Libro - Pedagogia dell'infanzia - I metodi Flashcards
3 - Le esperienze educative dei grandi autori: tracce e direzioni di professionalità (Elisabetta Madriz)
Inizialmente, viene esposto e analizzato il concetto di metodo e come esso viene impiegato nel contesto scientifico. Successivamente, sono presentati i pensieri di quattro importanti autori e la portata teorica delle loro idee. L’obiettivo è quello di evidenziare come spesso si rischi di semplificare e banalizzare le attività educative, diventando facili slogan che abbelliscono i documenti educativi in modo da sedurre i genitori che desiderano iscrivere i propri bambini a una determinata proposta educativa.
In secondo luogo, si vuole evidenziare l’importanza dell’educazione. È grazie all’opera documentati a di questi autori che possiamo riflettere e analizzare sul loro pensiero pedagogico.
- Questioni di metodo:dal concetto all’esperienza educativa
Metodo non significa cosa faccio, ma COME faccio. Il metodo non è rigido, è una via di azione che può essere modificata; non è una tecnica da applicare, ma attraverso di esso definiamo il modo in cui andiamo da ogni singolo bambino, dentro situazioni specifiche.
Il concetto di metodo possiamo definirlo partendo dalla sua etimologia. Deriva dal greco e significa via, strada da percorrere per andare in una determinata destinazione. In antichità questa parola era utilizzata per indicare il processo di “ricerca, indagine, speculazione”.
Il metodo può quindi essere definito come “quell’insieme ordinato di passaggi (logici e pratici), necessari per raggiungere un certo fine”.
Non si può non considerare il contesto in cui viene applicato un metodo e la persona a cui ci rivolgiamo, di conseguenza non esistono dei passaggi standard predefiniti da seguire.
L’azione educativa, prima di essere azione, è pensiero (guidato dall’intenzionalità) che non risponde alla domanda “cosa fare”, ma presta attenzione all’educando e al Perchè agire in un determinato modo.
Quando parliamo di azione o intervento, non ci riferiamo soltanto ad azioni visibili e concrete dell’educatore, ma ci riferiamo anche a quelle scelte apparentemente non visibili (non intervenire quando un bambino che sta imparando a camminare da solo, o restare in silenzio accanto a un bambino in lacrime ma presenti) ma dotate della stessa intenzionalità delle azioni più facilmente identificabili.
I motivi per cui sono stati scelti questi quattro autori sono tre:
- una ragione cronologica: questi autori si inseriscono tra la fine del Settecento e gli inizi del Novecento, periodo considerato di incubazione di quel secolo (‘900) considerato il “secolo dei fanciulli”.
Il pensiero di questi autori non solo è stato moderno ma anche si è radicato all’interno del tessuto politico-sociale lasciando una traccia all’interno della pedagogia dell’infanzia; - una ragione esperienziale: le teorie che ci propongono questi autori derivano da esiti delle loro esperienze educative in quanto si sono spesi come studiosi e come educatori.
- una ragione strutturale: la dimensione esperienziale, è stata fondamentale nel formare una solida struttura di pensiero. I loro scritti sono diventati di studio, di formazione e di preparazione di intere generazioni di educatori e insegnanti. Le loro esperienze sono reali strutturazioni d contesti di educazione.
- Johann Heinrich Pestalozzi: la pedagogia dell’amorevolezza
- Profilo bio-bibliografico
1746 —> nasce a Zurigo;
1769 —> acquista a Neuhof una tenuta agricola dove accoglierà dei bambini e si ispirerà al modello di educazione secondo natura di Rousseau;
Usa il metodo dello studente come maestro: gli studenti più anziani diventano i maestri dei bambini piu piccoli (le competenze sono piu facili da acquisire se chi te le passa è piu vicino a te).
1787 —> Leonardo e Geltrude: capolavoro del romanticismo europeo
1798 —> dirige l’orfanotrofio di Stans
1800 —> insegnante a Burgdorf dove metterà a punto il suo metodo educativo che lo renderà noto in Europa
1805 —> Yverdon circa 20 di esperienza educativa
Per Pestalozzi la persona è sacra, premessa per la dignità interiore e alla base di ogni educazione. È ciò che consente lo sviluppo verso il tempo dell’adultità.
Il bambino è un piccolo “seme che contiene già le pontezialità di un albero. Ogni educatore deve prendersene cura assecondando lo sviluppo della natura. L’AMORE è lo strumento per eccellenza dell’educazione e ne rappresenta la sua base, senza di esso non può esserci educazione.
Il bambino è un portatore di identità, come un seme che contiene la potenzialità di un albero. Potenzialità a cui l’educatore deve essere fedele assecondando lo sviluppo naturale del bambino con lo strumento essenziale: L’AMORE.
- Sfere vitali come contesti di sviluppo
Per sfere vitali Pestalozzi intende i contesti nel quale il bambino è inserito, che possono influenzare ma viceversa possono anche essere influenzati. Sembra anticipare il pensiero di Brofenbrenner sul sistema ecologico dello sviluppo dell’individuo.
Fa una prima distinzione delle tre fasi di crescita di uno stato e anche di un individuo:
STATO DI NATURA: prevalgono i bisogni primitivi e l’egoismo;
STATO SOCIALE: il ricorso alle istituzioni e all’intelligenza permettono di superare la fase precedente;
STATO MORALE: l’intelligenza dirige il comportamento verso il bene.
Inoltre Pestalozzi descrive tre facoltà dell’individuo presenti per natura e che devono essere coltivate affinchè si possa parlare di un’educazione integrale:
Facoltà della mente, Facoltà del cuore e facoltà della mano.
Le tre facoltà umane (mente, cuore, mano) vanno sviluppate in forma armonica.
L’educazione del cuore, dimensione interna che consente di provare sentimenti, necessita un clima accogliente e sereno che sappia accogliere l’espressione dei sentimenti. L’opera della madre getta le fondamenta di quella educazione “del cuore” che poi si svilupperà nell’allargamento progressivo della cerchia di persone.
L’educazione della mano guida al lavoro e alla produttività: ciò che viene prodotto dalla creatività non ha solo valore in sé, ma acquisisce ulteriore quando viene messo a disposizione della società.
L’educazione della mente: l’intelletto permette di conoscere, di capire il significato delle cose e si manifesta come percezione di tipo sensoriale o intuizione e ha inizio con la vita del bambino. Le riflessioni sull’educazione della mente, porteranno l’autore al concetto di Anschauung.
- Dall’amore pensoso alll’Anshauung
Se le sfere vitali hanno un’influenza specifica sullo sviluppo del bambino, la famiglia è quella più importante nel quale il bambino vive le relazioni più importanti. La madre è considerata la figura più importante che non si occupa solo di accudire, ma anche di educare.
Un altro principio cardine di Pestalozzi, è L’AMORE PENSOSO e lo descrive nei suoi scritti quando invita la madre a far dialogare cuore e ragione. L’amore è condizione indispensabile per Pestalozzi, ma il ricorso alla ragione permette un equilibrio.
Anshauung: la conoscenza avviene attraverso il metodo induttivo, ATTRAVERSO L’OSSERVAZIONE CONCRETA E DIRETTA DELLE COSE che sarà il punto di partenza dell’apprendimento liberando l’insegnamento da retorica e principi astratti. La didattica dell’anschauung è una didattica che va dal noto all’ignoto, dal semplice al complesso, dal concreto all’astratto. Per apprendere è necessaria l’AZIONE, non sono sufficienti le parole (viene definito il padre della pedagogia dell’azione). Pestalozzi anticipa anche concetti come la “pedagogia del bios” ovvero pedagogia della vita, vale a dire come esperienza formativa che scaturisce dall’esperienza diretta e concreta delle cose che si attua nel corso di vita di ogni essere umano. - Il giardiniere, per una educazione alla libertà
Secondo Pestalozzi, l’educatore deve porsi al servizio delle potenzialità già presenti nel bambino, riconoscendone i tratti di originalità e unicità, accompagnandolo nel perfezionamento della sua natura .
La metafora del giardiniere: come un giardiniere che conosce la natura e i processi di crescita delle piante, anche l’educatore deve conoscere la natura dei suoi educandi, le loro potenzialità per accompagnarli nel suo pieno sviluppo.
- Friedrich Wilhelm Froebel: il giardino di infanzia
- Profilo bio-bibliografico
1782 nasce in Germania
1805 conosce un discepolo di Pestalozzi e comprende che il suo interesse è l’educazione, specificamente l’infanzia
1826 pubblica la sua prima grande opera importante “L’educazione dell’uomo”
1837 apre il primo kindergarten, la sua prima scuola per bimbi fino ai 6 anni e contemporaneamente sarà anche una scuola per formare maestre giardiniere. - Elementi per una teoria generale dello sviluppo
La natura è sempre presente nelle teorie di Frobel; infatti il bambino è frutto della natura, che è frutto divino, ed è buona e considera quindi l’innata bontà del bambino.
Nel testo “l’educazione dell’uomo” propone una teoria generale dello sviluppo che distingue in tre fasi:
PERIODO DEL LATTANTE (incentrato sullo sviluppo corporeo): Il bambino esprime i suoi bisogni (attraverso il pianto, il sorriso, dolore e piacere) che il genitore deve riconoscere; in questo modo il bambino accoglie dentro di se le cose esteriori.
PERIODO DELL’INFANZIA (incentrato sullo sviluppo dell’attività linguistica e logico-rappresentativa): periodo più importante, grazie all’acquisizione della parola e del gioco. Il gioco è uno strumento fondamentale per manifestare la sua interiorità. Attraverso il gioco sperimenta libertà, gioia e la serietà del gioco e se non ci sono impedimenti da parte dei genitori, porterà questi elementi nel lavoro dell’uomo. Il gioco è molto importante per Frobel, come la costruzione del mondo da parte di Dio. I bambini giocando raccontano e dicono quello che stanno facendo.
PERIODO DELLA FANCIULLEZZA (incentrato sulle acquisizioni cognitive): è il periodo dell’ interiorizzazione, in cui attraverso la curiosità e l’interesse, apprende i contenuti che stanno fuori di sé - Il giardino e i doni all’infanzia
Secondo Frobel Dio è presente nella natura e nell’uomo. Per questo la natura è il luogo migliore per educare un bambino. Questa intuizione porta Frobel ha proporre il concetto di giardino d’infanzia, uno spazio esterno strutturato da una parte in piccoli lotti in cui il bambino agisce in modo individuale in cui coltivare l’orto e una zona comune in cui sperimentare la collettività. L’ambiente viene quindi appositamente strutturato, con materiali preparati e personale docente qualificato.
Nei kindergarten si svolgono tre tipi di attività: 1) esercizi con i doni per lo sviluppo di facoltà mentali; 2) giardinaggio, allevamento animali, faccende domestiche (contatto con la natura); 3) giochi, canti e attività linguistiche per favorire l’espressività. Il gioco è lo strumento principale attraverso cui sperimentare la natura e il fuoco attorno a cui ruota tutto il lavoro dei giardini dell’infanzia, luogo in cui sviluppare attività motorie, cognitive e sociali oltre a funzioni superiori come linguaggio, disegno, capacità logica, produttività. L’attività ludico- creativa permette di giungere un passaggio fondamentale nello sviluppo del bambino: dell’espressione esterna (gioco con le cose), della propria interiorità (disegno, canto, fabbricazioni piccoli oggetti), conoscenza logica e prelogica (periodo della fanciullezza in cui prevale il momento dell’ interiorizzazione, assorbimento e rielaborazione dei dati esterni. Il gioco è FONDAMENTALE, giocando si impara.
Un’altra teoria importante è la TEORIA DEI DONI. Secondo Frobel il passaggio dall’attività esteriorizzante dell’infanzia a quella interiorizzante della fanciullezza, dovrebbe essere facilitata dall’utilizzo di un particolare materiale didattico: una sfera, un cilindro e un cubo scomposti in più parti, attraverso i quali sperimentare gli elementi semplici della natura e sperimentarne le dimensioni della quantità e qualità. I doni non vengono studiati nella loro geometria, ma offerti al bambino per mediare tra l’esperienza sensibile e la struttura intima della natura, aiutavano ad esplorare il mondo circostante e sviluppare le loro abilità.
Criticità della teoria dei doni: Il denso sostrato simbolico, filosofico e perfino metafisica che Frobel proiettava su questi oggetti appare totalmente arbitrario e privo di qualsiasi fondamento psico-pedagogico.
L’educatore accompagna il bambino, osserva, sta al suo fianco, non prevarica e non esercita forzature. - La continuità tra la madre e la maestra giardiniera
La prima figura è considerata la madre la quale vede assegnato un ruolo molto importante per lo sviluppo del bambino. Lo stile educazionale della madre deve trovare una continuità all’interno del giardino dell’infanzia. Per questo la maestra giardiniera deve formarsi in modo specifico. Deve lasciare libertà e spontaneità di crescita , predisporre un ambiente che sia a sua misura e inserito nella natura. Non ci sono programmi prefissati, la maestra giardiniera interviene seguendo le intuizioni dei bambini. Segue le fasi del suo sviluppo e considera attentamente le sue peculiarità
- Rosa e Carolina Agazzi: la nascita della scuola materna
- Profilo biobibliografico
Rosa e Carolina agazzi nascono rispettivamente nel 1866 e 1870.
Dall’incontro con Pasquali (riformatore del Frobelismo, sostiene il principio gioco-lavoro e il principio della libertà), direttore scolastico di Cremona, apprendono il metodo froebeliano e nel 1896 fondano, in un paese agricolo del bresciano, un istituto infantile che verrà poi chiamato SCUOLA MATERNA.
Nel 1895 a Mompiano, nell’asilo infantile locale, prende vita il “metodo Agazzi”.
1898 partecipazione al congresso di TORINO (in cui ci sarà anche Montessori) in cui Rosa Agazzi parlerà di riforma come un “sostituire, modificare, riordinare”, necessario per stare al passo con i tempi, altrimenti il progresso travolge l’istituzione.
Dal 1910, inizia da trieste, un’importante diffusione di quello che viene definito metodo italiano - Il bambino germe vitale
Per le sorelle Agazzi, in ogni bambino risiede un germe vitale che aspira a raggiungere il suo pieno sviluppo, e per farlo è necessario un ambiente naturale come una casa, caldo e accogliente.
Il diritto principale del bambino è quello di essere esprimere se stesso.
La scuola materna è un contesto dove si vive la continuità con la famiglia, considerata dalle sorelle Agazzi come il primo luogo educativo e quindi a cui riconoscono una dignità, a prescindere dalle condizioni di povertà in cui versa. La scuola materna propone quindi attività semplici che costituiscono il senso della vita quotidina.
Il bambino Agazziano è un bambino del fare, impegnato, che trova nell’ambiente in cui è inserito, un sacco di stimoli che gli permettono di usufruire e mettere a disposizione dell’intera comunità le sue potenzialità. - L’impresa educativa agazziana come impresa sociale
Per le sorelle Agazzi la scuola materna non era un luogo in cui soltanto si gioca e impara, ma anche un luogo definito salubre in cui apprendere concetti importanti quali igiene, ordine, pulizia. In questo senso si intende l’impresa educativa come impresa sociale, in quanto concetti come questi erano i modi più utili per costruire una società di pace e fratellanza.
Il gioco contiene regole, se non seguo le regole non posso giocare. Attraverso il gioco si impara a stare nella regola e all’obbedienza, che è un gesto di gratitudine a chi la richiede e che serve alla comunità.
Il bambino piu grande aiuta quello piu piccolo, continua il messaggio che si è in comunità (es. riporre biancheria insieme)
Per quanto riguarda il metodo, le sorelle Agazzi lo ritenevano la via principale per favorire lo sviluppo del bambino: non si trattava di passaggi prestabiliti da seguire, piuttosto di una serie di principi generali, flessibili e adattabili al bambino e alla sua fase di sviluppo. Il metodo si fonda sul concetto gioco-lavoro: qualsiasi attività inerente la vita quotidiana, può essere un’attività educativa (lavarsi, zappare la terra, lavare i fazzolettik preparare la tavola.
Gli oggetti che si utilizzano nella scuola materna sono:
MATERIALI PER GLI ESERCIZI DI VITA PRATICA: bavaglini, asciugamani, cassapanche, palle…
MATERIALI SPECIALI PER USO DIDATTICO: utilizziate per l’osservazione, l’educazione linguistica, la discriminazione sensoriale
Altri due elementi che caratterizzano il metodo sono:
IL MUSEO DEI POVERI O DELLE CIANFRUSAGLIE: oggetti di interesse dei bambini che si portavano in tasca e che venivano raccolti e categorizzati e poi divenivano materiale didattico e un modo per acquisire nuovi concetti;
IL CONTRASSEGNO: immagini di oggetti scelti dai bambini da utilizzare come segno distintivo su tutte le cose che gli appartengono. In questo modo possono riconoscere le proprie cose e rispettare quelle degli altri.
AUTOCORREZIONE: concetto caro anche a M. Montessori. Il bambino mette in ordine un oggetto dal piu grande al piu piccolo. L’educatrice farà notare soltanto se è corretta la progressione e il bambino si cimenterà nella risistemazione e a poco a poco imparerà a fare da solo (oggi si usa il gioco dei cubi).
CANTO E LINGUAGGIO
Le sorelle Agazzi in entrambe le cose proponevano esercizi semplici per, gradualmente, aumentare la complessità (bisillabe e poi parole complesse; discriminazione uditiva poi canti più complessi)
- S’io fossi veramente la madre
L’educatore oltre a chiedersi se è fatto per educare, deve anche chiedersi se fosse lei la madre di quel bambino, il suo cuore sarebbe tranquillo a saperlo in questa scuola?
L’educatrice deve seguire le leggi della natura, non affidarsi a improvvisazione che non abbia un fondamento e non ripetere tecniche particolari mirate a una specifica esperienza.
Il suo compito è quello di predisporre un ambiente curato, ordinato e attraente per il bambino, in cui il bambino possa trovare modo di essere membro della comunità e parteciparvi attivamente.
Ritorna il concetto di ordine, fondamento della scala materna. L’educatrice è produce ordine e insegna a produrlo affinché nasca in modo naturale una predisposizione alla vita ordinata.
L’educatrice deve richiamare il ruolo della madre, facendo sentire il bambino come in famiglia, lasciando il bambino libero di vivere, di fare ciò che sentono quando sentono (bere, lavarsi, guardare la propria aiuola…)
- Maria Montessori: la scoperta del bambino
Nasce nel 1870 a Chiaravalle.
Nel 1896 si laurea con una tesi in psichiatria (fu una delle prime donne a laurearsi in medicina e chirurgia).
Gli anni seguenti lavorerà con i bambini ritardati, periodo in cui si impegnò molto e cercò di aiutarli nel loro recupero.
Nel 1907 inaugura la prima casa dei bambini, dedicata ai piccoli da 3 a 6 anni, in cui mette appunto il frutto delle sue ricerche maturate anni prima nel lavoro con i bimbi frenastenici.
La povertà non è un limite e all’interno di un contesto educativo strutturato e a misura di bambino tutti possono sviluppare quelle capacità che rendono l’infanzia un tempo straordinario.
- Il bambino, maestro dell’uomo
Divenne portatrice di un’idea nuova di bambino.
Secondo la Montessori l’infanzia è l’elemento costruttore, il momento più importante della vita dell’uomo. Ecco perchè considera che il bambino è il maestro dell’uomo.
L’ambiente è determinante nello sviluppo del bambino, le potenzialità emergeranno ma non deve avvenire ne con costrizioni ne soffocando, e l’ambiente diventa il luogo di attesa della loro manifestazione.
L’ambiente deve favorire le esperienze, non proporre esperienze fatte (piuttosto che dire di non toccare, mettere a disposizione solo cose che può toccare). Ogni fase della crescita del bambino prevede particolari condizioni dell’ambiente (a un mese non si può mettere mille luci e colori, ma è sufficiente porlo a pancia in giu e un oggetto a un metro di distanza). L’ambiente è a misura di bambino e questo fa si che lui possa agirvi, sa cosa fare.
Mente assorbente —> i primi sei anni il bambino assorbe tutto quello che gli si propone con naturalezza. Da 0 a 3 la mente assorbe in modo inconscio, da 3 a 6, il bambino principalmente attraverso il gioco, partecipa attivamente e inizia a organizzare i contenuti in categorie.
Periodi sensitivi —> sono finestre temporali in cui il bambino apprende determinate competenze: dura temporaneamente fino al momento in cui non risulta raggiunto quello specifico obiettivo di sviluppo.
Le attività offerte al bambino è la progressione dal semplice al complesso.
- La pedagogia a misura di bambino
L’azione educativa è per Montessori una scienza che mette al centro il concetto di metodo. Attraverso la sua esperienza clinica maturò quel metodo sperimentale che prende avvio dall’ l’osservazione e arriva alla verifica, prima di esprimersi in una teoria.
Il metodo scaturisce dall’esperimento del 1907 a San Lorenzo, in cui applico quelle attività educative nate per bambini frenastenici, ai bambini di 3-6 ani, all’interno delle case dei Bambini.
L’ambiente era privo di giochi o giocattoli, ma aveva MATERIALI DI SVILUPPO presentati al bambino secondo i periodi sensitivi: giochi a incastro, materiali di colori e forme diverse, materiali sonori, di legno , di vetro…. Che consentivano al BAMBINO-SCIENZIATO di osservare e sperimentare direttamente - L’educatore scienziato e accompagnatore
L’educatore deve essere costantemente riconoscente del grande privilegio di aver cura dell’infanzia.
Non deve forzare il bambino verso direzioni che non siano da lui indicate. Deve osservare con pazienza e curiosità, con spirito scientifico e rispetto, ricordando di mettere sempre il bambino nella condizione di agire LIBERAMENTE, riducendo l’intervento al necessario.
Il ruolo dell’educatore è impegnativo in quanto non segue un programma prestabilito ma diviene organizzatore di un ambiente ordinato che consente a ciascun bambino la libera scelta dell’attività da svolgere, nel rispetto del suo tempo di sviluppo e della presenza degli altri bambini.
L’educatore è uno scienziato, che non agisce in modo meccanico, ma osserva, ascolta e attende; si muove solo per conoscere i bisogni del bambino, per offrire materiali necessari e, una volta autonomo, ritirarsi e osservare i progressi.
Rispetto alle sorelle Agazzi con le quali era contemporanea, montessori teorizza l’idea di bambino scienziato, il non intervento (se non in casi peculiari), poca relazione. Le sorelle agazzi invece sottolineava l’importanza di ricalcare la figura materna.