Clelia Farnese Flashcards

1
Q

CHI ERA CLELIA FARNESE?

A

Era la figlia illegittima del cardinale Alessandro Farnese, che probabilmente aveva messo incinta una donna del suo seguito a Parma, una donna di cui non conosciamo nulla se non che diede alla luce Clelia il 22 ottobre 1557.
Una bambina che nacque e crebbe con una duplice mancanza di tipo affettivo:
- la madre
- il sincero affetto paterno –> rientrò nell’orbita paterna solo quando costui scelse di servirsene per cementare/costruire/tessere delle reti di influenza in area romana

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2
Q

QUALI FONTI HA USATO GIGLIOLA FRAGNITO?

A

Principalmente corrispondenze
- lettere/carteggi degli AMBASCIATORI (tutte le informazioni che si sono procacciati sono preziosissime per la ricostruzione soprattutto della complessa vicenda dell’allontanamento di Clelia da Roma, una vicenda su cui esiste più di una ricostruzione e che ha dato luogo a versioni edulcorate, romanzate, ricche di aneddoti, di ricami.
- Avvisi dei MENANTI, che trasformano le pulci in monti e i monti in mondi
- le LETTERE DEGLI INFORMATORI di Alessandro Farnese, Aurelio Coperchio e Ascanio Celsi
- la stessa CORRISPONDENZA DI CLELIA: il suo epistolario registra delle tensioni, generalmente le sue lettere sono preziose per la levatura letteraria di cui sono testimonianza, ma d’altra parte in momenti di particolare ansia, esasperazione, si incrinano

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3
Q

COME E’ STATO IL RAPPORTO DI CLELIA CON I VICINI DI SESSO MASCHILE?

A

Spesso burrascoso.

Il padre Alessandro Farnese:

a) sicuramente la fece crescere con un’importante mancanza affettiva: nei primi anni della sua vita crebbe con la nonna materna, poi con la zia Vittoria Farnese a Pesaro. Fece rientrare la figlia nell’orbita paterna e romana solamente quando scelse di servirsene come pedina per cementare/costruire delle reti di alleanze e di influenza in area romana attraverso il matrimonio con Giovan Giorgio Cesarini;
b) i due però non si sposarono a Roma, ma a Rocca Sinibalda; a lei e al giovane marito fu vietato l’ingresso a Roma durante il periodo del carnevale, per non turbare l’atmosfera e per non attirare sguardi indiscreti sotto il pontificato dell’interprete intransigente dell’ortodossia religiosa e morale della Controriforma.
In quel periodo Clelia viene nascosta, tenuta a bada, controllata e spiata: il padre si serve di informatori che riferiscono delle manchevolezze della giovane.
Diventa un’ingombrante presenza nella vita del padre, che aspira al soglio pontificio.
Quando Clelia guarì dopo una lunga malattia e tornò a calcare le scene della socialità romana, la nuova esposizione sociale la porta a essere vittima di accuse e di malelingue, messe in circolo dai menanti che sono sempre pronti a manipolare l’informazione (trasformano le pulci in monti e i monti in mondi).
Simili accuse vengono strumentalizzate da suo padre che cercava dei pretesti per allontanare la figlia da Roma, una vera e propria pietra d’inciampo che si frapponeva fra lui e il soglio pontificio; temeva che i successi sociali della figlia potessero nuocere alle sue aspirazioni. Divenne un nemico di Clelia perché Clelia era ben consapevole di quello che stava accadendo.
Alessandro inizia a controllarla:
a) allontana alcuni membri della familia/entourage di Clelia, anche quelli che le erano stati più fedeli
b) incarica parenti di scriverle di cambiare atteggiamento (spesso incaricò Ottavio Farnese, trasferendogli una sorta di patria potestas dalla quale secondo molti giuristi il matrimonio emancipava le figlie; poi incaricherà Alessandro Farnese; a volte invece fabbricherà delle lettere false). Spesso Clelia risponde alle lettere, spiegando come non riesca a capire da dove origini tutto questo accanimento nei suoi confronti.

2) Dagli anni Settanta in poi i rapporti con suo marito Giovan Giorgio furono particolarmente burrascosi per una serie di motivi. Il comportamento di Giovan Giorgio non era visto di buon grado neppure dai membri della sua famiglia.
- tendenza a vivere al di sopra dei suoi mezzi
- vita sfacciatamente licenziosa
- propensione al gioco d’azzardo
Ma lei era una donna indocile, in grado di reagire e di rispondere o attraverso delle azioni vere e proprie, esplicite (si sfogava negli epistolari che a volte registrano un cambiamento di rotta: generalmente le sue lettere dimostrano una grande levatura letteraria, ma quando sentimenti di amarezza, frustrazione ed esasperazione irrompono l’ordine epistemologico si incrina e si dà spazio anche a un desiderio di morte).
Si ammalò di depressione, di ogni tipo di male in realtà, perché evidentemente somatizzava la sofferenza (dimagrimenti repentini, terzana, tonsilliti).
Poi però i rapporto con il marito ripresero dal 1583 in poi, quando Clelia guarì e tornò a calcare le scene della socialità romana/palcoscenico romano.

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4
Q

PERCHE’ IL MATRIMONIO FARNESE-CESARINI ERA CONVENIENTE PER ENTRAMBE LE FAMIGLIE?

A

Perché i Cesarini erano una famiglia/casato in ascesa di cui Giovan Giorgio era l’unico erede.

Si erano imparentati con molti nobili casati capitolini inserendo le figlie all’interno di gruppi di famiglie municipali e destinando invece i figli maschi a matrimoni con dinastie municipali.
Avevano anche ottenuto nel 1530 la carica perpetua di gonfaloniere.

Il rafforzamento del casato Cesarini si deve al padre di Giovan Giorgio, Giuliano, che fece raggiungere al casato la massima espansione ottenendo
- il governo marchigiano di Civitanova e Montecosaro nel 1551/1552, come riscatto di un debito che la Camera Apostolica aveva nei suoi confronti (il versamento di una somma di cereali). Territori la cui giurisdizione gli fu tolta momentaneamente dopo il subbuglio seguito alla supposta congiura contro Paolo IV Carafa, la cui direzione gli venne riconfermata dieci anni più tardi.
- Acquistò anche i feudi Civita Lavinia, Ardea e Genzano dai Colonna di Paliano

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5
Q

QUALI DISSAPORI UNIVANO FERDINANDO DE’ MEDICI E ALESSANDRO FARNESE?

A

I contrasti hanno origine da:

  • POLITICA DI CONSOLIDAMENTO DELLA PROPRIA FAMIGLIA e dell’inserimento del casato Farnese nel sistema delle dinastie italiane di Paolo III, che aveva inaugurato una politica espansionistica che costituiva una costante minaccia alla sopravvivenza dello stato mediceo.
  • Cosimo de Medici continuava a difendere con tenacia i diritti dello Stato contro le ingerenze romane in materia ecclesiastica, arrivando a espellere dal convento di San Marco dei domenicani ritenuti sovvertitori dell’ordine pubblico. Inoltre proteggeva artisti e letterati di dubbia ortodossia (Pontormo aveva realizzato un ciclo di affreschi nel coro della basilica di San Lorenzo ispirato al pensiero eterodosso dell’alumbrado spagnolo Juan de Valdes).
    Con Pio IV (debitore al duca di Firenze della sua elezione) i rapporti tra Santa Sede e Cosimo de’ Medici diventano più distesi: aveva capito la crescente centralità di Roma nelle dinamiche politiche italiane ed europee. Suo figlio Giovanni prima e poi l’altro Ferdinando otterranno il cappello cardinalizio.
  • Pio V conferì a Firenze il rango di granducato. Questo aveva aperto un contenzioso con Impero e Spagna, lesi nelle loro prerogative giurisdizionali su Firenze e Siena, avea infastidito gli Este che si sentivano scavalcati.

I rapporti si fanno ancora più tesi in merito a un episodio oscuro della biografia del cardinale Farnese. Nel 1571 a Vitorchiano vennero scoperti dei malfattori che progettavano di attentare alla vita del cardinale Farnese, e una volta arrestati, per prolungarsi la vita, confessarono che il mandante era stato Francesco de’ Medici. Ovviamente il cardinaale Farnese cerca subito di avvertire il papa, di farsi anche compiangere e compatire credendo che questa sia la strada più veloce per ottenere la tiara papale. Fece fare copie del processo e le fece disseminare per tutta Roma, ma subito si capisce da che parte sta Pio V, che sottrae gli imputati dall’influenza del Farnese e li fa rinchiudere nel carcere di Tor di Nona. Gli interrogatori condotti dopo mostrarono l’infondatezza della reponsabilità medicea e allora il Farnese cambia strategia, si premura di mostrarsi ritirato, sempre quieto, vuole far sapere che scagiona i Medici da ogni responsabilità, fa addiittura uccidere un tale Sebastiano da Arezzo, condannato in quanto falsamente sostenitore della complicità dei Medici. Il legame di Pio V con i Medici era troppo stretto perché egli potesse cedere al cardinale Farnese.
Si dimostrò che ogni accusa verso Francesco de Medici era infondata.

Cercarono di continuare la schermaglia sul piano della rappresentazione simbolica del potere, a cominciare dagli investimenti edili nella città papale, cercarono di acquistare palazzi del tutto simili a quelli farnesiani. Ma anche la comune passione antiquaria e venatoria che li indusse a contendersi nel 1571 l’acquisto della tenuta di Palo di Paolo Giordano Orsini. Si contendevano le opere di carità.
Intendevano costruire a Roma un polo di aggregazione rivale di quello farnesiano, soccorrendo cardinali poveri per ottenere appoggio nei conclavi (c’erano cardinali poveri perché l’ampliamento del collegio cardinalizio aveva creato forti sperequazioni economiche) e di procurarsi le informazioni per primi.

Sul piano delle strategie nell’agone matrimoniale: fu Ferdinando de Medici che scelse la moglie per Giacomo Boncompagni, figlio di Gregorio XIII, Costanza Sforza di Santa Fiora, sua pronipote, per evitare che Giacomo si sposasse con Lavinia della Rovere, figlia di Vittoria.
Poi trattò per il nuovo matrimonio di Vincenzo Gonzaga (quello suo precedente con Margherita Farnese era stato annullato) con Eleonora d’Austria, cerimonia a Firenze.
Aveva anche ristabilito legami di grande cordialità con il cardinale Luigi d’Este, alleanza sancita con matrimonio tra Virginia (sorella di Ferdinando) e Cesare d’Este.

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6
Q

CHE RAPPORTI C’ERANO TRA ALESSANDRO FARNESE E GIOVAN GIORGIO CESARINI?

A

Il rapporto non era mai stato particolarmente roseo, ma si incrinò e deteriorò nel tempo e Clelia si ritrovò in mezzo a due fuochi ostili.
Erano almeno tre i capi di inimicizia:
- Giovan Giorgio era fortemente indebitato: il padre, alla morte nel 1566, gli aveva lasciato almeno 60mila scudi di debiti, molto probabilmente causati dalla politica di acquisto forsennato di feudi (Ardea, Civita Lavinia)
- era a digiuno delle più elementari norme della vita di corte, mancava di un certo savoir vivre. Aveva rifiutato di accogliere un paggio raccomandatogli dal duca di Parma.
Però è anche vero che trovarono delle affinità culturali: entrambi avevano la passione per l’arte e per il collezionismo.
- l’amicizia e la vicinanza che si venne a creare tra Giovan Giorgio e Ferdinando de’ Medici. Probabilmente Giovan Giorgio sapeva che era Ferdinando de’ Medici che si stava ritagliando uno spazio di prestigio all’interno del collegio cardinalizio, sia al fine di ottenere la tiara in futuro, sia al fine di tessere una rete di relazioni che permettevano il rafforzamento della casata medicea.
I due erano accomunati dalla passione per il gioco, caccia, vita mondana, sociabilità, lascivia, andavano insieme in udienza dal papa. Ferdinando lo aveva invitato a prendere parte al corteo che lo avrebbe scortato a Firenze, nel 1581 si incamminò verso la corte medicea. Anche nel 1584, ma questa volta dietro consiglio di Alessandro Farnese, che dopo aver a lungo ignorato e boicottato tutti i tentativi da parte del duca di Parma e del duca di Firenze di ricostruire i rapporti, aveva capito che senza l’appoggio mediceo la tiara non sarebbe mai tornata sulla testa di un Farnese.
Addirittura Giovan Giorgio scelse nel 1581 Ferdinando de’ Medici come esecutore testamentario assieme al cardinale Marco Antonio Maffei.

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7
Q

COME SI ERA AFFERMATO IL CASATO CESARINI?

A

Era una famiglia/casato in ascesa, in particolar modo all’interno delle carriere curiali.
Si erano imparentati con molti nobili casati capitolini inserendo le figlie all’interno di gruppi di famiglie municipali e destinando invece i figli maschi a matrimoni con dinastie nobiliari.
Avevano anche ottenuto nel 1530 la carica perpetua di gonfaloniere.

Il rafforzamento del casato Cesarini si deve al padre di Giovan Giorgio, Giuliano, che fece raggiungere al casato la massima espansione ottenendo
- il governo marchigiano di Civitanova e Montecosaro nel 1551/1552, come riscatto di un debito che la Camera Apostolica aveva nei suoi confronti (il versamento di una somma di cereali). Territori la cui giurisdizione gli fu tolta momentaneamente dopo il subbuglio seguito alla supposta congiura contro Paolo IV Carafa, la cui direzione gli venne riconfermata dieci anni più tardi.
- Acquistò anche i feudi Civita Lavinia, Ardea e Genzano dai Colonna di Paliano

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8
Q

IL TEMPERAMENTO DI CLELIA

A

Clelia era una donna spesso indocile, disubbidiente, che reagiva anche violentemente alle imposizioni.

1) I rapporti con Giovan Giorgio furono burrascosi a partire dagli anni ‘70 del Cinquecento. Anche gli stessi membri della famiglia Cesarini avevano di che rimproverare Giovan Giorgio (spese eccessive per il mantenimento della familia, vita sfacciatamente licenziosa, propensione per il gioco d’azzardo).
Lei reagì sia attraverso delle vere e proprie azioni: a) sfoghi epistolari in cui alternava lettere di grande levatura a lettere confuse, scritte in preda a passioni rabbiose in cui l’ordine epistolografico si incrina e si affacciano anche pensieri di morte b) scenate di gelosia: uccise probabilmente l’amante del marito a bastonate in una Roma della Controriforma che era tutt’altro che immune da violenze, ma sorprendeva che a farlo fosse una donna

2) Sapeva dire di no: quando Giovan Giorgio nel 1574 allontanandosi da Roma la volle confinare a Civita Lavinia perché non era opportuno lasciare una donna sola a Roma senza protezione maritale, si trasferì a Civita Lavinia in ritardo. Sapeva dire di no al padre, quando ripetutamente, all’inizio, le faceva capire che era il caso che lasciasse Roma.

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9
Q

COSA SUCCESSE QUANDO CLELIA GUARI’?

A

Nel 1583 Clelia guarì e tornò a calcare le scene del palcoscenico romano, della socialità romana.
Da qualche tempo, con la morte dell’intransigente Pio V e la salita al soglio pontificio di Gregorio XIII si era sollevata la coltre penitenziale che gravava su Roma. Non che da quel momento in poi la sociabilità romana abbia galoppato a briglie sciolte, però nobili e prelati continuarono a godere degli agi romani e i grandi eventi come i carnevali si spostarono dentro le ville dei cardinali.

Clelia partecipa agli eventi mondani e la sua bellezza viene decantata negli scritti romani di Montaigne, nei ritratti, nelle sculture di Giambologna (addirittura pare che Giovan Giorgio abbia commissionato al Giambologna la Venere Cesarini che pare, secondo alcuni, ma secondo altri no, raffigurare Clelia stessa).

Ma la nuova esposizione sociale la porta a essere vittima di accuse e di malelingue, messe in circolo dai menanti che sono sempre pronti a manipolare l’informazione (trasformano le pulci in monti e i monti in mondi).
Simili accuse vengono strumentalizzate da suo padre che cercava dei pretesti per allontanare la figlia da Roma, una vera e propria pietra d’inciampo che si frapponeva fra lui e il soglio pontificio; temeva che i successi sociali della figlia potessero nuocere alle sue aspirazioni. Divenne un nemico di Clelia perché Clelia era ben consapevole di quello che stava accadendo.
Alessandro inizia a controllarla:
a) allontana alcuni membri della familia/entourage di Clelia, anche quelli che le erano stati più fedeli
b) incarica parenti di scrivere di cambiare atteggiamento (spesso incaricò Ottavio Farnese, trasferendogli una sorta di patria potestas dalla quale secondo molti giuristi il matrimonio emancipava le figlie)

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10
Q

IL SEQUESTRO DI CLELIA DA ROMA

A

Diventa la vittima di un piano diabolico per portarla via da Roma, che si inscrive dentro una strategia di ripristino dell’onore infangato dalla publica vox et fama (dall’opinione pubblica ante litteram). Una sera di giugno del 1587 viene convocata nel palazzo del Cardinale con un pretesto (secondo i menanti quello di salutare Odoardo Farnese che sarebbe presto partito per Caprarola) poi fatta salire in carrozza e condotta a Ronciglione.
La vicenda ha dato luogo a tantissime ricostruzioni anche molto fantasiose, a racconti romanzeschi, a infiorettature, inserimenti di dettagli particolari, da parte soprattutto degli ambasciatori che hanno intercettato informazioni e le hanno riferite al princeps.
Due sono i punti fermi: il duca di Parma Alessandro era la mente della spedizione, mentre il cardinale Alessandro svolgeva un ruolo di comparsa.

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11
Q

L’ULTIMA FASE DELLA VITA DI CLELIA, QUELLA CON MARCO PIO DI SAVOIA

A

mmmm

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12
Q

LA COMPLESSA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA DEL SEQUESTRO DA ROMA

A

La vicenda ha dato luogo a tantissime ricostruzioni anche molto fantasiose, a racconti romanzeschi, a infiorettature, inserimenti di dettagli particolari, da parte soprattutto degli ambasciatori che hanno intercettato informazioni e le hanno riferite al princeps.
Iniziarono a circolare voci sulle grida, sui pianti e sulle resistenze di Clelia. In poco tempo, agli occhi di molti romani è diventata un eroina che ha suscitato GIUDIZI COMPASSIONEVOLI, la sua sorte è stata commiserata e ci fu un GENERALE SENSO DI PARTECIPAZIONE ALLA SUA SVENTURA.

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13
Q

COSA SUCCEDE DOPO LA MORTE DI GIOVAN GIORGIO CESARINI

A

Giovan Giorgio Cesarini muore nell’aprile del 1585, a 35 anni, per degli scompensi cardiaci, lasciando una moglie di 28 anni, un figlio legittimo di 12 e uno naturale di 2.

Proprio negli ultimi tempi il rapporto tra Clelia e GG era stato ricucito. Quando era guarita dalla malattia nel 1583 ed era tornata a calcare le scene della socialità romana, la sua rinnovata bellezza aveva attratto tutti, anche suo marito, che aveva dedicato a lei una galleria di ritratti delle più belle donne di cui aveva notizia, aveva commissionato al Giambologna la Venere Cesarini che forse è proprio un ritratto di Clelia.
La Farnese soffrirà molto per questa importante e improvvisa perdita. Nelle lettere a Bianca Cappelli dirà di sentirsi devastata. In fin dei conti GG era stato per lei uno scudo da cui proteggersi dalla tirannia, dal dispotismo e dalle pretese del padre.

Secondo il testamento del 1581, Clelia era stata nominata AMMINISTRATRICE USUFRUTTUARIA DI TUTTI I SUOI BENI e TUTRICE DEL PICCOLO GIULIANO, a patto che fosse sempre rimasta vedova e risiedesse entro i territori dei Cesarini. Era quindi una concessione e una nomina vincolata.

1) Clelia inizia a onorare tutti gli impegni presi e a sfruttare quel margine di azione e di autonomia che le è stato concesso: stringe amicizia con esponenti del baronaggio romano, cura i rapporti sociali, si fa vedere amichevole, affabile, disponibile.
Nello stesso momento cerca di concludere il possibile matrimonio tra Giuliano e la nipote del neo papa, Sisto V, Flavia Damascena Peretti. Probabilmente già Giovan Giorgio aveva avviato già delle trattative matrimoniali, visto che Felice Peretti da Montalto era indicato come esecutore testamentario.
MA dovette avere a che fare con le angherie e le macchinazioni del padre che intendeva allontanare da Roma quella pietra di inciampo che si frapponeva tra lui e il pontificato. Le chiedeva un comportamento consono a quello di vedova e strumentalizzava le accuse/le dicerie/le malelingue che da qualche tempo circolavano sul suo conto pur di trovare un pretesto per sbarazzarsene: avrebbe voluto mandarla o presso Margherita d’Austria o presso Vittoria della Rovere, allora ritiratasi nello stato di Castro.

2) Si ritrova ancora una volta tra due fuochi/in mezzo a una schermaglia tra suo padre e Ferdinando de’ Medici: entrambi vogliono imparentarsi con Sisto V e concludere trattative matrimoniali con lui. Senza saperlo, Alessandro Farnese, strumentalizzando le dicerie sul conto della figlia, fa il gioco dell’avversario, ugualmente interessato a un allontanamento di Clelia da Roma pur di favorire il suo cinico gioco e impedire che i Farnese si imparentassero con Sisto V.
Addirittura non nega, anzi, a volte pare fomentare, le voci messe in circolo dagli Avvisi circa una possibile relazione tra lui e Clelia. “Ferdinando è tiranneggiato dall’amore per Clelia”. Non ne abbiamo la certezza, ma alcuni indizi ci fanno ipotizzare possa essere stato vero.

3) Diventa la vittima di un piano diabolico per portarla via da Roma, che si inscrive dentro una strategia di ripristino dell’onore infangato dalla publica vox et fama (dall’opinione pubblica ante litteram). Una sera di giugno del 1587 viene convocata nel palazzo del Cardinale con un pretesto (secondo i menanti quello di salutare Odoardo Farnese che sarebbe presto partito per Caprarola) poi fatta salire in carrozza e condotta a Ronciglione.
La vicenda ha dato luogo a tantissime ricostruzioni anche molto fantasiose, a racconti romanzeschi, a infiorettature, inserimenti di dettagli particolari, da parte soprattutto degli ambasciatori che hanno intercettato informazioni e le hanno riferite al princeps.
Due sono i punti fermi: il duca di Parma Alessandro era la mente della spedizione, mentre il cardinale Alessandro svolgeva un ruolo di comparsa.

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14
Q

PERCHE’ SPOSO’ MARCO PIO?

A

Sposò Marco Pio di Savoia perché
1) il padre voleva allontanarla da Roma, in quanto Clelia da tempo rappresentava una pietra d’inciampo, un ostacolo che si frapponeva fra lui e la tiara.
Da tempo le diceva che teneva comportamenti inadeguati a una vedova.
Chiedeva a suo fratello Ottavio Farnese di scriverle per rimproverarla e per chiederle di tenere un atteggiamento adeguato al suo ruolo e alla sua condizione; quando non poteva incaricare altri fabbricava lettere false.
2) Inoltre voleva ottenere la tutela su Giuliano, cosa che effettivamente ottenne quando nel settembre 1587 Clelia rogò una serie di atti con cui lo nominò procuratore generale con il compito di tutelare gli interessi del figlio.

Marco Pio fu il nome proposto da Vittoria Farnese, sorella del cardinale e moglie di Guidobaldo della Rovere.

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15
Q

COME ERA MARCO PIO E COME FU LA VITA DI CLELIA DOPO IL MATRIMONIO CON MARCO PIO?

A

Marco Pio era un giovane di vent’anni. marchese di Sassuolo, feudatario del duca di Ferrara Alfonso II d’Este, che però non era molto propenso a favorire l’insediamento di una Farnese - ovvero dell’esponente di un casato che aveva certe mire espansionistiche - nel suo territorio.

Era un giovane abbastanza sanguigno e impetuoso: si fiondò a Roma alla fine di luglio anche senza il consenso di Alfonso II (che non si capisce mai veramente se diede il suo benestare o meno, probabilmente rimase in una sorta di zona grigia per non essere costretto a dare un “no” perentorio), in poco tempo sottoscrisse i capitoli matrimoniali e ad agosto si sposarono.

1) Era un uomo geloso e violento, che iniziò a manifestare la sua gelosia durante il viaggio verso Sassuolo, allontanando dal corteo che scortava i due sposi il marchese Cesare d’Avalos (probabilmente perché geloso delle attenzioni che questi riservava alla moglie ma un agente toscano alla corte di Ferrara mise a conoscenza il segretario del cardinale Ferdinando de’ Medici che Clelia, quest’anima satura di sopportazione, aveva bisogno di sfogare la sua pena per essere stata così violentemente strappata da Roma).
Fu anche vittima di percosse da parte del marito, di tradimenti: forse uccise anche la sua amante come aveva fatto con la Bella Barbara
2) Clelia era stata strappata violentemente alla sua amata e vivace Roma e soprattutto a suo figlio, di cui si raccontava negli ultimi tempi erano “un solo fiato”. Dovette essere pervasa da un naturale senso di sconfitta davanti all’autorità e violenza paterna.
Per questo si allontanò progressivamente dalla vita sociale e dai suoi formalismi: era stanca persino di accogliere ambasciatori. Era una donna disillusa.
Quando tornò a Roma nel 1594 per un breve periodo di tempo la vita sociale le parve cambiata e soffocata da vuoti formalismi, rigida nel rispetto delle etichette.
3) Marco Pio era un pessimo amministratore e un eccellente dissipatore di patrimoni, così come Giuliano che stava smobilitando tutta l’eredità paterna vincolata da fedecommesso primogenitoriale.
4) Suo figlio era recalcitrante e sordo alle ragioni affettive della madre e, quando dopo la morte di Marco Pio nel 1599 Clelia stava organizzando il suo ritorno a Roma, temeva il ritorno di una madre spendacciona e le proibì di rientrare a Palazzo Cesarini.

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16
Q

QUANDO SI SPOSARONO CLELIA E MARCO PIO?

A

2 agosto 1587.

Fu un matrimonio molto sbrigativo, le trattative matrimoniali si conclusero molto presto. Marco Pio fu quello che spinge per l’unione con i Farnese; a fine luglio andò a Roma, si incontrò con frate Pappacoda, qualche giorno dopo nella casa di Paolo e Mario Sforza abbozzò i patti matrimoniali; dovette dare una prova della sua prestanza virile con una signora spagnola, visto il caso clamoroso di impotentia coeundi di Vincenzo Gonzaga.

17
Q

QUALI FURONO LE INCOMBENZE DA RISOLVERE DOPO IL MATRIMONIO CON MARCO PIO?

A

Il mese di settembre 1587 Clelia lo impegnò a risolvere qualche incombenza di tipo più che altro burocratico.

1) Come doveva essere restituita la dote, che ora ammontava a 45mila scudi (36mila scudi in moneta comprensivi di 3mila in gioielli + 9mila scudi di quarto dotale). Il tutto fu affidato a uno degli esecutori testamentari che curava gli interessi della famiglia, Valerio della Valle, il quale decise che il saldo della dote sarebbe stato corrisposto entro due anni dalla data del matrimonio e in tre rate annue con i relativi interessi.
Ma come potevano essere versate le rate visto che Giuliano era indebitato fino al collo? Poteva solamente contrarre nuovi debiti
2) Come sarebbero stati ripartiti gli iocalia, i gioielli, tra madre e figlio? Quali erano quelli che Clelia aveva portato in dote al primo matrimonio e quali quelli appartenenti a casa Cesarini che Giovan Giorgio avrebbe voluto conservare?
3) Dovette nominare procuratore e curatore generale (qualcuno in grado di tutelare gli interessi del figlio) suo padre il cardinale Farnese il quale affidò una procura a Giulio Folchi perché rendesse conto dell’amministrazione del patrimonio del figlio durante il periodo di tutela
4) Fu chiamata come testimone al processo di canonizzazione di Fra Felice, un frate cappuccino morto nel maggio 1587, di cui tre testimoni riferivano avesse guarito Clelia da un forte mal di gola semplicemente attraverso le mani. Clelia in realtà non si sbilanciò molto sulle doti miracolistiche del frate, disse che già altre volte aveva sofferto dello stesso male, però era conquistata dalla capacità del frate di recarle conforto in momenti bui ed era affascinata dalle sue doti di preveggenza: quando tutti, in occasione delle malattie di Giuliano, dicevano che il suo caso era disperato, lui si dichiarava certo della sua guarigione.

18
Q

CHI FU, IN BREVE, CLELIA FARNESE?

A

Clelia Farnese era la figlia illegittima del cardinale Alessandro Farnese, che probabilmente aveva messo incinta una donna del suo seguito durante un soggiorno a Parma. Nacque il 22 ottobre 1557.

Diciamo che se ci viene restituito un quadro sommario di questa donna, potremmo stupirci che ne sia stata scritta una biografia: una donna molto bella, figlia di un porporato, proveniente quindi da un contesto agiato, che amava la vita mondana/calcare le scene della socialità romana, che si sposò due volte, amante del lusso, della raffinatezza, frivola, amava essere lusingata, era anche avida di attenzioni.
Ma allora dov’è l’aspetto interessante, non necessariamente nuovo, ma che merita di essere approfondito?
E’ una donna che soffre. E’ una donna che nasce già con una duplice mancanza: quella della madre - fisicamente non la conoscerà mai - e la mancanza dell’affetto paterno.

(…)

E’ una donna che soffre per i rapporti burrascosi che ha con il primo marito (considerato spesso un inetto, un incapace, un irresponsabile), che arriva ad ammalarsi di tristezza, a somatizzare il dolore.

Donna che viene controllata e tenuta a bada continuamente dal padre, che la vede come un ostacolo, una pietra d’inciampo che si può frapporre fra lui e le sue aspirazioni al papato. Che arriverà a controllarla, a fabbricare lettere false pur di incitarla a cambiare atteggiamento, a tenere una condotta adatta al suo status di donna, di vedova, e ad allontanarla forzatamente da Roma.

19
Q

COSA RIVELA L’INVENTARIO DEI SUOI BENI?

A

Il padre aveva predisposto il trasferimento dei suoi beni a Ronciglione, beni che erano già stati inventariati prima del sequestro. Quest’ultimo rivela l’impressione di un tenore di vita sfarzoso e del suo grande amore per il lusso e la raffinatezza.
I libri di cui disponeva erano quasi tutti in volgare perché era sprovvista come molte donne del suo tempo di nozioni di latino. Clelia non sembra aver occupato uno spazio significativo nella vita culturale, letteraria e artistica della Roma del suo tempo.
Sono oggetti che ci dicono poco della sua religiosità. Gli oggetti che le furono consegnati a Ronciglione ci dicono poco della sua religiosità: restituì quattro Ufficioli della Madonna, trattenne numerosi Agnus Dei, un’acquasantiera.

Ricchissimo l’elenco del suo vestiario che illumina sulla frivolezza e la vanità di Clelia. Sono tutti indumenti confezionati con tessuti pregiati come tela d’argento, oro, raso, seta, velluto. Alcuni indumenti sono nuovi, altri sono usati e nell’inventario ci sono anche pezze di tessuto e rotoli di merletti, gomitoli di filo d’oro e argento, scatole piene di trine e passamaneria: evidentemente il ritocco e la rimessa a nuovo erano lavori domestici che interessavano la grande aristocrazia romana così come il ceto medio.

Chiedeva di smontare uno stupendo “collaro grande” dei Cesarini affinché le fossero restituite le pietre preziose e le perle da lei aggiunte, ma per il Della Valle che doveva occuparsi dell’amministrazione del patrimonio Cesarini e della restituzione della dote della donna questo era uno scempio.

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IMPARENTARSI CON SISTO V

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A Clelia il marito Giovan Giorgio aveva lasciato ampi spazi di autonomia nel testamento: sarebbe stata l’amministratrice usufruttuaria di tutti i suoi beni (purché non si allontanasse da Roma e non si risposasse) e avrebbe avuto la tutela di Giuliano.

CLELIA SI IMPEGNO’ SUBITO PER ONORARE GLI IMPEGNI PRESI:

1) allaccia una fitta rete di rapporti sociali per tenere alto il nome dei Cesarini
2) CERCA DI CONCLUDERE IL POSSIBILE MATRIMONIO TRA GIULIANO E FLAVIA DAMASCENI PERETTI, NIPOTE DEL PAPA, per il quale probabilmente Giovan Giorgio aveva già avviato delle trattative

Ma ancora una volta si ritrova al centro del contendere e dei colpi di schermaglia tra suo padre e Ferdinando de’ Medici: entambi vorrebbero imparentarsi con Sisto V e le loro basse manovre in concistoro finiscono per nuocere all’onore e all’integrità di Clelia: Ferdinando vorrebbe che Flavia sposasse Virginio, il figlio di Paolo Giordano Orsini, e pur di favorire il cinico gioco che sta conducendo strumentalizza le accuse e le dicerie infamanti che macchiano il nome di Clelia per allontanarla da Roma

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IL RAPPORTO TRA CLELIA E FERDINANDO DE’ MEDICI

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Clelia doveva essere allontanata da Roma: era una pietra d’inciampo, un ostacolo che si frapponeva tra lui e il soglio pontificio. Inoltre era vittima di malelingue, di accuse, di dicerie messe in circolo dai menanti proprio quando Clelia, bellissima, guarita dalla sua lunga malattia era tornata a calcare le scene della socialità romana.

L’Avviso dei menanti del 9 novembre 1585 parlava di un Ferdinando de’ Medici tiranneggiato dall’amore per Clelia, e forse era anche vero: erano entrambi giovani e di bell’aspetto, cardinali e nobildonne si incrociavano frequentemente nei palazzi romani, Ferdinando de Medici non ne faceva troppo mistero, aveva dedicato a lei giostre, caccia alla leonessa, aveva fatto commissionare gioielli, diamanti, orecchini e pennacchi per adornare il capo da regalare a Clelia, era stato anche il committente de La pesca dei coralli di Jacopo Zucchi, e nei soggetti ritratti alcuni hanno individuato le fattezze di Clelia e Ferdinando.

Lui sicuramente non negava, non smentiva e strumentalizzava quelle dicerie per favorire il cinico gioco che stava conducendo per impedire che i Cesarini si imparentassero con il pontefice.

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QUALCHE RAPPORTO DEGLI AMBASCIATORI SUL SEQUESTRO DI CLELIA

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Esistono diverse versioni e ricostruzioni della vicenda, racconti infiorettati, ricchi di aneddoti, di dettagli.
Molto ne hanno parlato gli ambasciatori, i residenti a Roma che comunicavano la notizia allo stato/princeps inviante.

  • L’ambasciatore fiorentino Giovanni Alberti attinse a tutti gli ingredienti del romano cavalleresco per descrivere l’incredibile storia d’amore di Clelia e di Marco.
  • L’ambasciatore estense Ercole Tassoni si dilungò in particolari meno conosciuti e descrisse la scesa come un susseguirsi di colpi di scena: scrisse che Biagio Capizucchi uscì dietro al letto dove stava, che Clelia si mise a piangere, che urlò che non voleva morire, mentre il padre l’assicurava che non l’avrebbe abbandonata. Poi spuntò Mario Sforza a dirle che sarebbe stata trattata con onore, ma che non avrebbe mai più rivisto Roma.
  • Attilio Malegnani, corrispondente dei Gonzaga, raggiunse il più alto livello di drammatizzazione. Disse che Clelia provò a far resistenza e provò a rientrare negli appartamenti ma iniziò a piangere a dirotto e alla fine fu scortata fuori.
  • Il residente estense alla corte di Toscana scrisse che a Firenze si vociferava che fosse stato Ferdinando la causa dell’allontanamento da Roma.
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DI COSA DOVEVA OCCUPARSI VALERIO DELLA VALLE?

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  • rendere conto dell’amministrazione del patrimonio Cesarini durante gli anni di vedovanza di Clelia: come poteva estinguere i debiti che aveva accumulato per spese personali da quando era rimasta vedova?
  • doveva occuparsi della restituzione della dote della donna, ma c’era un problema: Giuliano non poteva fare altro che versare i primi 10mila scudi contraendo nuovi debiti, accendendo un censo sul casale della Cesarina
  • della ripartizione tra lei e Giuliano dei gioielli portati in dote e di quelli che Giovan Giorgio le aveva lasciato per essere conservati.
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CHI E’ GIGLIOLA FRAGNITO?

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E’ professoressa di Storia moderna presso l’Università di Parma.
Ha svolto ricerche nell’ambito della storia religiosa, culturale e sociale della prima età moderna (molto sul Cinquecento), e ha approfondito le pratiche della censura e il rapporto tra uso del latino e volgare nella storia della Chiesa. Ha anche scritto molto sul Rinascimento e ha pubblicato anche alcune biografie.