Capitolo 4 Flashcards
Il verbo: nucleo della predicazione
Qualsiasi enunciato, anche il più semplice, ruota attorno alla categoria del verbo: espresso o non espresso. Il verbo funge da nucleo della predicazione. Per quanto riguarda la semantica, i verbi, In base all’azione, si possono classificare in durativi (dormire, lavorare) e non-durativi (arrivare, cadere), a seconda che si riferiscano a situazioni che si protraggono nel tempo, o viceversa, a situazioni nel cui svolgimento, momento iniziale e momento finale, coincidono. La seconda distinzione per quanto riguarda l’azione è quella tra verbi o predicati telici (dipingere un quadro, arrivare) e non telici (stupirsi), a seconda che si riferiscano a processi che comportano il raggiungimento di un fine oppure no. La classe dei verbi telici comprende in sé sia verbi durativi (telici risultativi: dipingere un quadro) sia verbi non durativi (telici trasformativi: arrivare).
La dimensione morfologica del verbo
Il verbo italiano sembra presentare una struttura relativamente regolare, caratterizza da un buon indice di trasparenza, articolato su tre classi flessive (coniugazioni): la prima in –are (cant-are), la seconda in –ere (ved-ere) e la terza in –ire (sal-ire).
Se è vero che la struttura del verbo italiano appare relativamente regolare e trasparente è pur vero che a livello morfologico, documenta comunque una notevole casistica di fenomeni di allomorfia e suppletivismo (forme rizotoniche del presente di andare, formate su una radice diversa (vado); e anche nel paradigma di essere (sono, fui, stato). Tale situazione rende l’acquisizione del verbo italiano un percorso non semplice, in particolare in contesti non guidati o quando gli apprendenti abbiano come L1 un sistema in cui il componente morfologico è ridotto o nullo, come i cinesi. Le peculiarità del componente morfologico del verbo italiano appaiono evidenti sia sul piano soprasegmentale (la posizione dell’accento, si pensi ad esempio porto, portò, libero-liberò) sia riguardando la variazione della forma del verbo nella flessione.
Peculiare del sistema del verbo italiano è poi la presenza di verbi definiti come verbi “complessi” (Simone) o “procomplementari” (De Mauro), costituiti dal lemma (headword) verbale e da altri elementi aggiuntivi che possono essere: a* il clitico ci (volerci), b* le forme clitiche –la/ –sene (farcela, fregarsene), c* avverbio o preposizione di movimento (andar su “salire” “fare fuori”eliminare)
Codificazione di tempo del verbo
Rispetto al momento della enunciazione, l’evento può essere *o simultaneo (in questo momento Antonio legge il giornale), *o anteriore (ieri Antonio ha letto il giornale), *o posteriore (domani Antonio leggerà il giornale): il tempo del verbo ha dunque un valore deittico. Il tempo ha tre dimensioni (presente, passato e futuro) che sono espresse in tutti i paradigmi indipendentemente dal modo (l’unico modo che non ammette il passato è l’imperativo, per ragioni di origine logico-semantico).
Il presente
Il presente costituisce la categoria centrale (morfologicamente non marcata). Esso indica coincidenza di un evento rispetto al momento della enunciazione (in genere con v. durativi). Il presente che indica una verità generale (la terra gira intorno al sole) e il presente abituale (fuma sempre un sigaro dopo cena). In questi casi si usa in un modo non deittico, in quanto il momento della enunciazione risulta irrilevante. Il presente può essere usato in maniera deittica anche quando fa riferimento a un passato recente (arrivo proprio in questo) oppure a un futuro (stasera sono da te a cena).
Il passato
Il passato si riferisce a eventi precedenti il momento della enunciazione: all’indicativo (in base all’aspetto) si distingue un passato imperfettivo da un passato perfettivo. Il primo è rappresentato dall’imperfetto; il secondo dal passato prossimo e dal passato remoto. L’imperfetto fa riferimento ad ub evento che si svolgere anteriormente al momento dell’enunciazione. Può essere utilizzato per descrivere stati (luigi era seccato) qualità intrinseche (Antonio era molto generoso) nella descrizione di eventi abituali (io andavo da lui tutti i giorni) A volte può fare fare da sfondo a eventi presentati perfettivamente (mentre andavo alla stazione, ho incontrato Maria). Il passato remoto si riferisce a un evento anteriore al momento della enunciazione in una dimensione aspettuale di carattere perfettivo-aoristico e senza che sia stabilito alcun preciso legame con il momento della enunciazione. Il passato prossimo indica invece un evento anteriore al momento della enunciazione sotto l’aspetto compiuto con gli effetti dell’evento espresso ancora persistenti al momento della enunciazione (Gigi è arrivato da un mese) oppure sotto l’aspetto inclusivo (fino ad oggi tutto è andato bene).
Il futuro
Il riferimento ad avvenimenti futuri non viene necessariamente reso mediante il futuro verbale, soprattutto nel parlato; il futuro semplice è spesso espresso mediante un presente indicativo; quello anteriore mediante un passato prossimo. Ovviamente in tali casi è il contesto che offre informazioni utili. L’uso del futuro verbale dentro contesti non futurali serve a esprimere in funzione essenzialmente epistemica, congetture o interferenze sul *presente, mediante il futuro semplice (tu saprai che questa cosa non può funzionare), *o sul passato, mediante il futuro anteriore (Lei sicuramente si sarà accorto dell’errore).
Codificazione di modo del verbo
Per quanto riguarda la categoria del modo L’indicativo è il modo per eccellenza non marcato che esprime certezza relativamente a quanto asserito nella frase; il congiuntivo è il tipico modo delle frasi dipendenti (credo che sia troppo presto). In frasi principali il congiuntivo è utilizzato per esprimere forme imperativali generalmente cortesi (dica pure!).
Il condizionale è usato per esprimere modalità controfattuale sia in frasi principali che dipendenti: 1* in proposizioni ipotetiche della irrealtà (avrei detto tutto qualora…) 2* nelle frasi richiestive (con funzione pragmatica attenuativa: mi daresti una mano?) 3* in frasi dipendenti da verbi espressi al passato e nel discorso indiretto (indica il futuro nel passato: affermò che sarebbe tornato presto). Fa parte dei modi finiti anche l’imperativo (solo al presente). Utilizzato per esprimere ordini e esortazioni.Esso ha una propria forma solo alla seconda persona sg. (scrivi!/non scrivere!). Alla seconda persona pl. Si distingue dall’indicativo soltanto per l’eventuale posizione enclitica del pronome (cercatelo!/non cercatelo vs lo cercate/ non lo cercate).
Codificazione di aspetto del verbo
L’aspetto è la categoria del verbo che segnala come viene presentato lo svolgersi di un evento. L’evento può essere colto nel suo svolgimento in dimensione imperfettiva (lucia correva verso casa, quando incontrò suo zio) oppure può essere considerato nella sua globalità in dimensione perfettiva (quella sera Lucia incontrò suo zio).. Tipi di aspetto imperfettivo sono: l’aspetto “abituale” (Antonio usciva di casa ogni mattina alle 8 precise) l’aspetto “continuo” che presenta un evento come non interrotto nel suo svolgersi (mentre David mangiava, Giovanni Puliva). Un tipo di aspetto perfettivo è l’aspetto “compiuto”, mediante il quale si esprime il perdurare del risultato di un evento già compiuto/concluso (Luigi era tornato a casa già da tre giorni). Un caso di neutralizzazione degli aspetti perfettivo e imperfettivo è dato dal cosiddetto aspetto “inclusivo”, che si usa con i tempi composti dei verbi non-durativi, cioè stativi e continuativi: (fino ad ora il viaggio è andato molto bene). “fino ad ora” sottolinea la compiutezza dell’evento (quindi il carattere perfettivo) ma, contemporaneamente, non si sa nulla su come andrà successivamente il viaggio (carattere imperfettiva).
Codificazione di persona, numero e genere del verbo
Per quanto riguarda la codificazione di persona e numero, queste sono codificate morfologicamente tramite la forma finita del verbo italiano (io canto, tu canti ecc). In presenza di forme composte, persone e numero sono codificati sull’ausiliare (ho mangiato/abbiamo mangiato) mentre genere e numero del soggetto sono codificate sul participio passato (Marco è corso via, Maria è corsa via). In certi casi, il participio passato codifica il numero e il genere dell’oggetto: (ho mangiato una pizza l’ho mangiata).
Diatesi del verbo
In italiano La diatesi, attiva vs passiva, viene marcata sul verbo. Nella diatesi attiva, che rappresenta il caso non marcato), l’agente funge da soggetto e il paziente da oggetto. (Luigi mangia la mela) Nella diatesi passiva costruita mediante l’ausiliare essere, il paziente funge da soggetto e l’agente o viene cancellato o espresso mediante il complemento d’agente. (La mela è mangiata da luigi)
Il verbo dell’italiano standard
Il verbo italiano presenta, nella varietà standard, una serie ampia di paradigmi temporali e modali: il loro uso è obbligatorio nei punti alti dell’architettura del sistema (nei registri formali), mentre appare ridotto nei livelli intermedi (uso colloquiale) e soprattutto in quelli bassi (registri informali). Nei punti intermedi e bassi del sistema, l’articolazione dei tempi appare sensibilmente ridotta (l’uso dei tempi del modo indicativo è il più frequente e tende anche a sovraestendersi per esprimere funzioni modali).
Italiano neostandard
L’ italiano neostandard è un livello dell’italiano contemporaneo caratterizzato dalla presenza di fenomeni di innovazione riguardanti tutti i piani di analisi, incluso le varie dimensioni dell’architettura del sistema (soprattutto le dimensioni diafasica e diastratica). Una parte significativa di queste innovazioni si riferisce alla ristrutturazione di parti del verbo.
Il verbo nelle varietà di italiano socio e pragmalinguisticamente marcate
L’indicativo è il modo maggiormente soggetto a fenomeni di ristrutturazione: alcuni suoi tempi (il passato remoto e il futuro anterione) sembrano in forte regresso, mentre altri in un processo di espansione. Tra i tempi dell’indicativo, l’imperfetto, da tempo riferito al passato con valore aspettuale imperfettivotende ad assumere valori modali e a ricoprire la sfera della non-fattualità o controfattualità, forme di cortesia (volevo vedere quel libro vs vorrei vedere) ipotetiche (se me lo dicevi venivo) quindi in questo senso, prende il posto del condizionale. Il passato prossimo (azione perfettiva in un passato recente) è in espansione non solo in area settentrionale, ma anche in Toscana e in altre aree centro-meridionali dove tradizionalmente vige la distinzione tra gli usi del passato prossimo e remoto. Il p. prossimo viene a ricoprire uno spazio normalmente proprio del futuro anteriore (fra 2 mesi ho finito gli esami dell’università) Il futuro semplice è in regresso e è spesso sostituito dal presente; cosi la referenza temporale viene affidata a elementi lessicali o al contesto. Molto estesi sono invece gli usi del futuro per indicare valori modali epistemici, esprimenti dubbio (sarà giusto?) o deontici, esprimenti intenzioni (sarò rapidissimo): come già per l’imperfetto, si tratta di un passaggio da funzioni temporali a funzioni modali. Il modo del congiuntivo è in condizione di maggiore debolezza rispetto agli altri, soprattutto da incolti in tutta l’area geolinguistica italiana (penso che lui ha vs abbia ragione); infatti, c’è il ricorso all’indicativo invece che al congiuntivo in tipi di frasi dipendenti/ a connettori (qualora, sebbene…) che richiedono nello standard l’attivazione del congiuntivo. Vige anche la sostituzione del congiuntivo mediante il futuro in casi di espressioni di inferenza sul presente (penso che avrò ragione io); il futuro mantiene la funzione modale. Il condizionale (che gode di migliore salute) funziona da forma di attenuazione sia nelle affermazioni che nelle richieste. Frequente è il suo uso con verbi modali quali potere, dovere: il condizionale o sminuisce il valore deontico di tali verbi o ne aumenta il valore epistemico. L’imperativo (categoria modale) soffre dall’opposizione nella seconda sg. (da parte di incolti) fra l’esito in –a della prima coniugazione e quello in –i delle altre (canta!/ corri!). Delicato è anche l’uso delle forme imperativali “di cortesia”, ove l’uso di “lei” obbliga la selezione di forme di congiuntivo (guardi lei! Vs guarda!, da incolti). Il commando può essere espresso mediante l’infinito: (leggere attentamente le istruzioni); i modali: (devi/dovresti studiare); strutture perifrasiche con valore deontico quali: andare + participio passato (va detto a tutti!), esserci da + infinito (ci sono i piatti da lavare) e avere + nome + da + infinito (ho tre libri da leggere).
Alcuni tratti diatopicamente marcati del sistema verbale italiano
La complessa situazione dell’italiano contemporaneo attesta fenomeni di variazione diatopica (dipendente dell’area geografica d’origine del parlante) che sono determinati dei diversi sostrati dialettali e dalla normale evoluzione di singoli tratti del sistema; tali fenomeni possono generare riflessi nell’input cui è esposto un apprendente spontaneo dell’italiano. Il fenomeno diatopicamente più vistoso che interessa l’uso del verbo riguarda l’alternanza tra passato prossimo e remoto e ha come punto di irradiazione l’area toscana dove vige la coscienza dell’opposizione temporale tra le due forme (poco fa ho visto un tuo amico vs tre anni fa andai in nigeria). Un altro fenomeno verbale è la struttura stare + a + infinito, che esprime l’aspetto durativo, è diffusa in tutta la penisola e copre il valore di simultaneità reso mediante la struttura stare + gerundio (sto a guardare Vs sto guardando). La perifrasi stare + gerundio appare diatopicamente soppiantata da varie altre strutture; in area settentrionale vige essere dietro + a + infinito (sono dietro a leggere = sto leggendo). Essere dietro che, essere qui/li che ecce cc.
Le tre strategie del verbo
I mezzi discorsivi e lessicali sono le strategie utilizzate nelle varietà iniziali.
Il verbo inizia ad essere acquisito nella varietà basica e queste strategie operano nell’aspetto, nella modalità e nella temporalità.
La prima strategia consiste nel mantenere il riferimento temporale instaurato nel contesto del discorso dall’interlocutore; davanti ad una sollecitazione l’apprendente si rifà a quello che ha detto prima l’interlocutore, non lo ripete, lo da per scontato.
- La seconda strategia consiste nel riprodurre iconicamente nella sequenza narrativa la successione reale degli eventi descritti. Si tratta del “principio dell’ordine naturale” (conoscenza del mondo).
- La terza strategia consiste nell’esprimere il riferimento temporale tramite elementi lessicali (elementi con valore locativo: Cina/ avverbi deittici: qua/ avverbiali di tempo: adesso…). Le prime due strategie rispondono al bisogno di instaurare un riferimento temporale in mancanza di mezzi di espressione autonomi nell’interlingua; con la terza strategia, il riferimento temporale è invece instaurato dall’apprendente stesso con mezzi di espressione lessicale.
In questo caso si prende come esempio un parlante sinofono
La rilevanza delle tre strategie nell’interlingua diminuisce con lo svilupparsi della morfologia verbale, che da sola può codificare la temporalità dell’enunciato e che costituisce il mezzo di espressione più lento a emergere nel processo di apprendimento
La grammaticalizzazione
Nel passaggio dalle varietà meno avanzate a quelle più avanzate, Tre aspetti appaino guidare il processo di avvicinamento al sistema della lingua di arrivo; questi aspetti che costituiscono il processo generale di “grammaticalizzazione” e portano, come detto dalle varietà basiche a post basiche, sono:
1) la complessificazione dell’architettura nozionale del “sistema” verbale (ritagliando lo spazio funzionale indifferenziato delle varietà basiche).
2) la successione di sviluppo delle tre categorie semantiche del sistema della lingua di arrivo (aspetto, tempo, modo).
3) le strategie di codificazione morfologica che traspaiono nelle diverse fasi di sviluppo.
La tre strategie della morfologia del verbo
Quanto riguarda il trattamento della morfologia, nei percorsi di apprendimento si alternano e si sovrappongono tre strategie principali di elaborazione morfologica.
4.3.5.1 La sovraestensione
La sovraestensione è una strategia che consiste nell’impiego di una forma anche in contesti che non la richiedono. Si può distinguere tra sovraestensione interparadigmatica e sovraestensione intraparadigmatica, La sovraestensione interparadigmatica si ritrova in misura preponderante nella varietà basica e nella varietà postbasiche iniziali e alcuni suoi esempi sono quelli di presente indicativo per il condizionale (piace per piacerebbe). E’ solitamente il presente o l’infinito a prendere il posto di altri tempi e modi, e il futuro a essere generalizzato ai modi di condizionale. La sovraestensione intraparadigmatica come strategia per colmare le caselle di un paradigma per il quale non si dispone di tutte le sei forme previste dalla lingua di arrivo si riscontra non solo in fasi di apprendimento iniziale.I dati relativi a questo tipo di sovraestensione sono meno chiari.
4.3.5.2 L’elaborazione autonoma di forme
Rappresenta una strategia di tipo opposto rispetto alla sovraestensione. Con la sovrestensione l’apprendente colma il deficit dei mezzi di espressione di cui dispone sfruttando la forma di un lessema a sua disposizione in ogni contesto possibile. Con l’elaborazione autonoma di forme l’apprendente fa invece fronte al deficit dei mezzi di espressione di cui dispone utilizzando i morfemi costitutivi delle parole a sua disposizione e costruendo forme flesse per veicolare significati grammaticali nel contesto appropriato. L’elaborazione di forme autonome consiste spesso nella regolarizzazione dell’allomorfia presente nella lingua di arrivo.
4.3.5.3 Formazioni analitiche
Le formazioni analitiche (espressione perifrastiche con ausiliare per l’espressione di tempo, aspetto e negazione) sono la terza strategia di espressione di significati grammaticali. Consiste nel dare espressione separata al significato lessicale e a quello grammaticale, ricorrendo per quest’ultimo a forme di essere. (io sono è da razza cinese) E’ un fenomeno che può essere interpretato come un’incipiente manifestazione del processo di costruzione della grammatica della L2. Gli elementi utilizzati per il significato lessicale ricoprono una vasta gamma di forme che comprende: elementi verbali (era si chiama ‘si chiamava”), elementi nominali: siamo partenza, “siamo partiti” costruzioni verbali complesse (siamo non ha fatto “non abbiamo fatto”). Con le formazioni analitiche l’apprendente esprime valori per i quali non ancora sviluppato i mezzi morfologici adeguati, rivestendo di un ruolo
grammaticale le prime forme della sua varietà.
Codificazione dell’aspetto
L’aspetto è la categoria del verbo che segnala come viene presentato lo svolgersi di un evento. L’evento può essere colto nel suo svolgimento in dimensione imperfettiva (lucia correva verso casa, quando incontrò suo zio) oppure può essere considerato nella sua globalità in dimensione perfettiva (quella sera Lucia incontrò suo zio).. Tipi di aspetto imperfettivo sono: l’aspetto “abituale” (Antonio usciva di casa ogni mattina alle 8 precise) l’aspetto “continuo” che presenta un evento come non interrotto nel suo svolgersi (mentre David mangiava, Giovanni Puliva). Un tipo di aspetto perfettivo è l’aspetto “compiuto”, mediante il quale si esprime il perdurare del risultato di un evento già compiuto/concluso (Luigi era tornato a casa già da tre giorni). Un caso di neutralizzazione degli aspetti perfettivo e imperfettivo è dato dal cosiddetto aspetto “inclusivo”, che si usa con i tempi composti dei verbi non- durativi, cioè stativi e continuativi: (fino ad ora il viaggio è andato molto bene). “fino ad ora” sottolinea la compiutezza dell’evento (quindi il carattere perfettivo) ma, contemporaneamente, non si sa nulla su come andrà successivamente il viaggio (carattere imperfettiva).