PARTE SOCIALE Flashcards

1
Q

FASCISMO E RELIGIONE: qual è l’obiettivo dell’autore?

A

Gabriele Rigano approfondisce il rapporto sicuramente non limpido né lineare tra Chiesa cattolica e fascismo, due concezioni a loro modo totalizzanti, concorrenti e alternative, che avevano degli obiettivi specifici, in un periodo che va dagli anni Venti fino ai primi anni Quaranta.

CHIESA CATTOLICA: basata sulla trascendenza e sulla separazione tra Stato e Chiesa, con la sottomissione del primo agli interessi della seconda, intendeva trasformare il fascismo in un regime confessionale e cattolico, utilizzando i patti lateranensi per riconquistare l’egemonia sulla cultura di massa

FASCISMO: fondato su una visione immanente in cui lo Stato inglobava la religione nel proprio sistema di valori, ma subordinandola ai progetti nazionali. La religione che il fascismo cercava doveva accordarsi con il mito romano imperiale e promuovere l’italianità e il regime nel mondo.
Il modello cui si ispira sarà il cattolicesimo romano, un cattolicesimo figlio dell’universalismo imperialista di Roma

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2
Q

SU COS’ERA BASATA LA CHIESA CATTOLICA? E IL FASCISMO?

A

CHIESA CATTOLICA: basata sulla trascendenza e sulla separazione tra Stato e Chiesa, con la sottomissione del primo agli interessi della seconda, intendeva trasformare il fascismo in un regime confessionale e cattolico, utilizzando i patti lateranensi per riconquistare l’egemonia sulla cultura di massa

FASCISMO: fondato su una visione immanente in cui lo Stato inglobava la religione nel proprio sistema di valori, ma subordinandola ai progetti nazionali. La religione che il fascismo cercava doveva accordarsi con il mito romano imperiale e promuovere l’italianità e il regime nel mondo.
Il modello cui si ispira sarà il cattolicesimo romano, un cattolicesimo figlio dell’universalismo imperialista di Roma

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3
Q

I PATTI LATERANENSI: COS’ERANO?

A

Degli accordi tra Stato e Chiesa, basati su alcuni comuni idealità (concezione gerarchica della società, autoritarismo, ruralismo, corporativismo, mito della romanità) e alcuni comuni nemici (Illuminismo, massoneria, liberalismo, socialismo) di entrambe le parti.

Erano accordi su cui la Chiesa nutrì grandi speranze, ma le annacquature uscirono subito allo scoperto.

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4
Q

PERCHE’ I RAPPORTI TRA STATO E CHIESA DIVENNERO OSTILI?

A

1) Mussolini non rispettò davvero i patti lateranensi: i due stipulanti avevano visioni diverse su come interpretarli.

Mussolini continuò a affermare l’assoluta preminenza di stampo giurisdizionalistico dello Stato sulla Chiesa (come risulta dal discorso alla camera del 13 maggio 1929) e alla Chiesa non piacciono alcune caratteristiche del regime, alcune sue progettualità e la direzione in cui si sta muovendo e che rischia di ingabbiarla in un progetto statolatrico e imperialista.

2) Ci furono alcune polemiche negli anni Trenta: una suscitata dalla voce “Fascismo” tratta dal nuovo volume dell’Enciclopedia Treccani in uscita nel 1932; un altro era il problema dell’ORIGINE DEL CRISTIANESIMO E DEL CATTOLICESIMO, che il fascismo contrapponeva severamente: l’uno frutto del genio latino (cattolicesimo), l’altro simbolo di decadenza orientale (cristianesimo)

3) LA SVOLTA ANTISEMITA E RAZZIALE: fu un tentativo di epurare il cristianesimo da elementi altri, di occidentalizzarlo: venne messo in discussione il canone dei libri sacri e rigettato l’Antico Testamento.
Le prime risposte della Chiesa alla svolta antisemita arrivarono: Giuseppe De Libero, sull’Osservatore Romano scriveva che il fascismo aveva pericolosamente confuso razza e romanità e che la Chiesa non poteva continuare a tacere davanti a questa pericolosa scollatura tra ciò che è umano e ciò che è divino.

Ma con Pio XII la controffensiva si attenuò: erano tempi concitati e la Seconda guerra mondiale stava per iniziare.

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5
Q

IL PROBLEMA DELL’ORIGINE DEL CRISTIANESIMO E DEL CATTOLICESIMO

A

Il fascismo contrapponeva severamente: l’uno frutto del genio latino (cattolicesimo), l’altro simbolo di decadenza orientale (cristianesimo).
Alla base c’era il CULTO DELLA ROMANITA’: Roma, con il suo universalismo imperiale, aveva reso vincente il cristianesimo, altrimenti destinato a rimanere una setta confinata in Palestina come culto primitivo, anarchico, antistatale e disgregatore sublimandolo a universalismo cattolico e mettendolo a servizio della nazione (di Roma).
Il regime sperava che il cattolicesimo tornasse a rivestire quel ruolo universale che aveva avuto sotto Roma, in maniera tale che il ricordo di Roma si saldasse con il mito dell’Italia fascista.

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6
Q

C’E’ STATA UNA SCIENZA DEL REGIME?

A

Sì.

A partire dal caso peculiare della modernizzazione fascista della meteorologia, Angelo M. Caglioti intende dimostrare come la SCIENZA SIA STATA UN ASPETTO ESSENZIALE DEL PROGETTO TOTALITARIO FASCISTA di rifondazione della società italiana, sebbene dalla storiografia siano sempre state considerate, erroneamente, due entità separate.
- presunta universalità e razionalità della scienza (buona)
- brutalità, immoralità e irrazionalità della dittatura fascista

LA SCIENZA:

a) si rivelò fondamentale tra i miti del fascismo per poter rappresentare l’Italia come povera sì di risorse, ma dall’inventiva straordinaria

b) il razzismo scientifico e l’eugenetica nascondevano la logica scientifica del fascismo: non erano pseudoscienze o scienze fuorviate

c) in un regime totalitario, anche la scienza è politica, e i campi battuti dal regime sono stati la statistica e la medicina

d) il fascismo ha voluto davvero costruire una nazione organica concentrandosi sul suo progetto modernista di trasformazione del mondo inglobando anche le conoscenze e gli obiettivi degli scienziati

e) la scienza fascista emerse dal basso grazie alla competizione all’interno di una comunità scientifica divisa, in cui ogni fazione, per avere successo, doveva affermare di stare lavorando nella direzione voluta dal duce. Un caso fu rappresentato da Bernardo Paoloni.
Anche l’allineamento degli scienziati alla legislazione antisemita va letta in questo processo di compiacimento del regime.

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7
Q

GLI SCIENZIATI FASCISTI/LA COMUNITA’ SCIENTIFICA SOTTO IL FASCISMO

A

Era una comunità scientifica divisa, in cui ogni fazione, per avere successo, doveva affermare di stare lavorando nella direzione voluta dal duce. Un caso fu rappresentato da Bernardo Paoloni.
Anche l’allineamento degli scienziati alla legislazione antisemita va letta in questo processo di compiacimento del regime.

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8
Q

LA METEOROLOGIA DALL’OTTOCENTO ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

A

Si identificava con la climatologia e comprendeva anche la geofisica.
Nell’età dell’imperialismo, la disciplina veniva considerata utile per la comunicazione, il commercio, i viaggi internazionali, le migrazioni e l’espansione coloniale, e suscitava anche l’interesse popolare.

Non veniva considerata una scienza esatta: era utile per seguire l’andamento delle perturbazioni a fini soprattutto agricoli e commerciali.

In Italia, diverse erano le autorità nello studio dell’atmosfera

1) SOCIETA’ METEOROLOGICA ITALIANA (1881) per volere del padre barnabita Francesco Denza. Bernardo Paoloni tenterà di resuscitarla.

2) UFFICIO CENTRALE DI METEOROLOGIA (1879) presso il Collegio Romano; era un istituto del ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio.
All’inizio del ‘900, il nuovo direttore, Luigi Palazzo, incorporò l’aviazione - il futuro della guerra - tra gli interessi dell’Ufficio centrale. Lui fu infatti tra i fondatori della SOCIETA’ AERONAUTICA ITALIANA (Sai), le cui prime riunioni si svolsero presso lo stesso Ufficio centrale.
Quest’ultima intendeva approfondire il mondo dell’aviazione attraverso il contributo delle scienze (come l’aerologia, la raccolta di dati ad alta quota che vari istituti in Europa iniziarono a scambiarsi, in ottica collaborativa), organizzare esperimenti ad alta quota, diffondere tra il pubblico conoscenze sull’aeronautica e la meteorologia.

Durante la Prima guerra mondiale, ci fu una SEZIONE PRESAGI potenziata da Filippo Eredia, che formava dei meteorologi militari e fornire i bollettini destinati all’esercito.

Sotto il fascismo cadde in declino: diversi furono i gruppi legati al regime che lo smantellarono.
Nel 1931 anche un Comitato per la riorganizzazione dei servizi meteorologici in Italia per scioglierlo. Paoloni si contraddisse e promosse l’idea di trasformarlo in un Istituto di ricerca per la meteorologia agraria e la climatologia (dicendo che la battaglia del grano ne avrebbe beneficiato), sostenendo l’idea di scorporare dall’ex Ufficio centrale tre diversi istituti che si sarebbero occupati di aspetti diversi.

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9
Q

LA METEOROLOGIA DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE

A

Cambiò il volto della meteorologia: il libero scambio di dati divenne impossibile nel nuovo contesto competitivo e la meteorologia divenne una disciplina moderna, il cui obiettivo principale era quello di offrire previsioni a breve e lungo termine del futuro, per la guerra chimica e aerea: all’interno dell’Ufficio centrale la SEZIONE PRESAGI, potenziata da Filippo Eredia, formava dei meteorologi militari e forniva i bollettini destinati all’esercito

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10
Q

LA METEOROLOGIA DURANTE IL FASCISMO

A

IL FUTURO DELLA METEROLOGIA SI LEGO’ ALL’AVIAZIONE.
La meteorologia forniva l’infrastruttura invisibile che rese possibile il mito dell’aviazione come modernità alternativa del fascismo e si specializzò definitivamente nelle previsioni per l’aeronautica: pensiamo solo ai voli transoceanici, come quello verso il Brasile e gli USA di Balbo: la loro organizzazione richiedeva la prevenzione di eventuali capricci meteorologici di cieli sconosciuti.

Fu fondata la Regia Aeronautica e SERVIZIO METEOROLOGICO DELL’AERONAUTICA, che entrò in competizione con la Sezione presagi dell’Ufficio centrale, di cui assorbì le prerogative: iniziò a trasmettere via radio i bollettini meteorologici (i meteoradii).

Eredia ruppe con l’Ufficio centrale.

Italo Balbo, una volta diventato ministro dell’Aeronautica, dedicò grande attenzione al miglioramento del SMA.

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11
Q

CHI ERA BERNARDO PAOLONI?

A

Era un monaco benedettino editore di una rivista (“La meteorologia pratica”) che raccoglieva argomenti disparati che andavano dalla fisica alla meteorologia agricola e alla climatologia, con un’impronta anche fortemente divulgativa, e che tentò di resuscitare la Società meteorologica italiana.
Vedeva nella meteorologia una grande casa che ospitava branche diverse della disciplina: al suo interno avevano posto, assieme, sia la scienza del clima, che le previsioni del tempo, ma anche una meteorologia utile alla produzione agricola e alla salute pubblica. Contrastava una specializzazione militare della scienza lontana dagli scopi della gente comune e sostenne, inizialmente, il mantenimento di un ufficio meteorologico centralizzato.

Fu alla guida di due iniziative promosse dal CNR, come la creazione nel 1928 del Servizio radioatmosferico italiano e del Servizio meteorico sanitario italiano, per studiare il rapporto tra medicina e meteorologia (una delle conseguenze di questo approccio fu lo studio dell’elioterapia).

Però sosteneva il fascismo: in una targa si leggeva che Mussolini aveva contribuito alla ristrutturazione del suo osservatorio; promosse l’idea di trasformare l’Ufficio centrale in un Istituto di ricerca per la meteorologia agraria e la climatologia (dicendo che la battaglia del grano ne avrebbe beneficiato); quando il ministero dell’Educazione nazionale avviò un censimento di tutti gli ebrei accademici e membri delle istituzioni scientifiche (tra cui Ufficio centrale e Società meteorologica), agì subito, per non perdere l’appoggio del regime alla sua rivista.

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12
Q

LA VITA QUOTIDIANA SOTTO IL REGIME A PARTIRE DAL CASO DEL DISTINTIVO: L’OBIETTIVO DELL’AUTORE

A

Joshua Arthurs intende effettuare una disamina del tessuto della vita italiana/delle complesse dinamiche quotidiane sotto Mussolini, a partire dal trattamento riservato a un piccolissimo e apparentemente banale oggetto, il distintivo, che però può dirci come le varie strutture fasciste condizionassero la vita della gente comune: come le direttive fasciste condizionavano i comportamenti, le soggettività e le esperienze individuali vissute.

Significa fare una STORIA DELLA VITA QUOTIDIANA mettendo in primo piano:
a) le relazioni di potere non ufficiali incorporate nella prassi quotidiana, perché il potere si trasmette lungo più dimensioni: dall’alto verso il basso (asse verticale) ma anche viceversa (asse verticale bidirezionale) perché le direttive sono accolte, interpretate e modificate dalla comunità
b) gli strumenti semiotici (i segni) che rendono intelligibili le esperienze quotidiane (linguaggi, rituali, spazi e oggetti): ci sono oggetti che, come ordini simbolici, vengono mostrati come su un palcoscenico, codificando regole di comportamento, significati e valori

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13
Q

PERCHE’ ERA IMPORTANTE PER IL FASCISMO IL DISTINTIVO?

A

Perché il fascismo parlò subito agli italiani sollecitando il senso della vista: attraverso la visibilità dell’abbigliamento

  • CAMICIA NERA: era l’uniforme degli eletti, che doveva rappresentare dovere, autorità, gerarchia e disciplina nei propri ranghi
  • DISTINTIVO: espressione sartoriale minima che doveva essere applicata dalla gente comune (anche donne e bambini) in contesti ordinari, come riportato dallo Statuto del PNF del 1932

Esso era:

  • una manifestazione aperta di inequivocabile fedeltà appuntata sul cuore, quindi aveva una forte tangenza con la dimensione corporea (ingiungere a qualcuno di toglierselo poteva inaugurare una colluttazione fisica);
  • tentativo del regime di congiungere materialmente identificazione e consenso;
  • strumento di controllo, classificazione e coordinamento burocratici: era il partito che decideva in merito a produzione e distribuzione della varianti;
  • strumento di esclusione e di delimitazione dei confini esterni della comunità fascista: i membri del partito sospetti o espulsi, in una sorta di rito di scomunica politica, dovevano riconsegnare il distintivo al segretario locale del PNF, in maniera tale che fossero revocati anche tutti i diritti e i privilegi conferiti dal distintivo, come accadde agli ebrei

IL SUO UTILIZZO VENIVA VIGILATO ATTENTAMENTE dalle autorità, con una regolamentazione ossessiva che rivelava anche timori più sottili: violare il dovere di portarlo era percepito come un attacco ideologico alla fede fascista, e questo accadeva in momenti di particolare crisi politica, ma era chiaro che molti decidevano di appuntarselo alla camicia all’occorrenza, diventando fascisti in un istante (e assumendo diritti e privilegi fascisti). Erano i “fascisti al distintivo” dei profittatori che svuotavano di significato un simbolo supremo.

  • molti addirittura venivano spediti al TSDS per controversie scatenate dal distintivo
  • il Testo unico della legge di pubblica sicurezza del 1926 includeva delle disposizioni punitive contro chiunque indossasse indebitamente i distintivi (ad esempio, bisognava avere la tessera del partito con sé per conferire valore al distintivo)
  • si invitavano i funzionari a punire i trasgressori

a) la comparsa e la scomparsa dei distintivi era anche un barometro del morale popolare: la gente reagiva a determinate congiunture politiche mobilitando il sistema comunicativo dei segni (crisi Matteotti, durante la fallita invasione della Grecia nel 1941, dopo la caduta di Mussolini: in queste occasioni si assistette a una vera e propria iconoclastia. I distintivi fascisti venivano distrutti, coloro che li avevano indossati derisi da quegli antifascisti che ora potevano vendicarsi delle ingiurie subite, molti invece decidevano di tenerselo con fare inorgoglito preferendo diventare il bersaglio di recriminazioni popolari. In fin dei conti, se il fascismo fosse tornato?)

b) tenere conto di queste condotte permette di complicare quella che altrimenti rimarrebbe una visione statica dell’identità sotto il fascismo: nella storiografia c’è stata la tendenza a dividere i “fascisti veri e propri” dagli “antifascisti duri e puri, i ribelli nati” e dalla vasta zona grigia della gente comune, la cui identità pure non era mai fluida ma continuamente soggetta a riformulazioni, nel momento in cui partecipava alle strutture macroscopiche che definivano il rapporto tra partito e società

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14
Q

COS’ERA IL DISTINTIVO?

A

Era:

  • una manifestazione aperta di inequivocabile fedeltà appuntata sul cuore, quindi aveva una forte tangenza con la dimensione corporea (ingiungere a qualcuno di toglierselo poteva inaugurare una colluttazione fisica);
  • tentativo del regime di congiungere materialmente identificazione e consenso;
  • strumento di controllo, classificazione e coordinamento burocratici: era il partito che decideva in merito a produzione e distribuzione della varianti;
  • strumento di esclusione e di delimitazione dei confini esterni della comunità fascista: i membri del partito sospetti o espulsi, in una sorta di rito di scomunica politica, dovevano riconsegnare il distintivo al segretario locale del PNF, in maniera tale che fossero revocati anche tutti i diritti e i privilegi conferiti dal distintivo, come accadde agli ebrei
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15
Q

OLTRE A ESSERE UN SIMBOLO PER SALDARE IDENTIFICAZIONE E CONSENSO, COS’ALTRO CI CONSENTE DI CAPIRE LA STORIA DEL DISTINTIVO?

A

a) la comparsa e la scomparsa dei distintivi era anche un barometro del morale popolare: la gente reagiva a determinate congiunture politiche mobilitando il sistema comunicativo dei segni (crisi Matteotti, durante la fallita invasione della Grecia nel 1941, dopo la caduta di Mussolini)

b) tenere conto di queste condotte permette di complicare quella che altrimenti rimarrebbe una visione statica dell’identità sotto il fascismo: nella storiografia c’è stata la tendenza a dividere i “fascisti veri e propri” dagli “antifascisti duri e puri, i ribelli nati” e dalla vasta zona grigia della gente comune, la cui identità pure non era mai fluida ma continuamente soggetta a riformulazioni, nel momento in cui partecipava alle strutture macroscopiche che definivano il rapporto tra partito e società

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16
Q

PROPAGANDA, MASS MEDIA E CULTURA DI MASSA: OBIETTIVO DELL’AUTORE (ALESSIO GAGLIARDI)

A

In questo saggio, Alessio Gagliardi intende approfondire il modo in cui il regime fascista si confrontò con un fenomeno inaggirabile con cui tutti gli Stati totalitari ebbero a che fare: l’ampliamento senza eguali tra le due guerre di un sistema comunicativo massmediale (radio, cinema, stampa) che stava modernizzando le proprie strutture e plasmando un’intera generazione

17
Q

L’AMPLIAMENTO SENZA EGUALI DI UN SISTEMA COMUNICATIVO MASSMEDIALE: COSA COMPORTO’?

A

1) La coscienza popolare, oltre a essere ricca di idee private profondamente radicate e di una grande quantità di luoghi comuni pubblici indiscutibili (processi di acculturazione = esperienze personali e collettive), venne modellata da un livello intermedio, quello della cultura di massa, che attivò dei PROCESSI DI UNIFORMAZIONE resi possibili da una “visibilità mediata” che consente di esplorare le conoscenze e le relazioni oltre il proprio gruppo ristretto.
La circolazione di un’ampia gamma di riferimenti culturali centrati su una dimensione comunitaria allargata (= nazionale), rese possibile per un numero enorme di persone in luoghi diversi condividere conoscenze, emozioni ed esperienze, svincolando i processi di identificazione da appartenenze territoriali e sociali

2) Aveva riverberazioni sul MODO IN CUI LA SOCIETA’ VIVEVA IL RAPPORTO CON LA POLITICA E RIELABORAVA I DISCORSI CHE QUESTA PROPONEVA.
I materiali proposti dall’industria culturale, infatti, influenzarono il modo in cui le opinioni autorizzate penetrarono nella società, perché definirono la cornice concettuale ed etica dentro la quale le informazioni ricevute vengono inquadrate e fornite di senso: questo fu visibile nel CULTO DEL DUCE, possibile anche grazie a una predisposizione favorevole a celebrare e a dare piena fiducia a figure che rispecchiavano un modello eroico superomistico già decantato nella letteratura ottocentesca: il terreno era stato preparato dalla circolazione di alcuni archetipi della letteratura popolare e del cinema di largo consumo (Emilio Ghione, Maciste, Napoleone, Garibaldi, Scipione l’Africano…)

18
Q

RAPPORTO DEL FASCISMO CON LO SVILUPPO DI UN SISTEMA COMUNICATIVO MASSMEDIALE

A

Il rapporto tra queste due realtà non è sempre stato né lineare, né pacifico:

Il fascismo SFRUTTO’ IL SALTO DI QUALITA’ OFFERTO DALLE NUOVE TECNOLOGIE per far arrivare a una moltitudine di individui il racconto delle proprie realizzazioni in ottica di propaganda (es: cineprese, altoparlanti, antenne radio). Si interessò anche a conoscere i gusti degli italiani attraverso le rilevazioni periodiche di opinione e i referendum sulle radio, tanto che possiamo dire che i prodotti dell’industria culturale furono uno dei pochi argomenti su cui nel pieno della dittatura si poté discutere, dando piena legittimazione alle prese di posizione dal basso e al libero dibattito

ma dovette contendere questo spazio mediale con i contenuti, i modelli e gli oggetti culturali proposti dalla CULTURA DI MASSA, che aveva finalità strumentali diverse da quelle di natura ideologica e mirava soprattutto a intrattenere l’ascoltatore, nel caso della radio, o lo spettatore, nel caso del cinema, allontanandolo per un certo periodo di tempo dagli ordinari problemi della vita quotidiana.

Tuttavia, i modelli di vita promossi dalla cultura di massa spesso erano in contrasto con gli stili di vita propagandati dal fascismo

  • spazio domestico era il luogo privilegiato vs scene di massa e spazi pubblici
  • ascolto individuale e familiare vs ascolto collettivo
  • rappresentazioni poco convenzionali della famiglia e una visione laica della vita, che portarono all’attivazione di un sistematico controllo censorio con la creazione del Centro cattolico cinematografico del 1935 e con la pubblicazione del periodico “Segnalazioni cinematografiche”
  • rappresentazione della donna self-made, proposti canoni di bellezza che stimolavano l’organizzazione di concorsi di bellezza vs sposa e madre esemplare
  • legittimazione della comoda e agiata vita borghese e delle degenerazioni capitaliste e comuniste vs rivoluzione spirituale fascista
  • trionfo del lieto fine vs funzione politica ed educativa attribuita dal fascismo al culto della morte eroica

Il regime quindi reagì, oscillando tra due poli:
A) POSIZIONI PIU’ CRITICHE E ALLARMISTICHE: il cinema suscitava le preoccupazioni maggiori perché era meno controllabile attraverso la censura, faceva concorrenza al teatro, esercitava un enorme potere di condizionamento. Inoltre, il culto del divo (il divismo) che originava e il dogma dell’“happy ending” erano poco tollerabili
B) CONSAPEVOLEZZA CHE L’INTRATTENIMENTO ERA UN NECESSARIO COMPLEMENTO DI UN SISTEMA DI MESSAGGI POLITICAMENTE ORIENTATI: un cinema che intende solo educare annoia. La nuova civiltà che il fascismo intendeva fondare doveva tenere conto della creazione di spazi privati di sollievo agli individui

19
Q

COME REAGI’ IL REGIME AL FATTO CHE I MODELLI DI VITA PROMOSSI DALLA CULTURA DI MASSSA ERANO SPESSO IN CONTRSTO CON GLI STILI DI VITA PROPAGANDATI DAL FASCISMO?

A

oscillando tra due poli:

A) POSIZIONI PIU’ CRITICHE E ALLARMISTICHE: il cinema suscitava le preoccupazioni maggiori perché era meno controllabile attraverso la censura, faceva concorrenza al teatro, esercitava un enorme potere di condizionamento. Inoltre, il culto del divo (il divismo) che originava e il dogma dell’“happy ending” erano poco tollerabili

B) CONSAPEVOLEZZA CHE L’INTRATTENIMENTO ERA UN NECESSARIO COMPLEMENTO DI UN SISTEMA DI MESSAGGI POLITICAMENTE ORIENTATI: un cinema che intende solo educare annoia. La nuova civiltà che il fascismo intendeva fondare doveva tenere conto della creazione di spazi privati di sollievo agli individui.
Infatti, ci furono numerosi provvedimenti legislativi emanati negli anni Trenta, con cui il regime intendeva dare un rilevante sostegno al cinema d’intrattenimento, supportando la crescita delle produzioni nazionali a discapito di quelle estere, la cui importazione venne limitata (nazionalismo cinematografico)

20
Q

L’OBIETTIVO DI JOSHUA ARTHURS NEL FARE UNA STORIA DEL DISTINTIVO

A

Joshua Arthurs intende effettuare una DISAMINA DELLE COMPLESSE DINAMICHE QUOTIDIANE sotto Mussolini, a partire dal trattamento riservato a un piccolissimo e apparentemente banale oggetto, il distintivo

che però può dirci come le varie strutture fasciste condizionassero la vita della gente comune: come le direttive fasciste condizionavano i comportamenti, le soggettività e le esperienze individuali vissute.

Significa fare una STORIA DELLA VITA QUOTIDIANA mettendo in primo piano:
a) le relazioni di potere non ufficiali incorporate nella prassi quotidiana
b) gli strumenti semiotici (i segni) che rendono intelligibili le esperienze quotidiane (linguaggi, rituali, spazi e oggetti)

perché il potere si trasmette lungo più dimensioni: dall’alto verso il basso (asse verticale) ma anche viceversa (asse verticale bidirezionale) perché le direttive sono accolte, interpretate e modificate dalla comunità

ci sono oggetti che, come ordini simbolici, vengono mostrati come su un palcoscenico, codificando regole di comportamento, significati e valori

21
Q

CULTO DEL DUCE

A

Del culto del duce se ne parla in particolar modo in due saggi, in quello di Alessio Gagliardi e in quello di Giulia Albanese.

  • Lei ha dedicato un saggio al rapporto tra fascismo e propaganda, a come il fascismo si è rapportato con un fenomeno oramai inaggirabile, ovvero l’ampliamento senza eguali di un sistema comunicativo massmediale che stava modernizzando le proprie strutture e i propri apparati. Un fenomeno che il fascismo sfruttò, perché sfruttò il salto di qualità offerto dalle nuove tecnologie anche in ottica di propaganda, e il culto del duce fu parte di questa gigantesca mobilitazione propagandistica, fu una religione laica.

Lei si è anche chiesto come l’avvento delle nuove tecnologie e l’avvento della cultura di massa ha plasmato la società, gli italiani, come si è rapportata con ciò che c’era prima.
Come è stato possibile - è una domanda che tutti ci siamo fatti almeno una volta nella vita - il culto del duce? Come è stata possibile l’affermazione di un tale culto della personalità? Come gli italiani hanno potuto davvero riporre fiducia in una figura che veniva presentata così titanica? Questo perché il terreno era già stato preparato.
La cultura di massa ha modificato le forme e le modalità con cui i messaggi autorizzati politicamente penetravano nella società, ne offrivano la cornice concettuale entro cui inquadrare i nuovi messaggi e fornirli di significato.

Il fatto è che c’era una predisposizione favorevole a celebrare e a dare piena fiducia a queste figure reali come il duce, che rispecchiavano un modello eroico superomistico già decantato, ad esempio, nella letteratura ottocentesca. Il terreno era stato preparato da alcuni archetipi della letteratura popolare e del cinema di largo consumo (Emilio Ghione, l’interpretazione di Bartolomeo Pagano di Maciste). Il duce veniva paragonato a figure storiche note come Napoleone, Scipione l’Africano, Garibaldi.
Il modo di rapportarsi al leader del fascismo da parte di una comunità nazionale ricalcava le dinamiche del fandom: a Mussolini venivano inviate lettere personali in cui veniva informato di matrimoni, nascite, decessi; gli venivano anche fatti recapitare piccoli presenti.

  • Giulia Albanese invece affronta un altro tema, quello della propaganda all’estero in rapporto alla possibilità di dare vita a un’Internazionale fascista, ma parla anche dei condizionamenti che il fascismo ha esercitato nei confronti di altri movimenti politici.
    Il culto del duce si diffuse rapidamente: già nel periodo immediatamente successivo alla marcia su Roma venivano tradotte biografie su Mussolini in cui veniva presentato come un personaggio titanico in grado di competere con i grandi nomi della storia, e questo culto accelerò bruscamente nel momento in cui il regime lo usò e lo incentivò per controbilanciare l’ascesa dell’interesse di tipo antropologico nei confronti di Hitler.
22
Q

IL MANCATO COORDINAMENTO DELLA METEOROLOGIA: LA CONCORRENZA ALL’INTERNO DELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA (esempi)

A

1) Furono diversi i gruppi che smantellarono l’Ufficio centrale, che non era già più in grado di coordianre la raccolta dei dati da parte delle istituzioni coinvolte nel campo della meteorologia.
Nel 1931 venne creato un Comitato ad hoc per la riorganizzazioen dei servizi meteorologici in Italia con l’obiettivo di sciogliere l’Ufficio centrale.

2) In diversi avanzarono le proprie richieste: Paoloni intendeva trasformare l’Ufficio centrale in un Istituto di ricerca per la meteorologia agraria, mentre Mussolini approvò uno schema che faceva ricadere l’Ufficio centrale sotto il ministero dell’Agricoltura, ma specializzandolo in meteorologia e climatologia agrarie.
Per Paoloni questo non poteva bastare.
Italo Balbo ribadiva l’indipendenza dell’Aeronautica e non intendeva mantenere le stazioni meteorologiche dell’ex Ufficio centrale

3) Concorrenza sul piano delle sovvenzioni economiche: Pericle Gamba (futuro direttore dell’Ufficio centrale) si contratulava con il generale dell’Aeronatica dicendo che il Sma disponeva di strumentazioni che i vecchi meteorologisti potevano sognarsi

4) Concorrenza sul piano del riconoscimento internazionale: durante la guerra d’Etiopia, dove oramai la preminenza dell’SmA era conclamata, Paoloni comunque continuava a ribadire che molti erano stati i conrtibuti degli esploratori della Società meteorologica italiana.

5) Ci furono degli scontri in merito al futuro della Società meterologica italiana che Paoloni tentò di risuscitare (se ne era messo a capo peraltro autonominandosi capo e sovvertendo le norme democratiche dell’associazione) in occasione del 26esimo congresso della Società italiana per il progresso delle scienze del 1937, a Venezia. Paoloni si scontrò con il direttore dell’Istituto nazionale di geoficia, Lo Surdo, che sosteneva un approccio teorico alla geofisica e alla meterologia, al contrario di Paoloni che invece preferiva un approccio pratico

23
Q

LE EREDITA’ ISTITUZIONALI SCIENTIFICHE PROMOSSE DA MUSSOLINI

A
  • CNR: ente di coordinamento fra la ricerca scientifica e gli obiettivi dello Stato fascista,
  • Regia aeronautica
  • Servizio metereologico dell’Aeronautica che ha assorbito funzioni e prerogative della Sezione presagi dell’Ufficio centrale
24
Q

LEGGI PROMULGATE PER INCENTIVARE LA PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA NAZIONALE E DISINCENTIVARE L’IMPORTAZIONE DI MATERIALE ESTERO

A

1) Legge che premiava i film di maggior successo commerciale, aiutando i produttori con un sussidio proporzionale agli incassi
2) Una legge che vincolava l’anticipazione di fondi per la realizzazione dei film al soddisfacimento di alcuni requisiti, come le caratteristiche etiche della pellicola
3) Nel 1938 si ritornò al criterio degli incassi, supportando maggiormente i prodotti che assecondavano i gusti del pubblico

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Q

I VARI PUBBLICI CHE SI CONFRONTAVANO CON LA NASCENTE CULTURA DI MASSA

A

Il pubblico che si confrontava con i materiali proposti dalla nascente cultura di massa era enormemente diversificato al suo interno:
- diverse erano le disponibilità economiche nell’accedere ai consumi culturali
- diverse le possibilità consentite dalla collocazione territoriale (le campagne e i centri minori offrono opportunità più scarse, e anche nei centri cittadini scarseggiano i luoghi pubblici a piena frequentazione interclassista, con la conseguenza che le classi popolari tendono a muoversi all’interno dei quartieri di appartenenza)
- fratture generazionali
- diversi orientamenti determinati dal genere

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Q

LA POLEMICA SUSCITATA DALLA PUBBLICAZIONE DELLA VOCE FASCISMO nel volume 14 dell’Enciclopedia Treccani (1932)

A

Nella voce redatta da Arturo Marpicati si ritrova una sistemazione ideologica del fascismo e la definizione di una linea politica chiara.

Il fascismo si dichiara:
- promotore di una vita seria, austera e RELIGIOSA
- concezione religiosa, in cui l’uomo è visto nel suo immanente rapporto con la legge spirituale
- educatore e promotore di una vita spirituale (di fatti si sta sostituendo alla chiesa)
- lo Stato rappresenta la più alta manifestazione dell’identità di un popolo e le individualità si sciolgono in esso

La Chiesa reagì duramente e M. fece ritirare le copie già in circolo, ma nella nuova versione rivista la voce non fu emendata, ma fu aggiunto un paragrafetto dal titolo “La dottrina politica e sociale”, firmato dallo stesso Mussolini, in cui c’era qualche cenno ossequioso alla religione cattolica che però era presentata in chiave nazionale. Il protagonista rimaneva sempre lo Stato, con i suoi compiti di protettore e difensore del culto religioso di Dio, dei santi e degli eroi

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Q

ALLA CHIESA CHE COSA NON PIACEVA DEL FASCISMO?

A
  • forte carica religiosa autonoma (si presentava come una concezione religiosa, promotore di una vita spirituale)
  • culto della nazione
  • culto della personalità
  • culto della romanità
  • statolatria pagana
  • totalitarietà dello Stato anche in campo spirituale
  • e l’idea che la finalità dell’individuo si raggiunge solamente nell’intersezione con lo Stato
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Q

I TEORIZZATORI DELLA CONTRAPPOSIZIONE TRA CATTOLICESIMO E CRISTIANESIMO

A
  • Mario Missiroli (che nel 1929 pubblicò un volume dal titolo “Date a Cesare” e fu messo all’indice)
  • Orano, con il libro “Cristo e Quirino. Il problema del cristianesimo”
  • Maurras (ambienti nazionalisti)
  • Sorel (sindacalisti rivoluzionari)
  • Corradini
  • Rocco
  • Coppola, secondo cui poteva esistere una nazione cattolica che non si identificasse con la Chiesa (cattolicesimo anticlericale)
  • Papini, che ne “Gli operai della vigna” presentava Romolo, Virgilio e Giulio Cesare come precursori del Cristianesimo, fondatori di una parallela storia sacra in cui i romani erano un popolo eletto
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STUDENTI E RELIGIONE

A

Identificavano, nelle lettere recapitate alla “Difesa della razza”, cristianesimo e cattolicesimo, contrapponendoli in blocco alla nuova religione in cui si sostanziava il misticismo fascista, al nuovo culto del sangue e della razza, antitetico a qualunque religione internazionale

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LA SVOLTA ANTISEMITA E LA RISPOSTA DELLA CHIESA

A

Fu uno degli aspetti che contribuirono a inquinare il rapporto già poco lineare tra regime fascista e chiesa cattolica.

L’antisemitismo entrò nel progetto fascista come misura necessaria per tentare un’occidentalizzazione del cristianesimo (neocattolicesimo fascista desemitizzato). Era quindi figlio dell’odio che provava nei confronti dell’oriente semitico e figlio del mito della romanità che lo aveva portato a contrapporre severamente cristianesimo e cattolicesimo.

Si arrivò addirittura a mettere in discussione il canone dei libri sacri e a rigettare l’Antico Testamento: per troppo tempo - diceva Mussolini - i cristiani sono stati costretti a ingurgitare un dio ebreo. Alla Chiesa non fu neppure consentito intervenire per mitigare la legilazione razzista rispetto ai cattolici di origine ebraica.

Le prime risposte della chiesa arrivarono, sotto il pontificato di Pio XI: Giuseppe de Libero scriveva sull’Osservatorio Romano che il fascismo aveva pericolosamente confuso razza e romanità e che la chiesa non poteva continuare a tacere su questa pericolosa scollatura tra ciò che è umano e ciò che è divino.
Giuseppe Ricciotti sui “Prodromi del cristianesimo nell’Impero romano” aveva sottolineato l’origine ebraica del cattolicesimo.
Forse Piio XII aveva una minore sensibilità rispetto a Pio XI nei confronti del problema, ma erano anche tempi di grande concitazione.