Pt.1 - Modelli atomici, strutture elettroniche, proprietà Flashcards
Composizione dell’atomo
La materia è costituita da atomi ( 10^-10 m di diametro)
L’atomo è composto da 3 particelle fondamentali:
neutroni 10^-27 Kg
protoni (+) 10^-27 Kg
sono le due particelle più pesanti che si trovano nel nucleo (10^-14 m), dove è concentrata la massa dell’atomo
Vi sono inoltre, lontani dal nucleo:
elettroni (-) 10^-31 Kg
La carica positiva del nucleo compensa ed elide esattamente quella degli elettroni, quindi la carica di un elettrone è uguale (in valore assoluto) alla carica del protone
L’atomo è elettricamente neutro
Numero atomico
Z = numero di protoni
Numero di massa
A = numero di protoni + neutroni (massa atomica)
Isotopi
Gli atomi di un certo elemento hanno tutti numero atomico Z (e quindi lo stesso numero di elettroni), ma non necessariamente lo stesso numero di neutroni.
Quindi uno stesso elemento può possedere diversi numeri di massa A
Composizione chimica dell’atomosfera
79% azoto N2
21% ossigeno O2
Numero di ossidazione
E’ definito come il numero di elettroni ceduti o acquisiti virtualmente durante la formazione di un composto
Ossidi basici
Metallo + ossigeno: MxOy
Nomenclatura: ossido di ____
Se il metallo presenta più numeri di ossidazione
- OSO (n.ox più basso)
- ICO (n.ox più alto)
Ossidi acidi o anidridi
Non metallo + ossigeno: ExOy
Nomenclatura: Anidride ____
Se il non metallo presenta più numeri di ossidazione
-OSO (n.ox più basso)
-ICO (n.ox più alto)
il suffisso ICO viene usato anche per anidridi di elementi con un solo numero di ossidazione
Idrossidi (basi)
Metallo + gruppi OH: Mx(OH)y
Nomenclatura: Idrossido di ___
n.ox (OH) = -1
Se il metallo presenta più numeri di ossidazione
- OSO (n.ox più basso)
- ICO (n.ox più alto)
Ossiacidi (acidi ossigenati)
Anidridi + H2O: HxEyOz
Nomenclatura: Acido ___
Se il non metallo presenta più numeri di ossidazione
-OSO (n.ox più basso)
-ICO (n.ox più alto)
il suffisso ICO viene usato anche per acidi di elementi con un solo numero di ossidazione
CASI PARTICOLARI Acidi del 3° (B), 4° (Si, Ge, ...), 5° gruppo (P, As, ...) formano tipologie diverse a seconda del numero di molecole di acqua addizionate META- = anidride + H2O ORTO- = meta + H2O PIRO- = anidride + 2H2O (per P e As)
Idracidi
HX
Suffisso: -IDRICO
Alogeni (gruppi 17) e S formano composti con H in cui hanno n.ox negativo
IDRURI covalenti: EH
NH3 ammoniaca, H2O acqua, CH4 metano
IDRURI ionici: MH
Nomenclatura: idruro di ____
Sali
CATIONE (+)
ioni dei metalli:
Formula: M^n+
Nome: deriva da ossidi con IONE ___
ioni ottenuti da molecole con aggiunta di H+ :
Suffisso: -ONIO
ANIONE (-)
Derivano dagli acidi: si tolgono uno o più H+ e si aggiungono tante cariche negative quanti ioni H+ sono stati tolti
Nomenclatura: ione ____ suffisso
IDRICO —> -URO
OSO —> -ITO
ICO —> -ATO
Formula del sale: catione + anione
Nomenclatura del sale: nome anione + nome catione
(se il catione ha un solo numero di ossidazione il nome sarà: nome anione + di + nome catione)
Sali acidi
Per perdita parziale di H dall’acido si ottengono gli anioni
monoidrogeno/diidrogeno/triidrogeno (+ nome dell’anione)
in base al numero degli H ancora presenti
ATTENZIONE per gli anioni con un H residuo e derivanti da acidi che contengono due atomi di H nella struttura si usa il prefisso BI-
Perossidi
n.ox O = -1
Perossido di idrogeno: H2O2
Reazioni di sintesi
A + B —> AB
due molecole più piccole ne formano una più complessa
3 H2 + N2 —> 2 NH3
Reazioni di decomposizione
AB —> A + B
Doppio scambio
AB + CD —> AD + CB
1) Scrivere la dissociazione del sale
es A+ e B-
2) Scrivere i prodotti scambiando cationi e anioni
3) Bilanciare
Diverse reazioni per ottenere i sali
1) Si formano due sali per scambio doppio: partiamo da 2 sali e otteniamo altri 2 sale
es. Na2SO4 + 2KCl —> K2SO4 + 2NaCl
2) Neutralizzazione:
idrossido (composto basico) + acido —> sale + H2O
es. Fe(OH)3 + 3HClO2 —> Fe(ClO2)3 + 3H2O
3) Acido + sale —> sale + acido
es. 2HNO2 + ZnS —> Zn(NO2)2 + H2S
Reazioni redox (cosa succede)
Una reazione redox ha come base un passaggio di elettroni
da un elemento che si ossida, ovvero
- aumenta il n.ox
- cede elettroni
- ed è riducente
nei confronti di un secondo elemento il quale di riduce, ovvero
- diminuisce il n.ox
- acquista elettroni
- ed è un ossidante
Una reazione redox avviene solo se vi sono almeno un ossidante e un riducente
Regole per ricavare il numero di ossidazione nelle reazioni redox
1) Gli elementi hanno n.ox = 0
2) n.ox O = -2 tranne nei perossidi dove n.ox = -1
3) n.ox H = +1 tranne negli idruri metallici dove n.ox H = -1
4) Ioni monoatomici
n. ox = carica
es. Cu2+ ha n.ox= +2
5) Ioni poliatomici
n. ox=somma dei n.ox di tutti gli atomi
es. (NO2)- abbiamo n.oxN=3
6) Composti neutri
la somma di tutti i numeri di ossidazione deve fare 0
es. KMnO4
Bilanciamento reazioni redox (regole)
- metodo degli ioni formali -
1) Assegnare il n.ox
2) Guardare chi cambia n.ox
3) Conta gli elettroni: il numero di elettroni ceduti dal riducente deve essere uguale al numero di elettroni acquistati dall’ossidante
4) Riportare i coefficienti stechiometrici nella reazione di partenza
5) Bilanciare senza tener conto dell’ ossigeno O
6) Verificare se l’ossigeno è bilanciato
Reazioni di combustione
E’ un caso specifico di reazione redox
Avviene tra un composto indicato come combustibile (spesso il metano) che si ossida, e un ossidante che prende il nome di comburente (nei casi più comuni O2)
NB: le reazioni di combustione con C danno SEMPRE come prodotti CO2 + H2O
CH4 + 2 O2 —> CO2 + 2 H2O
Bilanciamento:
- tutto gli atomi di C vanno a finire nella CO2
- tutto gli atomi di H vanno a finire in H2O
- per ultimo controlla l’ossigeno
Nelle reazioni di combustione vengono ammessi coeff. stechiometrici frazionari, soprattutto per l’ossigeno: in questo modo si tiene il coeff. 1 davanti all’idrocarburo così da avere chiaro quanto calore viene liberato dalla combustione per 1mole di idrocarburo
es. C3H6 + 9/2 O2 —> 3 CO2 + 3 H2O
Elemento (definizione)
Porzione di materia i cui atomi hanno tutti la stessa carica nucleare positiva (numero di protoni)
Non può essere scisso con metodi chimici in sostanze di diverso tipo
Atomo (definizione)
E’ la più piccola parte di elemento che manifesta le proprietà dell’elemento stesso (composto da 3 tipi di particelle fondamentali)
Molecola (definizione)
Quando atomi di elementi diversi si combinano formano dei composti, la molecola è la più piccola combinazione di atomi presente in un composto che ne mantiene le proprietà chimiche
Nel corso di una reazione chimica non si può non si può creare ne distruggere materia: la somma delle masse dei prodotti è uguale alla somma delle masse dei reagenti. Quindi una reazione chimica non distrugge e non crea atomi, vi è piuttosto un ri-arrangiamento
Peso atomico assoluto
E’ la massa media di un atomo espressa in grammi
[g]
Peso atomico relativo
E’ il rapporto tra la massa dell’atomo e la dodicesima parte della massa dell’isotopo 12 del C (atomo a cui per convenzione viene attribuita massa atomica 12) il cui valore è 1,66x10^-24 g
[adimensionale]
La massa di un elemento può essere determinata moltiplicando il suo peso atomico per 1,66x10^-24 g
Peso molecolare relativo PM
E’ la somma di tutti i pesi atomici relativi degli atomi che costituiscono la sostanza
[g/mol]
(peso formula per i composti ionici)
Grammoatomo
Quantità in grammi pari al peso atomico relativo
[g]
Se lo stagno ha peso atomico relativo 118,7 uma, un grammoatomo di stagno pesa 118,7g
Grammomolecola (o mole)
Quantità di sostanza in grammi pari al peso molecolare relativo
Se l’acido solforico H2SO4 ha peso molecolare relativo 98, una mole di acido pesa 98g
Indipendentemente dalla specie chimica considerata il numero di atomi o di molecole presenti in un grammoatomo o in una mole di sostanza è costante e vale
N=6,023x10^23
numero di Avogadro
La relazione che lega tra loro la massa di un composto e il suo numero di moli è la seguente:
n° moli = massa/PM
Resa percentuale
Durante una reazione chimica la quantità di prodotto ottenuta è spesso inferiore a quella ottenibile teoricamente. Si definisce resa o rendimento di una reazione il rapporto percentuale tra la quantità di prodotti effettivamente ottenuta e quella calcolata teoricamente
η = (quantità di prodotto ottenuta / quantità di prodotto teorica) x 100
Soluzione (definizione)
Sistema omogeneo costituito da due o più componenti (solidi, liquidi, gassosi) uniformi per composizione e proprietà
Costituenti
Soluto e solvente
Soluto
Le soluzioni sono caratterizzate mediante la concentrazione che indica la quantità di soluto espressa in moli, peso o volume che si trova disciolta in un determinato peso o volume di soluzione o di solvente
%P/P
La percentuale in peso esprime i grammi di soluto presenti in 100g di soluzione, cioè:
%P/P= (g soluto / g soluzione) x 100 = (g soluto / g soluto + g solvente) x 100
%V/V
La percentuale in volume esprime i litri (o ml) di soluto disciolti in 100 litri (o ml) di soluzione, cioè:
%V/V= (l soluto / l soluzione) x 100 = (l soluto / l soluto + l solvente) x 100
Molarità
Esprime il numero di moli di soluto disciolte in 1 litro di soluzione e di solito si indica con le parentesi quadre
(ad esempio [H2]=concentrazione molare di H2)
M = n° moli/V
[mol/l ]
Molalità
E’ il numero di moli di soluto disciolte in 1000g (1 kg) di solvente
m
[kg/ l ]
Normalità
Numero di equivalenti su litro di soluzione
N = M x z
[equivalenti/ l ]
Frazione molare
la frazione molare del composto i-esimo (Xi) indica il rapporto tra le moli di un componente e le moli totali
Xi = n(i) / n(1) + n(2) + … + n(i) = n(i) / n(tot)
La somma delle frazioni molari di tutti i componenti della soluzione è uguale ad 1
X1 + X2 + … + Xn = 1
[adimensionale]
Modello Dalton
Si ispirò alle idee degli antichi greci per descrivere l’atomo:
- atomi come sfere piccole e dure, indivisibili
- atomi di un dato elemento identici l’uno all’altro
(questo è ancora vero ad eccezione degli isotopi)
Modello J.J.Thomson
Sfera uniforme di carica positiva delle dimensioni dell’atomo in cui sono immersi gli elettroni
Modello “plum pudding”
Modello E.Rutherford
Le radiazioni α, originate da una sorgente, vengono fatte passare attraverso una fessura e indirizzate su una sottile lamina metallica (oro)
Rutherford osservò che le particelle α compivano 3 tipi di percorsi:
1. La maggior parte oltrepassava la lamina senza subire deviazioni
questo significava che non incontravano alcun ostacolo sul proprio cammino e che quindi l’atomo doveva essere formato prevalentemente da spazio vuoto
2. Alcune subivano lievi deviazioni
la leggera deviazione era dovuta alla repulsione delle cariche α cariche positivamente con i protoni del nucleo. Questo significava che (siccome queste deviazioni era poche) l’intera carica dell’atomo doveva essere concentrata in un nucleo piccolissimo
3. Un numero ancora più piccolo subiva deviazioni superiori a 90°
rappresenta l’urto frontale tra la particella α e il nucleo atomico
Concluse quindi che l’atomo era costituito da un piccolissimo nucleo centrale (10-100 mila volte più piccolo dell’intero atomo) fatto di soli protoni e nel quale era concentrata la massa dell’atomo. Intorno al nucleo, a grande distanza, orbitano gli elettroni; il che spiegava come mai il volume occupato dall’atomo risultasse in gran parte vuoto
(questo modello atomico è detto modello planetario)
Limiti Rutherford
Il modello atomico di Rutherford non teneva conto di un importante dato sperimentale della fisica: una particella in movimento, elettricamente carica e soggetta ad accelerazione, perde incessantemente energia.
L’elettrone quindi, perdendo progressivamente energia, dovrebbe muoversi lungo orbite sempre più piccole fino a collassare nel nucleo molto velocemente (cosa che in realtà non succede)
Maxwell
Aveva ipotizzato l’esistenza di radiazioni elettromagnetiche: onde caratterizzate da un campo elettrico E e un campo magnetico M, perpendicolari, che variano lungo la direzione di propagazione dell’onda in modo sinusoidale.
Queste onde sono caratterizzate da:
- λ lunghezza d’onda (distanza fra due “creste”)
- ν frequenza, esprime il numero di oscillazioni nell’unità di tempo
ν = 1/T [Hertz=Hz=s^-1] - A ampiezza, altezza massima dell’onda
λ e ν sono correlate tra loro dalla velocità della luce nel vuoto c=2,97x10^8 m/s
ν=c/λ
Maxwell aveva calcolato che la sua velocità nel vuoto corrisponde alla velocità della luce c, propose quindi di considerare la luce esattamente come una radiazione elettromagnetica
La radiazione elettromagnetica è stata evidenziata successivamente in una grande varietà di lunghezze d’onda, poche delle quali visibili ad occhio nudo (dai 400nm ai 700nm).
L’intera gamma di queste radiazioni viene chiamata spettro elettromagnetico: i diversi colori sono determinati dalla lunghezza d’onda, il rosso cade in corrispondenza di lunghezze d’onda maggiori mentre il violetto in corrispondenza di quelle minori.
L’intero spettro copre un intervallo esteso tra 10^3 e 10^-12 m
Ipotesi di Planck
L’energia è quantizzata, pertanto un atomo può assorbire o rilasciare solo quanti di energia che corrispondono alla variazione di energia tra livelli permessi:
ΔE = Δn * h * ν
E = energia del quanto Δn = 1 per transizioni tra stati contigui h = 6,626x10^-34 Js costante di proporzionalità di Planck ν = frequenza della radiazione
Il contenuto di energia di ogni quanto è direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione:
E = h * ν = h * c/λ
(ricorda infatti che ν=c/λ)
Modello atomico di Bohr
L’ipotesi di Bohr è un’ipotesi quantistica.
Studiando gli spettri di emissione e gli spettri di assorbimento dell’H propose una struttura elicocentrica dell’atomo, in cui il nucleo è circondato da elettroni: cariche elettriche puntiformi che ruotano intorno ad esso su orbite di forme e dimensioni costanti.
- Ogni elettrone ha a disposizione soltanto determinate orbite circolari per muoversi (stati stazionari). Ciascuna di queste orbite ha una ben determinata energia
- Quando l’elettrone si trova in uno di questi stati stazioni non perde energia emettendo radiazioni, ma se l’atomo viene eccitato l’elettrone passa da uno stato stazionario a bassa energia ad uno a più alta energia per assorbimento di energia sotto forma di quanti di Planck (E=h*ν)
- Quando l’elettrone torna nel suo stato iniziale emette una radiazione di stessa frequenza ed energia a quella acquistata precedentemente
- Non sono ammessi salti parziali, l’elettrone non può esistere tra due orbite
Postulati di Bohr
1) Formula quantizzazione del momento angolare
mvr = n*h / 2π
mvr = momento angolare (m = massa, v = velocità, r = raggio dell'orbita) n = numero quantico principale (intero positivo)
2) Formula quantizzazione dei raggi delle orbite
r = n² * h² / (4pi² * m * e²)
f = forza a = accelerazione e = carica dell'elettrone, v= velocità r = raggio h = costante di Planck
Viene derivata da:
Attrazione coulombiana tra nucleo ed elettrone:
f = e² / r²
Accelerazione centripeta: a = v² / r
F=ma → e² / r² = m * v² / r
Con una serie di passaggi si ottiene la formula iniziale
3) Formula di quantizzazione dell’energia
Ad ogni orbita corrisponde un valore definito di energia dell’elettrone che la percorre
E = -2π² * m * e⁴ / (n² * h²)
Limiti di Bohr
Il modello di Bohr spiega l’osservazione sperimentale degli spettri a righe di emissione degli atomi, tuttavia
- Applica leggi classiche ma con limitazioni quantomeccaniche
- Non spiega spettri di atomi a più elettroni
- Necessita di ulteriori numeri quantici
- Principio di indeterminazione di Heisenberg implica che le orbite non possono essere ben definite
Numeri quantici
Necessari per determinare lo stato di ciascun elettroni in un atomo
- n Numero quantico principale
Definisce il livello di energia dell’elettrone (1,2,3…) - l (L minuscolo) Numero quantico secondario
Definisce il numero dei sottolivelli (0,…,n-1) - m Numero quantico magnetico.
Determina il numero di orbitali per ciascun sottolivello. (-l,…,l) - ms Numero quantico di spin
Definisce il senso della rotazione dell’elettrone (1/2, -1/2)
De Broglie
Descrive il comportamento della materia come un’onda.
Postulò che le particelle materiali, come l’elettrone, hanno una natura ondulatoria ed estese l’assunto di Einstein relativo al fotone.
Ad ogni particella di massa m in moto con velocità v si associa un’onda tale che:
λ = h / mv
λ = lunghezza d'onda h = costante di Planck = 6,626x10^-34 Js mv = quantità di moto del corpo (massa*velocità)
Deriva da :
E = mc² [Equivalenza massa ed energia]
E = h*ν [Energia di un fotone]
dove ν = frequenza della radiazione
Eguagliando:
mc² = h*ν
ricordando che ν= c/λ e sostituendo si ottiene
λ = h / mc
Ad un’onda luminosa è dunque associato un corpuscolo la cui massa (m=h/λc) è inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda λ
Secondo la relazione di De Broglie, data la loro massa gli oggetti macroscopici (anche a bassissime velocità) presentano una λ assolutamente trascurabile (piccolissima, essendo m un valore molto grande a denominatore), mentre agli elettroni si possono associare lunghezze d’onda misurabili.
Davisson e Germer
Riuscirono a dimostrare sperimentalmente la relazione di De Broglie
Esperimento delle doppie fenditure
un fascio di elettroni venne diretto lungo la superficie di un cristallo subendo il fenomeno della diffrazione dando luogo ad una serie di linee alternativamente chiare e scure. I fenomeni di diffrazione non sono quindi propri solo delle radiazioni luminose
Le premesse della teoria ondulatoria sono diverse da quelle delle ipotesi di Bohr ma le due teorie portano a risultati coincidenti.
L’onda di un elettrone che si muove circolarmente intorno al nucleo resta invariata nel tempo (onda stazionaria) deve comprendere un numero interno n di lunghezze d’onda λ (onda permessa)
Se r è la distanza media tra il nucleo e il treno d’onde si ha
2πr=n λ
e siccome λ = h/mv otteniamo 2πr=n*h / mv
da cui mvr = nh / 2π
ritrovando la condizione di quantizzazione introdotta da Bohr
Interferenza: fenomeno che si manifesta quando due o più onde si propagano lungo una stessa direzione, sovrapponendosi. Questa sovrapposizione può avvenire in tre modi:
nei punti di massima intensità luminosa i due fasci di onde arrivano in fase e si ha interferenza costruttiva, negli altri punti invece si ha interferenza distruttiva (buio) o parzialmente distruttiva (scarsa luminosità) a seconda che i due fasci di onde arrivino completamente o parzialmente sfasati
Diffrazione: la diffrazione della luce è un fenomeno che si osserva in ogni tipo di radiazione elettromagnetica e consiste nella capacità della radiazione di “aggirare” un ostacolo posto sul cammino.
E’ strettamente associato a quello dell’interferenza ed è dovuto alla natura ondulatoria della radiazione elettromagnetica
Principio di indeterminazione di Heisenberg
E’ impossibile determinare contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di una particella.
Perde quindi significato il modello atomico di Bohr secondo cui l’elettrone compie orbite ben definite intorno al nucleo
L’incertezza Δx nel determinare la posizione x di una particella e l’incertezza nel determinare la quantità di moto Δp sono correlate dall’espressione
ΔxΔp ≥ h/4π
la quantità di modo è data da
p=mv
dove m=massa è costante, quindi Δp è proporzionale a Δv e posso scrivere
Δp=m Δv
Sostituendo nella formula iniziale
ΔxΔv ≥ h / 4π * m
Carica nucleare effettiva o efficace
Le proprietà chimiche di un atomo sono influenzate dall’intensità del suo campo elettrico esterno, dovuto alla carica nucleare, attenuata dalle azioni di schermo degli elettroni.
La carica nucleare effettiva è la carica di cui risente un elettrone: un elettrone del guscio più esterno risentirà della carica positiva del nucleo ma con diverse schermature ad opera di tutti gli elettroni che si frappongono fra questo elettrone ed il nucleo
Si calcola come differenza tra il valore del numero atomico Z e quello di una costante di schermatura data dalla somma delle azioni di schermo dovute agli elettroni
Z(eff) = Z - ∑σ
Coefficienti di schematura:
- 0.35 per ciascun elettrone dello strato esterno non completo
- 0.85 per ciascun elettrone dello strato immediatamente sottostante
- 1 per ciascun elettrone degli strati più interni
- se lo strato più esterno è completo (gas nobile) 0.85 per ogni elettrone dell’ultimo strato e 1 per ogni elettrone sottostante
Abbiamo 2 possibilità per calcolare questa carica:
1) Valutare la carica di cui risente un elettrone appartenente all’atomo
2) Valutare la carica che risente l’atomo nel suo complesso, ovvero quella relativa ad un ipotetico elettrone che non faccia parte del sistema di orbitali dell’atomo.
In questo caso è una misura del campo elettrico esterno dell’atomo
es N(7)=1s^2 2s^2 2p^3 1_ Z = 7 - [ 4 (0.35) + 2 (0.85) ] = 3.9 2_ Z = 7 - [ 5 (0.35) + 2 (0.85) ] = 3.55
Z(eff) aumenta lungo il periodo, le diminuzioni segnano la fine del periodo e l’inizio del successivo
Raggio atomico
Raggio atomico: allo stato solido è metà della distanza tra i nuclei di atomi contigui
Raggio covalente: metà della distanza tra i nuclei di atomi contigui da legame chimico
Raggio di Van der Waals: metà della distanza tra i nuclei di atomi in un campione del gas solidificato (gas nobili)
Raggio metallico: metà della distanza tra i nuclei di atomi metallici
Nel periodo diminuisce all’aumentare del numero atomico: cresce la carica nucleare e Z(eff), questo determina una contrazione degli orbitali occupati e quindi della nuvola elettronica avvolgente l’atomo
Lungo il gruppo aumenta: nuovi elettroni occupano orbitali corrispondenti a livelli energetici decisamente più alti e molto espansi
Raggio ionico
Raggio ionico: Si assume che il raggio ionico dell’ossido O2- valga 140pm, da questo si calcola il raggio degli altri ioni
Tutti i cationi (+) sono più piccoli degli atomi neutri da cui derivano: infatti stiamo togliendo elettroni, i rimanenti sono quindi più attratti dal nucleo (essendo meno dei protoni)
Tutti gli anioni (-) sono più grandi degli atomi neutri da cui derivano: stiamo aggiungendo elettroni quindi aumentano le dimensioni
Energia di ionizzazione
E(i) è la minima energia necessaria per allontanare un elettrone ad una distanza infinita
Esistono energie di 1^, 2^, … n-esima ionizzazione. Man mano che si va avanti l’energia è sempre più elevata: si fa sempre più fatica a strappare un elettrone perchè sarà sempre più trattenuto dal nucleo (stiamo infatti strappando un elettrone negativo da un catione postivo)
A + E(i1) —> A+ + e-
A+ + E(i2) —> A2+ + e2-
ecc..
- E(i) aumenta lungo il periodo
- E(i) diminuisce lungo il gruppo: aumenta il raggio quindi gli elettroni più esterni risentono meno dell’attrazione del nucleo (più elettroni a schermare la forza attrattiva)
Affinità elettronica
Variazione di energia associata all’acquisizione spontanea di un elettrone da parte dell’atomo, a formare un anione
In generale, l’aggiunta del primo elettrone comporta un rilascio di energia, per cui E(ae1) < 0
A + e- –> A- + E(ae1) con E(ae1) < 0
(rilascio di energia)
A- + e - —> A2- + E(ae2) con E(ae2) > 0
(repulsione, bisogna fornire energia)
L’ affinità elettronica varia in modo molto meno regolare rispetto all’energia di ionizzazione, in generale:
- aumenta in valore assoluto lungo il periodo
(ovvero l’energia di prima aff.e. diventa via via sempre più negativa, quindi atomi come F e Cl tendono ad acquistare un elettrone cedendo parecchia energia)
Elettronegatività
Indica la proprietà di un atomo, in una molecola, di addensare su di se la carica elettronica dell’orbitale (o orbitali) di legame.
E’ la tendenza competitiva degli atomi A e B di addensare su di se gli elettroni di legame
Il fluoruro F ha il più alto valore di elettronegatività = 4, seguito dall’ossigeno O.
Il meno elettronegativo è il cesio Cs