Diencefalo Flashcards
Come si ha lo sviluppo del diencefalo?
Durante la quarta settimana possiamo osservare la
presenza di 3 vescicole, procedendo in senso
prossimo-distale: vescicola romboencefalica,
vescicola mesencefalica, vescicola prosencefalica.
Andando avanti con le settimane la cavità interna si
riduce restando più slargata in corrispondenza dei
ventricoli mentre aumenta lo spessore e le
dimensioni dell’organo con uno sviluppo
concentrico verso l’interno ed eccentrico verso l’esterno. Dalla vescicola più distale (telencefalica) durante la vescicolazione secondaria si originano 2 appendici pari (vescicola telencefalica) e una regione impari (vescicola diencefalica, anche se non è tutta diencefalo perché superiormente e anteriormente è delimitata dal telencefalo, quindi il diencefalo si trova solo sui lati e posteriormente a questa vescicola). La cavità impari mediana (localizzata essenzialmente nel telencefalo anche se delimitata anche dal diencefalo) è
chiamata terzo ventricolo, di cui si osservano 2 recessi ospitati dalle vescicole telencefaliche che diventeranno i ventricoli laterali (primo e secondo ventricolo). Gli emisferi telencefalici nell’accrescersi si portano inferiormente coprendo sui lati il diencefalo assumendo un aspetto tubulare orientandosi in senso
longitudinale. Precisiamo che a livello del mesencefalo si è avuta una curvatura per cui la porzione prossimale (formata dal diencefalo e dal mesencefalo) forma rispetto al telencefalo un angolo di circa 90°.
Per cui lo sviluppo delle vescicole telencefaliche avviene su un piano sagittale. Quindi quando noi diciamo, in questo caso, longitudinale perché l’asse maggiore del diencefalo è considerato sagittale. Quindi il diencefalo, che è in piena continuità con il mesencefalo si trova davanti a esso e un poco in alto; mentre i due emisferi cerebrali rispetto al diencefalo si trovano in alto, lateralmente e nell’accresci coprono
completamente sia davanti, sia sui lati, sia posteriormente il diencefalo.
Che cosa è la fossa interpeduncolare?
Si tratta di una fossa depressa nella porzione inferiore, ovvero la pia madre si approfonda mentre l’aracnoide
che non scende mai nelle fosse è molto distante
dalla pia ed entra nella costituzione del
diaframma della sella che chiude superiormente
la fossa ipofisaria. Lo spazio subaracnoideo
espanso sarà chiamato cisterna interpeducolare e
contiene le arterie del poligono arterioso di Willis,
il nervo oculomotore comune che decorre un
tratto in questa fossa. Nella fossa interpeducolare
affiora l’ipotalamo (porzione pari inferiore e
mediale.
Osserviamo una sporgenza impari appuntita indicata come tubero cinereo, n. 3 nell’immagine, dove
confluisce l’ipotalamo dx e sx; dietro al tubero cinereo vi è il corpo mamillare pari (dx e sx) e ancora dietro
la sostanza perforata posteriore che appartiene alla calotta mesencefalica.
Dove troviamo il fondo della fessura trasversa?
Nella porzione posteriore. E’ molto nascosta, e per vederla dobbiamo abbassare il cervelletto.
Si tratta di una regione in cui si inserisce il tentorio del
cervelletto. Si osserva la lamina quadrigemina e l’epifisi
(indicata come N°15, appartiene al talamo ed è posta
posteriormente rispetto al talamo nonostante il nome
significhi sopra al talamo). Anche qui osserviamo una
espansione (regione scura postero-superiore alla lamina quadrigemina), chiamata cisterna della grande vena cerebrale o cisterna ambiente dello spazio subaracnoideo perché la pia madre aderirà ai tessuti nervosi mentre l’aracnoide segue il tentorio del cervelletto.
L’epifisi si chiama come tale perché quando si deve esaminare questa regione dell’encefalo e si
divarica la fessura trasversa l’encefalo è appoggiato con la superficie anteriore sul piano di appoggio per cui si osserva l’epifisi come se si trovi sopra al talamo.
Dove affiora in superficie il diencefalo?
Affiorare in superficie significa avere un rapporto con la pia madre e quindi sporgere nello spazio subaracnoideo: a livello della fossa interpeduncolare l’ipotalamo inferiore prospetta la cisterna interpeduncolare, situata anteriormente, e l’epitalamo prospetta la cisterna ambiente, situata posteriormente.
Che cosa è il taglio di Charcot e cosa si evidenzia?
una sezione frontale a visione anteriore ottenuta attraverso il taglio di Charcot, condotta secondo un piano verticale, rappresentato dalla linea rossa, che
passa per il punto medio del margine superiore
del telencefalo. Si può evidenziare il diencefalo,
una formazione più o meno triangolare, avvolta
lateralmente e superiormente dal telencefalo:
solamente la parte inferiore, che corrisponde
all’apice del triangolo, affiora in superficie nella regione depressa rappresentata dalla fossa interpeduncolare. La fossa interpeduncolare è resa ancor più depressa dalla sporgenza dei lobi temporali verso il basso, che, in questo modo, coprono diencefalo, mesencefalo e parte del ponte.
Come viene suddiviso il diencefalo?
• una parte superiore più voluminosa chiamata talamo, vicino alla base del triangolo;
•due parti inferiori: l’ipotalamo medialmente e il subtalamo lateralmente; sono vicini all’apice del
triangolo.
Che cosa è il taglio di Flechsing e cosa si evidenzia?
corrisponde ad una sezione longitudinale del
prosencefalo, poiché è parallela all’asse
maggiore sagittale. Di solito quando ci si riferisce
al sistema nervoso si parla di sezioni longitudinali
in riferimento a sezioni verticali: in questo caso è preferibile utilizzare il termine di “sezione
orizzontale” e non di “sezione longitudinale”. Inoltre questa è una sezione trasversa di testa, ma non
di encefalo. La sezione interessa l’intero encefalo ed è condotta un dito trasverso al di sopra del polo
anteriore e del polo posteriore, le due estremità dell’emisfero. La parte intermedia del piano
orizzontale, indicato dalla linea rossa, passa per la scissura laterale, presente sulla superficie
dell’emisfero. In questa sezione si vede soltanto la parte superiore del diencefalo, quindi il talamo, pari, di
destra e di sinistra. Il diencefalo è una formazione impari che presenta una simmetria bilaterale:
tutte le parti di esso sono pari.
Che cosa è il 3 ventricolo?
Tra i due talami è presente una cavità impari mediana, chiamata terzo ventricolo, la cui parete
laterale è formata superiormente dalla parte mediale del talamo e inferiormente dalla parte mediale
dell’ipotalamo, contiene il liquor. Sullo stesso
piano si trova un’altra cavità pari che in realtà fa parte dello stesso terzo ventricolo, che è incurvato
su se stesso e viene colto dal taglio nella parte anteriore e posteriore: manca la parte intermedia,
che giace su un altro piano. Il terzo ventricolo, impari e mediano, deriva dalla primitiva cavità della
vescicola prosencefalica, mentre le altre due cavità sono poste lateralmente e derivano dalla cavità
dell’espansione telencefalica della primitiva cavità prosencefalica. Esse vengono chiamate primo
ventricolo, quello destra, e secondo ventricolo, quello di sinistra, e costituiscono i ventricoli laterali.
due cavità siano
ampiamente comunicanti tra loro nelle prime fasi dello
sviluppo; in seguito alla formazione dei tessuti nervosi, le cavità interne si assottigliano insieme alle comunicazioni tra i due ventricoli laterali, destro e sinistro, con il terzo ventricolo, le quali comunicazioni si riducono a due forellini chiamati fori interventricolari.
Quali sono le pareti del 3 ventricolo?
Sono tutte rivestite da ependima tranne la parete mediale:
• parete laterale: costituita dalle superfici mediali del talamo superiormente e dell’ipotalamo
inferiormente;
• parete anteriore, formata da una lamina di sostanza bianca, impari e mediana, di derivazione
telencefalica, la lamina terminale; analizzando l’immagine dello sviluppo precedentemente
mostrata, che mostra una sezione longitudinale con successione disto-prossimale delle vescicole,
si può notare come la parete superiore, come anche quella anteriore, derivano dal telencefalo: il
terzo ventricolo è spesso indicato come ventricolo diencefalico, poiché deriva dalla vescicola
diencefalica, a sua volta di derivazione prosencefalica, ma non è una denominazione del tutto
corrette considerando che alla sua costituzione, nelle pareti anteriore e superiore, partecipa
anche il telencefalo rispettivamente con la lamina terminale e con due formazioni bianche, una
inferiore, il fornice , ed una superiore, corpo calloso.
• La parete inferiore, concava verso l’alto: se si osserva la cavità del terzo ventricolo, questa
parete appare come un cono rivolto verso l’alto con apice rivolto in basso, un imbuto, visto dal
lato concavo, l’infundibolo; quindi nella parte in cui forma le parete laterali, l’ipotalamo è una
formazione pari, mentre, nella parete inferiore in cui forma l’infundibolo, è una formazione impari, derivata dalla confluenza delle due parti laterali. Essendo l’infundibolo la parte più declive, è questo che sporge in superficie: sporge, tuttavia, la parte convessa di questo imbuto, il tubero, un cono pieno. Tubero e infundibolo sono lo stesso oggetto, visualizzato rispettivamente dall’esterno e dall’interno del cono.
• parete posteriore: è in continuità con la calotta del mesencefalo, al contrario del piede che diverge allontanandosi dal piano sagittale, formando la fossa
interpeduncolare in cui affiora la calotta del mesencefalo mediante la sostanza perforata
posteriore. A causa della presenza di una curva sul piano sagittale del mesencefalo, che si forma
durante lo sviluppo embrionale, il diencefalo si trova al di sopra, ma soprattutto al davanti del
mesencefalo. La parete posteriore del diencefalo è formata in gran parte dal piano di
separazione tra mesencefalo e diencefalo: la comunicazione tra il terzo ventricolo e l’acquedotto
mesencefalico avviene attraverso la parete posteriore. Questa parete è inoltre formata,
inferiormente, dall’ipotalamo: prima di formare la parete inferiore del terzo ventricolo, l’imbuto
ha la forma di un cono e, data la concavità, esso si trova anche nella parete anteriore e
posteriore. Al di sotto del mesencefalo, osservando la fossa interpeduncolare dove si vede il
tuber, si è al limite tra ipotalamo pari e impari; a questo livello, dietro al tubero e avanti alla
sostanza perforata, si trova una sporgenza chiamata corpo mammillare, pari, affiancata al piano
sagittale mediano. La parete posteriore, superiormente alla calotta è formata dall’epitalamo,
originato dalla confluenza del talamo di destra con quello di sinistra. L’epitalamo forma un
peduncolo collegato con la ghiandola epifisi. Epitalamo ed epifisi costituiscono il talamo impari,
che, trovandosi posteriormente, affiora in superficie, portandosi tra la lamina quadrigemina e
l’estremità posteriore del corpo calloso; in questo modo il talamo impari prospetta una fossa che
si trova al fondo della fessura trasversa e che corrisponde alla cisterna ambiente abbastanza
voluminosa, all’interno entrerebbe anche la punta di una falange. La pia madre riveste le parti
superficiali, mentre l’aracnoide, insieme alla dura, forma il tentorio del cervelletto che si avvicina
alla superficie, ma ne resta distante, terminando con un margine libero che gira intorno al
mesencefalo e contribuisce a delimitare la cisterna ambiente.
Quali sono i limiti del diencefalo?
cavità dell’ipotalamo e le pareti: la linea gialla a
convessità lieve rivolta verso l’alto e l’altra linea gialla
con convessità verso il basso rappresentano
rispettivamente la parete superiore e quella inferiore;
le altre due linee gialle rappresentano la parete
anteriore superiore formata dal telencefalo e
dall’ipotalamo inferiormente e la parete posterosuperiore
formata dalla calotta del mesencefalo,
dall’epitalamo superiormente e dall’ipotalamo inferiormente. Intercettando queste pareti si ottiene
un trapezio con una base maggiore superiore e una base minore inferiore; tridimensionalmente la
cavità corrisponde ad un tronco di piramide quadrangolare con asse maggiore obliquo dall’alto in basso e dall’indietro in avanti. La parete superiore corrisponde alla base maggiore della piramide, la
parete inferiore corrisponde alla base minore, la parete anteriore è obliqua ed è offerta dal
telencefalo. Si tratta di una piramide deforme perché le direzioni delle pareti e dell’asse non sono
convergenti: la piramide non è regolare. La parete posteriore corrisponde al piano di separazione tra
mesencefalo e diencefalo, tracciato usando come punti di repere la lamina quadrigemina e il corpo
mammillare, passante davanti e superiormente alla lamina quadrigemina e indietro e
posteriormente ai corpi mammillari; è un piano immaginario, una parete che, soprattutto nella parte
intermedia, non esiste.
è più corretto parlare di tronco di piramide, anche se si può individuare un apice che corrisponde al peduncolo ipofisario, il quale appartiene all’ipotalamo e si forma grazie all’infundibolo che si continua anche quando termina la cavità del terzo ventricolo.
Come si dispone il peduncolo ipofisario?
Il peduncolo si porta verso il basso, attraversa lo spazio subaracnoideo, attraversa la cisterna interpeduncolare fino a giungere a livello del suo limite inferiore, rappresentato dal diaframma della sella, procedendo
anche oltre questo: passa attraverso un foro che consente al peduncolo di giungere nella loggia
ipofisaria, spazio extradurale in cui viene in rapporto con l’ipofisi. Quando il peduncolo ipofisario
attraversa il diaframma della sella, passando attraverso il foro del diaframma della sella, risulta
perfettamente aderente al foro, il quale lo sigilla: prima che il peduncolo attraversi il diaframma c’è
spazio subaracnoideo che contiene liquor, al di sotto vi è il connettivo della loggia ipofisaria e il
liquor non può venivi a contatto. La leptomeninge si fonde con la superficie esterna del peduncolo,
anch’esso coperto dalla stessa, e questo impedisce una comunicazione tra spazio subaracnoideo e
spazi posti all’esterno di questo.
Quale è il limite tra diencefalo e calotta del mesencefalo?
Non c’è nessun limite anatomico tra diencefalo e
calotta del mesencefalo: il nucleo rosso può spingersi fino all’ipotalamo.
Le varie parti del diencefalo sono costituite da nuclei disostanza grigia, tra i quali sono intercalati fascicoli di
sostanza bianca che di solito non vengono descritti. Manca una sostanza bianca organizzata: si
frammenta in tanti fascicoli che decorrono tra numerosi nuclei.
Quale è la morfologia e topografia del talamo?
Il talamo appare come una massa ovoidale in sezione, poiché anteriormente è meno sviluppato in
superficie che non posteriormente; presenta:
• un polo piccolo rivolto anteriormente, medialmente e
superiormente, perché è posto più in alto rispetto al polo posteriore;
• un polo grosso rivolto posteriormente, inferiormente e lateralmente;
• una superficie di contorno che guarda superiormente,
medialmente, inferiormente e lateralmente.
La superficie mediale è ventricolare, perché forma la parete laterale del terzo ventricolo, nella metà superiore. La superficie laterale è in rapporto con una lamina di sostanza bianca del telencefalo, chiamata capsula interna. La superficie superiore è in rapporto
con il telencefalo, in particolare con un nucleo della base, il nucleo caudato. Il versante inferiore è in rapporto con l’ipotalamo e il subtalamo.
L’asse del talamo è obliquo dall’avanti all’indietro e medio-lateralmente. Infatti i poli anteriori sono
più vicini tra loro rispetto ai poli posteriori che divergono. Dal polo posteriore origina un’appendice
che si porta indietro, ma, a differenza del polo che tende a divergere, questa converge con
l’appendice controlaterale: questa appendice pari è chiamata abenula. Le due abenule convergendo
formano una parte impari chiamata peduncolo epitalamico, che si continua con l’epifisi.
Attraverso le abenule, il talamo forma la parete posteriore del terzo ventricolo; esse confluiscono
delimitando un recesso posteriore della cavità, il recesso epifisario. La superficie anteriore
dell’epifisi prospetta la cavità del terzo ventricolo.
Quale è la funzione delle abenule?
Le abenule non sono utili unicamente per stabilire
un collegamento anatomico e ad operare una funzione di sostegno, ma danno anche passaggio a
fibre nervose attraverso cui vengono trasmessi segnali che regolano l’attività dei pinealociti; questi
ultimi rispondono ai segnali mediante attività endocrina: tra le sostanze prodotte da questi ci sono
alcune che intervengono nel metabolismo dei glicidi, ma la sostanza che ha suscitato particolare
interesse è la melatonina che sembra svolgere un’attività ipnoinducente, attivando meccanismi del
sonno.
Che cosa è il recesso epifisario?
un recesso posteriore a fondo cieco detto
recesso epifisario compreso tra due appendici che si staccano dal talamo e si portano indietro e
medialmente per convergere tra loro, dette abenule. Qui si forma una parte impari peduncolata molto
breve in quanto subito dopo la sua formazione vi si trova annessa la ghiandola epifisi
Con chi è in rapporto il polo anteriore del talamo?
risulta essere in rapporto con una formazione apparentemente impari ma in realtà costituita da due cordoni di sostanza bianca uniti sul piano sagittale mediano: questo rappresenta una parte del fornice, detta colonna del fornice. Il fornice forma prevalentemente la volta del III ventricolo detto colonna del fornice. Si osservi come
quest’ultima e il polo anteriore del talamo siano molto vicini ma non congiunti, in modo che tra essi resti
uno stretto foro pari (dx e sx) che stabilisce una comunicazione tra la cavità del III ventricolo e quella del ventricolo laterale (cavità dell’emisfero cerebrale): è detto foro interventricolare o di Monro. Tutte le cavità
del SNC comunicano tra loro, per cui è come se esistesse un’unica cavità piuttosto irregolare formata da diversi compartimenti.
La cavità pari situata nell’emisfero cerebrale si osserva sia anteriormente che posteriormente. Essa non si vede nella sua interezza in quanto risulta
essere arcuata; inoltre presenta una concavità rivolta verso il basso, trovandosi al di sopra del piano di
sezione. Per questo motivo se ne osserva solo la parte anteriore, detta corno frontale o anteriore (in
quanto si dirige verso il lobo frontale dell’emisfero) e la parte posteriore, detta corno occipitale o
posteriore (in quanto si dirige verso il lobo occipitale dell’emisfero).
Cosa osserviamo della superficie mediale del talamo?
Costituisce la parte superiore della parete laterale della cavità del III ventricolo, ossia quella parte che si trova al di sopra del solco talamoipotalamico (che separa talamo da ipotalamo). Su questo versante
mediale si osserva al centro e lievemente anteriormente una parte sezionata dal piano di taglio: trattandosi di sezione sagittale mediana, esso rappresenta una parte del talamo che si trova sul piano sagittale mediano, ossia la regione in cui i due talami si pongono in continuità. Questa regione è denominata adesione intertalamica. Al netto, quindi, effettuando una sezione sagittale mediana il talamo viene sezionato a sua volta in due regioni: a livello dell’epitalamo, laddove le due abenule si uniscono, e a livello dell’adesione intertalamica. Date queste spiegazioni, in queste due regioni si può parlare di talamo impari. La superficie mediale prospiciente la cavità del III ventricolo si osserva anche nella seconda immagine in sezione frontale, tuttavia in questo caso presenta breve estensione in quanto la maggior parte della parete mediale sarà costituita dall’ipotalamo. Questo accade in quanto l’ipotalamo, data l’obliquità dell’asse, è posto sia inferiormente che anteriormente al talamo: se la sezione frontale cade piuttosto in avanti come in questo caso, il maggior contributo alla costituzione della parete mediale sarà dato proprio dall’ipotalamo.
Cosa osserviamo della superficie superiore del talamo?
Questa superficie in parte prospetta la parete inferiore della cavità del ventricolo laterale, in parte risulta
essere invece in rapporto con un nucleo della base del telencefalo, detto nucleo caudato. Al netto si può
quindi affermare che questa superficie è in rapporto con formazioni del telencefalo. Altri particolari
riguardo questa superficie possono essere colti osservando la sezione frontale in cui si osserva la volta del III ventricolo formata anteriormente dal corpo del fornice, apparentemente impari ma in realtà costituito
da due cordoni di sostanza bianca che si sono fusi sul piano sagittale mediano. Per cui, il corpo del fornice
decorre superiormente ma anche medialmente rispetto al talamo, sviluppato in senso sagittale: piegando
in basso a costituire il cosiddetto corpo del fornice in corrispondenza del polo anteriore, contribuisce con
quest ultimo a delimitare il foro interventricolare. Il foro interventricolare non può essere osservato nella
sezione frontale in quanto quest’ultima cade posteriormente rispetto ad esso
Cosa osserviamo della superficie laterale del talamo?
Nella sezione frontale si noti come essa sia in rapporto con un voluminoso fascio di sostanza bianca che si
chiama capsula interna, la quale fiancheggia lateralmente il talamo, l’ipotalamo e il subtalamo per poi continuare con il peduncolo cerebrale: questo fascio unisce la sostanza bianca del telencefalo con quella del mesencefalo (peduncolo cerebrale), creando una certa continuità. I due peduncoli cerebrali, quindi,
dirigendosi dal basso verso l’alto, medio-lateralmente e dall’indietro in avanti è come se scansassero le
strutture del diencefalo per poi continuarsi nella capsula interna. In termini quantitativi, tuttavia, le fibre
della capsula interna sono molto maggiori rispetto a quelle presenti nel peduncolo cerebrale. Nel
peduncolo cerebrale e in generale in tutto il piede del tronco encefalico si trovano fibre appartenenti al
fascio piramidale (fascio proiettivo) e ai fasci cortico-pontini (segnatamente a mesencefalo e ponte,
costituenti il circuito regolatorio cerebro-cerebellare), tutte discendenti e originate dalla corteccia
cerebrale. Nella capsula interna, oltre ad essere presenti questi fasci discendenti, si troveranno anche dei fasci ascendenti che dal talamo si portano verso la corteccia: questo spiega come mai questa struttura
contenga molte piu’ fibre rispetto al peduncolo cerebrale.
Cosa osserviamo della superficie inferiore del talamo?
Questo versante guarda verso le parti inferiori del diencefalo, ossia ipotalamo e subtalamo. Non si
osservano entrambi nell’immgine in quanto si trovano lievemente sfasati: l’ipotalamo si trova
inferiormente, medialmente e in parte anche anteriormente, mentre il subtalamo si trova inferiormente, lateralmente e posteriormente.
Come avviene la suddivisione anatomica del talamo?
Il talamo viene spesso trattato come se fosse
costituito esclusivamente da sostanza grigia,
tuttavia anche se si parla prevalentemente di
nuclei, tra essi è presente sostanza bianca
dove si trovano i fasci afferenti e dove si
portano i fasci efferenti. La sostanza bianca
appare molto utile per effettuare suddivisioni
del talamo.
Si osserva in primo piano la superficie laterale, in rapporto con la capsula interna, e in secondo piano la superficie mediale, in rapporto con il III ventricolo. In realtà questa figura rappresenta una parte di talamo, in quanto mediante un taglio longitudinale (parallelo all’asse maggiore del talamo) è stata rimossa la parte superiore, in modo da poter osservare la sua superficie interna, attraversata da una lamina di sostanza bianca. Questa risulta essere estesa in senso verticale per tutta l’altezza del talamo e in senso longitudinale per quasi tutta la lunghezza del talamo, giungendo sino al terzo anteriore per poi dividersi in una lamina mediale e una lamina laterale. Questa lamina di sostanza bianca, nel complesso denominata lamina midollare mediale, divide il talamo in 3 parti:
- una posta medialmente rispetto alla lamina midollare mediale, detta massa mediale;
- una posta lateralmente rispetto alla lamina midollare mediale, detta massa laterale;
- una compresa nella biforcazione della lamina midollare mediale, detta massa anteriore.
Quale lamina di sostanza bianca si trova in rapporto con la massa laterale del talamo?
In rapporto con la massa laterale si trova un’altra lamina di sostanza bianca, infatti il rapporto tra superficie laterale del talamo e capsula interna non è mediato direttamente dalla massa laterale. A lato della massa laterale si troverà quindi la lamina midollare laterale, la quale separerà la massa laterale da un singolo nucleo laminare , detto nucleo reticolare. La denominazione “reticolare” è un termine poco consono dato che richiama alla formazione reticolare, e questo nucleo non ha nulla a che vedere con questa, anche se è bene chiamarlo così.
Quale regione di sostanza bianca si trova in rapporto con la massa mediale del talamo?
Una terza regione di sostanza bianca si trova stratificata sul versante interno della massa mediale (ossia medialmente alla massa mediale) denominata regione mediana. L’aggettivo mediano è attribuibile a
qualcosa che è impari e infatti la parte più mediale di questa questa regione è fusa con la regione mediana
dell’altro lato, derivandone una parte impari mediana chiamata adesione intertalamica.
Parlando della superficie mediale del talamo, quindi, si parla della regione mediana, in parte prospiciente il
verticolo, in parte fusa con quella controlaterale. Parlando invece della superficie laterale del talamo, in
rapporto con la capsula interna, ci si riferisce al nucleo reticolare.
Come vengono distinti topograficamente i nuclei talamici?
I nuclei talamici vengono distinti topograficamente in:
- Nuclei laterali (o della massa laterale);
- Nuclei anteriori (o della massa anteriore);
- Nuclei mediali (o della massa mediale).
Da ciò si evince che ogni massa presenta diversi nuclei: a questi bisogna aggiungere il già citato nucleo
reticolare e altri nuclei che si trovano invece nella sostanza bianca. Tra questi ultimi abbiamo i nuclei
intralaminari, presenti all’interno della lamina midollare mediale (sembra che non ce ne siano nella lamina
midollare laterale): trovandosi immersi in una formazione bianca creano una situazione che somiglia molto a quella della sostanza reticolare, dando un diverso aspetto alla sostanza bianca di questa lamina. Ciò è reso interessante poiché i nuclei intralaminari sono ampiamente in connessione con la formazione reticolare, quindi risultano essere correlati sia strutturalmente che funzionalmente alla sostanza reticolare. Altri nuclei di questo tipo si trovano nella regione mediana e sono pertanto definiti nuclei della regione mediana.
Saranno presenti collegamenti multipli tra questi nuclei e la formazione reticolare, e questo sarà un motivo
in più per criticare la denominazione di “nucleo reticolare”: infatti esisterebbero dei cosiddetti nuclei
“reticolari” nel senso corretto del termine, ma questo aggettivo si dovrebbe riferire ai nuclei intralaminari e
ai nuclei della regione mediana. Tuttavia, data l’esistenza del nucleo reticolare, è bene denominarli cosìcome vengono descritti.
Tutti i nuclei citati, compresi quelli intralaminari e quelli della regione mediana, proiettano sulla corteccia
cerebrale, ad eccezione del nucleo reticolare. I fasci ascendenti originatisi da questi nuclei decorrono nella
capsula interna, andando a creare la differenza di ordine quantitativo tra il numero di fibre che formano il
peduncolo cerebrale e il numero di fibre che compongono la capsula interna.
Come vengono distinti funzionalmente i nuclei talamici?
Da un punto di vista funzionale, i nuclei talamici vengono distinti in nuclei di ritrasmissione sensitiva
(specifici e aspecifici), nuclei di regolazione e nuclei limbici.
Quali sono i nuclei di ritrasmissione sensitiva del talamo?
Questi sono i nuclei su cui proiettano i cosiddetti lemnischi, essendo intercalati in vie sensitive somatiche che sono integrate dalla corteccia cerebrale, giungendo a quest’ultima previa interruzione nel talamo.
Essendo nuclei sensitivi, saranno costituiti da neuroni sensitivi somatici solitamente di terzo ordine. Infatti,
considerando ad esempio il lemnisco mediale originatosi dai nuclei gracile e cuneato, esso fa parte della via ganglio-bulbo-talamo-corticale: nel talamo ci sarà quindi il neurone di terzo ordine; considerando il
lemnisco spinale, esso sarà intercalato in una via ganglio-spino-talamo-corticale, con il neurone di terzo
ordine sempre a livello talamico; stessa cosa se si consideri il lemnisco trigeminale, intercalato nella via
ganglio-trigemino-talamo-corticale. Considerando invece il lemnisco laterale, che trasporta informazioni
riguardanti la via acustica, ed essendo presenti in questo caso più interruzioni (anche a livello della lamina quadrigemina), in questo caso potremmo trovare neuroni sensitivi di ordine 3 o superiore.
I nuclei di ritrasmissione sensitiva possono essere suddivisi in specifici e aspecifici.
I nuclei specifici sono intercalati in una specifica via della sensibilità (ad es. la via spinale della sensibilità
tattile fine discriminata, la via spinale della propriocezione cosciente, la via acustica, la via troncoencefalica della sensibilità termica e dolorifica): in questo caso si conosce bene sia il nucleo che proietta su questi nuclei talamici, sia la regione di corteccia cerebrale su cui a loro volta questi nuclei talamici proiettano.
I nuclei aspecifici si rifanno invece al concetto di formazione reticolare, che rappresenta nella visione
classica un sistema aspecifico, non presentando collegamenti ben definiti da un punto di vista anatomico: essa si occupa di collegare estese regioni del tronco encefalico con estese regioni della corteccia, attraverso il talamo, tramite i cosiddetti nuclei della regione mediana e intralaminari (i cosiddetti “nuclei reticolari”, anche se così non vanno chiamati). Ad oggi si parla sempre meno di aspecificità in quanto la formazione reticolare presenta centri coinvolti in funzioni specifiche, tuttavia ci sono regioni della sostanza reticolare che proiettano diffusamente andando a costituire il cosiddetto sistema reticolare ascendente (sia attivatore, SRAA, che deattivatore, SRDA). E’ facile comprenderne anche la funzione: infatti, mentre una proiezione specifica può concernere la proiezione di impulsi riferiti a un solo tipo di sensibilità e verso una regione anatomicamente ben definita, quelli aspecifici proiettano su aree diffuse il cui ruolo è quello di mantenere l’attività generale della corteccia come stato di veglia, di vigilanza, di attenzione del soggetto.
Quando il sistema aspecifico si esaurisce o smette di funzionare, sono ridotte queste funzioni e il soggetto
perde lo stato di coscienza andando incontro ad uno stato di sonno in condizioni fisiologiche, o entrando in
uno stato di coma in condizioni patologiche (lesioni della formazione reticolare). Mentre il sonno è un
fenomeno fisiologico e reversibile, il coma tende a persistere mettendo in pericolo la salute del soggetto e divenendo irreversibile. Tra i nuclei aspecifici (ossia nuclei della regione mediana e intralaminari) ci sono
nuclei intercalati nella via multisinaptica del dolore. Questa è una via sensitiva, specifica, divisibile in spinale e troncoencefalica, e caratterizzata dal fatto che presenta una serie di interruzioni nella sua ascesa, sia nel midollo spinale che nel tronco encefalico. A livello talamico, i nuclei coinvolti in questa via saranno specifici, tuttavia si troveranno immersi tra i nuclei aspecifici prima nominati, e questa problematica descrittiva può essere paragonata ad esempio alla formazione reticolare: anch’essa infatti contiene raggruppamenti di neuroni specifici, i quali però proiettano diffusamente sulla corteccia.
Quale è la differenza tra via paucisinaptica e multisinaptica del dolore?
In termini funzionali, la via paucisinaptica del dolore, generata da uno stimolo dolorifico, rapidamente
arriva tramite il talamo alla corteccia: non a caso è detta via rapida del dolore o via del dolore acuto. Al
contrario, la via multisinaptica è una via lenta, non è provocata dallo stimolo dolorifico ma dal danno
conseguente ad esso: è sostanzialmente dovuta alla liberazione di mediatori chimici che vanno a stimolare i
recettori del dolore (terminazioni nervose libere). Questa via giungerà lentamente e gli impulsi saranno
trasmessi per lungo tempo. Tramite i nuclei presenti nel talamo, i segnali di questa via arrivano in molte
aree della corteccia, non su un’area precisa, portano a una perdita della localizzazione: il soggetto non
riferisce più un dolore preciso, ma uno stato generalizzato di malessere/dolenzia diffuso in una regione corporea. Quindi, la doppia via del dolore è responsabile della trasmissione di differenti caratteristiche dolorifiche.
Quando parliamo di dolore, parliamo di una sensibilità specifica, per cui anche se sono interessanti nuclei
“aspecifici” in realtà parliamo di raggruppamenti specifici riguardo i nuclei di questa sensibilità. Prendendo come esempio uno stimolo meccanico con una tale energia da divenire anche uno stimolo dolorifico (colpo di martello su una falange), si attivano sia i meccanocettori a bassa soglia per la sensibilità tattile che i meccanocettori ad alta soglia responsabili della sensibilità dolorifica. Quindi lo stesso stimolo, fino a una certa soglia è percepito come stimolo tattile, oltre quella soglia è percepito come stimolo dolorifico. In seguito a ciò, dopo essere stati stimolati i recettori partono vie sensitive che prima perifericamente e poi
centralmente, in tempi molto rapidi, raggiungono la corteccia cerebrale. Lo stimolo ha agito su una regione
inizialmente circoscritta, per cui le informazioni viaggiano su poche fibre e viaggiano rapidamente in quanto la via è formata da poche sinapsi (via paucisinaptica, ganglio-spino-talamo-corticale), e la corteccia è raggiunta in un’area ben precisa. Anche nella corteccia cerebrale esiste un’organizzazione somatotopica, per cui nell’area sensitiva somatica generale della corteccia esiste una regione ove arrivano le informazioni provenienti dalla piccola regione circoscritta su cui ha agito lo stimolo: il soggetto immediatamente riconosce lo stimolo doloroso, e questo è associato ad una situazione spiacevole. Questo dolore successivamente passa quando lo stimolo cessa di esistere, a meno che esso non abbia prodotto un danno,
come ad esempio una frattura (danno tissutale). In questo caso, come conseguenza del danno, vengono
prodotte sostanze chimiche che hanno funzione algogena, stimolando i recettori del dolore lento, ossia
chemocettori (a differenza dei recettori del dolore acuto che sono meccanocettori). Le sostanze chimiche
tendono a diffondere tra i tessuti, per cui lo sitmolo tende a diffondersi per aree più estese, coinvolgendo
un maggior numero di fibre nervose rispetto a prima, le quali innescano un circuito sensitivo che arriva
anch’esso alla corteccia cerebrale ma in questo caso lo fa lentamente (via multisinaptica) e su diverse aree
della corteccia cerebrale, dato che i nuclei talamici che vengono coinvolti hanno una proiezione diffusa. La
sostanza chimica, inolte, a differenza dell’agente traumatico che agisce per poco, invece persiste nel tempo stimolando i recettori fin quando non viene denaturata. Tutto ciò viene percepito in maniera molto diversa rispetto al dolore acuto: mentre quest’ultimo è immediato, il dolore lento perde le connotazioni spaziali e temporali (da essere un punto stimolato per tempo breve, diviene una regione più ampia stimolata per un tempo lungo) divenendo particolarmente diffuso (il soggetto, invece che tendere la sola punta del dito
indice sulla parte che gli duole, tende ad appoggiare il palmo della mano su una regione più ampia,
compiendo movimenti di rotazione e allargando il campo, dato che è incapace di discriminare l’area
generica, non riuscendo più a descrivere precisamente il dolore; il dolore lento infatti viene descritto come
una dolenzia, un fastidio, il paziente prova un malessere generale). Perciò si parla di vie completamente diverse: cambiano stimoli, recettori, vie nervose periferiche e centrali, e le sedi di integrazione.
La via paucisinaptica serve per il dolore acuto, quella multisinaptica per il dolore cronico.