'l'Agnese va a morire', Viganò Flashcards

1
Q

forma/stile:

A

Sul piano formale si osserva che la descrizione sembra predominare sulla narrazione; le parti narrative prevalgono, quantitativamente, su quelle dialogate; le battute del dialogo sono brevissime, spesso sostituite da gesti.

Una delle caratteristiche costanti dello stile della Viganò è l’uso di frasi molto brevi, al fine di creare un effetto di realismo, che sono più frequenti alla fine dei capitoli e dei paragrafi. Le frasi semplici e oggettive, si trovano spesso nel momento della massima tensione drammatica.

La prosa è scarna e asciutta, non vi è mai sovrabbondanza ma non si può dire carente, è come se le scene fossero fotografate, rispondendo così perfettamente alla corrente neorealista di quegli anni. Non vi è spazio per la retorica, poche e semplici parole ma incisive. La focalizzazione narrativa oscilla tra esterna e quella interna di Agnese, in entrambi i casi il narratore è eclissato e non si lascia andare a commenti, lascia che siano i fatti a parlare e a trasmettere.

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Q

trama:

A

Il romanzo comincia nel mese di settembre, quando l’armistizio è stato firmato e la notizia è stata annunciata alla radio, quando la guerra dovrebbe essere ormai finita.

Agnese infatti è una semplice lavandaia matura di età e dal carattere duro e severo, estremamente pragmatica e non ignara delle brutture della vita.

La donna aiuta un soldato che cerca di raggiungere la sua famiglia dopo l’8 settembre del 1943 (data del famoso armistizio sottoscritto dal maresciallo Badoglio). I vicini la denunciano. I tedeschi e i fascisti sopraggiungono, compiono una razzia e portano via il marito Palita il quale, come abbiamo detto in precedenza, per via del suo stato di salute non resisterà alla durezza della situazione.

La vita ordinaria di Agnese cambia improvvisamente in seguito alla deportazione dell’amato marito Palita, un evento che ha forte risonanza sulla donna e ce ne mostra le corde più deboli, in modo tanto più commovente quanto trattenuto e poco incline alla smanceria, in un modo conforme alla protagonista. Da lì ella continua i contatti del coniuge con i “compagni” e comincia a partecipare al movimento della Resistenza, pur essendo completamente a digiuno di politica.

Agnese è priva degli idealismi che animavano Palita, la sua adesione ai partigiani è istintiva, è come una sorta di “chiamata”, quasi un voler perseguire il sentiero tracciato dal marito. D’altronde per l’intero romanzo Palita ha un ruolo “guida” comparendo nei suoi sogni e indirizzandola su quella che è la giusta strada.

Talvolta Agnese potrà sembrare un personaggio poco comprensibile nel suo essere delineato in pochi tratti, ma in realtà la si impara a conoscere e a coglierne i pensieri, gli stati d’animi e i cambiamenti in poche battute. Pian piano il suo personaggio si afferma e ce ne si innamora, umile e semplice quanto intraprendente ed energica.

Ciò che più colpisce è il suo essere protagonista al di fuori di ogni topos, ha un modo del tutto personale di essere un’eroina senza necessità di calcarvi troppo la mano nel delinearne le virtù. Agnese semplicemente è.

Trattata altrettanto è la tematica della Resistenza, esaltata senza edulcorazioni e corposi panegirici. La Viganò ci cala in mezzo ai partigiani, ce ne fa cogliere alcuni tratti e alcune vicende, senza mai porli in un alone di adulazione. Anche laddove si sofferma nell’esaltarne le virtù, come nel caso del Comandante, non avviene mai in modo iperbolico. L’autrice più che soffermarsi sui dialoghi si sofferma in modo minuzioso sulle azioni, ci mostra la Resistenza e ciò è sufficiente per suscitare in noi profonda ammirazione nei confronti di tutti coloro che vi parteciparono mettendo a repentaglio la propria vita per un ideale di libertà, una libertà che stentava a giungere.

Il romanzo risulta essere principalmente descrittivo di una vita precaria e in bilico, dove un equilibrio sbagliato spinge direttamente in pasto ai tedeschi e tra le spire della morte. Si percepisce tutto il rischio delle azioni partigiane e la paura che doveva derivarne, si è partecipi dei loro movimenti e si sente il fiato sul collo, numerose sono le scene di forte pathos.

I tedeschi sono presentati come macchine da guerra, quasi inumani, quali portatori di immane distruzione. Si susseguono numerose vicende in cui padroneggia la loro spietatezza e i loro soprusi, e tutto ciò che di negativo la guerra è capace di tirare fuori dall’uomo. Particolarmente suggestivo è il fragore descritto dalla presenza dei tedeschi, sembra di udirlo e comporta davvero la pelle d’oca. Oltre ai tedeschi e ai partigiani vi è la popolazione, molto spesso incapace di capire e votata alla delazione e all’assoggettamento in quanto completamente soggiogata dalla paura. Ne deriva un’atmosfera desolata, disseminata di pericoli e di diffidenza, un’immagine di guerra impressa a caldo.

Proprio quando gli alleati inglesi stanno per prendere il sopravvento sui tedeschi, Agnese viene trattenuta dai soldati tedeschi e, riconosciuta dal maresciallo superiore di Kurt, viene uccisa. Della donna non rimane che “un mucchio di stracci sulla neve”.

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3
Q

l’Agnese:

A

Agnese, la protagonista, è simbolo di qualcosa di più grande, di più importante che si evidenzia meglio nel testo proprio quando si annulla come personaggio, attraverso l’accumulo di virtù (“negative”) come la semplicità, l’umiltà, l’abnegazione.

Vive un grande fatto storico, e si annulla come donna (Vassalli la definisce “donna senza qualità”) perché incarna una simbologia del sacrificio, un mito destinato a compiersi con la sua morte, già peraltro annunciata dal titolo («Noi non finiamo. Siamo troppi. Più ne muore, più ne viene. Più ne muore, più ci si fa coraggio. Invece i tedeschi e i fascisti quelli che muoiono, si portano via anche i vivi»).

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