loro individui,
• far condividere argomenti di interesse.
-Strettamente connessi al «content marketing»: contenuti interessanti, avvincenti e utili per un definito segmento di domanda, con l’intento di far nascere conversazioni riguardanti tali contenuti-> Diffusi da altri social media (Instagram, Facebook etc.), vengono utilizzati nella distribuzione dei contenuti sui social. Nell’ambiente di Instagram, vanno usati gli hashtag «giusti» per ottenere più like e aumentare i follower del profilo.
-Vantaggi: aiutano i consumatori a capire il messaggio e svolgono una funzione segnica invitando i consumatori ad aggregarsi a partecipare a conversazioni relative alla marca, aumentando il passa parola digitale. Forniscono un modo semplice ai consumatori di interagire con il brand. Sono stati poi dalle marche affiancati con foto di prodotti rendendoli segni di riconoscimento.
-Nel branding e sui social media è sconveniente l’«hashtag- signum oriented», in quanto gli utenti sono meno propensi a condividere post con solo elementi di marca. Le marche hanno quindi iniziato a utilizzare gli hashtag in modi più creativi, accrescendone capacità comunicativa e vantaggio, per:
• accrescere la consapevolezza (su messaggio, contenuti vecchi/nuovi…);
• far ricercare e individuare messaggi di marca, anche su uno specifico argomento;
• coinvolgere in conversazioni relative a brand/argomento e far partecipare alla discussione;
• diffondere spontaneamente il messaggio di una marca (effetto virale) e incoraggiare alla condivisione;
• stimolare la preferenza di marca e divenire una comunità.
IDENTITA’ DINAMICA
-Oltre il «normale evolversi nel tempo»: la progettazione grafica e tipografica dell’identità visiva con il ricorso a computer, software e algoritmi che sfruttino l’uso di codici sorgenti liberi da diritti («programmazione open source») ha condotto verso segni di riconoscimento variabili, flessibili e dinamici.
-L’identità di marca incorporata in forme dinamiche piuttosto che nella ripetizione dello stesso logo-> Raccolta di immagini visive? es. Google, dal 1998, ha creato i Google Doodles, modificandoli frequentemente e divenendo interattivi, mediante l’inserimento di video attivabili con un click e valutabili dai navigatori della rete. Questo dinamismo ha aiutato a mantenere l’interesse dei consumatori. es. Media Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology), laboratorio di ricerca interdisciplinare (1985). Nel 2011, per celebrare il venticinquesimo anno dalla fondazione, progettare una nuova identità visiva dinamica quale «luogo magico» in cui le persone si incrociano, collaborano e si ispirano l’un l’altra. All’interno di una griglia quadrata invisibile, sono stati inseriti alcuni coni colorati (blu, giallo e rosso). Attraverso un algoritmo di generazione del logo, si sono realizzate 40.000 variazioni con dodici diverse combinazioni di colori (per un totale di 480.000 possibilità).
Es. Il progetto per il logo di Bologna è un sistema aperto e dinamico che consegna alla più ampia pluralità di soggetti la definizione dell’identità visiva della città https://www.basiq.it/portfolio/bolognacitybranding/
- Per il branding, le scelte attengono a:
• quali elemento/i dell’identità da modificare (di solito quelli con maggiore prominenza, i più rilevanti: linee, cornice, font o lettering, colore o insieme di colori);
• i meccanismi di variazione e modalità di modifica dei segni (combinazione, contenuto, posizionamento, ripetizione, rotazione, ridimensionamento e trasformazione della forma);
• gli algoritmi applicabili ai segni perché siano:
1. flessibili e adattabili (ai mezzi di comunicazione e/o al contenuto veicolato, trasformandosi nella forma o nel colore per adattarsi a carta stampata o Instagram);
2. fluidi (in grado di cambiare in modo continuo nell’ampio spettro di possibili variazioni);
3. personalizzati (mai medesimo aspetto alla stessa persona per più di due volte con logo e colori generati automaticamente a ogni visualizzazione, a seconda degli indirizzi IP dei visitatori);
4. partecipativi (affinché le persone siano coinvolte nel design);
5. reattivi (in modo che l’identità visiva reagisca automaticamente a un input esterno).
NFT