Capitolo 3 Flashcards
Cos’è il nome
Il nome (N) è una parte del discorso dotata di funzione referenziale, che rimanda cioè a entità del mondo extralinguistico (reale: ragazzo, albero) o linguistico (testo, morfema). Da un punto di vista il nome è l’elemento centrale, la testa del sintagma nominale (SN).
Come è organizzato il nome
In italiano, l’ambito della grammatica del nome è organizzato attorno a due categorie: il numero e il genere (a uno stato residuale la categoria del caso). Per la morfosintassi nominale è pure preminente la categoria della definitezza, che determina la scelta di un certo tipo di articolo che è un specificatore per il SN ed è anche marcato per genere e numero. L’articolo può essere l’unico segnale di genere e numero del nome ( lo stop, i clan).
Il genere
Il genere del nome si radica a livello lessicale configurando due classi di lessico nominale; il genere maschile e femminile. Questa suddivisione si basa su:
Criteri di tipo semantico: il genere grammaticale corrisponde al sesso o “genere naturale” del referente. certi campi semantici (come i mesi) sono associati a uno dei due generi.
Criteri di tipo morfologico: l’appartenenza a una certa classe flessiva può configurare l’appartenenza a un genere. La presenza di certi suffissi m. o f. (-tore vs –zione) assegna al derivato il corrispondente genere.
Criteri di tipo (mor)fonologico: alcune terminazioni fungono da indizi di genere (sono m. i nomi derivati dal greco in –ma-one (dramma, mattone) / sono f. i nomi astratti in -tù, -tà, -i). (gioventù, serenità)
Il numero
Il numero non è determinato dal lessico ma ha un valore referenziale, rimandando all’opposizione fra una o più entità. Fanno eccezione i nomi collettivi che usati al singolare corrispondono a un’entità collettiva “folla” e i così chiamati i nomi massa che indicano sostanze non numerabili “latte, sabbia”).
La pluralità può essere anche espressa lessicalmente tramite quantificatori (indefiniti o numerali) solitamente al plurale accompagnati obbligatoriamente da nomi al plurale. Fanno eccezione alcuni quantificatori (qualche/ ogni) che sono seguiti da nomi al singolare.
Definitezza
La categoria della definitezza non ha una motivazione lessicale né grammaticale, bensì di norma rimanda a fattori pragmatici e testuali; è dettata dalla possibilità per chi parla e chi ascolta di identificare in modo inequivocabile il referente del nome, che può essere noto (+ art. determinativo) o meno (+ art. indeterminativo: con valore specifico, non specifico, o generico). Per referenti noti è anche possibile l’utilizzo del dimostrativo (quella/ questa). Articoli e dimostrativi svolgono il ruolo sintattico di determinati del nome
Le difficoltà dell’apprendimento delle categorie (genere, numero, definitezza)
Le difficoltà dell’apprendimento del genere, del numero e della definitezza possono essere dovute a diversi fattori come:
- L’arbitrarietà dell’assegnazione di genere ai nomi in italiano e lo scarso contribuito semantico-funzionale del genere.
- La scarsa salienza percettiva delle desinenze di genere e numero (atone).
- Il carattere fusivo-flessivo della morfologia nominale italiana; alla radice lessicale si aggiungono morfemi flessivi che esprimono categorie grammaticali.
- L’omonimia fra alcuni morfi (-e può codificare m. sg, f. sg; “grande”)
- La non disponibilità o la diversa configurazione delle categorie grammaticali di genere, numero e definitezza nella L1 di partenza degli apprendenti
Confronto con le categoria di una L1 all’italiano come L2
Francese: la codificazione di genere e numero è meno trasparente che in italiano e spesso si evince solo dallo scritto
Tedesco: non conosce l’accordo dell’aggettivo in posizione predicativa/ i generi sono tre (il neutro)
Inglese: i target del nome restano invariabili (tranne fra soggetto e verbo al presente) / sono scomparse le flessioni di genere del nome e quasi comparse quelle del caso
Persiano o farsi: il genere è assente/ la marca del numero sul nome non è obbligatoria/ assenza di articoli di tipo indoeuropeo e presenza di alcune marche suffissali
Cinese: privo di genere/ numero non espresso morfologicamente, ma lessicalmente/ assenza di articolo definito
Tigrino: per la definitezza utilizza i dimostrativi
Assegnazione del genere al nome in italiano L2
Il riconoscimento dell’appartenenza di un nome a uno dei due generi non è un compito facile e può comparire anche molto dopo un anno e mezzo di esposizione all’italiano. Pur essendo una conquista collocata alla prima tappa acquisizionale, essa non pare raggiunta da alcuni apprendenti con L1 distanti dalla L2 come i persianofoni.
Nelle prime fasi troviamo errori e imprecisioni desinenziali.
Quali sono gli errori che troviamo nell’assegnazione di genere a un nome ?
Forme prive di finale vocalica: problèm “problema” forse esito di interferenze dal lessico di altre lingue.
Sovraestenzione della terminazione –a senza valore di genere (risultato della salienza di questa vocale che viene sentita come tipica finale dell’Italino): uoma “uomo” / filma “film”.
Sovraestenzione della terminazione –o: faccio “faccia”.
Sovraestenzione di –e (specie in persianofoni) o ricorso a vocali poco udibili: salse “salsa”.
In cosa trovano giustifazione gli errori di genere? A cosa rispondono?
scarsa salienza fonetica delle desinenze nominali dell’Italiano, normalmente atone,
nella tendenza dell’italiano a parole con finale vocalica e
l’omissione e la confusione dei due indizi più chiari per l’assegnazione del genere al nome (la desinenza -a/-e per il femminile e quella -o/-i per il maschile).
ipercaratterizzazioni del genere di un nome italiano tramite le desinenze massimamente trasparenti,
nel genere del nome nella Ll1. (*moglia/ *limona dal ted. “Zitrone” f., soprattutto nel caso dei nomi dell’italiano poco trasparenti per genere; la tram ted. “trambahn” f.).
Questi tipi di errori obbediscono a un principio della morfologia naturale; la “condizione della struttura del paradigma dominante
Cosa riconosce la prima regola per l’assegnazione di un genere?
La prima regola per l’assegnazione del genere a un nome italiano che l’apprendente di italiano L2 riconosce dopo un periodo più o meno lungo in cui egli appare poco consapevole della categoria morfologica:
Nome in o genere maschile
Nome in a genere femminile
Principio di Assonanza
Alcuni persianofoni adulti, insieme a anglofoni e francofoni con scarso input, ne mostrano un’estensione deviante secondo un principio di assonanza (surface rhyming phenomenon): Nome in –e> articolo le (le cane); nome in –o> articolo lo (lo gatto). I test sono stati estesi anche sull’assegnazione del genere a nomi inventati contenenti tali terminazioni. In generale, i risultati constatano che con i nomi inventati proposti, gli apprendenti seguono in modo compatto la regola di base, non producendo deviazioni, o producendone in misura limitata con nomi in –o e –a, mentre con nomi inventati in –e gli errori abbondano, anche se si tratta di derivati dal suffisso inequivocabile per genere dal punto di vista di un italofono (-tore; trice).
Quali sono i criteri di assegnazione del genere delle interlingue ?
I criteri di assegnazione del genere nelle interlingue sono
Criteri (mor)fonologici (il riconoscimento del genere in base alle terminazioni.
Criteri semantici (associazione genere-sesso. Questo criterio più potente per gli apprendenti che non conoscono il genere nella loro L1)
Criteri di morfologia derivazionale (basati sulla presenza di un certo suffisso derivazionale del nome/ richiedono un’analisi morfologica)
Il concetto di mozione
altro discorso importante il concetto di “mozione” ovvero (formazione di nomi femminili con referente “–maschio” a partire da nomi maschili). In italiano questa mozione avviene tramite *uso di specifici morfemi (-essa; professoressa), *eteronomi (padre/madre), *aggiunta di un lessema che lessicalizzi il tratto (la donna poliziotto, il gorilla femmina), *conversione (il/ la farmacista)
Gerarchia sequenza di Acquisizione per la mozionde di genere
La gerarchia/sequenza di acquisizione dei mezzi per la mozione di genere nell’italiano L2 mostra come vengano previlegiati mezzi più salienti, trasparenti e frequenti: Eteronimia e mezzi lessicali> –a> –essa> pseudodiminutivi> conversione> –trice