come si legge una poesia: Flashcards
definizione di ‘poesia’:
La poesia è un discorso di parole, nel quale emotività e artificio si uniscono.
- emotività: un’immediata e continua attenzione all’evidenza della realtà, all’accadere e al legarsi impreveduto delle cose (ex. prestare attenzione all’enjambement)
- artificio: insieme di strumenti disponibili per comunicare e far sopravvivere l’impulso di quell’attenzione (ex. l’enjambement in sè).
Quando leggiamo una poesia siamo tenuti a fare pause, a prendere fiato in momenti nei quali, di norma, non mi fermerei; la poesia mi richiede una pronuncia cauta e priva di enfasi: non ci è concesso sprecare oppure, al contrario, sottolineare più del necessario nulla di ciò che sto leggendo.
Un fenomeno, senza la nostra attenzione, non esiste.
Emotività e artificio diventano così due modi per raccontare cose.
il ‘ritmo’:
Il ritmo realizza l’unità fra emotività e artificio;
* ritmo: l’esperienza concreta che alcune zone percorse dalla mia voce restano più marcate e più sensibili di altre, e che la precedenza di certi punti di silenzio è dovuta a ragioni profonde, che non sempre riusciamo a cogliere, ma che non possiamo permetterci di trascurare.
le forme della poesia:
Nelle forme della poesia si manifesta l’attitudine alla relazione, l’apertura a ciò che sta fuori di sè o a ciò che è già trascorso.
Esse sono ad esempio il verso, la rima, la disposizione in strofe, gli espedienti retorici.
Se accade che un poeta, per varie ragioni, si trovi a prediligerne alcune rispetto ad altre ciò dispenderà dal fatto che egli avrà affidato più o meno consapevolmente l’autonomia dell’opera a un dialogo con la letteratura che lo precede.
Per cui le forme non valgono come accessori intercambiabili: divengono parti integranti del discorso poetico, elementi fondamentali della capacità di significare e comunicare.
il verso:
Il verso è un segmento del discorso dotato di una conformazione ritmica (che lo rende memorizzabile) che fa percepire al lettore, in primo luogo, due caratteristiche: l’unità interna, delimitata agli estremi da due pause di silenzio, e la misurabilità, comune ad altri segmenti posti in successione.
Varie ipotesi etimologiche:
* versus: dal participio passato passivo ‘vertere’ (girare, tornare indietro)
* versus: participio di ‘verrere’ (arare, tracciare un solco in un campo > atto di scrittura come conduzione di un aratro)
* secondo Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini: ‘verso’ < ‘vertere’ nel senso di cominciare nello stesso scrivere una nuova misura di suoni uguale o simile.
In tutti i casi ‘versus’ si oppone a ‘prosus’ (orientato in avanti).
Un verso tende infatti a condurre la pronuncia e la lettura in direzione di un altro successivo, non necessariamente dotato delle stesse caratteristiche ritmiche, ma comunque partecipe di una sequenza che il lettore è in grado di percepire come unitaria.
Il poeta pesca dalle origini per portare alla luce forme di vita, interruzioni della monotonia,nuove combinazioni di tutto ciò che è già stato detto.
sulla ‘metrica’ e sul ritmo:
la metrica è l’istituzione che disciplina i fenomeni ritmici interni al verso, e che stabilisce criteri di misura del verso stesso e del suo ritmo, definibili nel termine ‘metro’.
- metro = ritmo cristallizzato in forme storicamente determinate (per cui ritmo ≠ metro).
Se il ritmo è una delle ragioni più profonde di un’esperienza poetica, ed è anzi la causa stessa del rapporto fra il lettore occasionale e una singola poesia, la metrica è invece un codice, una chiave d’accesso che la storia della letteratura mi offre per avvicinarmi a quella poesia e fruirne pienamente.
Fino all’allfermazione del verso libero (ultimo ventennio dell’800) questo codice viene percepito come il canone: chi non dispone le parole in modo da rispettare un certo schema non è, di diritto, un poeta.
Secondo Roberto Frost scrivere versi, senza rispettare un vincolo metrico equivale a giocare a tennis senza la rete in mezzo al campo.
La metrica ci permette di percepire e riprodurre il ritmo e il senso di una determinata sequenza poetica.
Il ritmo e il senso ci si imprimono nella memoria: la nostra lettura ha un significato.
la ‘prosodìa’:
Per compiere il processo appena descritto si comincia dalla pronuncia ad alta voce:
I Greci chiamavano ‘prosodia’ il sistema che permetteva loro di disciplinare l’uso delle vocali.
Perchè privilegiare proprio le vocali? Perchè la vocale è una sorta di nucleo intorno al quae una o più consonanti si dispongono a formare l’unità minima diuna sequenza di discorso pronunciata ad alta voce (unità minima = ‘sillaba’).
La prosodia, sia che distingua tra sillabe lunghe o brevi, sia che sottolineai la presenza di sillabe toniche o atone, è fondata sul presupposto che la lingua non possa mai essere considerara come una concatenazione omogenea e indifferenziata, ma come il risultato di una vitalità concreta.
Se le sillabe fossero elementi chimici. la prosodia individuerebbe la loro struttura, la metrica le loro possibilità di aggregazione.
sulla metrica latina:
Perchè i lettori di lingua latina avrebbero dovuto complicarsi l’esistenza attribuendo alla poesia una griglia di accenti tonici non prevista dalla morfologia della loro lingua?
Perchè era una sorta di codice di riconoscimento, garanzia dell’identità di un verso.
come si aggregano le sillabe fra loro:
Gasparov distingue i versi in 3 tipi fondamentali:
1. tipo ‘tonico-sillabico’: dispone le sillabe per piccoli gruppi variamente combinati fra loro, chiamanti ‘piedi’; al lettore non è sempre agevole individuare in un verso la loro presenza, dato il loro stretto rapporto sin dall’antichità con musica, gesti, danza.
2. tipo ‘tonico’: raggruppa le sillabe in un numero fisso di parole, ognuna delle quali portatrice di accento. Questo tipo è tipico della tradizione poetica germanica e slava.
3. tipo ‘sillabico’: qui l’identità di un verso di riconosce semplicemente contando il numero delle singole sillabe che lo compongono. Riguarda da vicino la lingua e la poesia italiana.
il tipo ‘tonico-sillabico’:
Gasparov ha individuato al suo interno un’ulteriore distinzione:
* si può percepire la presenza dei piedi metrici in base alla quantità breve o lunga delle sillabe, dando così luogo al verso ‘sillabometrico’ (in cui il numero di sillabe in ciascun vrso resta fisso) e al verso quantitativo (in cui tale numero è variabile).
Entrambi sono presenti nella metrica greca e latina.
* oppure si possono riconoscere i piedi metrici sulla base dell’accento tonico e dell’alternanza tra sillabe toniche e atone (verso sillabotonico = metrica anglosassone).
* è possibile poi delinare la struttura dei piedi in base all’altezza melodica dei suoni pronunciati (verso sillabomelodico = tipico della poesia classica cinese).
il verso sillabometrico:
Saffo e Alceo adoperavano griglie ritmiche assai rigorose, in cui venivano a sovrapporsi due sistemi di norme: una successione di piedi (gruppi di due o più sillabe lunghe o brevi, disposte in uno schema ricorrente) e al tempo stesso un numero fisso di sillabe per ogni segmento/strofa.
I versi così composti si ordinavano in raggruppamenti omogenei, cioè in strofe.
Ne risultava un insieme estremamente controllato e formalizzato.
In contrasto con la tradizione omerica, il poeta per la prima volta parlava al presente e in prima persona, raccontando di sè (versi = argomento + adozione di una disciplina metrica riconducibile direttamente a lui).
il verso quantitativo:
il verso quantitativo domina la grande epica e la poesia mitologica e didscalica, a partire de Omero.
L’epica procedeva anch’essa per gruppi di sillabe, o piedi, come la lirica di Saffo, Alceo e poi Catullo: tuttavia non richiedeva un numero fisso di sillabe per ogni verso, e si basava sul principio che, in determinati punti, una sillaba lunga (ā) potesse equivalere a 2 brevi (ǎǎ).
Costante il numero dei piedi per ogni verso; variabile il numero delle sillabe.
Nell’esametro:
* piede ¯◡◡ = dattilo
* piede ¯ ¯ = spondeo
Altri:
* giambo: ◡¯
il verso sillabotonico:
il lettore di lingua inglese non sente più, ormai, la quantità delle sillabe, esattamente come noi.
I piedi quindi non raggruppano più sillabe lunghe o brevi, ma toniche o atone > si lascia tutto come si è trovato in epoca classica, sostituendo alle leggi della quantità delle dell’accento (spondeo = formato da due sillabe toniche).
Individuati i piedi in base alla presenza o assenza dell’accento su ciascuna delle sillabe, si resta attenti al loro modo di disporsi uno accanto all’altro.
Grazie a Geoffrey Chaucer che entrò a contatto con la poesia epica francese e ne adottò autorevolmente la disciplina alla propria lingua + Dante, Petrarca e Boccaccio, i poeti inglesi imparano a osservare con attenzione ciò che accadeva nelle culture metriche d’Europa.
Prima di ciò, i poeti di lingua inglese, influenzati dalla poesia germanica e scandinava, usavano l’alliterazione come in Italia si usava la rima.
come funziona il verso sillabico:
Dal momento in cui si era persa la sensibilità alla durata delle singole sillabe (circa 4° sec. d.C.), si iniziò a commisurare i versi non in base alla quantità, ma secondo il numero delle sillabe che li formavano.
Contare le silabe come sistema di riconoscibilità dei versi è rimasto in vigore sino ad oggi.
la poesia come ‘discorso di parole’:
La poesia è un discorso di parole emotivo e artificioso insieme;
- emotivo: orientato immediatamente a un ritmo proprio che si espone al diretto percepire di chi legge.
- artificioso: costruito secondo le risorse di un repertorio tecnico, già disponibile e reinventato volta per volta da un individuo.
Per cui, pur contando le sillabe, è sempre la nostra voce di lettori, la nostra pronuncia concreta, ad averla vinta sulla schematicità dei calcoli.
l’endecasillabo italiano:
- movimento oscillatorio, periodico
- si è sempre più affermato come elemento di una serie -ottava, sonetto, canzone.
- ha subito con gli anni una lenta rivoluzione dall’interno
- secondo Dante è il verso più nobile fra tutti, tuttavia chi compone versi in volgare può servirsi anche di un verso più breve, il ‘settenario’, preferibilmente con la funzione di accompagnamento all’endecasillabo stesso.
- sarà Petrarca a trasformare il rapporto fra endecasillabo e settenario in un rapporto di pari dignità.
- l’endecasillabo nasce da antecedenti colti, non da una tradizione popolare. Risale infatti a un verso greco sillabometrico trapiantato nel latino, dove le sillabe lunghe sono state trasformate in sillabe toniche e le brevi in atone.