Tradizione giuridica africana Flashcards
come si struttura la tradizione giuridica africana
Il diritto dei paesi africani è un complesso oggetto di studio, non si parla di un unico
modello africano o di un sistema giuridico africano aggregato ad un unico modello
giuridico europeo, dato l’ordine sociale, il passato coloniale e la centralità dei gruppi (
tribù, caste, villaggi, stirpi) il termine corretto per definire il diritto dei paesi africani è
tradizione giuridica africana.
Tradizione che contiene differenti regole giuridiche, alcuni autori inseriscono queste
regole in differenti sotto-tradizioni ctonie, specifiche o inerenti a varie tradizioni
giuridiche.
● Si hanno 2 distinzioni, quella geografica, differenze tra paesi del nord e del
sud del deserto del Sahara e linguistica, al nord del Sahara le popolazioni
parlano lingue semito-camitiche, dette afroasiatiche come l’arabo, al sud le
popolazioni parlano le lingue bantù, sudanesi e boscimane.
Questa demarcazione linguistica e culturale è adottata anche in ambito giuridico, al
Nord si crearono le dinastie faraoniche egiziane, questa centralizzazione si vede
anche a Sud, le popolazioni imitarono parzialmente l’organizzazione dello stato del
nord dato che le tribù non erano sottomesse da un re e vi era un potere diffuso.
● Altra differenza riguarda le religioni e la loro diffusione non omogenea in un
territorio così vasto, a nord prevale la religione islamica (ed è la più diffusa
in Africa), ed è proprio a nord che gli islamisti hanno delineato la dottrina dello
stato e della società, sebbene abbiano sempre preferito le aree centrali
dell’islam ( Medio Oriente) vedono nell’islam nero ( quello dei territori africani)
una religione “deformata” dalle tradizioni locali.
La parte sud è di recente interesse per l’islam, a causa della penetrazione di
impronta wahabita, movimento di riforma religiosa sviluppatosi alla metà del
XVIII secolo al centro della penisola arabica, socialmente, culturalmente ed
economicamente poco sviluppata rispetto ai principali centri del mondo islamico
dell’epoca, estraneo alle confraternite africane, istituzioni sociali che si reggono
sul culto della personalità del capo elevato spirutalmente.
● I portatori istituzionali di questa diffusione furono:
L’organizzazione della Conferenza Islamica, con sede a Gedda, dal 2011
chiamata Organizzazione della Cooperazione Islamica e comprende 25 stati;
Il Fondo Saudita per lo sviluppo, inerente i finanziamenti per le infrastrutture in
Africa e Asia
Ai Sauditi furono venduti territori in Mali, Senegal ecc e questo spiega perchè l’africa
subsahariana divenne fondamentale per l’Islam.
pluralismo stratificato
Il pluralismo “stratificato” non corrisponde alla realtà africana, dato che la
sedimentazione delle regole non è avvenuta in maniera graduale o lineare e non si ha
una datazione generale della diffusione dell’islam in tutto il territorio, in più il termine
stratificazione da una visione statica degli elementi che compongono il diritto “africano”
subsahariano, che è dinamico date le consuetudini orali africane che mutano con
rapidità nel corso del tempo.
Esempio, Ghana e Mali vissero una prima islamizzazione nell’XI secolo ma non modificò
l’assetto della società
descrivi alcuni componenti del diritto precoloniale
L’etno-giurista, raccoglie le regole tramite conversazioni e domande ma dato che si parla
sempre di una società senza scrittura, non ha il vocabolario adatto per descrivere le
regole africane, ciò conduce ad un’alterazione dei concetti tratti dalle consuetudini.
Si considera il contenuto religioso o magico della regola giuridica tradizionale che non
comporta una contrapposizione netta tra fede religiosa (islam esempio) e sacralità
tradizionale, i momenti sacrali/magici convivono con la religione islamica.
L’aspetto sacro legittima il potere e il diritto a ricorrere al soprannaturale, un esempio è
dato dal rapporto spirituale con gli antenati che indicano ai discendenti come usare e
ripartire la terra; i tabù proteggono i ruoli all’interno della tribù (i tabù sono dei divieti, se
non rispettati si applicano delle sanzioni extra-giuridiche, esempio l’uomo in alcuni
villaggi non può entrare in cucina, luogo riservato alle donne ciò comporterebbe una
grande sfortuna per la famiglia).
La consuetudine in alcune parti è laica, come in Marocco dove vi è lo xeer ovvero il
diritto ancestrale.
periodo coloniale
Tra il XVI e il XIX secolo alcuni stati europei iniziarono a colonizzare il continente
africano, attraverso vari trattati riuscirono a conquistare e spartire il continente
che divenne a tutti gli effetti un’estensione del Continente europeo.
Si ricorda L’atto generale conclusivo della Conferenza di Berlino che stabilì i rapporti
con le popolazioni autoctone, l’abolizione della tratta degli schiavi ecc
Nel periodo coloniale il rapporto tra diritto africano ctonio e diritto importato dalle potenze
europee trovava la sua formazione nella dinamicità fra i vari livelli normativi:
1) Norme di applicazione necessaria, riguardavano la popolazione indigena ed
europea della colonia;
2) Norme connesse allo statuto personale, variano a seconda della tribù,
venivano applicate solo alle popolazioni africane, non agli europei o agli indigeni
assimilati agli europei ( gli indigeni rinunciavano al loro status tradizionale),
nell’Africa francofona si parlava di statut personnel nel momento in cui
l’autoctono fosse civilizzato, basato sull’idea che le civiltà europea fosse
superiore rispetto a quella africana.
3) Norme di diritto metropolitano, applicate agli europei e agli autoctoni assimilati,
un’unione tra diritto tradizionale e regole europee. Era un diritto elaborato
appositamente dalle colonie.
La tendenza ad orientare la giustizia attorno alle corti, nettamente separate, era evidente
nelle ex colonie britanniche, seguendo il principio dell’indirect rule, portava le native
courts a godere di ampi poteri per la risoluzione di controversie civili e penali in cui erano
coinvolti solo i membri della popolazione locale.
diritto africano post colonialismo
Il diritto tradizionale viene modificato e influenzato dalle costituzioni dei diversi stati e
dalle convenzioni internazionali per la tutela dei diritti umani; nonostante ciò il rispetto
allo regola scritta è minima poiché sono i giudici a mediare fra regola applicata e la
legge. Il giudice tende a bilanciare le regole ufficiali, poco comprese dalla popolazione,
con quelle tradizionale, accettate dalla popolazione.
I tribunali tradizionali sono affiancati dalle corti di organizzazione statale ( 1 e 2
grado), vi è una corte suprema ispirata a quella occidentale e molte volte operano
anche chiese, istituzioni, associazioni.
Dato il prestigio delle regole e degli istituti occidentali il sistema africano le accetta, pur
non essendo interamente comprese alcune volte; spesso gli occidentali insieme alle
regole forniscono aiuti economici.
● La presenza delle organizzazioni non governative ha assunto notevole
importanza in Africa, impegnate per la salvaguardia dei diritti umanitari ed
assumono una connotazione originale sia per le condizioni del paese, per le
distinzioni identitarie e religiose; bisogna considerare 3 elementi:
1) l’identità, gli stati dell’Africa subsahariana non diventano nazioni dopo
l’indipendenza, restano suddivisi al loro interno fra vari gruppi etnici;
2) L’impronta che lasciarono i colonizzatori, la circolazione dei modelli giuridici
dell’occidente è ancora oggi intensa ( le ex colonie francesi seguono il modello francese
e così via);
3) Dall’indipendenza ad oggi si sono susseguite varie riforme costituzionali volte
alla tutela dei diritti umani, la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli si ispira
alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, questa costituzionalizzazione dei diritti
coincide con la positivizzazione dei diritti umani seguendo il modello occidentale. Il
rinnovamento si sta compiendo con l’adesione dei paesi al progetto regionale di unità
africana.
cos’è la CADU, parlane in generale
si ricorda l’istituzione dell’Organizzazione dell’Unione
Africana con la carta di Addis Abeba del 1963, è la più rilevante espressione
del regionalismo africano, una struttura associativa, l’unica struttura di
dimensione continentale realizzata dagli africani, costituisce il primo passo verso
l’elaborazione della carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, detta Carta di
Banjul adottata nel 1981 a Nairobi dalla conferenza dei capi di stato e di
Governo dell’OUA entrata in vigore nel 1986.
● La carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli istituisce 3 organismi: la
Conferenza dei capi di stato, la Commissione africana per i diritti dell’uomo e dei
popoli, la Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli.
Nel 2002 l’organizzazione dell’unione africana è diventata Unione Africana, ha
comportato una razionalizzazione dell’assetto istituzionale e una nuova strategia
di promozione dei diritti fondamentali.
Nella CADU (carta africana) spiccano gli obblighi che il singolo deve rispettare per la
famiglia, società, Stato e le posizioni giuridiche di svantaggio, tra i doveri vi sono quelli di
non discriminare, preservare la coesione della famiglia.
Vengono perseguiti e rafforzati solo i valori positivi della tradizione africana, si tutelano i
diritti di sussistenza o di sopravvivenza, come il diritto all’acqua o alle cure mediche
rispetto ai classici diritti come quello della proprietà.
Nella CADU si ha un recupero dei valori tradizionali ma non tutti sono adatti alla
modernità, i valori positivi reinterpretano alcune tradizioni operando una sintesi tra
tradizione e modernità.
Oltre la CADU vi è l’Organisation pour l’Harmonisation en Afrique du Droit des
Affaires, raccoglie 17 Stati, in un sistema organizzativo e politico annessa una Corte per
eliminare le controversie, Cour Commune de Justice et d’Arbitrage de l’OHADA,
altro obiettivo è quello di garantire un mercato e dei traffici commerciali sicuri con le
potenze straniere