Manuale di psicologia dello sviluppo Flashcards

1
Q

cosa studia la psicologia dello sviluppo

A

i cambiamenti che caratterizzano l’evoluzione psicologica di ciascun individuo nel corso dell’intera esistenza

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2
Q

di cosa si occupa la psicologia dello sviluppo

A

SÌ processi dello sviluppo

NO prodotti dello sviluppo

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3
Q

visione dello sviluppo

A

dinamico e situato, tiene conto del tempo in cui il fenomeno si manifesta

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4
Q

processo evolutivo

A

sequenza di trasformazioni

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5
Q

interesse per le fasi iniziali della vita

A

dagli anni ‘70 si scoprirono meccanismi primitivi coinvolti nelle abilità dei neonati

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6
Q

ruolo cruciale nello studio dell’infanzia

A

utilizzazione e combinazione di tecnologie osservative di nuova generazione

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7
Q

tecnologie osservative di nuova generazione

A

telecamere, videoregistratori

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8
Q

sviluppo socio-cognitivo

A

insieme di abilità che ci permettono di riconoscere le altre persone come esseri dotati di speciali qualità rispetto agli oggetti del mondo fisico

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9
Q

abilità di base della comprensione sociale

A

questo studio ci permettere di descrivere ciò che viene osservato ma anche di valutare quanto segnali la presenza di capacità avanzate

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10
Q

obiettivo delle ricerche socio-cognitive

A

vedere a quanto si può retrodatare l’origine di capacità avanzate

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11
Q

intersoggettività

A

riferito a una funzione ritenuta distintiva della specie umana: condivisione interpersonale di un’esperienza interna

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12
Q

interazione madre-bambino nei primi mesi di vita

A

intersoggettività: gioco reciproco di espressioni facciali, atti motori e sguardi mutui
= forma iniziale di intersoggettività “primaria”

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13
Q

come considerare lo sviluppo

A

fenomeno inevitabile, costituito dalla presenza di natura e cultura e diversificato in base all’età, ai compiti

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14
Q

visione interattiva dello sviluppo

A

natura-cultura: interesse nella prime fasi della vita

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15
Q

nascita biologica e dopo quella psicologica?

A

NO, l’individuo è un organismo psicobiologico fin dall’inizio

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16
Q

studio dell’intersoggettività

A

trattare aspetto naturale e culturale in modointegrato

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17
Q

repertorio biologico di cui è dotato l’organismo umano

A

produce in modo automatico un’esperienza razionale che alimenta la crescita psicologica verso lo sviluppo dell’intersoggettività

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18
Q

passaggio dall’intersoggettività primaria a quella secondaria

A

primaria (diadica)
secondaria (triadica)
esito dell’intervento combinato di componenti biologiche e psicologiche

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19
Q

sistema dei neuroni specchio e intersoggettività

A

si attiva quando l’individuo esegue un’azione e quando la vede eseguire sull’altro, quindi l’intersoggettività avviene prima a livello motorio e implicito

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20
Q

Kagan sul funzionamento naturale

A

i talenti non devono oscurare il fatto che essi non restano tali ma si modificano con l’avanzare dell’età sulla base dell’esperienza

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21
Q

interesse delle neuroscienze evolutive

A

per le basi neurali del comportamento e della mente

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22
Q

psicologia comparata

A

interesse per il comportamento e la mente delle altre specie, soprattutto i primati non umani

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23
Q

neuroscienze evolutive

A

associare ai tradizionali dati comportamentali o fisiologici, quelli provenienti da misure più dirette dell’attività cerebrale

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24
Q

perché sono nate le tecniche di neuroimaging

A

scoperta di un set di competenze del neonato nell’ambito della percezione sociale, a fronte della sua evidente immaturità motoria e mentale

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25
Q

competenze di percezione sociale nel neonato

A

NO sistema cognitivo avanzato

SÌ basi neurobiologiche

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26
Q

riconoscimento delle facce, nel neonato

A

criterio per l’attribuzione delle competenze neonatali e considerato di grande valore evolutivo per la formazione del legame sociale e delle abilità socio-cognitive

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27
Q

interesse della scoperta di neuroimaging

A

aver individuato un processo di progressiva organizzazione dell’attività neurale verso la forma matura e quindi di avere offerto un contributo sul funzionamento cerebrale e quanto esso rispecchi la forma finale

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28
Q

visione maturazionista dello sviluppo cerebrale

A

idea di una predeterminazione delle abilità da parte di specifiche aree.
Idea sbagliata, scoperto grazie agli studi delle neuroscienze evolutive

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29
Q

neuroscienze evolutive != maturazionismo

A

la formazione del cervello è un processo soggetto all’influenza dell’esperienza e dell’apprendimento

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30
Q

approccio neurocostruttivista

A

ipotizza una stretta relazione tra i processi cognitivi e i corrispondenti cambiamenti strutturali e funzionale del cervello

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31
Q

psicologia comparata

A

una discipline più coinvolte nello studio della connessione tra biologia e psicologia enfatizzata dagli studi sulla prima infanzia

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32
Q

domanda della psicologia comparata

A

cosa c’è di unico nell’uomo rispetto alle altre specie

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33
Q

sfida empirica della psicologia comparata

A
  • cosa è stato ereditato senza cambiamenti dai nostri antenati
  • cosa è il prodotto di modificazioni minori
  • cosa c’è di qualitativamente di nuovo
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34
Q

capacità cooperative (psicologia comparata)

A
  • primati: comprensione sociale ma non sempre queste abilità vengono usate anche per condividere le intenzioni, per collaborare con gli altri individui
  • bambini: mostrano capacità cooperative già nel secondo anno di vita
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35
Q

studi sul linguaggio (psicologia comparata)

A

anche se alcuni prodotti possono essere simili in altre specie e nell’uomo, i processi che li hanno sviluppati possono essere diversi e quindi la somiglianza rilevata non è sempre indice di omologie

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36
Q

sviluppo = processo complesso

A

costituito da diverse componenti che funzionano in connessione tra loro.
Bisogna studiare i cambiamenti nel tempo e trovarne la qualità

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37
Q

studio temporale dello sviluppo

A

in un’ottica dell’interattività, della reciprocità e della dinamicità

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38
Q

approccio di Brofenbrenner allo sviluppo

A

persona-nel-contesto

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39
Q

persona-nel-contesto

A

il contributo di ogni elemento dello sviluppo è valido in quanto reciproco al contributo dell’altro

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40
Q

enfasi sull’ecologia del comportamento nella visione di Brofenbrenner

A

una condizione necessaria dell’esperienza quotidiana che sottolinea la necessità di un’analisi unitaria di ogni esperienza: il bambino fa qualcosa in qualche contesto per qualche scopo

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41
Q

visione più studiata riguardo allo sviluppo

A
quella contestualista (Brofenrbrenner)
sviluppo = processo complesso
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42
Q

visione dei sistemi dinamici

A

si rifà alla visione contestualista dello sviluppo.
Il sistema è vincolato dalla rete di relazioni in cui si trova.
In base all’esito delle relazioni il sistema si assesta in un dato stato ed è il cambiamento in uno o più componenti del sistema che, modificando la relazione, porterà al cambiamento

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43
Q

cosa esclude la visione dei sistemi dinamici

A

che lo sviluppo venga guidato da qualche regia “esterna” (ambientale o genetica)

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44
Q

da cosa dipende lo sviluppo, secondo la visione dei sistemi dinamici

A

da come si organizzano le forze che lo costituiscono.

È questo che dà al sistema la capacità di autoregolarsi. aggiustandosi al cambiamento

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45
Q

epigenetica

A

tutte quelle modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA

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46
Q

ontogenetica

A

insieme dei processi mediante i quali si compie lo sviluppo biologico di un organismo vivente

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47
Q

novità apportata dalla visione sistemica

A

l’epigenesi è influenzata dal percorso ontogentico

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48
Q

epigenesi ed ontogenesi nella visione sistemica

A

le nuove competenze strutturali e funzionali avvengono come conseguenza di azioni sia orizzontali (cellula-cellula, tessuto-tessuto) che verticali (cellula-tessuto)

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49
Q

reciprocità nella visione sistemica

A

è il frutto dell’auto-organizzazione del sistema e non di un piano pre-esistente ad esso

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50
Q

conclusione sui sistemi dinamici

A

il percorso evolutivo non è fissato in anticipo da una qualche componente e non segue una traiettoria predeterminata ma dipende dall’azione reciproca di molte componenti a molti livelli

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51
Q

differenze individuali, sistemi dinamici

A

dato che lo sviluppo è un fatto complesso, l’esistenza delle differenze individuali è un dato evidente

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52
Q

sviluppo atipico secondo Belsky

A

considerando la visione dei sistemi dinamici, il disagio evolutivo è effetto di una relazione disarmonica tra diverse componenti

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53
Q

Belsky: visione transazionale

A

i fattori di stress, di supporto interno ed esterno, concorrono a delineare lo sviluppo del bambino

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54
Q

danno evolutivo (Belsky)

A

le difficoltà sono frutto di uno sbilanciamento tra fattori di rischio e fattori di protezione

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55
Q

esito evolutivo infausto (Belsky)

A

è considerato in termini dinamici e non come evento assoluto. Può modificarsi se le condizioni cambiano e se il sistema delle influenze trova un equilibrio più armonico

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56
Q

visione “neuro-costruttivista” sullo sviluppo atipico

A

considera l’organizzazione anormale del cervello infantile in alcune malattie a base genetica come un evento dinamico

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57
Q

visione dinamica dello sviluppo neuropsicologico atipico

A

se il cervello lavora in modo non specializzato all’inizio dello sviluppo, allora è possibile che il danno genetico comprometta aspetti del funzionamento psicologico diversi rispetto a quello bersaglio, forse in modo meno grave e non immediatamente riconoscibile ma presente

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58
Q

perché visione dinamica sullo sviluppo atipico?

A

perché se il cervello non è formato da scatole indipendenti ma è interconnesso allora bisogna aspettarsi una differenza nel livello funzionale di diverse aree, anziché una divisione assoluta tra aree danneggiate e aree intatte

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59
Q

visione dinamica dello sviluppo atipico e caso della sindrome di Williams

A
  • ottimo riconoscimento delle facce: quindi il “modulo” deputato a ciò è rimasto intatto accanto ad altri danneggiati.
    MA il riconoscimento delle facce avviene utilizzando altri processi cognitivi rispetto ai soggetti normodotati
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60
Q

cosa propongono di fare le ricerche sullo sviluppo

A

identificare, descrivere e spiegare il cambiamento nelle funzioni psicologiche e nel comportamento dell’individuo

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61
Q

uno stesso studio può identificare, descrivere e spiegare il cambiamento?

A

NO

quindi vanno considerate 3 tappe indistinte ma di uguale importanza

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62
Q

obiettivo di identificazione delle ricerche

A

studi che si proporranno di identificare aspetti del comportamento o dell’attività mentale che presentano cambiamenti regolari e universali al procedere dell’età

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63
Q

obiettivo di descrizione delle ricerche

A

descrizione delle manifestazioni del fenomeno legate alla crescita dell’individuo

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64
Q

obiettivo di spiegazione delle ricerche

A

individuazione dei processi sottostanti ai cambiamenti osservati
- patrimonio genetico/esperienza-cultura-contesto

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65
Q

primo step nella progettazione di una ricerca

A

conduzione di un’approfondita ricerca bibliografica, per conoscere i risultati ottenuti dagli studiosi che hanno già indagato su quella tematica

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66
Q

secondo step nella progettazione di una ricerca

A

collocazione della ricerca all’interno di un quadro teorico ben definito: per interpretare e collegare tra loro i risultati ottenuti

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67
Q

cosa deve fare una buona ricerca

A

puntare a generare domande “rilevanti” che portino a verificare una teoria o a fornire informazioni utili a sostenere o promuovere lo sviluppo dell’individuo

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68
Q

principale argomento di ricerca della psicologia dello sviluppo

A

studio delle trasformazioni a cui vanno incontro le capacità e i comportamenti degli individui

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69
Q

cambiamento quantitativo

A

quando si realizza secondo una funzione continua legata all’età: aumento del numero di parole conosciute dal bambino

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70
Q

cambiamento qualitativo

A

passaggio attraverso una serie di tappe o stadi discontinui: passaggio dal pensiero preoperatorio a quello operatorio concreto

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71
Q

per studiare il cambiamento dei comportamenti nel corso del tempo

A

tenere conto dell’età cronologica intesa come indice del trascorrere del tempo

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72
Q

disegni di ricerca per esaminarli nel corso del tempo

A
  • disegno di ricerca trasversale

- disegno di ricerca longitudinale

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73
Q

disegno di ricerca trasversale

A

confrontando le prestazioni di gruppi di soggetti di età media diversa

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74
Q

disegno di ricerca longitudinale

A

lo stesso gruppo di soggetti viene esaminato più volte, a età diverse

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75
Q

ricerca trasversale

A

ricorre al confronto fra le diverse prestazioni o i diversi comportamenti di soggetti con differente età cronologica: stesse prove e stesse tecniche di valutazione

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76
Q

vantaggio della ricerca trasversale

A

fornisce informazioni sul cambiamento in maniera “economica” e “celere”.
Nello stesso periodo = osservazione su gruppi di soggetti di età diversa per seguire l’andamento evolutivo di un fenomeno

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77
Q

limiti della ricerca trasversale

A
  • necessario che i gruppi siano il più possibile simili fra loro
  • impossibilità di ottenere informazioni sui percorsi individuali di sviluppo: appiattimento delle differenze individuali, a favore della media del gruppo
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78
Q

ricerche longitudinali

A

osservazione ripetuta delle modalità con cui un dato fenomeno si manifesta, negli stessi individui, con il passare del tempo per rilevarne gli aspetti costanti e i cambiamenti

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79
Q

come avvengono le ricerche longitudinali

A

uno stesso gruppo di soggetti viene osservato a età diverse

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80
Q

ricerche longitudinali: effetto di un intervento su un comportamento

A

possono essere sufficienti due valutazioni: prima e dopo l’intervento

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81
Q

ricerche longitudinali: cogliere il cambiamento negli atteggiamenti

A

predisporre più rilevazioni

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82
Q

intervallo di tempo nelle ricerche longitudinali, durante l’infanzia

A

osservazioni molto ravvicinate perché è un periodo in cui lo sviluppo dell’individuo è molto rapido

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83
Q

quando si parla di ricerca longitudinale

A

almeno due rilevazioni distanziate nel tempo

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84
Q

perché scegliere la ricerca longitudinale

A

permette di studiare il cambiamento intraindividuale che si verifica con l’età

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85
Q

cambiamento intraindividuale

A

informazioni sui cambiamenti individuali nella frequenza e nell’intensità di comportamenti, informazioni sui comportamenti o tratti che si mantengono nel tempo

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86
Q

opportunità offerta dalle ricerche longitudinali

A

fornire dati su percorsi individuali e considerare i dati generali riferiti alle medie ottenute per ciascuna delle fasce di età considerate

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87
Q

limiti della ricerca longitudinale

A
  • alti “costi”: tempo, energie e risorse
  • “perdita di soggetti” nel corso della ricerca
  • effetto di apprendimento
  • invecchiamento dell’apparato teorico e metodologico della ricerca
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88
Q

effetto di apprendimento

A

i soggetti si creino delle aspettative sulle risposte più gradite allo sperimentatore tentando di aiutarlo a raggiungere gli obiettivi della ricerca.
O il soggetto sottoposto più volte alla stessa prova apprenda le risposte più adeguate al compito proposto

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89
Q

due tipi di ricerche longitudinali

A

prospettiche e retrospettive

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90
Q

ricerche longitudinali prospettiche

A

vengono misurate, a un’età precoce, le variabili che si presume giochino un ruolo importante per la comparsa di determinati comportamenti nelle età successive

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91
Q

ricerche longitudinali retrospettive

A

prevedono la possibilità di risalire a ritroso nel tempo per raccogliere informazioni sulle condizioni che hanno preceduto una situazione presente

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92
Q

quando si sceglie un disegno di ricerca retrospettivo

A

utilizzato in campo clinico, nello studio di specifiche psicopatologie con un basso indice di presenza nella popolazione

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93
Q

come trattare le variabili di una ricerca

A
  • mantenendole costanti per tutte le osservazioni
  • controllandole: far assumere loro un valore in un gruppo di osservazioni e un valore diverso in un gruppo differente
  • lasciandole libere di assumere un qualsiasi valore e registrando tali valori
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94
Q

quando si ricorre al controllo delle variabili

A

quando il ricercatore suppone che influenzino direttamente il fenomeno osservato

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95
Q

quando si progetta un esperimento

A

quando si intende verificare la presenza di una relazione causale tra due o più variabili

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96
Q

esperimento

A

evento controllato progettato in modo da evidenziare se, dato un certo evento che si suppone ne provochi un altro, quest’ultimo si verifica effettivamente

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97
Q

processo dell’esperimento

A

si modificano i valori della varabile indipendente e si rileva in quali casi la modificazione produce un cambiamento nella variabile osservata o dipendente

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98
Q

come essere certi che la variazione della variabile indipendente abbia prodotto effetti nella ricerca sperimentale

A

disporre un gruppo di controllo

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99
Q

quando l’ipotesi di ricerca è confermata

A

quando c’è una differenza tra i due gruppi

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100
Q

criteri per progettare un esperimento vero

A
  • variabile indipendente deve essere manipolabile
  • l’assegnazione dei soggetti ai gruppi deve avvenire in maniera casuale
  • deve essere previsto un gruppo di controllo
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101
Q

disegno presperimentale

A

quando la variabile non è manipolabile e i soggetti del gruppo di controllo non sono casuali ma il più simile possibile al gruppo sperimentale

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102
Q

limite del disegno presperimentale

A

non consente di ricavare conclusioni certe sui rapporti di causa-effetto

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103
Q

quando si è costretti ad optare per una ricerca quasi sperimentale

A

quando la variabile indipendente è manipolabile ma non è possibile assegnare casualmente i soggetti alla situazione sperimentale e a quella di controllo

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104
Q

quando sono utilizzati gli esperimenti su singoli soggetti

A

in caso clinico, soprattutto dai ricercatori con orientamento cognitivo-comportamentale

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105
Q

disegno sperimentale a soggetto singolo

A

metodo che consente di valutare, in soggetti singoli, l’effetto del trattamento confrontando il comportamento l’introduzione della manipolazione sperimentale con quello successivo

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106
Q

come confrontare bene il comportamento in un disegno sperimentale a soggetto singolo

A

prevedere un periodo lungo di misurazione del comportamento precedente alla manipolazione

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107
Q

fasi del disegno sperimentale a soggetto singolo

A
  • linea di base (a)
  • fase di intervento (b)
  • seconda rilevazione della linea di base (a1)
  • altra fase di trattamento(b,c)
  • ulteriore rilevazione della linea di base (a2)
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108
Q

linea di base (a)

A

si registrano, a intervalli regolari, i dati relativi al comportamento da modificare prima che venga introdotto l’intervento

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109
Q

fase di intervento (b)

A

la registrazione dei dati continua mentre si propone il trattamento

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110
Q

seconda rilevazione della linea di base (a1)

A

dopo l’interruzione dell’intervento, per verificare se la variabile osservata torna al livello di base iniziale

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111
Q

ulteriore fase di trattamento (b,c)

A

se si vogliono confrontare tra loro tipi diversi di trattamento o più fasi di trattamento

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112
Q

ulteriore rilevazione di base (a2)

A

al fine di verificare l’efficacia del trattamento e/o la presenza delle modifcazioni prodotte

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113
Q

disegni aba

A

se si prevede un’interruzione del trattamento per verificare che quest’ultimo sia l’effettiva causa della modificazione prodotta e per dimostrare che, interrotto il trattamento per un certo periodo, il comportamento ritorna verso la linea di base

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114
Q

disegni abab

A

se il trattamento viene ripetuto dopo la fase di interruzione, per consentire al soggetto di continuare a godere dell’effetto benedico prodotto, il disegno sarà quindi a trattamenti ripetuti

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115
Q

cambiamenti che si intendono produrre nell’esperimento su soggetto singolo

A
  • aumento: incremento di abilità

- diminuzione di uno specifico comportamento: sintomo

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116
Q

vantaggi del disegno su soggetto singolo

A
  • evidenziare la prestazione individuale dei soggetti
  • ricerca le variabili potenti che esercitano importanti effetti
  • flessibilità: consente al ricercatore di adattare le caratteristiche del disegno a quelle dei soggetti
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117
Q

quando si ricorre al disegno correlazionale

A

quando si vuole dimostrare l’esistenza di un’associazione fra due o più variabili anziché la direzione della relazione che le unisce

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118
Q

correlazione positiva (+1)

A

se le due variabili considerate cambiano nella stessa direzione, all’aumentare dei valori di una aumentano anche i valori dell’altra

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119
Q

correlazione negativa (-1)

A

se all’aumento dei valori di una variabile corrisponde un decremento nei valori dell’altra

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120
Q

correlazione nulla (vicino allo 0)

A

quando tra le due variabili non esiste alcuna relazione lineare

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121
Q

scopo della progettazione e della realizzazione di una ricerca

A

permettere di trarre conclusioni sulle relazioni esistenti tra le variabili indagate. Grazie ai risultati, il ricercatore proverà ad elaborare una teoria o delle spiegazioni relativamente al fenomeno studiato

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122
Q

controllo della validità di una ricerca

A

verificare la verità o l’esattezza delle conclusioni a cui il ricercatore giunge, ovvero la corrispondenza con al realtà

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123
Q

cosa deve verificare un ricercatore

A

se i risultati ottenuti rispecchiano veramente il fenomeno studiato o se sono il frutto di variabili non controllate che hanno mascherato o alterato la realtà dei fatti

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124
Q

cosa sarebbe opportuno chiedersi con i risultati ottenuti da una ricerca

A

se i risultati sono stabili , se le deduzioni sono generalizzabili ad altri contesti

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125
Q

validità interna di una ricerca

A

se fra la variabile indipendente e quella dipendente esiste una relazione di tipo casuale

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126
Q

minacce della validità interna di una ricerca

A
  • effetti legati alla maturazione dei soggetti (ricerche longitudinali)
  • risposte poco veritiere per gratificare il ricercatore
  • errori attribuibili alle caratteristiche dello strumento usato per la rilevazione dei dati
  • cause esterne non previste
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127
Q

validità di costrutto di una ricerca

A

conformità tra i risultati ottenuti e la teoria che sta alla base della ricerca.
Il ricercatore dovrebbe chiedersi se esiste un’altra teoria che avrebbe predetto gli stessi risultati

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128
Q

controllo della validità di costrutto

A

si procede verificando il collegamento esistente tra teoria, modello e ipotesi specifica sottoposta a verifica

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129
Q

tipi di validità interna

A

validità di costrutto e validità ecologica

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130
Q

validità ecologica

A

corrispondenza tra le condizioni della verifica empirica e la realtà cui si fa riferimento e alla quale dovrebbero essere generalizzati i risultati ottenuti

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131
Q

Brofenbrenner sulla validità ecologica

A

la validità ecologica di qualsiasi lavoro scientifico è messa in discussione ogni volta si rilevi una discrepanza tra la percezione della situazione sperimentale da parte del soggetto e le condizioni ambientali che il ricercatore si prefiggeva di ottenere

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132
Q

cosa va controllato per la validità ecologica

A

il modo in cui la situazione sperimentale viene percepita e interpretata dai partecipanti alla ricerca

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133
Q

di cosa di preoccupare la validità ecologica

A

della possibilità di generalizzare i risultati della ricerca a contesti diversi da quello in cui sono stati ottenuti

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134
Q

validità esterna

A

generalizzabilità dei risultati dal campione ad un’altra situazione caratterizzata da soggetti diversi, luoghi diversi e tempi diversi

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135
Q

come si può avere validità esterna in una ricerca

A
  • i campioni devono essere rappresentativi della popolazione alla quale si intendono estendere i risultati
  • i risultati devono essere generalizzabili
  • analisi dei dati con più metodi
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136
Q

3 modalità di raccolta dei dati nello studio del comportamento

A
  • domande da rivolgere ai soggetti
  • sottoporre i partecipanti a particolari prove
  • osservare come si comportano in determinate situazioni
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137
Q

quando rivolgere domande ai soggetti

A

quando si è interessati a conoscere gli aspetti soggettivi dell’esperienza, il loro punto di vista rispetto ad uno o più aspetti della realtà studiata

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138
Q

quando vengono impiegati i test

A

quando è necessario disporre di una valutazione obiettiva del soggetto

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139
Q

uso dell’osservazione

A

La rilevazione dei dati è affidata alle abilità cognitive e percettive di chi li sta rilevando

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140
Q

in cosa consistono le interviste

A

in uno scambio verbale tra il soggetto intervistato e l’intervistatore, attorno a un particolare tema

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141
Q

intervista: colloquio

A

viene impiegata in campo clinico ed è centrata sulla conoscenza delle dinamiche psicologiche del soggetto.
Intervistato libero di esprimere il proprio punto di vista sugli argomenti affrontati

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142
Q

quando il colloquio diventa più chiuso o strutturato

A

quando il clinico guida maggiormente la sequenza di domande e risposte

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143
Q

interviste e linguaggio

A

bisogna tenere conto delle capacità linguistiche dei bambini sia di comprendere le domande poste dall’intervistatore, sia di rispondere con il vocabolario di cui dispongono

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144
Q

interviste e motivazione

A

è probabile che dipenda dal clima che l’intervistatore avrà saputo creare e dall’attrazione che comporta per i piccoli di essere interpellati da un adulto

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145
Q

interviste prima dei 4 anni

A

preferibile l’uso di figure, di bambole o di oggetti inanimati che il bambino può scegliere o su cui può agire in risposta alle domande a lui rivolte dall’adulto

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146
Q

cosa può influire sulla reattività alle risposte

A

l’età dei soggetti

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147
Q

risposte “fabulate” dei soggetti

A

che non corrispondono a ciò che pensano effettivamente ma che sono state inventate per l’occasione o per liberarsi dell’insistenza dell’adulto a rispondere

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148
Q

quando i bambini danno risposte “fabulate”

A
  • difficoltà del compito
  • stanchezza
  • scarsa motivazione
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149
Q

risposte fabulate ed età scolare

A

tendono a scomparire ma un aumento a rispondere in modo desiderabile per l’altro, soprattutto rispetto a come è posta una domanda

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150
Q

adolescenti e motivazione nelle interviste

A

riaffiora il problema della motivazione perché tendono ad escludere gli adulti dal loro mondo, tenendo per sé pensieri e sentimenti

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151
Q

strutturazione dell’intervista

A
  • domande più o meno aperte e indefinite/ prestabilite e proposte secondo una sequenza precisa
  • intervistato lasciato libero di rispondere/invitato a scegliere tra un insieme limitato di risposte predefinite
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152
Q

quando vengono impiegate di solito le interviste aperte

A

per un prima esplorazione di un argomento che si intende approfondire e circoscrivere

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153
Q

domande dirette nelle interviste

A

per avere informazioni oggettive

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154
Q

domande indirette nelle interviste

A

per avere informazioni su sentimenti e pensieri che, per motivi culturali o personali, riesce difficile esprimere

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155
Q

domande proiettive nelle interviste

A

chiedendo a un soggetto di rispondere su sentimenti e pensieri di un altro ipotetico soggetto

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156
Q

cosa offre l’intervista

A

la possibilità di approfondire argomenti che sfuggirebbero a un questionario a risposte chiuse

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157
Q

per chi è particolarmente indicata l’intervista

A

per soggetti con basso grado di istruzione, che si troverebbero a disagio a scegliere fra risposte che non comprendono chiaramente

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158
Q

questionari

A

lista di domande in cui il soggetto risponde scegliendo fra una serie di alternative prefissate

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159
Q

vantaggio domande chiuse nei questionari

A

evitare il rischio che venga dimenticato qualche comportamento degno di nota che si attua

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160
Q

nel questionario a domande chiuse, può esistere qualche domanda a risposta aperta?

A

sì, così l’intervistato è libero di esprimere ciò che pensa rispetto all’argomento affrontato

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161
Q

svantaggi delle domande aperte nei questionari

A
  • si raccolgono anche informazioni irrilevanti e inutili
  • per rispondere, è necessario un livello di istruzione più alto rispetto a quello necessario per le risposte chiuse
  • più difficili da codificare
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162
Q

forma della domande = indirizza la risposta

A

dal momento che i formati (chiuso/aperto) attivano processi mentali diversi in termini di comprensibilità e di processi di memoria

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163
Q

processo mentale delle domande aperte

A

processo di rievocazione

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164
Q

processo mentale delle domande chiuse

A

riconoscimento: processo di memoria

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165
Q

quando vengono usati i questionari

A

ricerche che prevedono campioni molto ampi da esaminare in tempi brevi

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166
Q

limiti dei questionari

A
  • occorre che i bambini abbiano buone capacità di comprensione e di produzione del linguaggio
  • motivare i bambini facendo leva sulla curiosità
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167
Q

test standardizzati: a chi sono somministrabili

A

sia a singoli individui che a gruppi di soggetti

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168
Q

da cosa sono costituiti i test standardizzati

A

item = stimoli (domande, richieste di prestazioni) standardizzati

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169
Q

modalità rigorose dei test standardizzati

A
  • NO modificazione delle istruzioni e dell’ordine di presentazione degli item
  • risposte: codificate in modo obiettive
  • NO valutazione soggettiva dell’esaminatore
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170
Q

punteggi ottenuti con i test standardizzati

A

consentono di valutare gli individui collocandoli nella posizione in cui si trovano rispetto alla norma della popolazione

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171
Q

quando i testi standardizzati sono obiettivi

A

quando forniscono misure affidabili e attendibili

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172
Q

affidabilità di un test standardizzato

A

ripetendo più volte la misurazione della caratteristica considerata in date condizioni di misurazioni, il valore numerico ottenuto deve mantenersi stabile nelle diverse occasioni di rilevazione

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173
Q

come è garantita l’attendibilità dei test standardizzati

A

grazie alla standardizzazione degli item e delle modalità di somministrazione del test: assicurano la ripetibilità in tempi e luoghi diversi

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174
Q

validità dei test standardizzati

A

Un test è valido se misura ciò che si propone di misurare

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175
Q

perché si usa l’osservazione

A
  • per studiare i comportamenti dei bambini della prima infanzia
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176
Q

buona osservazione

A
  • selettiva: finalizzata a rilevare le caratteristiche specifiche di un particolare fenomeno
  • pianificata: chi, quando, come e dove osservare
  • controllabile: valutabile rispetto alla sua attendibilità
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177
Q

progettare un’osservazione

A
  • scelta del contesto in cui si svolgerà: qual è il più probabile in cui si possano manifestare i comportamenti che si intendono studiare
  • individuare le possibili situazioni che sembrano favorire la comparsa dei comportamenti di interesse
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178
Q

quando attuare un’osservazione in laboratorio

A

in tutti quei casi in cui è necessario rilevare il comportamento in condizioni standardizzate

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179
Q

quando si preferisce un’osservazione in ambiente naturale

A

quando la rilevazione è finalizzata a raccogliere le informazioni sulle manifestazioni comportamentali del bambino nei contesti di vita quotidiana

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180
Q

l’osservazione nell’ambiente naturale è senza strutturazione?

A

NO.

il ricercatore può imporre qualche strutturazione senza alterarne la percezione di naturalezza da parte del piccolo

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181
Q

definire i tempi dell’osservazione

A
  • durata della sessione osservativa

- i momenti o giorni in cui effettuarla

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182
Q

decidere su quali individui soffermare la propria attenzione

ad esempio

A
  • solo sui comportamenti di un soggetto

- rilevare i comportamenti di tutti gli individui presenti nella situazione osservata

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183
Q

vantaggi delle osservazioni videoregistrate

A
  • consentono di codificare i comportamenti osservati in un momento successivo a quello della loro registrazione
  • possibilità di vedere più volte il comportamento da codificare
  • permettono a osservatori diversi di accedere allo stesso materiale per confrontarsi sulle valutazioni
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184
Q

limiti delle osservazioni videoregistrate

A
  • l’occhio umano è più veloce ed efficace nel cogliere la comparsa di alcuni comportamenti
  • la presenza della videocamera può condizionare la spontaneità dei soggetti osservati
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185
Q

come evitare di influenzare i soggetti osservati, durante un’osservazione

A
  • rendere visibile il meno possibile l’attrezzatura (osservazione videoregistrata)
  • tenersi un poco in disparte (osservazione dal vivo)
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186
Q

osservazione e specchio unidirezionale

A

i partecipanti devono essere informati dell’attività di osservazione in corso

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187
Q

codificare i dati raccolti durante l’osservazione

A

griglie di osservazione

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188
Q

utilità della griglia di osservazione

A

aiuta l’osservatore a concentrarsi sui comportamenti ritenuti rilevanti rispetto alle finalità dell’osservazione

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189
Q

3 tipi di griglie di osservazione

A
  • schemi di codifica
  • checklist
  • scale di valutazione
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Q

schema di codifica

A

costituito da una lista predeterminata di comportamenti che si desiderano rilevare.
La lista obbliga l’osservatore a rilevare solo quei comportamenti

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191
Q

scopo dello schema di codifica

A

restringere il campo di osservazione a quei pochi aspetti ritenuti importanti per lo scopo dell’osservazione

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192
Q

analisi degli schemi di codifica

A

tramite operazioni matematiche: è possibile calcolare la frequenza con cui una singola categoria di verifica, è possibile anche ricavare informazioni sulla durata dei comportamenti

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193
Q

checklist

A

griglie osservative composte da comportamenti osservabili riferiti alla stessa dimensione e organizzati in maniera gerarchica, secondo un livello di complessità crescente

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194
Q

compito dell’osservatore che usa le checklist

A

indicare la presenza o l’assenza di ciascuno dei comportamenti previsti dalla checklist

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195
Q

scale di valutazione

A

griglie che consentono di ottenere la valutazione di una specifica competenza sulla base di un giudizio quantitativo globale dei comportamenti osservati

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196
Q

cosa fa il ricercatore con le scale di valutazione

A

dopo un periodo di osservazione, esprime un giudizio globale sulla frequenza di comparsa di ciascuna delle categorie previste, anziché rilevarne ogni singola comparsa

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197
Q

fonti di errore nell’osservazione

A
  • effetto Hawthorne
  • effetto Rosenthal
  • stanchezza dell’osservatore
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198
Q

effetto Hawthorne (reattività dei soggetti)

A

quando le persone sanno di essere osservate sono solite accentuare i comportamenti positivi e ridurre quelli negativi

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199
Q

come ridurre l’impatto della reattività durante l’osservazione

A
  • familiarizzazione all’osservazione

- mascheramento della videocamera o dell’osservatore

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200
Q

effetto Rosenthal

A

l’osservatore si crea delle aspettative su quanto osservato, che generano una distorsione nella capacità di osservazione del ricercatore, portandolo a rilevare comportamenti o atteggiamenti che in realtà non esistono

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201
Q

come evitare l’effetto Rosenthal

A
  • strumenti di rilevazione rigorosi (schemi di codifica)

- utilizzo di categorie comportamentali predefinite

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202
Q

per evitare rischi di stanchezza o eccessiva fiducia nelle proprie capacità da parte dell’osservatore

A

effettuare dei controlli dell’affidabilità delle rilevazioni mano a mano che l’osservazione procede e a sorpresa

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203
Q

valutare il grado di accordo sulla validità di un’osservazione, tra osservatori

A

calcolando il grado di accordo con cui due osservatori, in modo indipendente l’uno dall’altro, rilevano e giudicano i medesimi eventi e/o comportament

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204
Q

aspetti etici nella ricerca

A
  • partecipanti informati sulla natura della ricerca e sull’impegno che essa comporta
  • libertà di prendere o meno parte alla ricerca
  • garanzia della privacy e anonimato nella raccolta dei dati
  • la ricerca non deve recare danni permanenti o momentanei
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205
Q

cervello nel feto

A

rispetto agli altri tessuti, quello nervoso ha la crescita più rapida durante la maturazione del feto e le singole aree si sviluppano con velocità differenti

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206
Q

sviluppo del cervello dopo la nascita

A

continua ad accrescere e a subir modificazioni, fino ai 6 anni in cui raggiunge il peso dell’organo adulto

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207
Q

cervello nell’embrione

A

la parte più spessa dell’embrione, la placca neurale, formerà il tubo neurale che darà vita all’intero sistema nervoso

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208
Q

suddivisione interna del tubo neurale

A

daranno luogo alle diverse parti del snc: emisferi, tronco cerebrale, cervelletto, diencefalo, gangli della base, midollo spinale

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209
Q

corredo genetico di ogni individuo

A

contenuto nei cromosomi: cariotipo.

23 coppie di cromosomi (diploide: risultato dell’unione di due cellule aventi ciascuna 23 cromosomi singoli)

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210
Q

in cosa consistono le 23 coppie di cromosomi

A

22 coppie: autosomi, addette alla trasmissione dei tratti somatici
23esima coppia: costituita dai cromosomi sessuali, determina il sesso

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211
Q

cosa contengono i geni

A

le istruzioni riguardanti le caratteristiche fisiche della persona che nascerà

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212
Q

periodo embrionale

A

va dalla terza settimana alle fine dell’ottava.

L’embrione diventa via via un feto e assume chiare caratteristiche umane

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213
Q

quarta settimana di gestazione

A

sviluppo dei globuli rossi e delle cellule del cuore, che inizia la sua attività

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214
Q

quinta settimana di gestazione

A

embrione lungo 2,5 cm.

Si formano occhi, naso, orecchie, midollo spinale, reni e polmoni

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215
Q

inizio della nona settimana di gestazione

A

l’embrione passa allo stato fetale che perdurerà fino alla nascita

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216
Q

feto durante lo stato fetale

A

tronco si raddrizza e la testa, fino ad ora quanto il resto del corpo, inizia ad assumere la giusta dimensione

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217
Q

feto al quinto mese

A

lungo 15 cm, pesa ca 250 g e può muoversi all’interno del sacco amniotico, dove è circondato da un liquido che si rinnova giornalmente.
Polmoni sviluppati ma non funzionano perché sono piedi di liquido

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218
Q

fattori genetici come fattori di sviluppo

A

condizionano la reattività dei diversi tessuti agli stimoli che inducono alla crescita

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219
Q

ormoni che regolano la crescita

A

gh e ormoni steroidei sessuali

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220
Q

sviluppo della statura

A

il neonato raddoppia il proprio peso verso i 5 mesi e lo triplica intorno al primo anno

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221
Q

fatto più importante nella statura

A

regolarità della crescita.
Crescita eccessiva: segnale di sovralimentazione
crescita lenta: può essere sintomo di una malattia

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222
Q

accrescimento troppo rapido del cranio

A

sintomo di idrocefalia o macrocefalia

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223
Q

rallentamento della crescita cranica

A

può essere causato dalla saldatura prematura delle ossa del cranio o da un ritardo nello sviluppo cerebrale

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224
Q

primi movimenti nel feto

A

lente estensioni del capo e si possono osservare intorno alle 7 settimana e le flessioni degli arti

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225
Q

schemi motori nel feto

A

dalla settima settimana in poi diventano più complessi e si vedono movimenti isolati degli arti, delle dita, sbadigli e anche movimenti di suzione e deglutizione

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226
Q

perché il feto si muove di più di notte

A

regolato dalla secrezione del cortisolo, prodotto dal surrene e che viene erogato attraverso la placenta.
Quando di notte il livello di cortisolo è più basso, il feto si muove di più

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227
Q

postura tipica del neonato

A

con il capo ruotato, di solito verso destra, con gli arti in flessione a causa dello spazio ristretto in cui è vissuto fino alla nascita

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228
Q

neonato e necessità vitali dopo il parto

A

respirazione, succhiare il latte con coordinazione nel momento in cui si avvicina al seno materno

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229
Q

attenzione del neonato e stimolo uditivo

A

maggiore attenzione se la voce è di tipo femminile

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230
Q

neonato e stimolo visivo

A

può seguire con gli occhi un oggetto che si muove lentamente davanti a lui

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231
Q

maturazione neurofisiologica degli apparati

A

nelle fasi più precoci dello sviluppo le vie neuronali sono sensibili alle influenze ambientali

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232
Q

periodo critico dello sviluppo

A

intervallo di tempo durante il quale la comunicazione intercellulare può alterare il destino di una cellula.
Comunicazione che modifica il fenotipo

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233
Q

fenotipo

A

caratteristiche fisiche delle cellule

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234
Q

sistema olfattivo nel feto

A

tra la 7 e l’8 settimana: nervo olfattivo e bulbi olfattivi: reagire agli stimoli odorosi dispersi in ambiente liquido.

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235
Q

sistemi olfattivo e gustativo nel feto

A

sono integrati e concorrono a formare la memoria olfattiva, che condizionerà i futuri comportamenti del bambino e lo aiuterà nel riconoscimento e orientamento extrauterino

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236
Q

sviluppo olfattivo e gustativo nel neonato

A

può distinguere odori sgradevoli, a cui risponde con espressione di disgusto.
Riconosce l’odore della madre.
Nascono con differenze gustative ben definite

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237
Q

senso più sviluppato alla nascita

A

udito.

Volgono il capo verso un rumore, soprattutto se è una voce femminile e riconoscono la voce della mamma

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238
Q

vista nel feto

A

l’ultima a svilupparsi

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239
Q

evoluzione del sistema visivo nel feto

A

molte connessioni tra la corteccia e le strutture sottocorticali non sono efficienti già alla nascita.
Difficoltà nella messa a fuoco, risoluzione di 0,5 decimi

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240
Q

memoria dichiarativa

A

lobo temporale

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241
Q

memoria non dichiarativa

A

è fondamentale il coinvolgimento dell’apprendimento di abitudini e della memoria procedurale

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242
Q

memoria di lavoro

A

corteccia prefrontale

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243
Q

plasticità cerebrale

A

potenziale dinamico cerebrale di riorganizzazione durante lo sviluppo individuale, i processi di apprendimento o in seguito a una lesione

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244
Q

potenziale della plasticità cerebrale

A

utile in alcuni disturbi neurologici tramite la riabilitazione, i farmaci e le tecniche di stimolazione magnetica transcranica, neurochirurgia, per migliorare la qualità di vita di soggetti con un danno al sistema nervoso centrale

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245
Q

com’è intesa la plasticità cerebrale

A

processo continuo che determina un rimodellamento delle mappe neuronali e sinaptiche a breve, medio e lungo termine durante l’intero ciclo di vita

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246
Q

cosa consente la plasticità cerebrale

A

ottimizzazione del funzionamento dei sistemi neuronali attraverso l’elaborazione di nuovi circuiti grazie all’apprendimento e al mantenimento dei sistemi neurali già esistenti, oltre a supportare un recupero funzionale parziale o completo in caso di danno al sistema nervoso

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247
Q

sinapsi = NO strutture statiche

A

proprietà plastiche che supportano un rimodellamento

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248
Q

quando un neonato è prematuro

A

se nasce prima di aver compiuto le 37 settimane di gestazione

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249
Q

cosa compromettere la prematurità neonatale

A

lo sviluppo anatomo-funzionale di tutti gli organi in modo inversamente proporzionale all’età gestazionale

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250
Q

organi più vulnerabili nella prematurità neonatale

A
  • polmoni
  • cervello
  • intestino
  • retina
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251
Q

sviluppo neurocomportamentale per i neonati pretermine, piccoli per l’età gestazionale

A

maggiore incidenza di deficit e disturbi dell’apprendimento, lieve aumento dell’incidenza di infezioni nei primi due anni di vita

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252
Q

fattori di rischio per lo sviluppo della meningite batterica

A
  • età
  • vita di comunità
  • fumo e fumo passivo
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253
Q

complicazioni gravi della meningite

A
  • danni neurologici permanenti
  • perdita dell’udito
  • perdita della vista
  • problemi comportamentali
  • danni cerebrali che possono arrivare alla paralisi
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254
Q

encefalite

A

processo infiammatorio del sistema nervoso centrale conseguente ad un’infezione virale o batterica

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255
Q

sonno nel bambino

A

lattante: 16-17 ore al giorno, in frazioni di 3 ore

3 mesi: 15 ore al giorno con fasi più lunghe durante la notte

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256
Q

cause della fragilità del sonno del bambino

A

sono REM dopo 30/45 mint

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257
Q

perché insonnia nel primo anno di vita

A

problema frequente e riflette un disagio relazionale tra il bambino e il suo ambiente.

  • orari dei pasti troppo rigidi
  • pasti troppo abbondanti
  • condizioni non adeguate del luogo in cui il bambino dorme
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258
Q

due tipi di insonnia precoce severa

A

agitata: il bambino urla e si agita fisicamente, riuscendo a placarsi per sfinimento solo per qualche istante
calma: il bambino rimane immobile nel suo letto, tenendo gli occhi spalancati, senza agitazione manifesta

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259
Q

con cosa sono state messe in correlazione le insonnie precoci severe

A

sviluppo di autismo o psicosi precoce.
I bambini che ne sono affetti non riescono ad avere un rassicurante immagine della fusione madre-bambino cui abbandonarsi per riuscire a prendere sonno

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260
Q

condotte patologiche del sonno

A
  • terrore notturno
  • sogno d’angoscia
  • sonnambulismo
  • automatismi motori
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261
Q

quando sopraggiunge il terrore notturno

A

intorno ai 3 anni

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262
Q

cos’è il terrore notturno

A

una condotta allucinatoria notturna in cui il bambino si sveglia all’improvviso terrorizzato, urlando e incapace di qualsiasi ragionamento

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263
Q

analisi eeg del terrore notturno

A

risveglio dissociato: la corteccia rimane immersa in un sonno profondo

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264
Q

terrore notturno dal punto di vista psicopatologico

A

traduzione di uno stato di angoscia estrema

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265
Q

cosa succede nel sonno d’angoscia

A

i bambini piangono, invocano aiuto e gridano con forza, ma non sempre di svegliano

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266
Q

connotazione psicologica del sonno d’angoscia

A

connotazione positiva nel momento in cui segue un evento traumatico, perché sarà prova del fatto l’apparato psichico del bambino è in via di strutturazione e stanno iniziando a mettersi in atto i primi meccanismi difensivi

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267
Q

se il sogno d’angoscia si ripete con regolarità

A

potrebbe essere indice di un’organizzazione nevrotica o psicotica

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268
Q

sonnambulismo

A
  • più frequente nei maschi

- dai 7 ai 12 anni

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269
Q

automatismi motori

A

insorgono intorno ai 3-4 anni e spariscono in maniera spontanea, non hanno alcuna relazione con l’epilessia notturna o con altre anomali del sonno

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270
Q

le informazioni percettive guidano l’azione

A

i bambini coordinano i loro movimenti con le informazioni percettive per imparare come stare in equilibrio, come raggiungere gli obiettivi nello spazio, come muoversi

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271
Q

l’azione guida la percezione

A

l’ampliarsi delle possibilità di azione sull’ambiente fornisce nuove opportunità di contatto con le diverse informazioni percettive

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272
Q

neuroni a specchio e legame azione-percezione

A

si attivano sia nel caso in cui l’ individuo compia un’ azione, sia se osserva un altro individuo svolgere la medesima azione

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273
Q

neuroni a specchio e bambini con sviluppo atipico

A

sistema che risulta deficitario

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274
Q

sviluppo percettivo motorio e sviluppo cognitivo

A

normale sviluppo della coordinazione visuo-motoria richiede:

  • sistema neurofisiologico integro
  • capacità di elaborare correttamente le informazioni sensoriali
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275
Q

sistema percettivo

A

processi attivi e dinamici di elaborazione degli stimoli sensoriali il cui fine è un’organizzazione coerente e significativa dei dati della realtà

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276
Q

come va intesa la percezione della realtà

A

come il risultato di mediazioni e di attività svolte dall’individuo

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277
Q

sensazione != percezione

A

quali informazioni i nostri sensi sono in grado di rilevare

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278
Q

percezione != sensazione

A

come elaboriamo e interpretiamo le informazioni selezionate

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279
Q

Fantz e Berline (anni ‘60)

A

il bambino non si comporta come se fosse prigioniero dei suoi sensi ma interpreta la realtà attribuendo un senso alle proprie sensazioni

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280
Q

quali informazioni vengono selezionate dall’occhio del neonate e come

A

anche se le informazioni selezionate attraverso la vista siano impoverite, il neonato possiede discrete capacità funzionali che gli consentono di esplorare l’ambiente visivo

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281
Q

perché il neonato ha una buona percezione visiva nonostante il sistema visivo non sia ancora ben sviluppato

A

proprio i limiti dell’immaturità del sistema visivo favoriscono la selezione degli stimoli che sono biologicamente e psicologicamente importanti per la sopravvivenza del piccolo

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282
Q

pattern discrimination/pattern preferece

A

il neonato mette in atto dei comportamenti che testimoniano la sua capacità di prestare attenzione alla stimolazione, di discriminare gli stimoli e di preferirne alcuni ad altri

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283
Q

riflesso di suzione e soluzioni salate o dolci

A

dolci: attivano il riflesso
salate: inibiscono il riflesso

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284
Q

tecnica della preferenza da chi e quando

A

Fantz e Berlyne nel 1958

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285
Q

in cosa consiste la tecnica della preferenza visiva

A

presentare due stimoli e registrare: quante volte il bambino si orienta verso l’uno o l’altro e la durata della fissazione visiva per ciascuno dei due.
Se si orienta più verso uno stimolo: ha discriminato i due stimoli e preferito quello fisato per più tempo

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286
Q

cosa si è capito grazie alla tecnica delle preferenza visiva

A

sono stati individuati numerosi stimoli che risultano preferiti nei primi mesi di vita

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287
Q

quali stimoli vengono preferiti nei primi mesi di vita

A

quelli strutturati e qualsiasi figura risulta preferita anziché uno sfondo omogeneo, alto contrasto, figure curvilinee, presentati di fronte

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288
Q

prospettiva teorica delle neuroscienze cognitive dello sviluppo

A

secondo cui alcune abilità specifiche presenti nell’adulto emergono gradualmente attraverso l’interazione tra sottili vincoli innati e la stimolazione che proviene dall’ambiente

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289
Q

teoria delle neuroscienze cognitive dello sviluppo confermata

A

bambini di 9 mesi, al pari degli adulti, discriminano volti umani ma non sono in grado di discriminare volti di primati non umani.
bambini di 6 mesi discriminano con la stessa facilità volti umani e di primati

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290
Q

studi visual-scanning

A

studi sull’esplorazione visuo-oculare.
evidenziano le rilevanti trasformazioni che avvengono nelle modalità attraverso cui i bambini selezionano l’informazione ambientale al variare dell’età e dell’esperienza

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291
Q

studio di Pascalis 2002

A

dimostra che bambini di 6 mesi sono in grado di discriminare un volto nuovo da un volto familiare

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292
Q

tecnica dell’abituazione

A

1 fase: decremento della durata della fissazione visiva come conseguenza della ripetuta presentazione di uno stesso stimolo (fase di abituazione)
2 fase: improvviso aumento dei tempi di fissazione per lo stimolo nuovo, ma non per quello familiare (fase test)

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293
Q

short lookers

A

soggetti che mostrano bassi tempi di fissazione, risultano più sensibili ad alcune caratteristiche generali degli stimoli e utilizzano una modalità globale di esplorazione degli stimoli

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294
Q

long lookers

A

i soggetti che hanno tempi di fissazione più elevati prestano attenzione a caratteristiche specifiche e locali della figura e adottano una strategia analitica, seriale e altamente dispendiosa in termini di tempo perché prevede l’esame elemento per elemento

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295
Q

tecnica della familiarizzazione

A

fase di familiarizzazione: presentare una serie di esemplari-stimoli appartenenti alla medesima categoria percettiva
2 fase: vengono contemporaneamente presentati un nuovo esemplare della categoria familiare e un esemplare di una nuova categoria

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296
Q

categorizzazione percettiva

A

processo attraverso il quale stimoli, oggetti ed eventi diversi dal punto di vista percettivo vengono raggruppati sulla base di una o più caratteristiche comuni

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297
Q

costanza percettiva

A

già a partire dalla nascita, il bambino si dimostra capace di categorizzare un singolo stimolo che varia in alcune sue manifestazioni percettive quali l’orientamento, la prospettiva o la grandezza

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298
Q

come viene considerata la costanza percettiva

A

come una precoce forma di categorizzazione che consente al neonato di percepire uno stimolo come unitario

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299
Q

preferenza dei bambini per i volti femminili

A

quelli familiarizzati al genere maschile: interesse per un nuovo volto femminile
quelli familiarizzati al genere femminile: indifferenza per un nuovo volto maschile

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300
Q

come avviene lo sviluppo percettivo

A

in relazione con lo sviluppo di altre funzioni cognitive e con lo sviluppo delle capacità attentive

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301
Q

attenzione sostenuta

A

focalizzare l’attenzione su un compito per periodi di tempo più prolungati

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302
Q

attenzione selettiva

A

selezionare gli stimoli ambientali in modo più sistematico e selettivo ignorando gli stimoli potenzialmente distraenti

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303
Q

strategie di esplorazione visiva

A

pianificare la ricerca delle informazioni al fine di identificare gli aspetti distintivi che differenziano gli oggetti e gli eventi

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304
Q

da cosa si nota la relazione tra abilità attentive e percettive

A

dal fenomeno del sincretismo infantile

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305
Q

sincretismo infantile

A

si manifesta come una carenza di organizzazione flessibile e articolata del campo percettivo

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306
Q

abilità percettiva che aumenta con l’aumentare dell’età

A

capacità di riconoscere forme visive comuni, dal contorno frammentato o discontinuo

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307
Q

caratteristiche dello sviluppo percettivo

A

NO salti qualitativi

SÌ passaggio graduale e continuo

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308
Q

importanza dei primi passi

A
  • esplorazione autonoma dell’ambiente percettivo

- gratificazione e autostima

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309
Q

sviluppo motorio secondo il maturazionismo

A

considerato come una diretta conseguenza dell’esplicitarsi del patrimonio genetico della specie umana

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310
Q

sviluppo motorio secondo il cognitivismo

A

risultato delle attività di pianificazione cognitiva che, programmando le azioni future e generando comandi motori su sollecitazione di input ambientali, avrebbero messo in atto i piani elaborati

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311
Q

cosa non è lo sviluppo motorio, secondo le teorie più recenti

A

NO conseguenza del manifestarsi di processi di natura maturativa
NO esecuzione di un piano cognitivo

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312
Q

importanza della valutazione dei riflessi motori

A

strumento utile per l’esame neuropsicologico del neonato

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313
Q

riflessi che spariranno nel corso dei primi mesi

A

riflesso di Moro, riflesso dei punti cardinali, riflesso palmare, riflesso di Babinsky, riflesso della marcia automatica

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314
Q

riflessi neonatali

A

si pensava che fossero dei riflessi governati filogeneticamente e che andavano verso la graduale inibizione grazie alla maturazione delle strutture cerebrali

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315
Q

interpretazioni alternative dei comportamenti riflessi alla nascita

A

considerati come forme di adattamento del feto all’ambiente uterino, che si estinguono nei primi mesi di vita man mano che il bambino si adatta al nuovo ambiente extrauterino

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316
Q

riflesso di marcia automatica (stepping) e rotazione fetale

A

rotazione fetale: capovolgimento del feto all’interno dell’utero che avviene grazie al movimento alternato degli arti inferiori del nascituro

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317
Q

cosa consente l’attività di prensione

A

di afferrare un oggetto

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318
Q

come viene suddivisa l’attività motoria di prensione

A

reaching: sequenza di movimenti di raggiungimento, che consentono l’approccio e avvicinamento del braccio e della mano all’oggetto
grasping: abilità di coordinare e modulare i movimenti della mano e delle dita in relazione alle specifiche caratteristiche dell’oggetto

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319
Q

atto di afferramento != prensione

A

comportamento volontario che il bambino mette in atto nel momento in cui incontra uno stimolo visivo che sollecita il suo interesse

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320
Q

quando compare l’atto di afferramento

A

al quarto mese

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321
Q

legge prossimo-distale

A

prima il bambino diviene in grado di governare i muscoli più vicini alla parte mediana del corpo e solo in seguito sarà capace di controllare i muscoli più periferici

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322
Q

quando si affina la coordinazione visuo-spaziale

A

intorno ai 9 mesi

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323
Q

comportamenti visuo-manipolatori

A
  • esplorare la superficie di un oggetto con i polpastrelli
  • esercitare con il dito o il palmo una pressione sull’oggetto
  • ruotare l’oggetto
  • trasferire l’oggetto da una mano all’altra
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324
Q

abilità di prensione nella prospettiva piagetiana

A

prodotto del progressivo coordinamento tra gli schemi sensoriali relativi alla visione e gli schemi motori che si riferiscono all’azione del braccio e della mano

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325
Q

studi recenti VS idea piagetiana sull’abilità di prensione

A

è stato dimostrato che bambini di 7 mesi sono in grado di raggiungere un oggetto anche quando non hanno la possibilità di vedere la propria mano

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326
Q

ruolo del sistema nervoso nella teoria dei sistemi dinamici

A

NO guidare visivamente o programmare un comportamento in funzione dei suoi obiettivi
SÌ identificare dinamiche di movimento appropriate al controllo dello stesso e che consentono il raggiungimento del bersaglio

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327
Q

importanza della postura nell’afferramento

A

il bambino che non è in grado di padroneggiare con sicurezza la posizione seduta avrà maggiori difficoltà a manipolare gli oggetti che gli stanno attorno, perché ogni atto di afferramento lo porterà alla perdita dell’equilibrio e della postura

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328
Q

tappe della postura seduta

A
  • tronco supportato da un adulto
  • tronco inclinato in avanti e sostenuto dalle braccia e mani del bambino
  • sostenere il tronco senza il supporto delle mani
  • riuscire a muovere gli arti superiori senza perdere equilibrio
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329
Q

postura eretta

A

implica anche il controllo degli arti inferiori, oltre il controllo del capo e del tronco

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330
Q

gradualità della postura eretta, secondo la teoria dei sistemi dinamici

A

l’andatura eretta è impedita nei primi mesi di vita da vincoli fisici, da fattori non neurologici e periferici, quali il peso della testa e degli arti o la posizione del baricentro del corpo

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331
Q

sviluppo motorio a 3 anni

A

le diverse attività motorie diventano più stabili, coordinate, accurate e automatizzate, consentendo al bambino di avere padronanza nelle attività quotidiane e di prescrittura

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332
Q

deficit percettivi e abilità motorie

A

può influenzare il decorso dello sviluppo motorio.
es, difficoltà di integrare informazioni visive, cinestetiche e uditive fa sì che i bambini abbiano difficoltà nella coordinazione dei movimenti e nella sincronizzazione degli atti motori con gli eventi percettivi

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333
Q

da cosa può dipendere lo sviluppo atipico

A
  • danni a carico del sistema nervoso

- deprivazione di alcune esperienze

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334
Q

Lissauer (1988)

A

primo modello cognitivo sul riconoscimento degli oggetti.
Il riconoscimento di un oggetto avviene a due livelli consequenziali di analisi: percettiva e associativa, a ognuno dei quali è associato un tipo di agnosia

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335
Q

agnosia percettiva

A

disturbo nell’elaborazione delle caratteristiche sensoriali di uno stimolo e nella loro integrazione in un’unità percettiva.
I pazienti non vedono gli oggetti normalmente e quindi non riescono a riconoscerli

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336
Q

agnosia associativa

A

la percezione sembra intatta, anche se il riconoscimento sembra compromesso,
Il deficit è relativo a ciò che riguarda la categorizzazione semantica di un oggeto

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337
Q

diverse agnosie associative

A

prosopagnosia: deficit congenito e selettivo nella percezione dei volti

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338
Q

periodo critico != periodo sensibile

A

finestra temporale durante la quale una specifica esperienza può esercitare il suo effetto sullo sviluppo dell’organismo

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339
Q

periodo sensibile != periodo critico

A

momenti nel corso dello sviluppo durante i quali l organismo è particolarmente sensibile a specifiche esperienze senza di necessità escludere che queste possano continuare ad esercitare la loro influenza anche in momenti successivi dell’arco di vita

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340
Q

autismo e deficit percettivi

A

alcuni affetti da autismo manifestano scarse prestazioni in compiti che richiedono di riconoscere volti, di elaborare espressioni facciali o di individuare quali componenti del volto veicolano importanti informazioni comunicative

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341
Q

disturbi di apprendimento e percezione

A

dislessia evolutiva: sia disturbo linguistico fonologico, sia percettivo visivo e uditivo
discalculia evolutiva:

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342
Q

scala di Bayley

A

test specifico per la valutazione delle capacità percettive nei primi anni di vita, una scala di valutazione complessiva dello sviluppo senso-motorio e cognitivo infantile

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343
Q

da cosa derivano i disordini motori più importanti

A

lesioni a carico del sistema nervoso.

es. paralisi cerebrali congenite o acquisite

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344
Q

paralisi cerebrali infantili

A

dipende dalla sede della lesione e dal momento.
La lesione interferisce con lo sviluppo di tutte le abilità motorie che emergono successivamente e con lo sviluppo del bambino nel suo complesso

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345
Q

4 criteri diagnostici per il disturbo della coordinazione motoria

A
  1. le prestazione nelle attività quotidiane che richiedono coordinazione motoria sono inferiori rispetto a quanto previsto dall’età cronologica e intellettiva
  2. il disturbo interferisce con l’apprendimento scolastico e con le attività della vita di tutti i giorni
  3. il disturbo non è dovuto ad una condizione medica né ad un disturbo generalizzato dello sviluppo
  4. se il ritardo mentale è presente, le difficoltà motorie sono superiori a quelle associate ad esso
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346
Q

ritardo mentale e deficit motori

A

sindrome di Down: sono più lenti nei movimenti di presa, dinamica diversa del movimento

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347
Q

ambiente e deficit motori

A

presente anche in bambini in ambienti deprivati, i cui problemi dello sviluppo motorio sono associati alla mancanza di occasioni utili a sperimentare e mettere in atto i diversi comportamenti motori

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348
Q

deficit motori nei non vedenti

A

deprivazione visiva: limitazione delle possibilità di esplorazione dell’ambiente circostante

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349
Q

diagnosi dei disturbi dello sviluppo motorio

A
  • anamnesi familiare
  • osservazione del comportamento spontaneo
  • esame clinico
  • esami strumentali
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350
Q

osservazione dell’attività motoria spontanea

A

analisi dei general movements: si è notato che nei neonati che presentano lesioni cerebrali il repertorio dei general movements appare povero. sequenza monotona e stereotipata, movimenti rigidi

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351
Q

primo anno di vita dei bambini con disturbo motorio

A

tono muscolare anomalo: ipotonico o ipertonico.
attività motoria povera
postura stereotipata
tappe dello sviluppo motorio: raggiunte con ritardo

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352
Q

esame clinico del disturbo motorio

A
  • valutazione dei segni indicativi dello stato di integrità dei diversi parametri neurologici
  • valutazione del livello di sviluppo funzionale in rapporto all’età cronologica del bambino
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353
Q

scale motorie dello svillupo

A
  • Gesell (‘46)
  • Griffiths (‘54)
  • Bayley (‘69)
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354
Q

Mabc

A

test che fornisce una griglia di osservazione strutturata dello sviluppo delle abilità di coordinazione motoria dai 4 ai 12 anni.

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355
Q

abilità che indaga il mabc

A
  • destrezza manuale
  • abilità nell’uso della palla
  • equilibrio statico e dinamico
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356
Q

cosa viene compreso nello sviluppo cognitivo

A

sviluppo della percezione, del linguaggio, della memoria, dell’apprendimento e dell’azione

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357
Q

teorie filosofiche dietro l’approccio empirista

A

Bacon, Locke

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358
Q

conoscenza secondo l’approccio empirista

A

è induttiva e derivata dall’esperienza attraverso associazioni o catene associative

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359
Q

approcci psicologici più vicini ai principi dell’empirismo filosofico

A

psicologia comportamentista e neocomportamentista

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360
Q

presupposti empiristi del comportamentismo

A
  • i concetti si formano mediante l’apprendimento

- differenze fra gli individui: dovute a differenze ambientali e di esperienza

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361
Q

com’è considerato, oggi, l’approccio empirista

A

troppo semplicistico

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362
Q

altri approcci che risentono dell’empirismo, oltre il comportamentismo

A

il cognitivismo, perché viene data importanza anche all’esperienza

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363
Q

approccio razionalista sullo studio dello sviluppo

A

pensiero deduttivo ed è ripresa la nozione di idee innate

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364
Q

più importante ricercatore dello sviluppo cognitivo

A

Piaget

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365
Q

approcci psicologici che si fanno alla filosofia razionalista

A

Gestalt, Piaget, teorie innatiste

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366
Q

filosofia razionalista

A

Descartes, Spinoza, Leibniz e Kant

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367
Q

attività mentale secondo Piaget

A

assimilazione delle informazioni nelle strutture di cui la mente è costituita

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368
Q

le strutture della mente, sono innate, secondo Piaget?

A

NO

si sviluppano attraverso 4 stadi

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369
Q

stadi dello sviluppo (Piaget)

A
  • sensomotorio
  • preoperatorio
  • operazioni concrete
  • operazioni formali
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370
Q

stadio sensomotorio

A

durata: 1 anno e mezzo
strutture mentali: schemi percettivi e motori
Il bambino può esplorare l’ambiente, apprendere abitudini

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371
Q

cosa segna il passaggio dallo stadio sensomotorio a quello preoperatorio

A

capacità di usare simboli, di cui il linguaggio è l’esempio più importante

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372
Q

stadio preoperatorio

A

capacità di usare simboli e possedere semplici regole e concetti, ma il bambino non riesce a coordinare concetti e giudizi in vere e proprie operazioni logiche

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373
Q

stadio delle operazioni concrete

A

inizia intorno ai 7 anni

il bambino può interpretare la realtà secondo schemi logici di classificazione

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374
Q

stadio delle operazioni formali

A

inizia nella preadolescenza

sono possibili anche forme complesse di ragionamento ipotetico che utilizzano schemi logici

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375
Q

teorie innatiste

A

cercano di individuare già nella mente del neonato i capisaldi di tutto il successivo sviluppo mentale

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376
Q

idee di base delle teorie innatiste

A

la mente umana è divisa in modulo che presiedono ad ambiti diversi di conoscenza e tale suddivisione è già presente alla nascita

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377
Q

filosofia dietro l’approccio costruttivista

A

Hegel, Marx

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378
Q

teoria dietro l’approccio costruttivista

A

la realtà si forma attraverso contraddizioni, processi fra loro contrastanti (tesi e antitesi) che danno luogo, attraverso il loro conflitto, a una sintesi che non è una via di mezzo ma un salto di qualità

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379
Q

conoscenza secondo il costruttivismo

A

non è oggettiva né soggettiva ma viene costruita dal soggetto attraverso le proprie attività sull’oggetto

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380
Q

nome di riferimento del costruttivismo

A

Piaget

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381
Q

perché Piaget si rifà al costruttivismo

A

per passare da uno stadio all’altro, avviene un conflitto cognitivo quando le azioni del soggetto forniscono un feedback negativo o delle informazioni contraddittorie

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382
Q

teorie neopiagetiane

A

cosa mantengono: concezione costruttivista e dialettica dello sviluppo cognitivo
cosa superano: concezione secondo cui ci sono stadi di sviluppo caratterizzati da differenti strutture logiche

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383
Q

idea di base delle teorie neopiagetiane

A

lo sviluppo del pensiero non consiste nell’acquisire strutture logiche, ma nella capacità di elaborare una quantità crescente d’informazione

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384
Q

teoria della memoria di lavoro nelle teorie neopiagetiane

A

capacità limitate di memoria di lavoro e la crescita permette al bambino di elaborare i dati dell’esperienza in modo da costruire strutture cognitive sempre più complesse

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385
Q

piaget e neo piagetiani

A

grande importanza all’azione pratica, alla soluzione di problemi da parte del bambino e alla sua esperienza di situazioni di conflitto cognitivo

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386
Q

neurocostruttivismo

A

moduli come il costruttivismo ma questa organizzazione è già presente alla nascita

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387
Q

approccio storico-culturale

A

Vygotskij, enfasi posta su ciò che è culturale, storico e sociale nello sviluppo psichico del bambino

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388
Q

tesi centrale di Vygotskij

A

la coscienza e le funzioni psichiche superiori sono un risultato dell’interazione sociale

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389
Q

sviluppo cognitivo secondo Vygotskij

A

prima frutto di tendenze naturali ma poi si avvale dell’utilizzo di strumenti (mediatori culturali) che fungono da supporto esterno nella soluzione dei problemi

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390
Q

sviluppo psichico per Vygotskij

A

interiorizzazione di strumenti culturali e sociali

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391
Q

mediatori culturali di cui Vygotskij si è più occupato

A

linguaggio e scrittura

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392
Q

ruolo del linguaggio (Vygotskij)

A
  • comportamento sociale

- interiorizzazione: dà un contributo allo sviluppo del pensiero e alla formazione dei concetti

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393
Q

acquisizione della scrittura (Vygotskij)

A

contesto fondamentale per interiorizzare gli strumenti culturali

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394
Q

3 forme di rappresentazione, secondo Bruner

A
  • esecutive
  • iconiche
  • simboliche
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395
Q

rappresentazioni esecutive

A

si basano su procedure d’azione motoria: rappresentazione di uno scopo e degli arti per raggiungerlo

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396
Q

rappresentazioni iconiche

A

basate su immagini mentali che mantengono una somiglianza con la realtà ma senza riprodurla esattamente.
compaiono verso i 12 mesi e si affermano intorno ai 5-7 anni

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397
Q

rappresentazioni simboliche

A

utilizzano segni convenzionali, connessi con ciò che rappresentano e consentono di andare oltre il dato percettivo immediato.
spuntano verso i 18 mesi e si sviluppano fino all’adolescenza

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398
Q

Bruner = Vygotskij

A

linguaggio = centralità per le rappresentazioni simboliche

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399
Q

forme di pensiero nelle rappresentazioni simboliche (Bruner)

A
  • logico scientifico: orientato a coerenza, sistematicità e verità
  • narrativo: orientato a significato dell’esperienza, intenzioni e vicissitudini
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400
Q

primo mese di vita (Piaget)

A

i comportamenti del bambino si basano sui riflessi: suzione, prensione della mano, ecc

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401
Q

reazione circolare primaria (Piaget)

A

tra 1 e 4 mesi.
Consiste in una serie di ripetizioni di movimenti: la reazione sensomotoria si manifesta non solo come riflesso ma perdura con un ciclo ritmico che prolunga e ripete l’esperienza

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402
Q

cosa costituiscono le assimilazioni reciproche

A

le prime forme di coordinazione di schemi

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403
Q

reazioni circolari secondarie (Piaget)

A

dai 4 agli 8 mesi.
Migliore coordinazione tra gli schemi sensomotori.
Riesce ad afferrare un oggetto anche se non è nel suo campo visivo

404
Q

reazioni circolari primarie e secondaria !=

A

primarie: semplice gesto che si ripete ciclicamente
secondarie: comprendono un effetto sull’ambiente

405
Q

comportamento intenzionale (Piaget)

A

dagli 8 ai 12 mesi.
Coordinazioni di schemi in cui il susseguirsi di uno schema che funge da mezzo e un altro che funge da fine indica intenzionalità

406
Q

6 sottostadi dello stadio sensomotorio

A
  1. dei riflessi innati
  2. delle reazioni circolari primarie
  3. delle reazioni circolari secondarie
  4. delle coordinazioni
  5. delle reazioni circolari terziarie
  6. delle rappresentazioni mentali
407
Q

errore A non B (Piaget)

A

oggetto nascosto sotto una copertina:
3 sottostadio: lo trovano solo se si vede parzialmente
4 sottostadio: lo cercano anche se è tutto coperto

oggetto sempre messo nel posto A e poi nascosto in B:
4 sottostadio: lo cerca sempre nel luogo B anche anche se l’ha visto nasconderlo lì
5 sottostadio: solo quando viene sviluppato il concetto di permanenza dell’oggetto

408
Q

critiche all’errore A non B

A
  • possibile solo in un ambiente famigliare, l’ambiente nuovo rende meno probabile l’errore
409
Q

spiegazione all’errore A non B di altri studiosi

A

il superamento di questo errore è dovuto all’accresciuta capacità di inibire una risposta predominante e di utilizzare le informazioni in memoria per regolare il comportamento

410
Q

attività dello “scarabocchio”

A

attività percettivo-motoria complessa: richiede di coordinare vari schemi relativi alla prensione della matita, al suo contatto sul foglio, al movimento del braccio e all’eventuale uso del feedback visivo per regolare il movimento

411
Q

intenzione rappresentativa dello scarabocchio

A

emerge intorno ai due anni e mezzo

412
Q

rappresentazione attraverso l’azione

A

non è il disegno che rappresenta qualcosa, ma è l’azione stessa del disegnare

413
Q

animismo

A

attribuire vita, coscienza o intenzioni a ciò che è inanimato

414
Q

artificialismo

A

credere che piante, animali o corpi celesti siano prodotti dall’uomo

415
Q

finalismo

A

confonde la causa con il fine

416
Q

abilità di contare: NO abilità meccanica, ma ci sono alcuni principi

A
  • la sequenza dei numeri va pronunciata sempre nello stesso ordine
  • ci deve essere corrispondenza fra i numeri pronunciati e gli oggetti contati
  • ultima cifra pronunciata: NO semplice numero detto mentre si conta ma la numerosità degli oggetti contati e si riferisce a tutto l’insieme
417
Q

dimensional change card sort

A

vengono mostrate carte con figure di due forme e due colori e due scatole con visibile le stesse forme e colori.
Compiti diversi: gatto blu e barca rossa

418
Q

per cosa è utile la dimensional change card sort

A

per comprendere quando si costituiscono le funzioni esecutive

419
Q

effetti della scolarizzazione sullo sviluppo cognitivo

A

impatto considerevole: scrittura, lettura, calcolo ma anche pensiero decontestualizzato, astrazione, abilità metacognitive e processi di controllo

420
Q

classificazione gerarchica di Piaget

A

i bambini comprendono meglio le classificazioni per esclusione che per inclusione

421
Q

prestazioni dei bambini nel problema dell’inclusione

A

l’età della soluzione corretta può variare a seconda delle caratteristiche del problema

422
Q

difetto dell’educazione matematica nelle scuole

A

preoccuparsi delle procedure di calcolo, a scapito della comprensione concettuale

423
Q

conservazione della sostanza, Piaget

A

2 palline di plastilina, se deformate, conservano la stessa quantità

424
Q

sistemi simbolici in età scolare

A

continuano a svilupparsi con l’acquisizione di simboli nuovi ed evolvono quelli già presenti

425
Q

evoluzione del disegno (sistema simbolico)

A

più organizzato: oggetti in alto = più lontani e tiene conto di più relazioni spaziali

426
Q

bambini che cerca di riprodurre la prospettiva nel disegno

A

= comprendere che la percezione di una scena e delle relazioni spaziali fra gli oggetti varia a seconda del punto di vista dell’osservatore

427
Q

capacità di narrare storie in età scolare

A
  • due eventi: frustrazione e gratificazione
  • tre eventi: frustrazione, tentativo e gratificazione
    poi diventano sempre più complesse e anche più avvincenti
428
Q

conoscenza metacognitiva in età scolare

A

consapevolezza pratica di come funzionano i nostri processi cognitivi

429
Q

funzioni esecutive inibitorie

A

abilità di “sopprimere” le rappresentazioni mentali non rilevanti

430
Q

perché sono importanti le funzioni cognitive inibitorie

A

per inibire l’attivazione delle conoscenze non pertinenti e anzi fuorvianti per la risoluzione dei problemi da parte del nostro sistema cognitivo

431
Q

sviluppo del pensiero astratto

A

adolescenza: abilità lessicali e linguistiche, spinta ad un’indipendenza dagli adulti

432
Q

pensieri astratti che si sviluppano durante l’adolescenza

A
  • ragionamento logico e scientifico

- ragionamento combinatorio

433
Q

ragionamento combinatorio

A

basato su concetti di proporzionalità diretta e inversa

434
Q

abilità di ragionamento che emergono durante l’adolescenza, secondo Lehalle

A
  • coordinazione di diverse dimensioni misurabili
  • approccio combinatorio
  • isolamento delle variabili e concetto di prova nel ragionamento scientifico
  • distinzione fra leggi teoriche e descrizioni empiriche
  • pensiero astratto
435
Q

coordinazione di diverse dimensioni misurabili (Lehalle)

A

abilità di coordinare due o più dimensioni quantitative e comprendere il concetto di proporzionalità

436
Q

approccio combinatorio (Lehalle)

A

capacità di pensare a tutti i casi possibili, utilizzando procedure adatte allo scopo

437
Q

isolamento delle variabili e concetto di prova nel ragionamento scientifico (Lehalle)

A

atteggiamento ipotetico-deduttivo: cambiare una sola variabile per volta mantenendo uguali tutte le altre condizioni = generare ipotesi per spiegare un fenomeno

438
Q

distinzione fra leggi teoriche e descrizioni empiriche (Lehalle)

A

solo nell’adolescenza si chiarisce la distinzione fra formulazione teorica e generalizzazione delle osservazioni fattuali

439
Q

pensiero astratto (Lehalle)

A

non si può parlare di pensiero astratto assoluto perché esistono diversi livelli di astrazione, ma l’adolescente ha un pensiero più astratto del bambino

440
Q

sviluppo del pensiero narrativo in adolescenza

A

NON SOLO strutturare gli aspetti concreti di una storia

ANCHE abilità di considerare e presentare la personalità dei protagonisti delle storie

441
Q

perché si può parlare di sviluppo cognitivo anche in età adulta

A

la maturazione è terminata ma l’esperienza prosegue e con essa si acquisiscono nuove conoscenze e abilità in molti domini, ci si specializza in alcuni campi e ci si differenzia gli uni dagli altri

442
Q

intelligenza fluida != intelligenza cristallizzata

A

abilità di risolvere problemi, ragionare per analogia, elaborare informazioni nuove o produrre buone risposte in contesti in cui non è possibile fare ricorso alle conoscenze precedentemente acquisite

443
Q

intelligenza cristallizzata != intelligenza fluida

A

disponibilità di conoscenze e capacità di utilizzarle per risolvere problemi non del tutto nuovi, ma assimilabili a tipi di problemi già noti

444
Q

esempi di testi di abilità mentali che rientrano nell’intelligenza cristallizzata

A
  • conoscenza del vocabolario
  • intelligenza meccanica
  • abilità di calcolo e di soluzione dei problemi aritmetici standard
445
Q

intelligenza fluida e cristallizzata

A

NO separate

SÌ correlate tra loro e si ritiene che le abilità fluide siano coinvolte nella costruzione di quelle cristallizzate

446
Q

percorso dell’intelligenza fluida

A

raggiunge il suo massimo grado di sviluppo nell’adolescenza e negli anni giovanili, per poi declinare a partire dalla mezza età

447
Q

percorso dell’intelligenza cristallizzata

A

rimane sostanzialmente stabile durante l’età adulta e anche durante l’invecchiamento o al massimo presenta solo un decremento lieve (in assenza di patologie degenerative)

448
Q

con l’età si riduce l’efficienza di alcune funzioni di base del sistema cognitivo

A

provocando la diminuzione dell’abilità di risolvere nuovi problemi

449
Q

per capire lo sviluppo cognitivo atipico, tenere conto

A
  • della molteplicità di disturbi che implicano deficit cognitivi di varia natura
  • la difficoltà nel distinguere il ruolo degli aspetti biologici e di quelli ambientali nello sviluppo atipico
  • l’esistenza di un dibattito in corso relativo alla presenza di aree di normalità residua in domini specifici dello sviluppo
450
Q

definizione di ritardo mentale

A

insieme di sindromi con caratteristiche differenziali importanti

451
Q

convinzione sull’origine dei deficit fino agli anni ‘60 circa

A

viene in parte attribuito a una relazione diadica distorta

452
Q

plasticità cerebrale

A

capacità del cervello di riorganizzarsi in funzione delle mutevoli condizioni ambientali e competenza di alcune aree del snc a vicariare funzioni svolte normalmente da aree danneggiate, consente compensazioni e recuperi di competenze

453
Q

l’ambiente intrauterino può influenzare lo sviluppo cognitivo

A

perché la maggior parte dei neuroni si forma prima della nascita

454
Q

per descrivere quadri deficitari, bisogna tener conto

A
  • descrizione delle capacità cognitive: distinguere le aree preservate e quelle deficitarie
  • assumere un approccio evolutivo: non è detto che le caratteristiche deficitarie siano permanenti e si può distinguere tra effetti diretti e indiretti di un disturbo genetico sullo sviluppo
  • trovare un equilibrio tra l’esigenza di descrivere aspetti specifici dello sviluppo cognitivo e di rendere conto del funzionamento cognitivo nel suo insieme
455
Q

down != williams

A

down: carenza specifica nelle competenze verbali
williams: carenze nelle competenze visuo-spaziali, ad eccezione del riconoscimento dei volti

456
Q

apprendimento lessicale, sindrome di Williams

A

è probabile che usino procedure di apprendimento diverse rispetto a bambini con sviluppo tipico e quindi il lessico non è frutto di un modulo funzionante ma di un processo di modularizzazione atipico

457
Q

ritardi sullo sviluppo cognitivo nella sindrome di down

A

subisce ritardo soprattutto dopo il secondo anno, in concomitanza con rallentati processi di mielinizzazione

458
Q

caratteristiche presenti nella sindrome di down, sin dalla prima infanzia

A
  • difficoltà nel mantenere le abilità acquisite

- tendenza a utilizzare strategie non funzionali alla soluzione di problemi nuovi

459
Q

“area preservata” nelle situazioni di disabilità intellettiva

A

raramente si fa riferimento a un livello di sviluppo normale

460
Q

per cosa si caratterizza l’autismo

A

anomalie qualitative dell’interazione sociale e nella comunicazione e nel linguaggio, ristrettezza degli interessi e tendenza esasperata alla ripetitività

461
Q

problemi dei test di intelligenza, nell’autismo

A

i deficit linguistici, pongono ostacoli al superamento di prove che richiedono la verbalizzazione e le prove non verbali richiedono abilità relazionali

462
Q

profilo delle abilità cognitive nell’autismo

A

le abilità basate sull’elaborazione visuo-spaziale siano migliori di quelle basate sul ragionamento verbale

463
Q

teorie cognitive sull’autismo

A
  • carenze nella teoria della mente
  • carenze nella coerenza centrale
  • carenze nelle funzioni esecutive
464
Q

carenze nella teoria della mente

A

sostanziale incapacità di rappresentare gli stati mentali propri e altrui, incapacità che si evidenzierebbe soprattutto nei compiti di falsa credenza e si tradurrebbe in “cecità mentale”, alla base dei deficit sociali e comunicativi

465
Q

assenza di mentalizzazione negli autistici

A

nella vita quotidiana, riscontrano difficoltà nel comunicare e interagire con gli altri, data l’impossibilità di cogliere le intenzioni sottostanti alle azioni

466
Q

carenze nella coerenza centrale

A

inabilità nell’integrare le informazioni quando un insieme rappresenta più della semplice somma delle parti

467
Q

funzionamento percettivo degli autistici

A

carenza della comprensione linguistica e abilità pragmatiche sarebbero riconducibili a una tendenza alla frammentarietà, un’attenzione ossessiva nei confronti dei particolari

468
Q

carenze nelle funzioni esecutive

A

nelle abilità di pianificare e organizzare l’azione, nell’inibire risposte automatiche e nell’anticipare la progressione di un evento

469
Q

basi neurologiche del deficit dell’autismo

A

carente attivazione dei neuroni specchio.
Adesso si pone quindi l’attenzione sui deficit imitativi e sulle difficoltà nella condivisione immediata di uno spazio interpersonale

470
Q

malattia di alzheimer

A

patologia degenerativa del cervello, la cui forma più comune insorge nel corso dell’invecchiamento.
Caratterizzata da morte dei neuroni, perdita di sinapsi, progressivo assottigliamento e atrofia di diverse aree delle corteccia cerebrale

471
Q

primi sintomi dell’alzheimer

A

non invalidanti: amnesia anterograda(difficoltà di codificare nuove informazioni in memoria a lungo termine), diminuita abilità spaziale

472
Q

sintomi più gravi dell’alzheimer

A

amnesia, anomia, agnosia, incapacità di pianificazione, deficit di attenzione selettiva e di memoria di lavoro, disgrafia, discalculia, deficit intellettivi generali, disorientamento nello spazio e nel tempo

473
Q

da cosa è influenzato il decorso dell’alzheimer

A

dalle caratteristiche cognitive e socio-culturali del paziente; il declino è meno rapido nei pazienti con livelli di istruzione più elevati e in quelli dotati di maggiore velocità percettiva o di maggiore capacità della memoria di lavoro

474
Q

modello di Moscovitch e Umiltà per capire i deficit

A
  • moduli di tipo 1: innati
  • moduli di tipo 2: assemblati su base innata
  • moduli di tipo 3: assemblati su base esperienziale
  • processi centrali non modulati
475
Q

moduli di tipo 1, innati

A

specializzati ognuno per analizzare un input specifico: colori, frequenze acustiche, provenienza del suono, ecc

476
Q

moduli di tipo 2, assemblati su base innata

A

si costituiscono nel corso della prima infanzia, ognuno di essi è costituito da uno specifico processore predisposto a ricevere e integrare l’input di diversi moduli di tipo 1

477
Q

moduli di tipo 3, assemblati su base esperienziale

A

si costituiscono senza una specifica predisposizione innata in fasi successive dello sviluppo e ricevono l’input dai tipi 1 e 2.
Attività come leggere, andare in bicicletta

478
Q

processi centrali non modulari

A

integrare le informazioni fornite dai moduli con le conoscenze più generali, pianificare la sequenza di azioni o di operazioni mentali in relazione agli scopi del momento, selezionare le informazioni rilevanti

479
Q

tema dell’oblio sulla memoria a breve termine

A

anche una piccola quantità d’informazione viene dimenticata se non è seguita da una reiterazione attiva (ripetizione)

480
Q

modello di memoria a breve termine di Broadbent

A

sistema s: un magazzino contenente informazioni sensoriali provenienti da diverse fonti, che fornisce informazioni al sistema p
sistema p: caratterizzato da una capacità di elaborazione limitata, determinata dall’incapacità di prestare attenzione a più fonti contemporaneamente

481
Q

la capienza della memoria a breve termine è limitata

A

è possibile mantenere 7 unità di informazione (più o meno 2).
La quantità può aumentare se si adottano strategie adeguate come il raggruppamento delle informazioni

482
Q

modello di Atkinson e Shiffrin sulla memoria a breve termine

A

costituito da 3 componenti

  1. magazzini sensoriali: conservano per un breve lasso di tempo l’informazione proveniente dai diversi canali sensoriali
  2. magazzino a breve termine: informazione ricodificata e mantenuta attraverso la reiterazione
  3. memoria a lungo termine
483
Q

memoria di lavoro

A

sistema atto a mantenere temporaneamente e a manipolare l’informazione durante l’esecuzione di differenti compiti cognitivi, come la comprensione, l’apprendimento e il ragionamento

484
Q

modello di Baddeley sulla memoria di lavoro

A

esecutivo centrale + loop articolatorio e taccuino visuo-spaziale

485
Q

esecutivo centrale (Baddeley)

A

sistema supervisore di controllo che possiede capacità attentive e opera sui dati provenienti dai due sistemi subordinati che elaborano materiale di tipo verbale e di tipo visuo-spaziale

486
Q

loop articolatorio (Baddeley)

A

costituito da

  • magazzino fonologico (natura passiva): compito di mantenere in memoria l’informazione linguistica per pochi secondi prima del suo decadimento
  • processo di reiterazione (natura attiva): basato sul linguaggio interno, che permette di mantenere viva la traccia rimandandola al magazzino
487
Q

taccuino visuo-spaziale (Baddeley)

A

componente della memoria di lavoro che permette sia la ritenzione temporanea di informazioni riguardanti il materiale visivo e spaziale in entrata sia la visualizzazione e la manipolazione di immagini mentali

488
Q

episodic buffer (componente aggiunta da Baddeley)

A

riceve informazioni dai vari sistemi per costruire rappresentazioni integrate fra loro

489
Q

sistemi cristallizzati e fluidi nel modello Baddeley

A

cristallizzati: che mantengono conoscenza a lungo termine
fluidi: conservano ed elaborano le tracce mnestiche grazie all’attenzione e non sono modificabili dall’apprendimento di nuove conoscenze

490
Q

cos’è una strategia, riguardo la memoria

A

un piano d’azione, in genere deliberato e controllato, che ha l’obiettivo di migliorare una prestazione

491
Q

4 fasi per sviluppare l’uso delle strategie

A
  • deficit di mediazione
  • deficit di produzione
  • deficienza d’utilizzo
  • fase finale
492
Q

deficit di mediazione (uso di strategie)

A

persino quando l’individuo è istruito nell’uso di una strategia, la prestazione non risulta essere migliorata

493
Q

deficit di produzione (uso di strategie)

A

l’individuo non è in grado di usare una strategia ma lo fa solo se gli viene suggerito

494
Q

deficienza di utilizzo (uso di strategia)

A

quando l’esecuzione di una strategia, messa in atto spontaneamente, non porta benefici al ricordo

495
Q

fase finale dell’uso della strategia

A

l’individuo è in grado di utilizzare in modo maturo e sofisticato le strategie più utili per uno specifico compito

496
Q

strategie per migliorare il ricordo

A

ripetizione, organizzazione del materiale, elaborazione profonda e significativa

497
Q

strategie dei bambini per ricordare le figure

A
  • se si nominano gli oggetti, si ricordano meglio
  • solo i bambini più piccoli usano una codifica visiva per mantenere le informazioni
  • i bambini di 10 anni utilizzano una ricodifica fonologica per memorizzare le figure da ricordare
498
Q

perché i bambini più piccoli non usano la ricodifica fonologica per ricordare gli oggetti

A

non hanno sufficienti risorse cognitive e capacità di elaborazione e potrebbero non essere consapevoli che l’utilizzo di tale strategia permette di migliorare il ricordo

499
Q

categorizzare per ricordare

A

strutturare le formazioni in ingresso in base a vari criteri e può essere favorito dalle istruzioni date dall’adulto e solo i bambini più grandi riescono a effettuare raggruppamenti di tipo semantico

500
Q

progressione della velocità nella memoria di lavoro

A
  • tasso di reiterazione più rapido

- aumento della velocità di ricerca in memoria e di recupero degli item da ricordare

501
Q

metamemoria

A

conoscenza e consapevolezza del bambino nel funzionamento della memoria e sulle proprie capacità

502
Q

metamemoria come conoscenza

A

conoscenza dei propri processi mentali

503
Q

metamemoria come controllo

A

autoregolazione dei propri processi mentali

504
Q

tecniche per valutare le metaconoscenze e i processi di controllo

A

intervista verbali, questionari, uso delle favole, di disegni e di racconti di storie con l’ausilio di pupazzi

505
Q

tecnica del racconto di una favola

A

esplorare le conoscenze del bambino sulle cause e sui meccanismi del ricordo e dell’oblio

506
Q

tecnica del racconto di una favola, test

A

principe che deve salvare una principessa, compiendo un numero di azioni.
Bambini che spiegano le dimenticanze del principe: non ha ascoltato, non ha capito, non ci ha pensato

507
Q

memoria degli anziani, compromissioni

A

compiti di immagazzinamento e manipolazione di materiale verbale o visuo-spaziale

508
Q

declino della memoria negli anziani

A

avviene un declino nella memoria di lavoro

509
Q

fattori che possono portare al declino mnestico negli anziani

A
  • capacità di elaborazione cognitiva ridotta
  • difficoltà di controllo cognitivo: difficoltà a richiamare i dettagli di un’esperienza
  • riduzione nella velocità di elaborazione delle informazioni
  • minore efficienza nei meccanismi di inibizione
510
Q

ruolo inibitorio nei compiti di memoria

A
  • funzione di controllo: previene risposte predominanti ma inappropriate
  • funzione di cancellazione: elimina le informazioni non più rilevanti dalla memoria di lavoro
  • funzione di accesso: determina cosa può entrare nella memoria di lavoro
511
Q

memoria esplicita (mlt)

A

nel caso in cui il ricordo sia di tipo intenzionale e deliberato

512
Q

memorai implicita (mlt)

A

nel caso in cui il ricordo sia di tipo automatico e non intenzionale

513
Q

memoria semantica (mlt)

A

conoscenza quasi permanente che abbiamo in relazione al mondo.
es. la comprensione del significato delle parole, la conoscenza del proprio nome e di conoscenze specifiche

514
Q

memoria episodica (mlt)

A

memoria di specifici eventi, che possono essersi verificati recentemente o più lontano nel passato, di cui manteniamo un vivido ricordo

515
Q

memoria autobiografica

A

basata sulla memoria episodica

516
Q

caratteristica rilevante della memoria autobiografica

A

fenomeno dell’amnesia infantile

517
Q

cos’è l’amnesia infantile

A

è infrequente essere in grado di ricordare eventi che hanno avuto luogo prima dei 2 anni d’età e che i ricordi del periodo fra i 2 e i 5 anni sono relativamente scarsi

518
Q

distorsione del ricordo nei più piccoli

A

la semplice esposizione alle domande degli adulti in relazione a eventi che non hanno avuto luogo è sufficiente, in determinate circostanze, a creare dei falsi ricordi

519
Q

cause alla base della suggestionabilità dei ricordi dei più piccoli

A

possibile che esista uno scarso livello di organizzazione dei ricordi, processi inibitori meno efficienti, confusione fra azioni immaginate e azioni eseguite

520
Q

ricordi influenzabili dalle domande degli adulti

A

i bambini possono pensare che se un adulto fa una domanda specifica inerente al ricordo di un evento è probabile che quell’evento o situazione abbia avuto luogo
domande ripetute: cambiano risposta perché pensano di aver dato quella sbagliata

521
Q

come garantire accuratezza durante il ricordo dei più piccoli

A
  • uso di bambole o pupazzi: aumenta il ricordo e compensa la carenza di comunicazione linguistica
  • i bambini più piccoli sono più resistenti a domande fuorvianti
  • se il bambino risponde “non so”, non forzare la mano con le risposte
522
Q

scale per valutare la suggestionabilità dei ricordi dei più piccoli

A
  • vssc: video di cui viene chiesto un resoconto dopo 1-10 giorni, domande su ciò che il bambino non ha ricordato e domande fuorvianti per valutare la sua resistenza
  • intervista cognitiva: dopo 8 anni
  • intervista graduale: valenza emotiva neutra e domande relative ad eventi passati e poi domande dirette
523
Q

eziologia delle disabilità matematiche

A

multifattoriale: memoria di lavoro ha ruolo cruciale nel calcolo e nella soluzione di problemi e cause di tipo cognitivo

524
Q

disabilità nell’apprendimento della matematica e memoria lavoro

A
  • loop fonologico: mantenere temporaneamente l’informazione

- taccuino visuo-spaziale: organizzazione spaziale delle informazioni numeriche (scrittura di numeri)

525
Q

ruolo dell’esecutivo centrale nelle disabilità dell’apprendimento matematico

A

la soluzione di un problema aritmetico richiede la comprensione del testo: rappresentazione mentale, integrazione e mantenimento delle informazioni rilevanti per la soluzione

526
Q

processi inibitori e disabilità matematiche

A

difficoltà a controllare ed eliminare le informazioni irrilevanti

527
Q

trattamento nelle disabilità matematiche che derivano dalla memoria di lavoro

A

training di memoria visiva

528
Q

training “risolvere problemi aritmetici”

A

promuove lo sviluppo: componenti cognitive, metacognitive e abilità mnestiche

529
Q

cause del disturbo specifico del linguaggio

A
  • riduzione nella velocità di elaborazione delle informazioni
  • ridotta capacità nella memoria di lavoro fonologica
530
Q

parlatori tardivi

A

bambini nei quali la comparsa del linguaggio è ritardata rispetto ai coetanei normali e presentano un vocabolario espressivo inferiore.
Possono poi sviluppare problemi di linguaggio

531
Q

fattori di rischio extralinguistici nel disturbo specifico del linguaggio

A

familiarità, genere (i maschi sono più colpiti), otiti ricorrenti nei primi anni di vita

532
Q

dislessia != da disturbo specifico del linguaggio

A

i dislessici presentano difficoltà con gli automatismi della lingua scritta, ma buona padronanza della lingua orale

533
Q

dislessia simile a disturbo specifico del linguaggio

A

deficit nella memoria di lavoro fonologica, che ha una funzione rilevante nei processi di mantenimento dell’informazione linguistica, in quelli di corrispondenza suono-lettera e di legame fra sequenze di leggere e fonologia ortografica

534
Q

memoria di lavoro fonologica e disturbo specifico del linguaggio

A

bambini con dsl manifestano maggiore difficoltà nel ripetere parole composte da 3 o 4 sillabe rispetto a bambini con sviluppo tipico nelle competenze linguistiche

535
Q

memoria di lavoro e sindrome di down

A

difficoltà in compiti di memoria di lavoro che richiedono un alto livello di controllo e manipolazione del materiale da ricordare

536
Q

taccuino visuo-spaziale e sindrome di down

A

abilità per il ricordo di configurazioni spaziali e ricordo di posizioni analoghe a quelle di bambini con sviluppo tipico di pari età mentale

537
Q

abilità mnestiche e sindrome di williams

A

le abilità di memoria fonologica sono considerate un loro punto di forza e sono corrispondenti o addirittura superiori al loro livello di età mentale

538
Q

memoria visuo-spaziale e sindrome di williams

A

abilità deficitarie e anche nella memoria a lungo termine e difficoltà nell’apprendimento di nuove procedure

539
Q

memoria e x fragile

A

mlt: meno gravemente deficitaria
ml: deficit nell’esecutivo centrale con carenza nei processi di controllo, di pianificazione-organizzazione dell’informazione

540
Q

memoria e sindrome di prader willi

A

punti di forza nella memoria a lungo termine confrontata con quella a breve termine
punti di debolezza nella memoria di lavoro

541
Q

livello fonologico del linguaggio

A

modo in cui vengono prodotti i suoni del discorso, lo studio della loro origine, ecc

542
Q

livello lessicale del linguaggio

A

elaborazione della parola, lo studio delle diverse categorie di parole e delle rispettive proprietà

543
Q

livello semantico del linguaggio

A

conoscenze concettuali, significati trasmetti dalle parole e dalle frasi

544
Q

livello morfologico del linguaggio

A

modifiche delle forme delle parole atte a mutarne il significato

545
Q

livello sintattico del linguaggio

A

ordine e combinazione delle parole atti a costituire unità semantiche più ampie

546
Q

livello testuale del linguaggio

A

capacità di comprendere significati d’unità linguistiche ancora più complesse attraverso i collegamenti concettuali delle diverse parti che lo compongono

547
Q

livello pragmatico del linguaggio

A

usi concreti del linguaggio nei diversi contesti sociali, delle finalità comunicative che persegue e degli effetti interpersonali tra parlanti rispetto alle scelte linguistiche adottate

548
Q

aspetto prosodico del linguaggio

A

l’accentazione di una data sillaba della parola

549
Q

aspetto intenzionale del linguaggio

A

per rendere l’eloquio più chiaramente comprensibile e per trasmettere significati precisi nella comunicazione

550
Q

linguaggio = codice

A

sistema simbolico che informa sulla realtà grazie alla relazione tra certi suoi elementi

551
Q

proprietà del linguaggio

A
  • referenzialità o semanticità
  • arbitrarietà
  • trasmissione per tradizione
  • convenzionalità
  • categorizzazione
  • distanziamento
  • non direzionalità
  • relazionalità e prospettivismo
  • dualità
  • produttività o creatività
  • organizzazione e modificabilità
  • rapida evanescenza
  • oggettivabilità
  • autoreferenzialità
552
Q

referenzialità o semanticità del linguaggio

A

i segni linguistici contengono e trasmettono informazioni dotate di significato

553
Q

arbitrarietà del linguaggio

A

non esiste elemento diretto fra la forma linguistica e l’oggetto cui essa si riferisce

554
Q

trasmissione per tradizione come proprietà del linguaggio

A
  • linguaggio NO predeterminato a livello genetico
  • NO frutto della sola influenza ambientale
  • SÌ acquisito nel contesto socio-culturale
555
Q

convenzionalità del linguaggio

A

seppur non arbitrari, i significati rispondono a regole stabilite culturalmente e funzionali alla comunicazione

556
Q

categorizzazione del linguaggio

A

all’interno di una data lingua, le parole colgono aspetti dell’ambiente simili tra tutti i parlanti e significativi per quella cultura

557
Q

distanziamento del linguaggio

A

ci si può riferire ad oggetti ed eventi lontani nello spazio e nel tempo

558
Q

non direzionalità del linguaggio

A

i messaggi verbali possono essere recepiti e compresi nel loro significato da chiunque e non solo dall’interlocutore a cui sono esplicitamente diretti

559
Q

relazionalità e prospettivismo del linguaggio

A

la possibilità di esprimere relazioni, attraverso l’uso di specifici item lessicali, e di differenziare diverse posizioni concettuali coinvolte in queste relazioni

560
Q

dualità del linguaggio

A

doppio livello, di suoni e dei significati.

Interrelazione fra i due livelli

561
Q

produttività o creatività del linguaggio

A

possibilità di generare un numero infinito di enunciati a partire da un numero finito di item lessicali

562
Q

organizzazione e modificabilità del linguaggio

A

enunciato:
NO lista di parole in successione
SÌ insieme organizzato da precise regole

563
Q

rapida evanescenza del linguaggio

A

la possibilità di comprendere una parola o una frase dipende dalla capacità di discriminare i suoni e di segmentare correttamente le unità linguistiche nel lusso del parlato

564
Q

oggettivabilità del linguaggio

A

il carattere di non permanenza dei suoni può essere ovviato attraverso la loro traduzione in corrispondenti segni stabili, cioè attraverso la scrittura

565
Q

autoreferenzialità del linguaggio

A

capacità del linguaggio di: essere segno che rimanda ad altri segni, di rimandare a se stesso, di spiegarsi, di articolare concetti attraverso l’uso di espressioni linguistiche complesse

566
Q

linguaggio come dotazione biologica

A

che predispone gli esseri umani al padroneggiamento di abilità complesse, intrinseca capacità sia di produrre che di comprendere il codice linguistico

567
Q

linguaggio come mezzo di comunicazione

A

comunicazione = costruzione di reti sociali

568
Q

quando si acquisiscono le proprietà del linguaggio

A

alcune possono essere presenti fin dall’inizio mentre altre possono costruirsi solo successivamente

569
Q

primi mezzi di comunicazione nei bambini

A

espressioni e gesti.

  • pianto: uno dei primi segnali d’attaccamento, si presenta in tante forme differenti
  • espressioni facciali delle emozioni
570
Q

modalità comunicativa dell’interazione diadica

A

“centrazione” reciproca dello sguardo

571
Q

grasping

A

movimenti della mano di afferramento anticipatorio. A questo livello comunicativo, l’adulto dirige il proprio sguardo verso l’oggetto osservato dal bambino, porgendoglielo e commentandolo verbalmente

572
Q

limiti delle manifestazioni comunicative a base innata

A

non sono ancora intenzionali. Quindi non si può parlare di comunicazione ma di informazione

573
Q

la nascita e lo sviluppo dell’intenzionalità comunicativa

A

3 posizioni sulla nascita e sviluppo dell’intenzionalità comunicativa

574
Q

prima posizione sulla nascita dell’intenzionalità comunicativa

A

stretta dipendenza dello sviluppo linguistico dallo sviluppo cognitivo e fa riferimento al modello piagetiano dell’intelligenza senso-motoria

575
Q

posizione piagetiana sull’intenzionalità comunicativa

A

due tappe nella capacità di utilizzare in maniera intenzionale i segnali comunicativi:

  • forme proto-richiestive = il bambino utilizza lo sguardo, le vocalizzazione o il grasping per raggiungere il suo obiettivo grazie all’aiuto dell’adulto
  • forme proto-dichiariative = il bambino usa gli stessi mezzi di prima e il suo “commento” non verbale per ottenere il coinvolgimento dell’adulto
576
Q

interazioni triadiche

A

adulto, bambino, mondo esterno.
Lo scopo comunicativo che il piccolo persegue influenza gli stati mentali dell’adulto, affinché prenda atto, assuma, condivida con lui ciò che sta avvenendo

577
Q

seconda posizione sula nascita e lo sviluppo dell’intenzionalità comunicativa

A

non subordina lo sviluppo comunicativo a quello cognitivo, attribuendo sia dalla nascita piena intenzionalità alle azioni comunicative del bambino, finalizzate sia ad agire sulle cose sia ad interagire con gli esseri sociali

578
Q

terza posizione sulla nascita e lo sviluppo dell’intenzionalità comunicativa

A

sottolinea l’importanza dell’ambiente sociale nella progressiva consapevolezza che il bambino acquisisce rispetto all’efficacia dei propri segnali e comportamenti comunicativi

579
Q

parole dei bambini alla fine del primo anno

A

circa una decina: permette chiarezza di significato maggiore

580
Q

gesti deittici e referenziali

A

deittici: mostrare e indicare
referenziali: hanno origine sociale (fare ciao con la mano)

581
Q

lallazioni

A

prima vera forma articolata e differenziata di produzione sonora
NO funzione sociale
Si esercizio funzionale delle abilità vocali

582
Q

vocalizzazione e continuità strutturale

A

fra le vocalizzazioni prelinguistiche e l’apprendimento delle prime parole

583
Q

limiti della fase prelinguistica

A

i sistemi espressivi di cui dispone non possono chiarire in maniera esplicita e certa il contenuto e la finalità del messaggio

584
Q

limite della comunicazione non verbale

A

non permette una versa analisi del suo significato: un sorriso trasmette l’informazione che siamo felici ma non può spiegare perché lo siamo
SÌ comunicazione
NO competenza comunicativa

585
Q

quando, le espressioni del bambino possono essere considerate segni convenzionali

A

quando c’è una certa somiglianza fonetica con la forma adulta, essere usate almeno una volta nei contesti appropriati ed essere riconoscibili almeno dalle perone che conoscono il bambino

586
Q

prime 50 parole del bambino

A

oggetti, persone, ecc concreti e familiari al piccolo

587
Q

apprendimento indiretto dei bambini

A

i bambini guardano l’adulto mentre pronuncia una parola per capire a cosa si riferisce

588
Q

processi cognitivi che caratterizzano l’acquisizione del lessico

A
  • comparsa della simbolizzazione: coincide con l’esplosione del vocabolario e differenzia il modo in cui le parole sono usate
  • parole contestualizzate in un ambito di applicazione ristretto
589
Q

uso non referenziale delle parole

A

usate solo per un dato oggetto o in un determinato contesto o mentre si compie una data azione

590
Q

uso referenziale delle parole

A

usate in svariati contesti, il linguaggio acquista sempre più la sua natura di strumento di categorizzazione

591
Q

categorizzazione e sviluppo linguistico

A

i bambini sono in grado di categorizzare prima dello sviluppo linguistico ma è grazie al linguaggio che le categorie concettuali costruite su base percettivo-motoria si adeguano alle ripartizioni categoriali tipiche della cultura di appartenenza

592
Q

convenzionalizzazione del linguaggio

A

i segni linguistici acquisiscono significati condivisi dai parlanti

593
Q

principi operativi di Slobin

A

che i bambini usano per farsi strada nella complessità del sistema linguistico che devono apprendere

594
Q

principi operativi di Slobin:

A
  • fai attenzione a come terminano le parole

- evita le eccezioni

595
Q

quando si può parlare di competenza linguistica

A

quando il bambino è in grado sia di trasmettere contenuti di conoscenza differenziati e articolati, sia di produrre messaggi in funzione dei suoi scopi e delle sue esigenze comunicative

596
Q

quando il bambino ha competenza comunicativa

A

quando la capacità di espressione verbale si affinerà e si renderà sensibile ai contesti sociali-interpersonali e gli scopi perseguiti diventeranno più complessi

597
Q

“mondo narrato” verso i 5 anni

A

al bambino viene proposto un mondo “raccontato” ed è in grado di raccontare ciò che ha visto, gli eventi a cui ha partecipato, le emozioni che provato, ecc

598
Q

stile materno e rievocazione dei ricordi

A

lo stile materno con cui un’esperienza viene rivissuta assieme al bambino durante il racconto determina la modalità con cui essa verrà poi rievocata dal bambino stesso

599
Q

obiettivi del linguaggio

A
  • riferirsi alla realtà circostante

- costruire una conoscenza che va al di là del momento presente

600
Q

ruolo evolutivo del linguaggio

A

permettere la formazione di unità rappresentazionali più ampie di quelle precedenti l’acquisizione del linguaggio.
Esperienze che resterebbero segregate e dimenticate, possono essere unificate in un sistema interpretativo più ampio e potente

601
Q

comunicazione dopo i 3 anni

A

NON SOLO efficace e intenzionale
MA ANCHE riflessa e consapevole, regolata da norme convenzionali, adatta ai contesti e agli interlocutori, sostenuta da capacità analitiche, di ragionamento e di argomentazione

602
Q

comunicazione referenziale nel periodo delle elementari

A

qualità di parlante: formulare messaggi che consentono all’interlocutore di individuare il referente, cioè un oggetto posto tra una serie di intervalli simili
qualità di ascoltatore: saper valutare se un messaggio è effettivamente informativo e chiedere eventuali chiarificazioni

603
Q

cosa permette il progredire della comunicazione

A

il confronto fra posizioni diverse nelle interazioni che permette l’elaborazione congiunta di nuovi livelli d’analisi

604
Q

mente mediata (Nelson)

A

una soggettività cognitiva, emotiva e sociale che deriva la propria ragione d’essere dalla partecipazione a un sistema interpersonale più ampio e a conoscenze condivise con altri, pur restano un’entità singola ed autonoma, governata dalle proprie capacità di elaborazione e dai propri significati personali

605
Q

linguaggio secondo Bruner

A

strumento di amplificazione della conoscenza.
Aumenta l’efficienza e la portata del sistema cognitivo, facilitandone i processi di elaborazione dell’informazione e organizzandone in forme sistematiche e condivise i principali contenuti di conoscenza

606
Q

3 problematiche considerate per lo studio dello sviluppo atipico

A
  1. come si manifestano i disturbi nell’area linguistica
  2. ritardo o devianza rispetto allo sviluppo tipico?
  3. deficit linguistici solidali oppure dissociabili da altre funzioni cognitive?
607
Q

deficit linguistico e modelli dominio-generali

A

considerano il linguaggio come un prodotto di più ampi e basilari processi di sviluppo dell’intelligenza

608
Q

deficit linguistici e modelli dominio-specifici

A

lo sviluppo del linguaggio sarebbe regolare da meccanismi specifici e l’elaborazione linguistica avverrebbe da parte di moduli neurali separati da altri moduli che elaborano informazioni diverse

609
Q

problemi rilevanti quando si studiano andamenti evolutivi atipici

A

diagnosi precoce e interventi riabilitativi

610
Q

perché confrontare down e williams?

A

entrambe queste sindromi si caratterizzano per uno stesso grado di ritardo cognitivo, ma differiscono per il rapporto tra capacità intellettive e capacità verbali

611
Q

elaborazione cognitiva che sembra essere più compromessa nella sindrome di down

A

memoria a breve termine

612
Q

come apprende il linguaggio chi ha la sindrome di williams

A

a memoria e con la tendenza ad usare le regole morfosintattiche in maniera rigida

613
Q

per cosa si caratterizza il disturbo specifico del linguaggio

A

assenza di ritardo cognitivo, di deficit auditivi o patologie neurologiche

614
Q

da cosa deriva il deficit specifico del linguaggio

A

a specifici deficit della memoria fonologica: difficoltà a ripetere parole senza senso e a ricordare liste di parole reali

615
Q

deficit linguistico non omogeneo nell’autismo

A
  • il deficit è chiaramente presente
  • il linguaggio è consolidato ma si è in presenza di difficoltà emotive, relazionali e comportamentali
  • le facoltà linguistiche sono particolarmente sviluppate (asperger)
616
Q

come si manifesta il deficit linguistico più grave nell’autismo

A

ecolalie: ripetizioni di una stessa parola o frase appena udita
- frasi fatte
- significati particolari o anomali

617
Q

forme alternative di comunicazione per i soggetti affetti da spettro autistico

A
  • utilizzare un oggetto che funge da strumento intermedio (es. computer): comunicazione facilitata
618
Q

cosa ha messo in luce la comunicazione facilitata

A

capacità mentali e linguistiche insospettabili in soggetti autistici pressoché privi di abilità linguistiche orali

619
Q

testi scritti prodotti da soggetti autistici, raccolti grazie alla comunicazione facilitata

A
  • grande ricchezza lessicale
  • tendenza ad anteporre gli aggettivi e gli avverbi ai normi e ai verbi e a collocare il verbo principale alla fine della frase
  • frequenza maggiore di aggettivi e avverbi
620
Q

che tipo di risposte sono le risposte emotive

A
  • dotate di una loro specificità
  • capaci di interrompere precedenti schemi di funzionamento, richiamando le risorse individuali e indirizzandole verso uno o più scopi
  • catalizza gli interessi, l’attenzione e le motivazioni individuali, orientando la nostra risposta in funzione di questi
621
Q

processi di appraisal

A

processi attraverso i quali diamo un giudizio sugli eventi in maniera “interessata”, attribuendo loro un significato di natura personale, basato sul benessere soggettivo

622
Q

cambiamenti somatici e fisiologici associati alle emozioni

A

aumento del battito cardiaco, del respiro, della sudorazione, secrezione di cortisolo

623
Q

i segni del corpo esprimono le emozioni

A

espressioni del viso, posizione del corpo

624
Q

3 livelli di funzionamento delle emozioni

A
  • fisiologico: modificazioni nell’attività del sistema nervoso
  • espressivo: manifestazioni e condotto sia non verbali sia verbali
  • fenomenologico-cognitivo: riguarda il vissuto, la particolare valutazione soggettiva che caratterizza una determinata esperienza emotiva
625
Q

cosa c’è alla base della competenza emotiva

A
  • l’integrazione tra le diverse componenti dell’emozione
  • la capacità individuale di utilizzare le emozioni come strategie
  • realizzare un buon adattamento sociale
626
Q

relazioni significative

A

relazioni che assumono una particolare valenza affettiva per il nostro sviluppo.
Non esiste vita emotiva al di fuori del rapporto con l’altro

627
Q

precursori dell’emozione nel neonato

A

già dalla vita intrauterina il feto è in grado di connettersi naturalmente alla madre sentendo e riconoscendo la sua voce, impara a calmarsi riducendo il proprio battito cardiaco

628
Q

emozioni di base dei neonati

A

rabbia, felicità, paura, tristezza e disgusto

629
Q

comunicazione non verbale dei neonati per comunicare le emozioni

A

mezzo privilegiato dello scambio emotivo, modalità più spontanea e immediata di espressività comunicativa

630
Q

esempio di precocità espressiva

A

risposta del sorriso: compare alla nascita come segnale riflessi di eccitazione o rilassamento

631
Q

sorriso dopo i 2 mesi

A
  • risposta più modulata nella gamma d’intensità

- risposta esogena: provocata da alcuni stimoli privilegiati quali il volto dell’altro, il tono della voce e lo sguardo

632
Q

sorriso dopo 3 mesi

A

risposta strumentale: il bambino sorride per raggiungere uno scopo

633
Q

sorrido dopo 4 mesi

A

viene espresso in maniera coordinata e articolata rispetto ad altre espressioni del volo o ad altre espressioni non verbali, come il tono della voce

634
Q

altro segnale precoce nei neonati, oltre il sorriso

A

imitazione: neonati di poche ore di vita sono in grado di imitare diverse espressioni del volto di un adulto in posizione faccia a faccia, ripetendo l’azione

635
Q

imitazione e neuroni specchio

A

l’atto di imitare è dovuto all’esperienza emotiva di collegamento intersoggettivo che il piccolo sperimenta

636
Q

importanza della relazione diadica

A

costituisce la principale fonte di alimentazione della vita emotiva del piccolo
- molta interazione faccia a faccia

637
Q

cosa impara il piccolo grazie alla relazione diadica

A
  • significato delle emozioni
  • rilevanza delle emozioni per il suo benessere
  • il ritmo della comunicazione
  • il dolore della trascuratezza emotiva
638
Q

cosa diventa patrimonio psicologico del bambino

A

solo ciò che è condiviso, consentito e riconosciuto come adeguato all’interno dello scambio diadico con la madre.
Ciò che non è riconosciuto passa in secondo piano e viene penalizzato a favore di altri contenuti psicologici che possono essere condivisi

639
Q

intersoggettività primaria

A

dai 2 mesi fino ai 6 mesi circa

La comunicazione con l’altro è reciprocamente influenzata dal comportamento dell’altro

640
Q

intersoggettività secondaria

A

il coordinamento tra il focus dell’attenzione dell’adulto e del bambino consente a entrambi di sintonizzare reciprocamente i propri stati interni e al piccolo di riconoscerli nel proprio significato funzinoale

641
Q

attaccamento sicuro

A

un buon equilibrio tra bisogno d’esplorazione e d’attaccamento e una buona regolazione emotiva

642
Q

attaccamento insicuro evitante

A

sbilanciamento a favore dell’esplorazione e dell’autonomia, che penalizza la ricerca d’attaccamento

643
Q

attaccamento insicuro ambivalente-resistente

A

accentuazione dei comportamenti d’attaccamento e di dipendenza e detrimento delle capacità di autonomia e di esplorazione

644
Q

attaccamento disorganizzato

A

impossibilità per il piccolo di mettere in atto una strategia coerente che gli consenta di raggiungere l’obiettivo della relazione d’attaccamento: realizzare e mantenere la vicinanza protettiva con il caregiver

645
Q

disregolazione emotiva nell’attaccamento disorganizzato

A

le emozioni perdono la loro caratteristica di risposte finalizzate all’adattamento sociale e il piccolo percepisce un senso di sopraffazione nei confronti della propria esperienza emotiva, non riuscendo a gestirla

646
Q

età scolare ed empatia

A

periodo in cui il bambino appare più calmo, a volte più capace di assumere atteggiamenti seri, più controllato e meno spontaneo del periodo precedente

647
Q

centralità ed età scolare

A

prima vedeva se stesso come centro del mondo, ora sa che è inserito in un mondo con delle regole che dovrà imparare ed assimilare

648
Q

autoregolazione dell’età scolare

A

il bambino è in grado, e diventerà sempre più capace, di utilizzare una serie di strategie cognitive per esercitare un controllo consapevole e volontario sui propri impulsi

649
Q

abilità di sostituzione delle emozioni nell’età scolare

A

il bambino è in grado di sostituire le azioni impulsive con i pensieri, le parole, il gioco e la fantasia.
Il gioco diventa il principale mezzo di assimilazione delle regole e del rispetto dell’altro

650
Q

sentimento dell’amicizia nell’età scolare

A

autostima soggettiva e senso di sé appaiono sempre più legati al senso di accettazione da parte dei pari e alla valutazione attraverso cui il bambino si confronta con gli altri per capire se e quando il proprio modo di essere e di comportarsi risulti simile o diverso rispetto a quello dei suoi coetanei

651
Q

perspective taking

A

prospettiva dell’altro: alimenta i comportamenti altruistici e prosociale e può essere alla base anche dei comportamenti antisociali, in cui la violazione del rispetto e dei diritti dell’altro sono all’origine dei comportamenti aggressivi o di sopraffazione

652
Q

socializzazione delle emozioni

A

i bambini impareranno le regole di esibizione delle emozioni all’interno del contesto familiare

653
Q

attaccamenti multipli (età scolare)

A

legami che si sviluppano contemporaneamente con più persone affettivamente significative

654
Q

adolescenza = transizione all’età adulta

A

periodo che si caratterizza per il tempo che viene lasciato all’individuo perché acceda e si adatti, dal punto di vista affettivo, cognitivo e sociale, al ruolo e all’identità di adulto

655
Q

adolescenza = processo che oscialla tra due poli

A
  • distaccodal bambino che non si è più

- anticipazione dell; adulto che non si è ancora

656
Q

importanza del contesto nell’adolescenza

A

le opportunità offerte dall’ambiente costituiscono l’osservatorio privilegiato del modo in cui ciascun ragazzo o ragazza organizza in maniera più o meno funzionale le sfide e i rischi che tali opportunità comportano

657
Q

gruppo dei pari in adolescenza

A

cresce l’interesse per il gruppo dei pari: progressivo distacco ed emancipazione dall’ambiente familiare

658
Q

benessere emotivo dell’adolescente

A

equilibrio tra il coinvolgimento emotivo con la famiglia e gli interessi per il gruppo degli amici

659
Q

primi rapporti sentimentali in adolescenza

A

il ragazzo avrà i pattern che corrispondono ai suoi legami con la famiglia d’origine

660
Q

capacità di regolazione emotiva in adolescenza

A

il ragazzo può ormai contare su un sufficiente livello d’autonomia, che non richiede più una gestione direttiva da parte del caregiver

661
Q

metodologia osservativa per l’adolescenza

A

narrazione autobiografica: indagare come si struttura l’esperienza emotiva nell’adolescente

662
Q

diario autobiografico in adolescenza

A

consente di cogliere la processualità degli eventi di vita ed è indicato per far venire alla luce il modo in cui si costruiscono gli eventi capaci di coinvolgere emotivamente il ragazzo, evidenziando così quali siano gli elementi salienti del processo

663
Q

sviluppo emotivo durante l’adolescenza

A

si contraddistingue per l’acquisizione di alcune abilità, che consentono agli adolescenti di essere consapevoli delle proprie emozioni, di quelle altrui e di viverle in maniera intensa

664
Q

intelligenza emotiva

A

particolare forma di intelligenza che trova il suo naturale campo d’applicazione all’interno delle relazioni interpersonali, promuovendo condotte di natura prosociale

665
Q

cosa rileva lo studio dello sviluppo emotivo in età adulta

A

come le persone differiscono tra loro rispetto alla capacità di usare le emozioni in maniera efficace negli scambi interpersonali e come tutti gli aspetti vadano a contribuire al generale benessere soggettivo

666
Q

età adulta ed emozioni

A

età in cui le emozioni vengono pienamente intese nella loro accezione di strumenti che si possono utilizzare in forma di strategie per conoscere e intervenire sulle informaizoni che provengono dagli ambienti di vita in cui si da esperienza

667
Q

adult attachment interview

A

in grado di cogliere in maniera affidabile e accurata le rappresentazioni che l’adulto ha interiorizzato per organizzare le sue relazioni d’attaccamento

668
Q

adulto con attaccamento sicuro

A

ha alle proprie spalle una storia relazionale con le proprie figure d’attaccamento costante, affidabile e emotivamente disponibile.
Esprime in maniera diretta la propria emotività, regola le emozioni in situazioni di disagio

669
Q

adulto con attaccamento insicuro della tipologia distanziante

A

genitori poco sensibili e attenti, rifiutanti in maniera attiva,
La migliore relazione quindi sarà senza gravare sull’altro con le proprie richieste,
Stile relazionale improntato sull’autonomia e alla soppressione inconsapevole dell’emotività negativa

670
Q

attaccamento preoccupato dell’adulto

A

insicurezza d’attaccamento che si esprime attraverso un’iperattivazione emotiva, in cui le richieste e il bisogno dell’altro sono avvertiti in maniera accentuata, a discapito delle proprie capacità di gestione autonoma.
Avviene una dipendenza relazionale che inconsapevolmente contribuisce ad alimentare

671
Q

memoria emotiva nell’anziano

A

è presente in modo intatto il funzionamento che si associa a una generale buona capacità di regolare le emozioni

672
Q

caratteristica dei soggetti anziani riguardo le emozioni

A

propensione a mantenere le emozioni positive e a ridurre le emozioni negative

673
Q

declino anziano nelle emozioni

A

declino nella capacità di riconoscimento di alcune emozioni, come la paura e la rabbia

674
Q

bambini esposti alla stessa tipologia di fattori di rischio

A

ne erano influenzati in maniera differente.

  • sviluppo di disturbi gravi
  • influenzati in maniera lieve
  • usufruire delle difficoltà per rafforzare le proprie risorse psicologiche (bambini resilienti)
675
Q

resilienza

A

capacità di funzionare in maniera competente in condizioni avverse o di riprendersi da esperienze idi natura negativa e traumatica in maniera rapida ed efficace

676
Q

cos’è l’attaccamento

A

propensione innata a ricercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è vulnerabili ai pericoli ambientali

677
Q

strange situation

A

procedura osservativa di valutazione dell’attaccamento infantile che comporta la creazione sperimentale di una situazione lievemente stressante provocata da 2 brevi separazioni dalla madre e due corrispondenti momenti di riunione o congiungimento con la stessa da parte del bambino

678
Q

bambino con attaccamento disorganizzato, durante la strange situation

A

ricongiungimento: il bambino mostra comportamenti di natura contraddittoria e non finalizzata

679
Q

cosa differenzia l’attaccamento disorganizzato dagli altri

A

disorientamento rispetto alle mete delle azioni, tanto che questa condizione è stata definita “attaccamento disorganizzato disorientato”

680
Q

figura d’attaccamento nell’attaccamento disorgnizzato

A

è fonte di paura. Il bambino si sente a disagio e vulnerabile

681
Q

trauma

A

verificarsi di uno o più eventi che in maniera frequente e ripetuta creino nel soggetto uno stato di sopraffazione emotiva, con un vissuto di impossibilità di trovare vie di fuga o alternative a tale situazione

682
Q

trauma non elaborato

A

condizione psicologica in cui la persona, invece di governare e gestire la propria emotività, ha l’impressione di esserne sopraffatta e sente di vivere uno stato di impotenza

683
Q

quando la disorganizzazione d’attaccamento infantile può avere un’origine traumatica

A

solo a determinate condizioni: due tipologie di trauma

684
Q

tipologia di trauma che orienta lo sviluppo dell’attaccamento disorganizzato

A
  • trauma ben determinato: perdita precoce di un genitore, abusi, maltrattamento
  • trauma relazionale: qualità con la figura d’attaccamento, trasmissione psicologica del trauma
685
Q

trasmissione psicologica del trauma

A

un genitore che non ha risolto o elaborato una propria esperienza traumatica, diventa una potenziale fonte di trasmissione intergenerazionale di tale esperienza, anche senza mettere in atto comportamenti che la richiamino in maniera diretta

686
Q

modalità attraverso cui l’esperienza traumatica influenza un decorso atipico dello sviluppo emotivo e relazionale

A
  • verificarsi puntuale del trauma: mettono a dura prova la vulnerabilità individuale (es. perdita del genitore o abusi)
  • trasmissione tra le generazioni: gli stati mentali del genitori influenzano gli stati mentali del bambino, anche senza che si verifichi alcuna condotta esplicita di abuso
687
Q

conseguenze dell’attaccamento disorganizzato

A

bambino improntato a un senso di impotenza e inefficacia rispetto alla possibilità di sedare e modulare stati emotivi dolorosi

688
Q

vulnerabilità dei bambini con attaccamento disorganizzato

A

più vulnerabili degli altri tipi di attaccamento ma non vengono identificati con forme di psicopatologia o disadattamento sociale

689
Q

condizione psicologica dell’attaccamento insicuro

A

impossibilità di utilizzare le risorse psicologiche in maniera produttiva

690
Q

disturbi da esternalizzazione

A

difficoltà nel controllare le manifestazioni impulsive e aggressive rivolte nei confronti degli altri, rispondono con rabbia e aggressività alle situazioni in cui provano disagio o frustrazione

691
Q

attaccamento prevalente dietro i disturbi da esternalizzazione

A

disorganizzato ma può esser presente anche qualche pattern dell’attaccamento insicuro

692
Q

bambini che mostrano comportamenti esternalizzati

A
  • rifiuto da parte dei pari
  • carriere scolastiche problematiche
  • vulnerabilità nel periodo dello sviluppo adolescenziale
  • possibilità di un disturbo antisociale e all’uso di sostanze
693
Q

percezione delle emozioni nei bambini esternalizzanti

A

la rabbia viene altamente esternalizzata mentre la paura e la vergogna vengono inibite, perché rappresentano segnali di vulnerabilità

694
Q

empatia per i bambini esternalizzanti

A

piuttosto che riconoscere le emozioni degli altri, soprattutto se disagio e vulnerabilità, adottano uno stile duro e aggressivo che cerca di sopprimere la risposta del dolore o del disagio

695
Q

regolazione emotiva e coping nei bambini esternalizzanti

A

difficoltà a mettere in atto strategie di coping adeguate alla situazione, scarsa capacità di controllo che li porta a rispondere in maniera aggressiva ed estremizzata alle situazioni

696
Q

capacità di dissimulare le emozione nei bambini esternalizzanti

A

non riescono a dissimulare le loro emozioni, la delusione, rispondendo in maniera aggressiva e intollerante.
Difficoltà di gestione dell’emotività e mancato controllo della strategia comportamentale

697
Q

coping centrato sull’emozione

A

nei bambini esternalizzanti.
La qualità dell’esperienza emotiva vincola la scelta della strategia comportamentale adottata, facendo sì che il comportamento risulti condizionato dallo stato emotivo provato

698
Q

affidamento esclusivo ad una sola modalità di coping

A

restringimento delle possibilità di scelta e di gestione delle situazioni, con un conseguente fallimento della strategia per farvi fronte

699
Q

comunicazione emotiva dei bambini esternalizzanti

A

clima ostile e punitivo delle famiglie: si assiste ad un’escalation dell’emotività negativa, di norma la rabbia, con una difficotlà a calmarsi

700
Q

quale disturbo è più correlato con i bambini disorganizzanti

A

disturbo di personalità antisociale

701
Q

disturbo di personalità antisociale

A
  • comportamenti che violano e non tengono conto i diritti e gli stati emotivi degli altri
  • contravvenendo alle regole sociali delle comunità di riferimento
  • decisioni prese senza tenere in considerazione le conseguenze per se stessi e gli altri
  • minimizzare le conseguenze dannose e l’entità del dolore recato agli altri
  • deficit nelle capacità empatiche: senso di colpa = emozione più carente
702
Q

disregolazione emotiva

A

incapacità di modificare o regolare i segnali che suscitano emotività, di modulare l’intensità dell’esperienza soggettiva, le azioni e le risposte verbali o non verbali emesse in situazioni di usuale vita quotidiana

703
Q

“infiammazione emotiva” per chi è affetto da disregolazione emotiva

A

l’individuo trova difficoltoso riuscire a calmarsi e presenta una propensione a riattivare l’emotività in maniera intensa anche a fronte di stimoli emotivamente blandi

704
Q

chi è affetto da disregolazione emotiva

A

persone affette da disturbo di borderline

705
Q

regolazione emotiva B

A

il soggetto organizza la propria sensibilità ai segnali emotivi: prestando attenzione alle espressioni del volto di una persona, ascoltando una musica piacevole, ecc

706
Q

regolazione emotiva C

A

reattività relativa alle risposte emotive di bassa magnitudine: il soggetto può rispondere a livello di esperienza soggettiva, livello comportamentale o fisiologico

707
Q

regolazione emotiva D

A

reattività alle risposte emotive di magnitudine alte: eventi importanti come la perdita di una persona casa oppure un incidente improvviso o violento

708
Q

regolazione emotiva E

A

conseguenze dell’evento emotivo: ciò che rimane dopo che questo dsi è verificato

709
Q

regolazione emotiva A

A

sensibilità emotiva ai segnali: capacità di coglierli in maniera più o meno accurata e dipende da tutti gli aspetti che abbiamo illustrato

710
Q

disturbo borderline di personalità

A
  • condizione psicopatologica grave

- mostra cosa significhi un funzionamento della regolazione emotiva deficitario

711
Q

dove ha origine la diregolazione emotiva

A

nella vulnerabilità emotiva in cui sono coinvolti tre componenti di base:

  1. sensibilità agli stimoli emotivi
  2. intensità della risposta
  3. lento ritorno alla condizione di funzionamento di base
712
Q

sensibilità nella disregolazione emotiva

A

agli stimoli emotivi che assume le caratteristiche di una sorta di ipervigilanza agli stimoli in grado di provocare emozione, con una propensione a coglierli in maniera veloce e intensa

713
Q

reattività emotiva nella disregolazione emotiva

A

un modo di rispondere in maniera immediata e intensa ai segnali veicolanti emozioni.
Risposte emotive intense ed estremizzate (disfunzione dell’amigdala e dei circuiti limbici)

714
Q

effetti più critici del disturbo borderline di personalità

A

impossibilità di tollerare stati emotivi intensi e dolorosi e cercare di limitarli utilizzando modalità disfunzionali quali i gesti o comportamenti di natura autolesiva

715
Q

risultato paradossale dei gesti autolesivi del disturbo di borderline

A

pur essendo azioni che procurano dolore, svolgono una temporanea funzione di sollievo dal dolore mentale, contribuendo al ciclo di diregolazione emotiva

716
Q

durata degli stati emotivi nel disturbo borderline

A

funzionamento emotivo costantemente attivato, senza possibilità di ritornare alla soglia di funzionamento di base che porta una disregolazione anche sul piano dei comportamenti

717
Q

caratteristiche della disregolazione emotiva

A

compromissione delle abilità di modulazione dell’esperienza emotiva

718
Q

sviluppo sociale

A

insieme dei processi attraverso cui l’individuo da un lato acquisisce la capacità di interagire con gli altri e di costruire relazioni e legami stabili e dall’altro interiorizza le regole, i simboli e gli strumenti della cultura e della società cui appartiene

719
Q

piani rispetto a cui avviene lo sviluppo sociale

A
  • intraindividuale: processi di comprensione, di attribuzione, di rielaborazione dei significati delle esperienze vissute
  • interindividuale: influenza che le relazioni costruite con gli altri esercitano sulle esperienze stesse
720
Q

percorso dello sviluppo sociale

A

attraverso cui l’individuo acquisisce competenze specifiche e si inserisce all’interno dei contesti socio-culturali signiticativi

721
Q

con cosa coincide lo sviluppo sociale

A

con la socializzazione

722
Q

abilità sociali interne

A

capacità di comprendere i pensieri, le emozioni e le intenzioni altrui

723
Q

di cosa risentono le singole abilità della competenza sociale

A

dei modelli culturali e sociali di riferimento

724
Q

quando un individuo è socialmente competente

A

NO manifestare singolarmente determinate abilità
SÌ in grado di coordinare e integrare tra loro , sui diversi piani dell’azione, delle emozioni e del pensiero, quelle dimensioni che appaiono centrali nella propria cultura e società

725
Q

prospettiva socio-culturale dello sviluppo

A

sviluppo = processo integrato che si articola in più direzioni e connette tra loro la dimensione cognitiva, sociale ed emotivo-affettiva

726
Q

come si costruisce la competenza sociale

A

gradualmente, nelle diverse fasi evolutive, nei singoli contesti e nelle speficihe relazioni

727
Q

competenza sociale durante la prima infanzia

A

nella contesto della relazione con il caregiver: i processi che avvengono in questa fase sono essenziali per un successivo sviluppo di tipo adattivo

728
Q

socializzazione precoce (relazione con il caregiver)

A

si identifica con la costruzione del legame affettivo di attaccamento, con la realizzazione di una prima forma di consapevolezza di sé
Equilibrio fra il bisogno di legarsi e di separarsi

729
Q

aspetti per comprendere la socializzazione primaria

A
  • esistenza di abilità sociali di base
  • costruzione di un legame di attaccamento
  • acquisizione della consapevolezza di sé
730
Q

riflessi neonatali

A

vere e proprie risposte istintive a stimoli ambientali specifici, che gli consentono il contatto fisico con l’adulto
es. suzione, rotazione del capo, prensione

731
Q

capacità percettive del neonato

A

consentono di vedere quest’ultimo come predisposto alla socialità.
Pur non avendo completato lo sviluppo dei sistemi sensoriali, il piccolo è in grado di percepire quegli stimoli che lo pongono in interazione diretta con l’adulto

732
Q

sensi nel neonato

A

tatto: senso maggiormente sviluppato
olfatto: consente al bambino di riconoscere, già a pochi giorni di vita, la propria madre dall’odore
vista e udito: appaiono sviluppati in funzione del contatto con l’adulto

733
Q

capacità del neonato di esprimere emozioni primarie

A

dialogo emotivo con il caregiver, grazie alla precoce sensibilità emotiva: in grado di rispondere in modo adeguato alle stimolazioni emotive dell’adulto

734
Q

teoria dell’attaccamento, chi

A

Bowlby

735
Q

costruzione di un legame affettivo esclusivo

A

avviene parallelamente al processo di separazione e individuazione

736
Q

fasi di sviluppo dell’attaccamento

A
  1. preattaccamento
  2. sviluppo dell’attaccamento
  3. attaccamento ben sviluppato
  4. relazioni in funzione dell’obiettivo
737
Q

preattccamento

A

0-2 mesi.

Risposta sociale indiscriminata

738
Q

sviluppo dell’attaccamento

A

2-7 mesi.

Apprendimento delle regole fondamentali dell’interazione

739
Q

attaccamento ben sviluppato

A

7-24 mesi.

Protesta al momento della separazione; cautela nei confronti degli estranei, comunicazione intenzionale

740
Q

relazioni in funzione dell’obiettivo

A

dai 24 mesi.

Relazioni più orientate alla reciprocità; i bambini comprendono le esigenze dei genitori

741
Q

stadio senso-motorio

A

0-2 anni.

Conoscenza senso-motoria. Strutture cognitive legate all’azione, Verso la fine emergere di simboli rappresentaizonali

742
Q

stadio preoperatorio

A

2-7 anni.
Uso dei simboli per comprendere il mondo. Gioco di fantasia. Pensiero egocentrico, inizio della considerazione del punto di vista altrui

743
Q

stadio operatorio concreto

A

7-11 anni.

Operazioni mentali, pensiero logico, problem-solving ancora legato ad eventi concreti

744
Q

stadio operatorio formale

A

da 11 anni.

Operazioni mentali, soluzioni diverse ai problemi e situazioni ipotetiche, pensiero proposizionale

745
Q

primi schemi di sé, del piccolo

A

schemi relazionali e orientano l’individuo nella direzione della costruzione di nuove e più complesse relazioni con gli altri

746
Q

acquisizione della permanenza dell’oggetto

A

comprensione dell’esistenza degli oggetti, sia fisici sia sociali, indipendentemente dall’esperienza contingente e quindi la loro “pensabilità” anche quando sono assenti

747
Q

definizione di permanenza dell’oggetto

A

possibilità di sostituire un oggetto con il pensiero di questo stesso: capacità simbolica

748
Q

passaggio dalla socializzazione primaria a quella secondaria

A

ampliarsi delle relazioni con i pari anche al di fuori del contesto familiare

749
Q

socialità e seconda infanzia

A

fase di costante ricerca della socialità, allo scopo di sperimentare le nuove possibilità offerte dalle acquisizioni evolutive

750
Q

confronto tra sé e gli altri

A

permette una migliore conoscenza reciproca, ad uno sviluppo morale

751
Q

duplice dimensione dello sviluppo sociale

A

relazione con gli altri e costruzione dell’autonomia

752
Q

cosa favorisce il gioco sociale di tipo simbolico

A

prima forma di intimità, costituita sulla condivisione di un mondo fantastico, sulla cui base si costruiranno le relazioni di amicizia e poi quelle sentimentali

753
Q

sviluppo dei bambini grazie al gioco sociale

A

vivere emozioni intense ma il confronto con gli altri induce ad esercitare un controllo sulle proprie modalità espressive, adattandole alla situazione sociale e relazionale

754
Q

funzioni svolte dal gioco individuale

A
  • esplorazione di sé e degli oggetti: più ampia conoscenza di sé e del mondo esterno
    = costruzione dell’identità individuale
  • concentrazione e attenzione in un compito
  • pianificazione della sequenza di azioni per raggiungere un obiettivo
  • sentimento di autoefficacia e controllo dell’ambiente
755
Q

manifestazioni precoci di preferenza sociale

A

presenti anche in età prescolare ma è nella fanciullezza che le relazioni con i coetanei diventano più selettive e costituiscono il prodotto di scelte e preferenze che vanno al di là del contesto e della situazione specifica in cui sono costruite

756
Q

percezione dell’amicizia già nella fanciullezza

A

legame specifico tra due o più partner, intimo e soprattutto sganciato da singole situazioni

757
Q

funzioni svolte dal legame d’amicizia

A
  • apprendimento delle abilità sociali
  • confronto tra pari
  • soddisfare il bisogno di appartenenza
  • sperimentare compagnia e divertimento
  • favorire la comprensione sociale
  • sostenere sul piano emotivo e preparare alle future relazioni di intimità
758
Q

senso del “noi” nella fanciullezza

A

condividere attività comuni rispetto alle quali si definiscono regole che devono essere rispettate
es. giocare senza litigare, invitarsi nelle occasioni piacevoli, sostenersi nei momenti di difficoltà, non tradirsi

759
Q

cosa richiede l’amicizia

A

un impegno nei confronti del partner e il rispetto dei vincoli posti dalla relazione stessa
= preparazione all’assunzione delle responsabilità caratteristiche della vita adulta

760
Q

compito evolutivo dell’adolescenza

A

portare a termine il processo di costruzione dell’identità

761
Q

perché è importante la costruzione dell’identità

A

implicazioni sul piano sociale: garantisce l’adattamento e il benessere sociale nell’età adulta

762
Q

secondo processo di individuazione

A

percorso complesso sul piano emotivo in quanto accompagnato dalla consapevolezza delle trasformazioni che avvengono dentro e fuori

763
Q

esplorazioni nell’adolescenza (Erikson)

A

il ragazzo esplora tutte le identificazioni possibili: sperimentate, confrontate, messe alla prova e lo pongono in uno stato di smarrimento, incertezza, sospensione

764
Q

come l’adolescente accede all’acquisizione vera e propria dell’identità

A

deve impegnarsi, compiendo una scelta e una sintesi originale tra le varie parti di sé riconosciute nella precedente fase di esplorazione e identificazione

765
Q

come avviene il processo di rielaborazione dell’adolescente

A

grazie al continuo confronto con i pari, alle pregresse relazioni familiari, ma anche grazie ai momenti di solitudine e di riflessione individuale

766
Q

solitudine dell’adolescente

A

a volte ricercata volontariamente, a volte temuta e vissuta con angoscia

767
Q

socialità più tipica dell’adolescenza di oggi

A

gruppo di aggregazione spontanea

768
Q

relazioni amicali, quando

A

caratteristiche della preadolescenza ma permangono anche quando vengono assorbite dal gruppo

769
Q

come si instaurano le relazioni amicali

A

fra soggetti dello stesso sesso, soddisfano i bisogni di sicurezza, di appartenenza, di introspezione, di intimità e di rispecchiamento

770
Q

gruppo tra pari = laboratorio sociale

A

luogo privilegiato per una sperimentazione dei comportamenti al di fuori del controllo immediato degli adulti e per l’apprendimento e il confronto delle strategie per risolvere i problemi sociali

771
Q

cosa favoriscono le interazioni di gruppo

A

capacità di tenere conto delle posizioni degli altri e quindi di negoziare, valutare e definire la propria reputazione sociale

772
Q

bisogno di separazione: grazie a cosa è sostenuto

A

dalle relazioni con i coetanei, perché viene favorita l’acquisizione di un’identità autonoma

773
Q

identità autonoma grazie al gruppo dei pari

A

confronto:

  • conoscenza di sé
  • consapevolezza delle proprie caratteristiche e dei propri interessi
774
Q

gruppo dei pari sul piano emotivo-affettivo

A

fornisce sicurezza emotiva: risponde al bisogno dell’adolescente di appartenenza, favorendo di fatto anche la costruzione dell’identità sociale

775
Q

gruppo dei pari sul piano socio-culturale

A

permette di avvicinarsi a modelli valoriali e culturali, alternativi e a quelli familiari e rappresenta un confronto ed una verifica continua delle proprie esplorazioni

776
Q

acquisizione della piena autonomia

A

assunzione di responsabilità sia rispetto a sé sia rispetto agli altri

777
Q

formazione di un legame di coppia stabile

A

implica l’assunzione di nuove responsabilità verso sé stessi e il partner

  • mantenimento della relazione
  • mantenimento della fedeltà
  • mantenimento del benessere reciproco
778
Q

condizione di stabilità di coppia

A

implica la costruzione di un’identità di coppia e la definizione e la collocazione di essa all’interno dell’universo relazionale di entrambi, costituito dalle famiglie di origine e dalle relazioni extrafamiliari

779
Q

diventare genitori

A
  • adeguare l’ambiente fisico-abitativo in funzione dell’accoglienza del nuovo nato
  • modificare l’organizzazione delle attività domestiche e familiari
  • attivare una rete di contatti e di relazioni al di fuori della famiglia allo scopo di creare un contesto anche esterno di tipo protettivo
780
Q

aspetti della genitorialità come compito di sviluppo

A
  • costruzione della relazione con i figli

- acquisizione di una nuova identità

781
Q

riduzione dell’autonomia nella terza età

A

ridefinizione delle relazioni interpersonali: mantenute le amicizie più intime, a scapito dei rapporti più superficiali, così come vengono rafforzati e recuperati i legami all’interno della cerchia famiiare

782
Q

risorse individuali per affrontare i cambiamenti dell’età anziana

A

dipende da come il singolo è in grado di arrivare meccanismi di compensazione, di selezione e di ottimizzazione per padroneggiare con successo l’inevitabile decadimento

783
Q

ritiro sociale nella seconda infanzia

A

percorso atipico della socializzazione.

Condizione definita da una bassa frequenza di interazioni con gli altri e un’alta frequenza di comportamento solitario

784
Q

3 modalità di ritiro sociale della seconda infanzia

A
  • passivo
  • attivo
  • reticente
785
Q

ritiro sociale passivo

A

condizione solitaria contraddistinta da attività esplorativa e di costruzione, condotta in modo quieto e sedentario.
Il bambino preferisce il gioco solitario ma non evidenziano difficoltà a intraprendere e mantenere interazioni con i coetanei

786
Q

ritiro sociale attivo

A

la bassa frequenza di interazioni con i coetanei si accompagna a comportamenti chiassosi e turbolenti, a giochi immaturi, prevalentemente di tipo sensomotorio.
Il bambino è più isolato dal gruppo, nonostante il tentativo di approccio

787
Q

ritiro sociale reticente

A

connessa ad inibizione e timidezza e caratterizzata dal tipico comportamento da “spettatore”.
Il bambino desidera inserirsi e intraprendere interazioni ma è bloccato da inibizione e prudenza sociale eccessiva che lo conduce a rimanere in disparte per poi ripiegare sul gioco solitario di tipo passivo

788
Q

descrizione qualitativa del ritiro sociale reticente

A
  • temperamento
  • alto grado di inibizione/ basso grado di attivazione
  • attaccamento insicuro o evitante
  • stile educativo di tipo assertivo e intrusivo
789
Q

qual è il ritiro sociale meno a rischio

A

passivo

790
Q

nodo critico della socializzazione, durante l’adolescenza

A

il processo di separazione/individuazione

791
Q

percorsi atipici nel processo di separazione/individuazione

A

continua esplorazione superficiale di esperienze differenti, vissute come parti di sé non integrate

792
Q

acquisizione dell’identità (Marcia)

A

assunzione di un impegno in un ambito precedentemente esplorato in modo approfondito

793
Q

stato di moratoria (Marcia)

A

continua esplorazione approfondita di realtà possibili, alla ricerca di condizioni sempre migliori, senza tuttavia dare luogo ad un impegno specifico in una sola direzione

794
Q

blocco dell’identità (Marcia)

A

comporta un impegno in una direzione prescelta indipendentemente dall’esplorazione di essa

795
Q

aspetti patologici della solitudine

A

si accompagnano a processi evolutivi disfunzionali: sentimento di isolamento provato nei confronti dei pari con cui si fatica ad entrare in relazione. senso di esclusione vissuto a scuola, sentimento di non accettazione percepito in famiglia

796
Q

indicatori della solitudine fisiologica

A
  • dipendenza/indipendenza dai genitori e dagli amici
  • alternanza di momenti di euforia e di attivazione fisica e di estrema passività emotiva e motoria
  • tentennamento tra la paura e la ricerca della solitudine
797
Q

come affrontare positivamente la sofferenza connessa alla necessità di separarsi

A

essere capaci di stare soli, di isolarsi temporaneamente dagli altri rispetto ai quali si sono costruite relazioni di fiducia e di sicurezza

798
Q

genitorialità difficile

A

gravidanza che si verifica in fasi della vita in cui l’individuo sta affrontando altri compiti di sviluppo, oppure una gravidanza che non si presenta, nonostante sia ricercata, oppure il bambino viene alla luce con una malattia

799
Q

sentimenti dei genitori in casi di handicap o deficit psicosociali

A

protezione e/o rifiuto

800
Q

morale

A

modo il cui gli esseri umani sentono, pensano e agiscono in rapporto a due questioni fondamentali: il benessere e la cura di altre persone da un lato, i diritti e la giustizia nelle relazioni interpersonali dall’altro

801
Q

organo della morale

A

coscienza: insieme di processi cognitivi, affettivi e relazionali che influenzano e guidano i modo in cui gli individui agiscono in relazione a degli standard di comportamento

802
Q

sviluppo morale secondo l’approccio cognitivo-evolutivo

A

si evolve parallelamente allo sviluppo cognitivo del bambino lungo una sequenza ordinata di stadi di sviluppo comuni a tutti gli individui

803
Q

ambino morale, secondo l’approccio cognitivo-evolutivo

A

una manifestazione, al pari di altri ambiti dello sviluppo, del livello di organizzazione cognitiva del bambino e si focalizza più sulla dimensione del giudizio o del ragionamento morale che sul sentimento o sul comportamento morale

804
Q

giudizio morale del fanciulllo, Piaget

A

tutte le manifestazioni cognitive sono interdipendenti fra loro, per cui anche lo sviluppo morale rappresenta una funzione del più generale processo di organizzazione cognitiva che ha luogo nel corso dello sviluppo

805
Q

cosa interessava a Piaget, sullo sviluppo morale

A

comprendere come i bambini si rapportassero alle regole in generale

806
Q

pratica delle regole fino ai 3 anni

A

il bambino non applica delle vere e proprie regole durante il gioco, si limita a mettere in atto degli schemi di condotta ritualizzato cercando di accomodare i propri schemi motori alla nuova esperienza del gioco

807
Q

pratica della regola fino ai 5 anni

A

applicazione acritica: regolata dall’esterno, da un adulto o da un compagno più esperto, senza capacità effettiva di cooperazione

808
Q

realismo morale (Piaget)

A

fino agli 8-10 anni.
I doveri morali e le regole sono visti come entità concrete, giuste in sé, rigide e immutabili, indipendenti dal contesto, dalla situazione e dalla storia personale dell’individuo

809
Q

eteronomia morale, durante il realismo morale

A

l’origine dei principi morali è esterna all’individuo e la loro validità è determinata dall’autorità di chi li ha emanati

810
Q

caratteristiche del realismo morale

A
  • responsabilità oggettiva
  • giustizia retributiva
  • sanzione espiatoria
811
Q

responsabilità oggettiva (realismo morale)

A

commisura la gravità della colpa in funzione del danno provocato

812
Q

giustizia retributiva (realismo morale)

A

ad ogni trasgressione deve seguire una punizione che ristabilisca l’ordine naturale delle cose (occhio per occhio)

813
Q

sanzione espiatoria (realismo morale)

A

se ogni violazione della regola implica una punizione, ogni punizione è giusta perché non può essere altro che l’effetto di una violazione di regole

814
Q

relativismo morale (Piaget)

A

le regole morali non sono più considerate immutabili, ma fondate sulla cooperazione e sulla reciprocità.
Si assegna più importanza alle intenzioni che sottendono l’agire

815
Q

caratteristiche del relativismo morale

A
  • responsabilità soggettiva
  • giustizia distributiva
  • sanzione per reciprocità
816
Q

responsabilità soggettiva (relativismo morale)

A

lega il giudizio sui comportamenti all’intenzionalità dell’azione

817
Q

giustizia distributiva (relativismo morale)

A

ide di uguaglianza fra le persone e di reciprocità: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te

818
Q

sanzione per reciprocità (relativismo morale)

A

la punizione debba adattarsi alla natura e alla gravità della colpa in funzione di uno scopo

819
Q

teoria stadiale dello sviluppo, chi?

A

Kohlberg

820
Q

principi del modello della teoria stadiale dello sviluppo morale

A
  • universalità: tutti gli individui organizzano le proprie idee sulla morale utilizzando analoghi schemi mentali
  • evoluzione degli schemi: si modificano nel corso della vita in relazione allo sviluppo cognitivo e consentono il passaggio da un livello inferiore di moralità livelli sempre più avanzati e maturi
  • stadialità degli schemi: compaiono nel corso della vita secondo una sequenza ordinata e invariante
821
Q

metodo dei dilemmi morali di Kohlberg

A

vengono proposte alcune situazioni in cui un individuo deve fronteggiare una serie di evenienze in cui deve scegliere fra due o più doveri

822
Q

dilemma più famoso di Kohlberg

A

dilemma di Heinz e di sua moglie malata di cancro

823
Q

tre livelli di ragionamento scoperti di Kohlberg grazie al dilemma di Heinz

A
  • pre-convenzionale
  • convenzionale
  • post-convenzionale
824
Q

livello pre-convenzionale (Kohlberg)

A

fino ai 9-10 anni.

Le norme morali e sociali sono vissute come esterne al sé e non sono oggetto di una riflessione da parte dell’individuo

825
Q

livello convenzionale (Kohlberg)

A

gli obblighi, le regole e le aspettative sono sperimentati come componenti salienti del sé.
La maggior parte delle persone nella società

826
Q

livello posto-convenzionale (Kohlberg)

A

alcune persone superano il livello convenzionale.

I giudizi morali sono formulati da principi generali di libertà, equità, solidarietà

827
Q

limiti del metodo di Kohlberg

A
  • inadeguatezza: i dilemmi avevano una scarsa validità perché troppo lontani dalla realtà
  • differenze di genere: eccessiva importanza al ruolo delle convenzioni
  • differenze culturali: concezione dello sviluppo morale ispirata a principi occidentali
  • comportamento morale: non fornisce una consistente base per spiegare l’effettivo comportamento morale
828
Q

critica di Bandura al modello Kohlberg

A

ritiene infondata l’ipotesi di una progressione universale dello sviluppo morale che non tenga conto delle influenze dell’ambiente di vita del bambino

829
Q

ambito morale

A

concetti di benessere, giustizia e diritti umani, che sono dipendenti dalle caratteristiche intrinseche delle relazioni interpersonali

830
Q

caratteristiche delle prescrizioni morali

A
  • obbligatorie: l’individuo percepisce un sentimento di obbligo interiore a seguire la regola
  • generalizzabili: la validità della norma deve essere generale e universale in tutte le situazioni pertinenti
  • impersonali: la norma a cui si fa riferimento è valida indipendentemente da gruppi o autorità che l’hanno istituita e pertanto non è modificabile da un individuo o da gruppi di individui
831
Q

convenzioni

A

standard concordati riguardanti il comportamento sociale e sono determinate dal sistema sociale di riferimento in cui la persona è cresciuta

832
Q

a cosa servono gli standard convenzionali

A

a regolare le interazioni tra persone appartenenti a un sistema sociale

833
Q

caratteristiche delle regole convenzionali

A
  • stabilite d’autorità
  • non sono universali
  • non sono generalizzabili
834
Q

origini affettive dello sviluppo morale

A

l’empatia ne è alla base

835
Q

definizione di empatia

A

attivazione di processi psicologici che fanno sì che una persona abbia sentimenti che sono più congruenti con la situazione di un’altra persona piuttosto che con la propria

836
Q

nascita ed evoluzione dell’empatia

A

attitudine di natura innata che trova i suoi presupposti neurobiologici nei neuroni specchio e che è andata sempre più specializzandosi nel corso dell’evoluzione in virtù del suo ruolo adattivo ai fini della sopravvivenza della specie

837
Q

stadio 0 dell’empatia

A

pianto reattivo del neonato: quando il bambino ascolta il pianto di un altro bambino, tende a piangere a propria volta
= contagio emotivo: attivato da un meccanismo primitivo di imitazione motoria

838
Q

Stadio 1 dell’empatia

A

Empatia egocentrica, intorno ai 6 mesi.
Il bambino è entrato in sintonia con lo stato mentale dell’altro e cerca di consolare soprattutto se stesso dalla condizione di sofferenza emotiva che sta sperimentando

839
Q

Stadio 2 dell’empatia

A

Empatia quasi egocentrica, intorno ai 2 anni.
Si comincia a prendersi cura dell’altro, di fronte ad un disagio il bambino tende ad aiutare l’altro ma con modalità poco efficaci a causa dei limiti di natura cognitiva che lo rendono incapace di comprende quali siano i veri bisogni dell’altro

840
Q

Stadio 3 dell’empatia

A

empatia veridica: in risposta alla situazione dell’altro ed è resa possibile da accresciute abilità cognitive, che consente al bambino di distinguere i confini del sé da quelli dell’altro rendendolo consapevole che i bisogni dell’altro possono essere diversi dai propri

841
Q

stadio 4 dell’empatia

A

condizione esistenziale dell’altro: stadio più maturo e implica capacità astratte di pensiero, l’identificazione empatica avviene in rapporto alle condizioni generali di vita dell’altra persona

842
Q

dall’empatia alla moralità

A

l’esperienza empatica è il motore che dà avvio al processo per la costruzione di un pensiero e un comportamento morale

843
Q

livelli troppo elevati di distress empatico

A

effetto paradosso dell’empatia: l’osservatore prova una sofferenza maggiore della vittima e il disagio provato è tale da indurre le persone a evitare il contatto con la sofferenza altrui

844
Q

caratteristiche del comportamento prosociale

A
  • differenza individuali

- questo comportamento tende a mantenersi negli anni

845
Q

internalizzazione dei principi morali

A
  • livello più elevato dell’orientamento morale-prosociale
  • processo secondo il quale i principi morali ai quali il bambino è esposto nel proprio ambiente, inizialmente vissuti come esterni a sé, diverranno progressivamente parte del sé, saranno percepiti dall’individuo come autogenerati e assumeranno un valore intrinseco indipendente da fattori contestuali
846
Q

socializzazione morale

A

termine col quale si denotano i processi cognitivi, affettivi e sociali attraverso i quali i bambini assimilano e rielaborano nel corso del processo di crescita i valori, i principi e le regole morali propri della comunità sociale di riferimento

847
Q

strategie disciplinari che hanno impatto sul processo di interiorizzazione morale (Hoffman)

A
  • basata sul potere: il bambino aderisce alle richieste genitoriali per paura (NO interiorizzazione)
  • basata sul ritiro dell’amore: adesione alle richieste per timore di perdere l’affetto (NO interiorizzazione)
  • disciplina induttiva: empatia (SÌ interiorizzazione)
848
Q

critica alle strategie disciplinari di Hoffman

A

spesso i genitori non adottano un unico stile disciplinare e la maggior parte di essi fa ricordo a più modalità in relazione alle circostanze, alla gravità della trasgressione o all’obiettivo da conseguire

849
Q

da cosa dipende la socializzazione morale

A

NON SOLO dalle strategie genitoriali

MA ANCHE dal modo in cui il figlio percepisce e valuta i valori dei genitori

850
Q

fattori che esercitano influenza sulla trasmissione dei principi morali

A
  • accuratezza della percezione: ha a che fare con la chiarezza con cui il figlio percepisce i valori dei propri genitori
  • ridondanza: tendenza dei genitori a ribadire il proprio punto di vista ai figli
  • coerenza: tra i valori prefissati e il concreto comportamento
  • clima affettivo positivo
  • flessibilità genitoriale: atteggiamento intrusivo e controllante si associa a comportamenti di tipo deviante
851
Q

coscienza morale

A

insieme di processi cognitivi, affettivi, relazionali e altri ancora che influenza il modo in cui i bambini costruiscono i propri standard interni e generalizzabili di condotta e agiscono coerentemente con essi

852
Q

prime forme di coscienza e forme più evolute

A

hanno molto in comune

853
Q

modi per indagare la comparsa di una struttura di coscienza nel bambino

A

osservare gli effetti emotivi e comportamentali nel bambino in risposta alle sanzioni e alle ricompense degli adulti

854
Q

primi indizi dell’emergere del senso di colpa

A

il turbamento infantile nei confronti di oggetti rotti

855
Q

passaggio cruciale nella formazione della coscienza morale

A

quando i bambini percepiscono sé stessi come agenti causali e quindi responsabili delle proprie azioni

856
Q

perché i bambini ubbidiscono

A

non solo per la paura di una punizione ma per la precoce adesione a principi e standard morali interiorizzati

857
Q

percorso evolutivo dell’obbiedenza

A
  • i comportamenti di disobbedienza sono molto frequenti e vanno considerati un’espressione fisiologica dello sviluppo
  • occorre valutare la frequenza e le modalità attraverso cui il bambino disobbedisce
  • l’obbedienza può essere considerata un precursore del successivo sviluppo morale
858
Q

due tipologie dei comportamenti di obbedienza

A
  • centrata sulla situazione: è cooperativo ma non aderisce con entusiasmo alla richieste dell’adulto
  • basata sull’impegno: collabora con entusiasmo alle attività familiari e sembra aderire con partecipazione ai valori materni
859
Q

bambini e due tipologie di obbedienza

A

quelli che hanno un’obbedienza centrata sull’impegno sono quelli che aderiranno maggiormente ai valori parentali e in età più mature il sé morale assumerà sempre maggiore rilievo nella regolazione della condotta morale

860
Q

bullismo

A

messa in atto, nell’ambito di gruppi di pari, di ripetuti atti aggressivi verso qualcuno che non è in grado di difendersi

861
Q

da cosa è motivato il bullo

A

da un forte bisogno di accrescere il proprio dominio sociale sul gruppo.
Il fenomeno deve essere esteso all’intero gruppo dei pari

862
Q

ruoli diversi nel bullismo oltre a bullo e vittima

A
  • aiutanti del bullo: non prendono direttamente l’iniziativa ma sono pronti a sostenerlo quando si tratta di passare all’azione
  • sostenitori del bullo: incoraggiano l’azione, deridendo le umiliazione subite dalla vittima
  • spettatori passivi: sembrano neutrali rispetto a ciò che accade in classe
  • difensori: cercano di proteggere e sostenere la vittima
863
Q

ragionamento morale del bullo

A

di tipo egocentrico: tendono a minimizzare le conseguenze delle proprie azioni sulla vittima, si rifugiano dietro una responsabilità fi gruppo e raramente riferiscono sentimenti di colpa o di vergogna in relazione alle condotte prevaricanti

864
Q

maggiore frequenza di bullismo nella scuola dell’infanzia

A

può essere attribuita alle ridotte capacità di autoregolazione del comportamento e a una minore abilità nell’assumere la prospettiva dell’altro

865
Q

bulli e capacità empatica

A

più abili degli altri a comprendere gli stati mentali dell’altro
limite però: minore capacità di sintonizzarsi affettivamente con le emozioni con le emozioni dell’altro e questo li induce a non percepire il grado di sofferenza inflitta alla vittima

866
Q

alcuni bulli possono presentare caratteristiche specifiche

A
  • ritardo nello sviluppo del giudizio morale

- distorsione della realtà in chiave egocentrica

867
Q

dal giudizio morale al comportamento delinquenziale

A
  • credenze e valori dominanti nel contesto di vita del soggetto
  • età dei soggetti
  • intelligenza
  • istituzionalizzazione
868
Q

credenze e valori dominanti nel comportamento delinquenziale

A

ragazzo con basso livello di sviluppo morale + contesto socio-economico di povertà
= ricorrerà a comportamenti devianti per conseguire obiettivi personali

869
Q

età dei soggetti nel comportamento delinquenziale

A

ritardo nello sviluppo morale può avere un maggiore effetto sul comportamento delinquenziale nella tarda adolescenza piuttosto che nella prima adolescenza

870
Q

intelligenza e comportamento delinquenziale

A

intelligenza = fattore di protezione rispetto alla messa in atto di condotte delinquenziali
Persone con abilità cognitive = possibilità di incrementare il loro giudizio morale

871
Q

istituzionalizzazione e comportamento delinquenziale

A

raramente i giovani traggono giovamento da una sanzione di tipo reclusivo

872
Q

da cosa è regolata la condotta trasgressiva, secondo Bandura

A

da due tipi di sanzioni

  1. sanzioni sociali: espongono la persona a una punizione o a una censura da parte della società
  2. sanzioni interne: espongono la persona a sentimenti di autocondanna e di riprovazione per il proprio comportamento, diminuendo il senso di autostima e di rispetto
873
Q

quale tipo di sanzione (Bandura) influisce di più sul comportamento

A

le sanzioni interne perché le persone agiscono in modo da avere soddisfazione e autostima da ciò che fanno

874
Q

principi morali non sempre attivati

A

vengono attivati e/o disattivati a seconda delle circostanze e della convenienza personale

875
Q

meccanismi di disimpegno morale

A

funzione di disimpegnare temporaneamente la condotta dei principi morali

876
Q

vantaggi dei meccanismi di disimpegno morale

A

non si vive il senso di biasimo per aver trasgredito un proprio principio morale, l’autostima non ne risulta intaccata

877
Q

8 meccanismi di disimpegno morale (Bandura)

A
  1. giustificazione morale: ricostruzione cognitiva del comportamento che viene considerato più accettabile in nome di più alti ideali
  2. etichettamento eufemistico: attenuare le parole (bombe intelligenti, pulizia etnica)
  3. confronto vantaggioso: confronto con altri comportamenti e il nostro si giustifica
  4. dislocamento delle responsabilità: la responsabilità dell’azione viene attribuita ad altre figure più autorevoli
  5. diffusione della responsabilità: se tutti sono responsabili allora nessuno lo è
  6. distorsione delle conseguenze: obiettivo più raggiungibile se non si considerano le conseguenze
  7. de-umanizzazione della vittima: eliminando empatia, la vittima viene de-umanizzata
  8. attribuzione di colpa: prendersela con gli avversari o con le circostanze
878
Q

psicopatologia dello sviluppo

A
nata intorno agli anni 70 dall'incontro di diverse aree di ricerca:
psicologia generale dello sviluppo
psicologia cognitiva
psichiatria infantile
psicologia clinica
879
Q

di cosa si occupa la psicopatologia dello sviluppo

A

dello sviluppo e delle sue deviazioni, studiando l’origine e l’evoluzione dei pattern individuali di comportamento disadattato

880
Q

da cosa dipende l’evoluzione a lungo termine di un individuo

A

interazione tra gli eventi sfavorevoli e favorevoli: ossia tra i fattori di rischio e i fattori protettivi

881
Q

fattori di rischio che favoriscono l’evoluzione verso disturbi psicopatologici in età evolutiva

A

per la maggior parte dei disturbi non esiste un’unica causa

882
Q

4 domini di rischio (Greenberg)

A
  1. caratteristiche interne al bambino: vulnerabilità biologica, funzioni neurocognitive, temperamento
  2. qualità delle relazioni primaria di attaccamento
  3. stile educativo parentale e strategie di socializzazione
  4. ecologia familiare: eventi vitali critici, stress e traumi della vita familiare, risorse organizzative familiari, rete sociale
883
Q

limiti della valutazione descrittiva

A
  • non conosce o non sa interpretare la storia personale, familiare e sociale del bambino
  • non sa fare previsioni sulla possibile evoluzione di questa storia
884
Q

riferimento per i problemi dello sviluppo

A
  • modello medico: una patologia o una condizione anomale creano una sofferenza o altri tipi di problemi
  • modello clinico: in termini preventivi, curativi o riabilitativi
885
Q

intervento preventivo

A

prevenzione primaria, secondaria e terziaria (coincide con la riabilitazione)

886
Q

prevenzione primaria

A

si propone di proteggere i soggetti sani, annullando o riducendo il rischio di malattia.
Alla base ci sono conoscenze sulla causa di una malattia o ai fattori principali che ne influenzano il manifestarsi

887
Q

prevenzione secondaria

A

agisce su un processo patogeno già in atto, in cui i soggetti sono già stati colpiti da un danno, che però non è ancora manifesto a livello clinico

888
Q

intervento terapeutico

A

un soggetto affetto da una malattia clinicamente evidente verrà trattato in modo da eliminare la causa di malattia oppure bloccarne l’effetto, attenuare il processo patologico e/o i suoi sintomi e limitare il danno da esso derivante

889
Q

intervento riabilitativo

A

si effettua sulle situazioni in cui la malattia ha danneggiato il soggetto, sia in seguito a un decorso acuto, sia durante un decorso cronico

890
Q

attività di primo livello

A

consulenza: atto molto complesso e delicato, perché opera in uno spazio e in un tempo limitati e “vergine”

891
Q

multifattorialità dei disturbi e lavoro di equipe

A

diverse figure si trovano a cooperare in un lavoro di equipe allo scopo di inquadrare e gestire le varie situazioni cliniche in tutta la loro complessità

892
Q

approccio multifattoriale, comprende un esame di:

A
  • funzionamento psicologico del soggetto
  • caratteristiche del sistema di accudimento-cure
  • esperienza interpersonale e dei pattern interattivi tra il bambino e il caregiver nel loro contesto di vita
893
Q

test di sviluppo

A

la valutazione tramite test, a differenza della valutazione intuitiva, consente di trasformare l’osservazione soggettiva in osservazione intersoggettiva, riproducibile e controllabile, prevedendo stimoli uguali per tutti, istruzioni standardizzate, griglie rigorosamente definite per il punteggio e la classificazione delle risposte

894
Q

i disturbi sul I asse

A

disturbi nello sviluppo emotivo, affettivo e relazionale.
Raggruppamento in
1. disturbi da internalizzazione: ansia, doc, dell’umore
2. disturbi da esternalizzazione: delle condotta, da deficit d’attenzione e iperattività

895
Q

caratteristiche dei disturbi da internalizzazione

A

ipercontrollo sul comportamento e prevalenza di modalità rappresentative distorte e disfunzionali

896
Q

caratteristiche dei disturbi da esternalizzazione

A

ipocontrollo, scarsa riflessività, carenza nelle abilità di problem-solving e di pensiero

897
Q

behavioral checklist

A

questionari comportamentali per avere un’immediata lettura della severità e dell’ampiezza dei problemi delle aree di internalizzazione ed esternalizzazione.
Consentono di raccogliere informazioni relativamente ai diversi contesti in cui vive il soggetto

898
Q

disturbi da internalizzazione, disturbi d’ansia

A
  • sindrome d’ansia da separazione
  • sindrome fobica
  • sindrome di ansia sociale
  • sindrome ansiosa generalizzata
899
Q

sindrome d’ansia da separazione

A

ansia eccessiva manifestata dal bambino quando si deve separare da qualcuno della famiglia a cui è profondamente attaccato.
Tendono a esprimere paure irrealistiche e persistenti riguardo al verificarsi di eventi catastrofici che li possano separare per sempre dai genitori

900
Q

sindrome fobica dell’infanzia

A

quando la paura nei confronti di particolari oggetti, animali o situazioni è eccessiva e persistente.
Può interferire con il normale funzionamento dell’individuo e con la vita dei familiari

901
Q

sindrome di ansia sociale dell’infanzia

A

eccessiva timidezza nei confronti di situazioni e figure nuove o poco familiari

902
Q

sindrome ansiosa generalizzata dell’infanzia

A

presenza di uno stato di ansia eccessiva e di preoccupazione irrealistica, non è possibile collegarla a particolari stimoli ambientali

903
Q

strumenti di valutazione per l’ansia

A

child behavioral checklist, scala d’ansia per l’età evolutiva, child depression scale

904
Q

intervento terapeutico dei disturbi d’ansia

A

programmi cognitivo-comportamentali.
Obiettivo: aiutare il bambino a riconoscere i segnali dell’impellente arousal ansioso e fare in modo che questi servano come indicatori per l’utilizzo di adeguate strategie di gestione dell’ansia

905
Q

intervento terapeutico sui disturbi d’ansia, diviso in due parti

A
  1. orientamento pedagogico e di acquisizione delle abilità: il bambino è aiutato in modo semplice ad identificare le varie componenti della propria reazione ansiosa
  2. bambino guidato nella messa in pratica delle abilità apprese, attraverso una graduale esposizione alle situazioni temute, prima immaginativa e poi in vivo
906
Q

criticità della terapia sui disturbi d’ansia

A

mantenimento dei risultati nel tempo e rischio comune di ricadute successive

907
Q

disturbi d’ansia in infanzia ed età adulta

A

chi soffre di un disturbo d’ansia nell’infanzia ha il rischio di sviluppare un disturbo d’ansa in età adulta 3-4 volte maggiore rispetto ai bambini non affetti

908
Q

a cosa può essere associato il disturbo d’ansia nell’infanzia

A

comorbilità con la depressione e associato a successive difficoltà di separazione nella vita adulta (andarsene di casa, cambiare lavoro)

909
Q

disturbi da esternalizzazione

A

disturbi della condotta e disturbi oppositivo-provocatorio

+ deficit d’attenzione e iperattività

910
Q

caratteristiche dei disturbi di condotta

A
  • modalità ripetitiva
  • persistente condotta antisociale, aggressiva e provocatoria
  • violazione dei diritti fondamentali degli altri e/o delle norme e regole
911
Q

come capire quando un soggetto è affetto da disturbi della condotta

A

le modalità devono essere osservate per almeno 6 mesi consecutivi e devono causare una compromissione del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo

912
Q

indicatori dei disturbi della condotta

A

maschi sotto i 18 anni: dal 6% al 16%
femmine sotto i 18 anni: dal 2% al 9%
disturbo associato con condizioni ambientali psicosociali sfavorevoli

913
Q

trattamenti per i disturbi della condotta

A

più efficaci: interventi precoci

disturbo resistente al trattamento soprattutto in adolescenza

914
Q

modello evolutivo bidirezionale dei disturbi della condotta

A

influenza reciproca tra un bambino con difficoltà temperamentali e una madre la cui storia di vita e il suo attuale stato mentale le impediscono di relazionarsi in maniera sintonica

915
Q

difficoltà di mentalizzazione presente nei bambini con disturbi della condotta

A

incapacità di riflettere sui propri stati mentali e di comprendere il comportamento di un’altra persona

916
Q

da cosa dipende una buona mentalizzazione del bambino

A

l’attaccamento sicuro è una base

917
Q

perché gli attaccamenti di tipo disorganizzato non permettono una buona mentalizzazione nel bambino

A

la comprensione del comportamento del caregiver, l’assumere la sua prospettiva mentale, porterebbe i bambini a confrontarsi con rappresentazioni estremamente dolorose, cariche di odio, crudeltà o indifferenza

918
Q

difficoltà a mentalizzare

A

priva della possibilità di sviluppare empatia col dolore e con la sofferenza altrui o semplicemente con la possibilità di immaginare l’esistenza stessa dei suoi stati mentali

919
Q

difficoltà di mentalizzazione e aggressività

A

la mentalizzazione degli stati mentali altrui diventa inibizione all’aggressività

920
Q

intervento disturbi della condotta: bambini piccoli

A

centrare l’intervento terapeutico sulla relazione madre/bambino e/o sulla coppia genitoriale

921
Q

parent training

A

percorsi “psicoeducativi”.
Programmi strutturati, volti alla promozione nei genitori di nuove competenze comunicative, educative, di gestione delle regole e del conflitto

922
Q

cosa prevede il programma di parent training

A

diverse unità di lavoro con lo scopo di aiutare i genitori su diversi aspetti dell’interazione con il figlio:

  • comprensione della natura del problema
  • imparare ad effettuare delle scelte educative che favoriscano l’autoregolazione
  • individuare i comportamenti negativi del bambino
  • ampliare il bagaglio delle strategie educative
923
Q

cosa viene migliorato grazie al parent training

A

abilità interpersonali del genitore e del bambino

= comportamento sociale più efficace

924
Q

quale migliore approccio per i disturbi della condotta

A

cognitivo-comportamentale.
es. training dell’autocontrollo, agire sul dialogo interno (far riconoscere i pensieri al bambino), anger coping program

925
Q

intervento col genitore nel trattamento dei disturbi della condotta

A
  • osservare la relazione
  • gestione delle “regole educative”
  • negoziazione dei bisogni
926
Q

anger coping program

A
  • aumento della consapevolezza dei fenomeni affettivi e cognitivi legati all’attivazione della rabbia
  • potenziamento delle attività autoriflessive e di autocontrollo
  • incremento dei repertori comportamentali dei bambini di fronte ai conflitti sociali
927
Q

legame disturbi della condotta e delinquenza

A

è stato accertato il legame tra i disturbi della condotta nei maschi e i comportamenti delinquenziali e criminali negli adulti
invece per le femmine sfocia in un disturbo depressivo o ansioso

928
Q

evoluzione del disturbo oppositivo provocatorio

A

precursore e fattore predisponente all’insorgenza del disturbo della condotta

929
Q

cosa sono i ddai

A

deficit di attenzione e iperattività:
quadri clinici ad esordio precoce che combinano un comportamento iperattivo/impulsivo scarsamente modulato con una mancanza di perseveranza nell’esecuzione di un compito

930
Q

3 sottotipi di ddai

A
  • disturbo da deficit di attenzione/iperattività con disattenzione predominante
  • disturbo da deficit di attenzione/iperattività con iperattività-impulsività predominante
  • disturbo da deficit di attenzione/iperattività tipo combinato
931
Q

ddai e comorbilità

A

è molto frequente la comorbilità conaltri disturbi

932
Q

quali fattori sono rilevanti nei ddai

A

di natura neurobiologica

ma ha parte importante, per modulare le problematiche, anche l’ambiente sociale e familiare

933
Q

quando si determina e si mantiene un disturbo da esternalizzazione

A

quando si è in presenza di atteggiamenti genitoriali, con forme di legame che richiedono un’amplificazione del deficit stesso, che si trasforma quindi in sintomo

934
Q

percorso diagnostico dei disturbi da esternalizzazione

A

raccolta dei dati anamnestici personali e familiari, affiancati da una raccolta di informazioni del contesto scolastico e i livelli di apprendimento, più un accurato esame neuropsicologico del bambino che preveda:

  • competenze di pianificazione
  • monitoraggio e controllo dell’azione
  • capacità di inibire la risposta
935
Q

modelli di trattamento per ddai, si muovono su 3 ambiti

A
  • miglioramento delle abilità autoregolative del bambino
  • coinvolgimento delle figure genitoriali del nel contenimento e nella gestione educativa quotidiana del bambino
  • sostegno agli insegnanti e al contesto scolastico
936
Q

i disturbi sul II asse

A
  • disturbi della funzione motoria
  • disturbi della funzione linguistica
  • disturbi dell’apprendimento scolare
  • sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico (es, autismo)
937
Q

caratteristiche biologiche dei disturbi del II asse

A
  • esordio precoce nell’infanzia
  • decorso naturale che tende alla cronicizzazione con un lieve miglioramento spontaneo al crescere dell’età
  • correlati alla maturazione biologica del snc ma non correlati ad una malattia
  • presentano una base familiare ereditaria per disturbi uguali o simili
  • più frequenti nei maschi che nelle femmine
938
Q

cosa occorre per fare diagnosi di disturbo specifico dello sviluppo

A

disporre di strumenti anamnestici, osservativi e testologici capaci di descrivere la severità del disturbo, la sua qualità intrinseca e in generale la sua indipendenza da malattie del snc

939
Q

criteri diagnostici per il disturbo evolutivo specifico della funzione motoria

A

un punteggio ad un test standardizzato di coordinazione motoria fine oppure di motricità grossolana almeno due deviazioni standard al di sotto del livelli atteso in base all’età cronologica del bambino

940
Q

criterio sociale dei disturbo evolutivo specifico della funzione motoria

A

il disturbo interferisce con il profitto scolastico e con le attività quotidiane

941
Q

strumenti di valutazione per il disturbo evolutivo specifico della funzione motoria

A

Brunet-Lezine, Griffiths, Denver.
Permettono di valutare lo sviluppo del bambino nelle aree della motricità grossolana, fine e dell’autonomia personale e sociale
= forniscono per ogni area la media dello sviluppo e le deviazioni standard in difetto o in eccesso

942
Q

interventi sul bambino con disturbo motorio

A

praticati dal fisioterapista: reinterpretare la fisioterapia in modo che questa diventi esperienza di vita quotidiana piuttosto che rinchiudere la vita all’interno del mero esercizio terapeutico

943
Q

tecniche fisioterapiche utilizzate per i disturbi motori

A

tecniche di facilitazione afferenziale:

utilizzano stimolazioni di tipo sensoriale e cenestesico per stimolare lo sviluppo dei pattern motori corretti

944
Q

su cosa possono agire le tecniche di facilitazione afferenziale

A
  • livello sottocorticale: indipendenti dal controllo volontario = per lo sviluppo della motricità grossolana
  • livello corticale: dipendenti dal controllo volontario = per lo sviluppo della motricità fine
945
Q

due forme di disturbo specifico del linguaggio

A
  • compromesse sia la comprensione che l’espressione del linguaggio
  • compromessa solo l’espressione linguistica
946
Q

cos’è il linguaggio secondo la Bishop

A

un edificio che ha come fondamenta le strutture di comprensione linguistica su cui poi si costruiscono le capacità espressive
QUINDI
disturbo della comprensione del linguaggio = compromissione delle abilità espressive

947
Q

disturbo specifico del linguaggio espressivo

A
  • la capacità di esprimersi mediante il linguaggio è più di due deviazioni standard al di sotto del livello appropriato per l’età del bambino
  • la capacità di comprensione del linguaggio è compresa entro il limite di due deviazioni standard per l’età del bambino
948
Q

disturbo misto della comprensione e dell’espressione del linguaggio

A

la comprensione del linguaggio è di due deviazioni standard al di sotto del livello appropriato per l’età del bambino

949
Q

cosa deve mancare per diagnosticare il disturbo specifico del linguaggio

A

alterazioni neurologiche, sensoriali, anatomiche, un’intelligenza non verbale compromessa

950
Q

strumenti di valutazione per la comprensione semantica

A

peabody picture vocabulary test:

si richiede al soggetto di indicare oggetti denominati dall’esaminatore su un campione di figure

951
Q

test per la comprensione sintattica

A

testi di ricezione grammaticale di Bishop:

si richiede al soggetto di indicare azioni illustrate da frasi dell’esaminatore su un campione di figure

952
Q

cosa può fare il genitore per migliorare lo sviluppo linguistico del figlio

A

leggere libri al bambino fin dai 6 mesi

953
Q

metodi riabilitativi logopedici più usati

A
  • metodo ortofonico “sintomatico”
  • metodo logopedico “psicoterapico”
  • metodo logopedico “naturale”
954
Q

metodo ortofonico “sintomatico”

A

metodo più classico, più lineare e direttivo.
Il logopedista chiede al bambino di eseguire esercizi programmati e finalizzati a migliorare l’articolazione dei fonemi, il vocabolario lessicale e la costruzione sintattica delle frasi

955
Q

metodo logopedico “psicoterapico”

A

obiettivo: raggiungimento di una relazione terapeutica intensa col bambino in cui utilizza diversi strumenti comunicativi ed espressivi mimici, gestuali, grafomotori e verbali

956
Q

metodo logopedico “naturale”

A

il logopedista interviene indirettamente mediante una consulenza alla madre e agli educatori sulle tappe linguistiche che deve stimolare nel suo bambino attraverso l articolazione chiara dei fonemi, l’utilizzo di frasi semplici e corrette, la lettura di immagini e storie illustrate

957
Q

evoluzione del disturbo specifico in adolescenza e in età adulta (Bishop)

A

prendere in considerazione: persistenza nel tempo, presenza in tutta l’età scolare di disturbi di apprendimento, comparsa in comorbilità di disturbi psichiatrici, scarsa autonomia sociale in età adulta

958
Q

causa disturbi specifici dell’apprendimento

A

alterazione, funzionale o lesionale, di una qualche area dell’apparato neurologico

959
Q

su cosa incidono i disturbi specifici dell’apprendimento

A

sulla direzione dello sviluppo del bambino e concorrono a determinare situazioni di disagio, disadattamento o addirittura di disturbo mentale

960
Q

quali disturbi specifici dell’apprendimento

A
  • disturbo specifico di lettoscrittura

- disturbo specifico delle abilità aritmetiche

961
Q

criterio per il disturbo specifico di lettoscrittura

A

un punteggio nell’accuratezza e/o nella comprensione della lettura che è almeno due deviazioni standard al di sotto del livello atteso sulla base dell’età cronologica e dell’intelligenza generale del bambino

962
Q

per diagnosticare il disturbo specifico della lettoscrittura, non devono essere presenti

A

difetti alla vista, difetto dell’udito, sindrome neurologica, gravi inadeguatezze nell’istruzione ricevuta

963
Q

testi di valutazione del disturbo specifico di lettoscrittura

A
  • comprensione: test di lettura di parole con significato
  • accuratezza: test di lettura di parole senza significato
  • test di dettato
  • test di intelligenza culture free
964
Q

quando viene definito dislessico un soggetto

A

quando ottiene risultati inferiori a quelli ottenuti dal 95% della popolazione scolare della stessa età e dello stesso livello intellettivo in uno dei due test di lettura e nel test di dettato

965
Q

criterio per il disturbo specifico delle abilità aritmetiche

A

punteggio ad un test almeno due deviazioni standard al di sotto del livello atteso in base all’età cronologica del bambino e al suo livello intellettivo generale

966
Q

a cosa possono riferirsi le abilità aritmetiche

A

alla velocità e all’accuratezza del calcolo matematico, all’abilità a interpretare e risolvere i problemi espressi con parole e frasi e/o con figure geometriche

967
Q

per esistere un disturbo specifico delle abilità aritmetiche, deve essere

A
  • istruzione scolastica regolare
  • QI superiore a 70
  • vista, udito ed esame neurologico devono essere normali
968
Q

disturbi generalizzati dello sviluppo

A

anomalie qualitative delle interazioni sociali e delle modalità di comunicazione, repertorio limitato e stereotipato di interessi e di attività

969
Q

esempio di disturbo generalizzato dello sviluppo

A

autismo infantile

970
Q

cosa succede nei disturbi generalizzati dello sviluppo

A

importanti vincoli biologici rendono impossibile l’acquisizione di un’adeguata “teoria della mente” e quindi l’espressione delle relative competenze metacognitive e comunicative

971
Q

nell’autismo infantile la compromissione dell’interazione sociale riguarda almeno due aspetti tra:

A
  • incapacità di utilizzare lo sguardo, mimica facciale e gestuale
  • incapacità di condividere con i coetanei interessi, attività ed emozioni
  • incapacità di reciprocità socio-emozionale e di apprendere i comportamenti sociali
972
Q

nell’autismo infantile, la compromissione qualitativa della comunicazione riguarda almeno due dei seguenti aspetti:

A
  • ritardo o mancanza dello sviluppo del linguaggio verbale e assenza del linguaggio gestuale
  • incapacità di sostenere una conversazione con risposte reciproche e pertinenti alle comunicazioni di un altro soggetto
  • uso ripetitivo e stereotipato di parole o frasi fuori contesto
  • assenza del gioco di imitazione e del gioco simbolico
973
Q

nell’autismo, i comportamenti stereotipati riguardano almeno uno dei seguenti aspetti

A
  • adesione compulsiva a pratiche o rituali
  • manierismi motori ripetitivi e stereotipati
  • preoccupazione inusuale per elementi particolari dei materiali di gioco quali l’odore, il tatto, la vibrazione
  • interessi ripetitivi anomali per contenuto e natura come il gioco ripetitivo
974
Q

soggetti con ritardo mentale ma senza autismo != autistici

A

sono capaci di instaurare un’interazione sociale sia coi bambini che con gli adulti, anche se possono avere ritardi nella comunicazione verbale e non verbale e comportamenti stereotipati

975
Q

forme più lievi di autismo

A
  • autismo atipico: i sintomi insorgono dopo i 3 anni di vita e non sono mai compromesse tutte e 3 le aree di sviluppo
  • sindrome di Asperger: non ha un ritardo significativo nello sviluppo del linguaggio verbale e il QI di solito è superiore a 70
976
Q

forme più gravi di autismo

A
  • sindrome di Rett
  • sindrome disintegrativa dell’infanzia
  • sindrome iperattiva associata a ritardo mentale medio-grave
977
Q

sindrome di Rett

A
  • colpisce il sesso femminile
  • lo sviluppo appare normale fino a 6-12 mesi
  • perdita delle abilità sociali, linguistiche, comunicative e motorie con comparsa di continui movimenti delle mani
978
Q

sindrome disintegrativa dell’infanzia

A
  • dai 2 anni: perdita delle abilità sociali, comunicative, ludiche
  • colpisce anche la motricità grossolana, fine, controllo anale e vescicale e le funzioni cognitive
979
Q

sindrome iperattiva associata a ritardo mentale medio-grave

A

il bambino è capace di interazioni sociali mimiche e gestuali con bambini e con adulti, ma manca la comunicazione verbale e dominano il quadro clinico l’iperattività e i movimenti stereotipati

980
Q

cosa è essenziale in tutte le forme di autismo

A

lavoro di equipe ed è consigliabile che lo psicologo richieda una consulenza specifica alla ricerca delle malattie che più speso possono associarsi ad autismo

981
Q

rischio del bambino sordo fin dalla nascita

A

può sviluppare comportamenti autistici, per cui occorre sempre valutare la acuità uditiva

982
Q

per prevenire l’autismo

A

bisogna conoscerne le cause, ma l’autismo resta ad eziologia ignota
= si parla di sindrome e non di malattia

983
Q

definizione “sindrome”

A

quadro comportamentale che potrebbe avere cause biologiche oggi non note o cause psicosociali

984
Q

intervento per l’autismo

A

programmi di screening o diagnosi precoce che è capace di migliorare la prognosi naturale del disturbo

985
Q

genetica e autismo

A

in caso di figlio autistico, i genitori devono effettuare una rapida consulenza genetica, dato che la probabilità che i figli successivi abbiano autismo è del 3-7%, cioè 50 volte più alta del resto della popolazione

986
Q

CHAT, autismo

A

questionario con 9 domande ai genitori e un’osservazione diretta del comportamento del bambino da parte dello psicologo che si basa su 5 item su “attenzione condivisa” e “gioco simbolico”

987
Q

“gioco simbolico” CHAT

A

consiste nel far finta di giocare con una tazzina a versare del tè

988
Q

“attenzione condivisa” CHAT

A

si sonda chiedendo al bambino dove si trova nella stanza un gioco assai visibile, il bambino deve indicare il gioco e deve guardare il volto dell’esaminatore per vedere se guarda nella stessa direzione

989
Q

finalità del trattamento dell’autismo

A

ad ottenere miglioramenti nelle aree della comunicazione, dell’interazione sociale, degli interessi personali e degli schemi d’azione

990
Q

procedure che migliorano le prognosi dell’autismo

A
  • metodo ABA
  • metodo TEACCH
  • AAC
991
Q

metodo ABA

A

trattamento educativo basato sui principi della terapia del comportamento, organizzato per almeno 20 ore alla settimana in individuale o in piccolo gruppo, con il quale si tenta di insegnare al bambino comportamenti sociali, verbali, cognitivi e motori attraverso l’osservazione sistematica, il rinforzo positivo e l’incentivo all’apprendimento di comportamenti specifici

992
Q

metodo TEACCH

A

apprendimento altamente strutturato e organizzato che prevede compiti visivi e visuo-motori.
Basato sui principi dell’individualizzazione e della flessibilità.
Costante coinvolgimento delle figure genitoriali.
Obiettivi: comunicazione spontanea

993
Q

AAC

A

promozione della comunicazione con l’ausilio di strumenti visivi e tecniche comportamentali di rinforzo.
Obiettivi comportamentali e comunicativi nei contesti di vita del bambino che siano misurabili

994
Q

mamme di bambini autistici

A

appaiono spesso disorientate di fronte alle atipie comportamentali del bambino e possono vivere l’isolamento che egli cerca attivamente come rifiuto o come fallimento nella funzione genitoriale

995
Q

Kanner e autismo

A

dei 96 pazienti che aveva diagnosticato, solo 9 sono divenuti autosufficienti da adulti

996
Q

fattore dell’autosufficienza nell’autismo, secondo Kanner

A

presenza di un linguaggio comunicativo entro i primi 5 anni di vita

997
Q

i disturbi sul III asse

A

il ritardo mentale

998
Q

bambino con ritardo mentale

A

bambino con bisogni speciali, che va riconosciuto, valutato e trattato per migliorare il suo adattamento sociale e lavorativo in età giovanile ed adulta

999
Q

rischi del soggetto con ritardo mentale non riconosciuto

A
  • può essere portatore di una malattia biologica del snc che può comportare danni organici e rischio genetico
  • se le aspettative sociale e familiari sono elevate, la persona può sfociare in disturbi emozionali o psichiatrici
1000
Q

come viene definita la diagnosi di ritardo mentale

A

dal livello del QI, misurato con una scala psicometrica standardizzata sulla popolazione di appartenenza del soggetto

1001
Q

scala Wechsler e ritardo mentale

A

<70

  • ritardo mentale lieve: 50-69
  • ritardo mentale medio: 35-49
  • ritardo mentale grave: 20-34
  • ritardo mentale profondo: <20
1002
Q

cosa comporta la definizione di ritardo mentale

A
  • ridotta prestazione cognitiva

- diminuita competenza sociale: dipendente dal ritardo ma anche dall’ambiente sociale e culturale di crescita

1003
Q

possibili cause biologiche del QI <55

A

anomali cromosomiche e genetiche, malattie cerebrali e neurodegenerative, infezioni e ipossie pre, peri e postnatali

1004
Q

valutazione da effettuare in presenza di ritardo mentale grave

A
  • anamnesi familiare e personale
  • esame obiettivo e neurologico
  • potenziali visivi ed uditivi
  • ricerca x fragile
1005
Q

team per intervento su ritardo mentale

A

pediatra, psicologo o neuropsichiatra infantile, assistente sociale, insegnanti