Clelia Farnese Flashcards
CHI ERA CLELIA FARNESE?
Era la figlia illegittima del cardinale Alessandro Farnese, che probabilmente aveva messo incinta una donna del suo seguito a Parma, una donna di cui non conosciamo nulla se non che diede alla luce Clelia il 22 ottobre 1557.
Una bambina che nacque e crebbe con una duplice mancanza di tipo affettivo:
- la madre
- il sincero affetto paterno –> rientrò nell’orbita paterna solo quando costui scelse di servirsene per cementare/costruire/tessere delle reti di influenza in area romana
QUALI FONTI HA USATO GIGLIOLA FRAGNITO?
Principalmente corrispondenze
- lettere/carteggi degli AMBASCIATORI (tutte le informazioni che si sono procacciati sono preziosissime per la ricostruzione soprattutto della complessa vicenda dell’allontanamento di Clelia da Roma, una vicenda su cui esiste più di una ricostruzione e che ha dato luogo a versioni edulcorate, romanzate, ricche di aneddoti, di ricami.
- Avvisi dei MENANTI, che trasformano le pulci in monti e i monti in mondi
- le LETTERE DEGLI INFORMATORI di Alessandro Farnese, Aurelio Coperchio e Ascanio Celsi
- la stessa CORRISPONDENZA DI CLELIA: il suo epistolario registra delle tensioni, generalmente le sue lettere sono preziose per la levatura letteraria di cui sono testimonianza, ma d’altra parte in momenti di particolare ansia, esasperazione, si incrinano
COME E’ STATO IL RAPPORTO DI CLELIA CON I VICINI DI SESSO MASCHILE?
Spesso burrascoso.
Il padre Alessandro Farnese:
a) sicuramente la fece crescere con un’importante mancanza affettiva: nei primi anni della sua vita crebbe con la nonna materna, poi con la zia Vittoria Farnese a Pesaro. Fece rientrare la figlia nell’orbita paterna e romana solamente quando scelse di servirsene come pedina per cementare/costruire delle reti di alleanze e di influenza in area romana attraverso il matrimonio con Giovan Giorgio Cesarini;
b) i due però non si sposarono a Roma, ma a Rocca Sinibalda; a lei e al giovane marito fu vietato l’ingresso a Roma durante il periodo del carnevale, per non turbare l’atmosfera e per non attirare sguardi indiscreti sotto il pontificato dell’interprete intransigente dell’ortodossia religiosa e morale della Controriforma.
In quel periodo Clelia viene nascosta, tenuta a bada, controllata e spiata: il padre si serve di informatori che riferiscono delle manchevolezze della giovane.
Diventa un’ingombrante presenza nella vita del padre, che aspira al soglio pontificio.
Quando Clelia guarì dopo una lunga malattia e tornò a calcare le scene della socialità romana, la nuova esposizione sociale la porta a essere vittima di accuse e di malelingue, messe in circolo dai menanti che sono sempre pronti a manipolare l’informazione (trasformano le pulci in monti e i monti in mondi).
Simili accuse vengono strumentalizzate da suo padre che cercava dei pretesti per allontanare la figlia da Roma, una vera e propria pietra d’inciampo che si frapponeva fra lui e il soglio pontificio; temeva che i successi sociali della figlia potessero nuocere alle sue aspirazioni. Divenne un nemico di Clelia perché Clelia era ben consapevole di quello che stava accadendo.
Alessandro inizia a controllarla:
a) allontana alcuni membri della familia/entourage di Clelia, anche quelli che le erano stati più fedeli
b) incarica parenti di scriverle di cambiare atteggiamento (spesso incaricò Ottavio Farnese, trasferendogli una sorta di patria potestas dalla quale secondo molti giuristi il matrimonio emancipava le figlie; poi incaricherà Alessandro Farnese; a volte invece fabbricherà delle lettere false). Spesso Clelia risponde alle lettere, spiegando come non riesca a capire da dove origini tutto questo accanimento nei suoi confronti.
2) Dagli anni Settanta in poi i rapporti con suo marito Giovan Giorgio furono particolarmente burrascosi per una serie di motivi. Il comportamento di Giovan Giorgio non era visto di buon grado neppure dai membri della sua famiglia.
- tendenza a vivere al di sopra dei suoi mezzi
- vita sfacciatamente licenziosa
- propensione al gioco d’azzardo
Ma lei era una donna indocile, in grado di reagire e di rispondere o attraverso delle azioni vere e proprie, esplicite (si sfogava negli epistolari che a volte registrano un cambiamento di rotta: generalmente le sue lettere dimostrano una grande levatura letteraria, ma quando sentimenti di amarezza, frustrazione ed esasperazione irrompono l’ordine epistemologico si incrina e si dà spazio anche a un desiderio di morte).
Si ammalò di depressione, di ogni tipo di male in realtà, perché evidentemente somatizzava la sofferenza (dimagrimenti repentini, terzana, tonsilliti).
Poi però i rapporto con il marito ripresero dal 1583 in poi, quando Clelia guarì e tornò a calcare le scene della socialità romana/palcoscenico romano.
PERCHE’ IL MATRIMONIO FARNESE-CESARINI ERA CONVENIENTE PER ENTRAMBE LE FAMIGLIE?
Perché i Cesarini erano una famiglia/casato in ascesa di cui Giovan Giorgio era l’unico erede.
Si erano imparentati con molti nobili casati capitolini inserendo le figlie all’interno di gruppi di famiglie municipali e destinando invece i figli maschi a matrimoni con dinastie municipali.
Avevano anche ottenuto nel 1530 la carica perpetua di gonfaloniere.
Il rafforzamento del casato Cesarini si deve al padre di Giovan Giorgio, Giuliano, che fece raggiungere al casato la massima espansione ottenendo
- il governo marchigiano di Civitanova e Montecosaro nel 1551/1552, come riscatto di un debito che la Camera Apostolica aveva nei suoi confronti (il versamento di una somma di cereali). Territori la cui giurisdizione gli fu tolta momentaneamente dopo il subbuglio seguito alla supposta congiura contro Paolo IV Carafa, la cui direzione gli venne riconfermata dieci anni più tardi.
- Acquistò anche i feudi Civita Lavinia, Ardea e Genzano dai Colonna di Paliano
QUALI DISSAPORI UNIVANO FERDINANDO DE’ MEDICI E ALESSANDRO FARNESE?
I contrasti hanno origine da:
- POLITICA DI CONSOLIDAMENTO DELLA PROPRIA FAMIGLIA e dell’inserimento del casato Farnese nel sistema delle dinastie italiane di Paolo III, che aveva inaugurato una politica espansionistica che costituiva una costante minaccia alla sopravvivenza dello stato mediceo.
- Cosimo de Medici continuava a difendere con tenacia i diritti dello Stato contro le ingerenze romane in materia ecclesiastica, arrivando a espellere dal convento di San Marco dei domenicani ritenuti sovvertitori dell’ordine pubblico. Inoltre proteggeva artisti e letterati di dubbia ortodossia (Pontormo aveva realizzato un ciclo di affreschi nel coro della basilica di San Lorenzo ispirato al pensiero eterodosso dell’alumbrado spagnolo Juan de Valdes).
Con Pio IV (debitore al duca di Firenze della sua elezione) i rapporti tra Santa Sede e Cosimo de’ Medici diventano più distesi: aveva capito la crescente centralità di Roma nelle dinamiche politiche italiane ed europee. Suo figlio Giovanni prima e poi l’altro Ferdinando otterranno il cappello cardinalizio. - Pio V conferì a Firenze il rango di granducato. Questo aveva aperto un contenzioso con Impero e Spagna, lesi nelle loro prerogative giurisdizionali su Firenze e Siena, avea infastidito gli Este che si sentivano scavalcati.
I rapporti si fanno ancora più tesi in merito a un episodio oscuro della biografia del cardinale Farnese. Nel 1571 a Vitorchiano vennero scoperti dei malfattori che progettavano di attentare alla vita del cardinale Farnese, e una volta arrestati, per prolungarsi la vita, confessarono che il mandante era stato Francesco de’ Medici. Ovviamente il cardinaale Farnese cerca subito di avvertire il papa, di farsi anche compiangere e compatire credendo che questa sia la strada più veloce per ottenere la tiara papale. Fece fare copie del processo e le fece disseminare per tutta Roma, ma subito si capisce da che parte sta Pio V, che sottrae gli imputati dall’influenza del Farnese e li fa rinchiudere nel carcere di Tor di Nona. Gli interrogatori condotti dopo mostrarono l’infondatezza della reponsabilità medicea e allora il Farnese cambia strategia, si premura di mostrarsi ritirato, sempre quieto, vuole far sapere che scagiona i Medici da ogni responsabilità, fa addiittura uccidere un tale Sebastiano da Arezzo, condannato in quanto falsamente sostenitore della complicità dei Medici. Il legame di Pio V con i Medici era troppo stretto perché egli potesse cedere al cardinale Farnese.
Si dimostrò che ogni accusa verso Francesco de Medici era infondata.
Cercarono di continuare la schermaglia sul piano della rappresentazione simbolica del potere, a cominciare dagli investimenti edili nella città papale, cercarono di acquistare palazzi del tutto simili a quelli farnesiani. Ma anche la comune passione antiquaria e venatoria che li indusse a contendersi nel 1571 l’acquisto della tenuta di Palo di Paolo Giordano Orsini. Si contendevano le opere di carità.
Intendevano costruire a Roma un polo di aggregazione rivale di quello farnesiano, soccorrendo cardinali poveri per ottenere appoggio nei conclavi (c’erano cardinali poveri perché l’ampliamento del collegio cardinalizio aveva creato forti sperequazioni economiche) e di procurarsi le informazioni per primi.
Sul piano delle strategie nell’agone matrimoniale: fu Ferdinando de Medici che scelse la moglie per Giacomo Boncompagni, figlio di Gregorio XIII, Costanza Sforza di Santa Fiora, sua pronipote, per evitare che Giacomo si sposasse con Lavinia della Rovere, figlia di Vittoria.
Poi trattò per il nuovo matrimonio di Vincenzo Gonzaga (quello suo precedente con Margherita Farnese era stato annullato) con Eleonora d’Austria, cerimonia a Firenze.
Aveva anche ristabilito legami di grande cordialità con il cardinale Luigi d’Este, alleanza sancita con matrimonio tra Virginia (sorella di Ferdinando) e Cesare d’Este.
CHE RAPPORTI C’ERANO TRA ALESSANDRO FARNESE E GIOVAN GIORGIO CESARINI?
Il rapporto non era mai stato particolarmente roseo, ma si incrinò e deteriorò nel tempo e Clelia si ritrovò in mezzo a due fuochi ostili.
Erano almeno tre i capi di inimicizia:
- Giovan Giorgio era fortemente indebitato: il padre, alla morte nel 1566, gli aveva lasciato almeno 60mila scudi di debiti, molto probabilmente causati dalla politica di acquisto forsennato di feudi (Ardea, Civita Lavinia)
- era a digiuno delle più elementari norme della vita di corte, mancava di un certo savoir vivre. Aveva rifiutato di accogliere un paggio raccomandatogli dal duca di Parma.
Però è anche vero che trovarono delle affinità culturali: entrambi avevano la passione per l’arte e per il collezionismo.
- l’amicizia e la vicinanza che si venne a creare tra Giovan Giorgio e Ferdinando de’ Medici. Probabilmente Giovan Giorgio sapeva che era Ferdinando de’ Medici che si stava ritagliando uno spazio di prestigio all’interno del collegio cardinalizio, sia al fine di ottenere la tiara in futuro, sia al fine di tessere una rete di relazioni che permettevano il rafforzamento della casata medicea.
I due erano accomunati dalla passione per il gioco, caccia, vita mondana, sociabilità, lascivia, andavano insieme in udienza dal papa. Ferdinando lo aveva invitato a prendere parte al corteo che lo avrebbe scortato a Firenze, nel 1581 si incamminò verso la corte medicea. Anche nel 1584, ma questa volta dietro consiglio di Alessandro Farnese, che dopo aver a lungo ignorato e boicottato tutti i tentativi da parte del duca di Parma e del duca di Firenze di ricostruire i rapporti, aveva capito che senza l’appoggio mediceo la tiara non sarebbe mai tornata sulla testa di un Farnese.
Addirittura Giovan Giorgio scelse nel 1581 Ferdinando de’ Medici come esecutore testamentario assieme al cardinale Marco Antonio Maffei.
COME SI ERA AFFERMATO IL CASATO CESARINI?
Era una famiglia/casato in ascesa, in particolar modo all’interno delle carriere curiali.
Si erano imparentati con molti nobili casati capitolini inserendo le figlie all’interno di gruppi di famiglie municipali e destinando invece i figli maschi a matrimoni con dinastie nobiliari.
Avevano anche ottenuto nel 1530 la carica perpetua di gonfaloniere.
Il rafforzamento del casato Cesarini si deve al padre di Giovan Giorgio, Giuliano, che fece raggiungere al casato la massima espansione ottenendo
- il governo marchigiano di Civitanova e Montecosaro nel 1551/1552, come riscatto di un debito che la Camera Apostolica aveva nei suoi confronti (il versamento di una somma di cereali). Territori la cui giurisdizione gli fu tolta momentaneamente dopo il subbuglio seguito alla supposta congiura contro Paolo IV Carafa, la cui direzione gli venne riconfermata dieci anni più tardi.
- Acquistò anche i feudi Civita Lavinia, Ardea e Genzano dai Colonna di Paliano
IL TEMPERAMENTO DI CLELIA
Clelia era una donna spesso indocile, disubbidiente, che reagiva anche violentemente alle imposizioni.
1) I rapporti con Giovan Giorgio furono burrascosi a partire dagli anni ‘70 del Cinquecento. Anche gli stessi membri della famiglia Cesarini avevano di che rimproverare Giovan Giorgio (spese eccessive per il mantenimento della familia, vita sfacciatamente licenziosa, propensione per il gioco d’azzardo).
Lei reagì sia attraverso delle vere e proprie azioni: a) sfoghi epistolari in cui alternava lettere di grande levatura a lettere confuse, scritte in preda a passioni rabbiose in cui l’ordine epistolografico si incrina e si affacciano anche pensieri di morte b) scenate di gelosia: uccise probabilmente l’amante del marito a bastonate in una Roma della Controriforma che era tutt’altro che immune da violenze, ma sorprendeva che a farlo fosse una donna
2) Sapeva dire di no: quando Giovan Giorgio nel 1574 allontanandosi da Roma la volle confinare a Civita Lavinia perché non era opportuno lasciare una donna sola a Roma senza protezione maritale, si trasferì a Civita Lavinia in ritardo. Sapeva dire di no al padre, quando ripetutamente, all’inizio, le faceva capire che era il caso che lasciasse Roma.
COSA SUCCESSE QUANDO CLELIA GUARI’?
Nel 1583 Clelia guarì e tornò a calcare le scene del palcoscenico romano, della socialità romana.
Da qualche tempo, con la morte dell’intransigente Pio V e la salita al soglio pontificio di Gregorio XIII si era sollevata la coltre penitenziale che gravava su Roma. Non che da quel momento in poi la sociabilità romana abbia galoppato a briglie sciolte, però nobili e prelati continuarono a godere degli agi romani e i grandi eventi come i carnevali si spostarono dentro le ville dei cardinali.
Clelia partecipa agli eventi mondani e la sua bellezza viene decantata negli scritti romani di Montaigne, nei ritratti, nelle sculture di Giambologna (addirittura pare che Giovan Giorgio abbia commissionato al Giambologna la Venere Cesarini che pare, secondo alcuni, ma secondo altri no, raffigurare Clelia stessa).
Ma la nuova esposizione sociale la porta a essere vittima di accuse e di malelingue, messe in circolo dai menanti che sono sempre pronti a manipolare l’informazione (trasformano le pulci in monti e i monti in mondi).
Simili accuse vengono strumentalizzate da suo padre che cercava dei pretesti per allontanare la figlia da Roma, una vera e propria pietra d’inciampo che si frapponeva fra lui e il soglio pontificio; temeva che i successi sociali della figlia potessero nuocere alle sue aspirazioni. Divenne un nemico di Clelia perché Clelia era ben consapevole di quello che stava accadendo.
Alessandro inizia a controllarla:
a) allontana alcuni membri della familia/entourage di Clelia, anche quelli che le erano stati più fedeli
b) incarica parenti di scrivere di cambiare atteggiamento (spesso incaricò Ottavio Farnese, trasferendogli una sorta di patria potestas dalla quale secondo molti giuristi il matrimonio emancipava le figlie)
IL SEQUESTRO DI CLELIA DA ROMA
Diventa la vittima di un piano diabolico per portarla via da Roma, che si inscrive dentro una strategia di ripristino dell’onore infangato dalla publica vox et fama (dall’opinione pubblica ante litteram). Una sera di giugno del 1587 viene convocata nel palazzo del Cardinale con un pretesto (secondo i menanti quello di salutare Odoardo Farnese che sarebbe presto partito per Caprarola) poi fatta salire in carrozza e condotta a Ronciglione.
La vicenda ha dato luogo a tantissime ricostruzioni anche molto fantasiose, a racconti romanzeschi, a infiorettature, inserimenti di dettagli particolari, da parte soprattutto degli ambasciatori che hanno intercettato informazioni e le hanno riferite al princeps.
Due sono i punti fermi: il duca di Parma Alessandro era la mente della spedizione, mentre il cardinale Alessandro svolgeva un ruolo di comparsa.
L’ULTIMA FASE DELLA VITA DI CLELIA, QUELLA CON MARCO PIO DI SAVOIA
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LA COMPLESSA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA DEL SEQUESTRO DA ROMA
La vicenda ha dato luogo a tantissime ricostruzioni anche molto fantasiose, a racconti romanzeschi, a infiorettature, inserimenti di dettagli particolari, da parte soprattutto degli ambasciatori che hanno intercettato informazioni e le hanno riferite al princeps.
Iniziarono a circolare voci sulle grida, sui pianti e sulle resistenze di Clelia. In poco tempo, agli occhi di molti romani è diventata un eroina che ha suscitato GIUDIZI COMPASSIONEVOLI, la sua sorte è stata commiserata e ci fu un GENERALE SENSO DI PARTECIPAZIONE ALLA SUA SVENTURA.
COSA SUCCEDE DOPO LA MORTE DI GIOVAN GIORGIO CESARINI
Giovan Giorgio Cesarini muore nell’aprile del 1585, a 35 anni, per degli scompensi cardiaci, lasciando una moglie di 28 anni, un figlio legittimo di 12 e uno naturale di 2.
Proprio negli ultimi tempi il rapporto tra Clelia e GG era stato ricucito. Quando era guarita dalla malattia nel 1583 ed era tornata a calcare le scene della socialità romana, la sua rinnovata bellezza aveva attratto tutti, anche suo marito, che aveva dedicato a lei una galleria di ritratti delle più belle donne di cui aveva notizia, aveva commissionato al Giambologna la Venere Cesarini che forse è proprio un ritratto di Clelia.
La Farnese soffrirà molto per questa importante e improvvisa perdita. Nelle lettere a Bianca Cappelli dirà di sentirsi devastata. In fin dei conti GG era stato per lei uno scudo da cui proteggersi dalla tirannia, dal dispotismo e dalle pretese del padre.
Secondo il testamento del 1581, Clelia era stata nominata AMMINISTRATRICE USUFRUTTUARIA DI TUTTI I SUOI BENI e TUTRICE DEL PICCOLO GIULIANO, a patto che fosse sempre rimasta vedova e risiedesse entro i territori dei Cesarini. Era quindi una concessione e una nomina vincolata.
1) Clelia inizia a onorare tutti gli impegni presi e a sfruttare quel margine di azione e di autonomia che le è stato concesso: stringe amicizia con esponenti del baronaggio romano, cura i rapporti sociali, si fa vedere amichevole, affabile, disponibile.
Nello stesso momento cerca di concludere il possibile matrimonio tra Giuliano e la nipote del neo papa, Sisto V, Flavia Damascena Peretti. Probabilmente già Giovan Giorgio aveva avviato già delle trattative matrimoniali, visto che Felice Peretti da Montalto era indicato come esecutore testamentario.
MA dovette avere a che fare con le angherie e le macchinazioni del padre che intendeva allontanare da Roma quella pietra di inciampo che si frapponeva tra lui e il pontificato. Le chiedeva un comportamento consono a quello di vedova e strumentalizzava le accuse/le dicerie/le malelingue che da qualche tempo circolavano sul suo conto pur di trovare un pretesto per sbarazzarsene: avrebbe voluto mandarla o presso Margherita d’Austria o presso Vittoria della Rovere, allora ritiratasi nello stato di Castro.
2) Si ritrova ancora una volta tra due fuochi/in mezzo a una schermaglia tra suo padre e Ferdinando de’ Medici: entrambi vogliono imparentarsi con Sisto V e concludere trattative matrimoniali con lui. Senza saperlo, Alessandro Farnese, strumentalizzando le dicerie sul conto della figlia, fa il gioco dell’avversario, ugualmente interessato a un allontanamento di Clelia da Roma pur di favorire il suo cinico gioco e impedire che i Farnese si imparentassero con Sisto V.
Addirittura non nega, anzi, a volte pare fomentare, le voci messe in circolo dagli Avvisi circa una possibile relazione tra lui e Clelia. “Ferdinando è tiranneggiato dall’amore per Clelia”. Non ne abbiamo la certezza, ma alcuni indizi ci fanno ipotizzare possa essere stato vero.
3) Diventa la vittima di un piano diabolico per portarla via da Roma, che si inscrive dentro una strategia di ripristino dell’onore infangato dalla publica vox et fama (dall’opinione pubblica ante litteram). Una sera di giugno del 1587 viene convocata nel palazzo del Cardinale con un pretesto (secondo i menanti quello di salutare Odoardo Farnese che sarebbe presto partito per Caprarola) poi fatta salire in carrozza e condotta a Ronciglione.
La vicenda ha dato luogo a tantissime ricostruzioni anche molto fantasiose, a racconti romanzeschi, a infiorettature, inserimenti di dettagli particolari, da parte soprattutto degli ambasciatori che hanno intercettato informazioni e le hanno riferite al princeps.
Due sono i punti fermi: il duca di Parma Alessandro era la mente della spedizione, mentre il cardinale Alessandro svolgeva un ruolo di comparsa.
PERCHE’ SPOSO’ MARCO PIO?
Sposò Marco Pio di Savoia perché
1) il padre voleva allontanarla da Roma, in quanto Clelia da tempo rappresentava una pietra d’inciampo, un ostacolo che si frapponeva fra lui e la tiara.
Da tempo le diceva che teneva comportamenti inadeguati a una vedova.
Chiedeva a suo fratello Ottavio Farnese di scriverle per rimproverarla e per chiederle di tenere un atteggiamento adeguato al suo ruolo e alla sua condizione; quando non poteva incaricare altri fabbricava lettere false.
2) Inoltre voleva ottenere la tutela su Giuliano, cosa che effettivamente ottenne quando nel settembre 1587 Clelia rogò una serie di atti con cui lo nominò procuratore generale con il compito di tutelare gli interessi del figlio.
Marco Pio fu il nome proposto da Vittoria Farnese, sorella del cardinale e moglie di Guidobaldo della Rovere.
COME ERA MARCO PIO E COME FU LA VITA DI CLELIA DOPO IL MATRIMONIO CON MARCO PIO?
Marco Pio era un giovane di vent’anni. marchese di Sassuolo, feudatario del duca di Ferrara Alfonso II d’Este, che però non era molto propenso a favorire l’insediamento di una Farnese - ovvero dell’esponente di un casato che aveva certe mire espansionistiche - nel suo territorio.
Era un giovane abbastanza sanguigno e impetuoso: si fiondò a Roma alla fine di luglio anche senza il consenso di Alfonso II (che non si capisce mai veramente se diede il suo benestare o meno, probabilmente rimase in una sorta di zona grigia per non essere costretto a dare un “no” perentorio), in poco tempo sottoscrisse i capitoli matrimoniali e ad agosto si sposarono.
1) Era un uomo geloso e violento, che iniziò a manifestare la sua gelosia durante il viaggio verso Sassuolo, allontanando dal corteo che scortava i due sposi il marchese Cesare d’Avalos (probabilmente perché geloso delle attenzioni che questi riservava alla moglie ma un agente toscano alla corte di Ferrara mise a conoscenza il segretario del cardinale Ferdinando de’ Medici che Clelia, quest’anima satura di sopportazione, aveva bisogno di sfogare la sua pena per essere stata così violentemente strappata da Roma).
Fu anche vittima di percosse da parte del marito, di tradimenti: forse uccise anche la sua amante come aveva fatto con la Bella Barbara
2) Clelia era stata strappata violentemente alla sua amata e vivace Roma e soprattutto a suo figlio, di cui si raccontava negli ultimi tempi erano “un solo fiato”. Dovette essere pervasa da un naturale senso di sconfitta davanti all’autorità e violenza paterna.
Per questo si allontanò progressivamente dalla vita sociale e dai suoi formalismi: era stanca persino di accogliere ambasciatori. Era una donna disillusa.
Quando tornò a Roma nel 1594 per un breve periodo di tempo la vita sociale le parve cambiata e soffocata da vuoti formalismi, rigida nel rispetto delle etichette.
3) Marco Pio era un pessimo amministratore e un eccellente dissipatore di patrimoni, così come Giuliano che stava smobilitando tutta l’eredità paterna vincolata da fedecommesso primogenitoriale.
4) Suo figlio era recalcitrante e sordo alle ragioni affettive della madre e, quando dopo la morte di Marco Pio nel 1599 Clelia stava organizzando il suo ritorno a Roma, temeva il ritorno di una madre spendacciona e le proibì di rientrare a Palazzo Cesarini.