Cap. 8 - Rivoluzioni Flashcards
La dichiarazione di indipendenza
Nel ‘76 viene promulgata la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, redatta da Thomas Jefferson.
Fa riferimento a diverse tradizioni filosofiche: il repubblicanesimo anglosassone, il puritanesimo, la teoria del senso comune scozzese, giusnaturalismo lockeiano, il motivo antitirannico illuminista.
Si tratta di un documento politico nuovo che scardina il legame con il monarca inglese.
Divisa in due parti, la prima afferma:
- l’evidenza dei diritti naturali (libertà, vita e perseguimento della felicità)
- il diritto dei governati a scegliere il governante (sovranità popolare)
- l’esistenza del popolo americano in quanto popolo libero
Nella seconda si trovano le specifiche imputazioni fatte al re Giorgio III, che portano l’accusa di tirannia e giustificano la volontà di secessione.
La nuova gerusalemme
Con il popolo americano si solidifica il mito della Nuova Gerusalemme, la città di Dio in terra, governata dai liberi. La dichiarazione di indipendenza è la realizzazione storica del contratto giusnaturalista, ma riprende anche le procedure del patto che lega Dio al suo popolo. Crea quindi il popolo universale ma solidifica anche il concetto di nazione.
Federalist e costituzione
Il Federalist è un documento redatto in buona parte da Hamilton, partecipa al dibattito sulla necessità di una costituzione umitaria. Si appella alla teoria del buonsenso e sostiene che la federazione deve essere scelta in quanto forma politica meglio in grado di garantire al pace evitando controversie interne.
La costituzione è di stampo democratico, frutto del potere costituente esercitato dal popolo americano, detentore della sovranità. Riprende la tradizione del governo limitato.
Dal Federalist emerge una repubblica federale, democratica nei suoi principi fondanti, ma non rigorosamente unitaria e bilanciata dal pluralismo. Alcuni istituti garantiscono il bilanciamento federale e costituzionale: la separazione dei poteri e il sistema di controllo di costituzionalità.
L’uomo allo stato di natura in Rousseau
Per Rousseau lo stato di natura non è la base della costruzione dello stato, ma un ipotetico. Secondo Rousseau la concezione giusnaturalista dello stato di natura come stato di assoluta libertà falliva non riconoscendo il fatto che è una condizione di dispersione e isolamento.
Allo stato di natura l’uomo era sì in una condizione di assoluta libertà e uguaglianza, ma conduceva anche un’esistenza solitaria. Ha assoluta bontà e pietas, ovvero capacità di condividere la sofferenza di un suo simile. Altra sua caratteristica è la perfettibilità, ovvero la potenzialità e tendenza a evolversi (sia in positivo sia in negativo).
L’uscita dallo stato di natura in Rousseau
Siccome l’uomo è perfettibile e avverte il desiderio della vita comunitaria crea un primo livello di aggregazione: la famiglia.
A questo segue la fase di divisione del lavoro e la creazione di nuove arti, a cui si accompagna l’istituzione della propreità privata. Quando i terreni vengono recintati e alcuni si proclamano proprietari di quei terreni, nasce la proprietà privata e con essa la disuguaglianza. Gli ignari sottoscrivono patto iniquo con i nuovi propreitari, e viene istituzionalizzata la proprietà (che è rapina dei prodotti comuni). L’esito della disuguagluanza genera violenza e conflitto, la guerra è una situazione propria dello stato civile.
Lo Stato ingiusto si istituzionalizza in 3 momenti: fondazione della legge e del diritto di proprietà, istituzione della magistratura e la trasformazione del potere legittimo in arbitrario.
Il contratto sociale
Una volta usciti male dallo stato di natura, perdendo libertà e uguaglianza, non è possibile tornare indietro. Bisogna quindi ripristinare condizioni il più possibile simili alla natura tramite il contratto sociale.
Il patto a cui pensa Rousseau è un patto di unione orizzontale, che libera l’uomo e genera una comunità.
Il presupposto per la creazione del patto è cedere completamente se stessi alla comunità, l’alienazione totale di tutti i propri diritti a tutti gli altri.
L’esito del patto sono il corpo politico e la volontà generale, intesa come somma delle volontà particolari rese pure.
Il fatto che tutti cedano i propri diritti rende la condizione meno gravosa, anche perchè questi vengono poi restituiti sotto froma di diritti civili (e non più pregiuridici come erano prima).
La volontà generale in Rousseau
La volontà generale è intesa come somma delle volontà particolari rese pure. La volontà generale è infallibile e non sbaglia mai, perchè il popolo vuole sempre il bene.
Rousseau riconosce la necessità di una regola procedurale per prendere le decisioni: la maggioranza.
L’esercizio della volontà generale (che emana leggi) spetta al popolo sovrano.
Il legislatore è la figura mitica di un uomo saggio, che ha il potere di consigliare la volontà generale. La volontà generale, in quanto libera, ha il potere di seguire o non seguire i consigli.
Rousseau fa esempi tratti dalla classicità: Numa, Mosè, Liturgo.
Critica alla rappresentanza in Rousseau
Qualunque sia la forma di governo, la sovranità appartiene al corpo politico ed è inalienabile e non trasmissibile. Per questo i deputati eletti non sono rappresentanti, ma commissari, individui che hanno il mandato imperativo di eseguire quello che dice la volontà generale attraverso le leggi. Il popolo ha il diritto di approvare o meno le leggi proposte.
La repubblica e il vivere associato in Rousseau
Rousseau è considerato il teorico della democrazia moderna, che lui chiama repubblica. La sua concezione di volontà generale è di una totalità sempre presente, e l’uomo deve essere sempre cittadino, cioè deve agire sempre secondo la volontà generale e agire sempre nel “pubblico”. Non c’è spazio per i particolarismi e il privato, perché sarebbero la fonte di rovina del vivere associato.
Agire sempre secondo la volontà generale significa agire sempre secondo la propria volontà, quindi rende il cittadino assolutamente libero. Nell’obbedienza della legge si trova la libertà, chi non vuole essere libero verrà costretto, non si può disobbedire alla legge.
La religione civile in Rousseau
Individua la religone come strumento per l’educazione del cittadino. Ne riconosce il valore per tenere salda una comunità, ma la religione che usa non può essere quella cristiana, perché quella dice che la vita umana non è di questo mondo, e quindi non porta le persone a interessarsi per la propria vita corrente. La “religione civile” è la religione dello stato, razionale, che non impone atti di fede ma insegna l’amore per la comunità e promuove un’adesione sentimentale.
La rivoluzione in francese
La rivoluzione francese è prima di tutto rivoluzione contro l’antico regime, è un momento di rottura con il passato che apre un orizzonte politico nuovo. Tutti i teorici dello stato successivi si devono confrontare con questo evento.
Si tratta di una rivoluzione della sovranità, che mette in discussione quella del re e la riconosce al popolo.
Tentativo di realizzare pienamente in realismo politico.
Dalla rivoluzione alla costituzione
Io esco dalla condizione in cui mi trovo, prendo il potere facendo la rivoluzione e apro uno spazio di potere nuovo (costituente) > il potere costituente deve poi essere costituito: deve avere una sua regolamentazione in cui si dà la cornice formale dei poteri dello stato
Questo modello storico a cui la maggior parte delle rivoluzioni si è ispirata è il modello della rivoluzione francese. Leggermente diverso è il modello della rivoluzione americana, in cui la costituzione viene molto dopo perché gli americani trovano il testo costituente nella dichiarazione di indipendenza.
Rivoluzione francese e americana a confronto
In Francia i rivoluzionari si presentano come un corpo politico particolare che rivendica i diritti dai francesi, in America si presentano come corpo politico universale. In America non è la rivoluzione di una nazione, ma l’idea è che chiunque vuole diventare americano può diventarlo, a patto che sia libero. Quella francese è una rivoluzione nazionale a tutti gli effetti.
Chi può essere cittadino americano
Il popolo americano si presenta nella scena storica come popolo della libertà, e questa la connotazione e il motore dell’America. Gli inglesi sono esclusi dal popolo americano, perché servi di un tiranno. I nativi americani non hanno volontà di essere liberi né la capacità, sono asserviti alla dimensione naturale, determinati dalla natura (giustificazione dello sterminio). I neri sono in catene, li hanno portati in America già asserviti e quindi non sono liberi. Secondo la legislazione inglese, le donne erano sottomesse al padre o al marito, quindi non erano libere neanche in America. Tutte queste categorie erano escluse dalla cittadinanza, perché i cittadini per definizione sono liberi.
La complessità della rivoluzione francese
La rivoluzione francese è molto complicata: si presenta come la costituzione di un nuovo ordine politico contro il precedente, che non funziona più.
La differenza tra il terzo stato e i primi due è che solo il terzo lavorava ed era produttivo. L’assemblea degli stati generali era una sorta di consiglio del re, che il re ascoltava per prendere le decisioni. I gruppi dei tre ceti della società era proporzionale e rappresentativo della popolazione, però il voto era per testa e non per ceto. Il risultato era che i primi due stati si accordavano e il terzo stato era sempre escluso. Il re non tendeva a non convocare l’assemblea perché non voleva dividere il potere, e da Luigi XIV non viene più convocata. Durante il regno del successore si combattono delle guerre che indeboliscono il regno. Il dibattito illuminista nel frattempo crea discussione, e con Luigi XVI, che è un re più debole del predecessore, aumentano le richieste di convocare le assemblee generali. A un certo punto il re cede e la convoca. I rappresentanti del terzo stato cominciano a raccogliere i cahiers des Orléans, in cui sono raccolte le rimostranze del terzo stato di fronte alla situazione di crisi; quaderni essenzialmente chiedono riforme.
Che cos’è il Terzo stato? di Sieyes
Fa parte dei cahiers des Orléans. Offre la definizione politica di nazione come corpo unitario di cittadini, generato dal dittto naturale, che esercita la volontà comune. Di qui deriva la concezione di cittadinanza intesa come associazione tra individui basata su rapporti di uguaglianza e sottoposti alle stesse leggi. La nazione viene identificata con il Terzo stato, perché gli altri due non sono ugualmente governati dalle leggi e non partecipano all’attività produttiva.