L'identità italiana in cucina Flashcards
L’IDENTITA’ ITALIANA IN CUCINA
Una dimensione che esiste sin dal Medioevo
1) Durante impero romano: koiné europea. C’è stato un incontro tra molte stirpi
2) Medioevo:
- incrocio tra cultura romana e barbarica –> modello agro-silvo-pastorale e diffusione della cultura cristiana
- in Italia si afferma il fenomeno comunale. E’ uno stato policentrico, frazionato, non omogeneo, una rete (materiale e mentale) di città/comuni che estendono il loro dominio sul territorio circostante (contado). Dimensione centripeta e centrifuga + 2 ricettari di cucina e la loro rielaborazione e la questione delle varianti + link verticale e orizzontale + strategie di nobilitazione di prodotti popolari
3) Età moderna: rinnovamento delle identità alimentari attraverso l’entrata o la diffusione di prodotti già presenti (riso, grano saraceno, prodotti americani)
4) Ottocento: prodotti gastronomici come simboli e metafore nazionali (maccheroni, arance, diario di Lorenzo Bicchierai, emigrazione)
5) Novecento: Pellegrino Artusi
DIMENSIONE CENTRIPETA E CENTRIFUGA DEL FENOMENO COMUNALE
L’Italia è una rete materiale e mentale di città. Stato policentrico, frazionato e non omogeneo
- centripeta: la campagna produce risorse che affluiscono verso i mercati cittadini
- centrifuga: dalla città partono delle direttrici commerciali che diffondono specialità alimentari (=nodi identitari) in tutta Italia
Ci sono viaggi di uomini, prodotti e culture che tengono insieme le realtà locali italiane.
SIGNORIE
Eredi del fenomeno comunale, dinastie familiari a carattere territoriale. Centri maggiori impongono dominio su centri minori creando una gerarchia nel territorio
IL CASO DEL FORMAGGIO E DELLE CITTA’, CHE COSA CI DICE?
I formaggi prendono spesso i nomi dai luoghi di produzione (hanno denominazione cittadina)
- importanza delle città nel panorama frammentato e policentrico italiano –> l’Italia è una rete di città
- dimensione centripeta e centrifuga –> viaggio di uomini, prodotti e culture che tengono insieme le località italiane
- locale condiviso –> nazionale
IL CASO DI BOLOGNA
Luogo di ibridazione e di incontro ed è il suo punto di forza, perché è un centro universitario trafficato.
E’ grassa non solo dal punto di vista gastronomico, ma grazie alla ricchezza del suo apparato culturale che ha matrice europea.
MODELLI DI CUCINA: RICETTARI
1) Liber de coquina (Angiò, ‘300) modellato su un testo siciliano
2) Anonimo toscano del ‘300 (forse di matrice senese)
a) Entrambi rielaborati, riadattati in tutta Italia –> significa che c’è una cultura di fondo condivisa, e che questi ricettari iniziano a essere percepiti come IDENTITARI/NAZIONALI nonostante le VARIANTI
ma le varianti sono solamente articolazioni/declinazioni di un modello di fondo condiviso, unitario, declinazioni di una matrice comune che ha riconoscibilità condivisa –> identità fortissima.
Esempio della pasta con la sua grande varietà di formati e elle torte (=pasticci di pasta dura ripieni di qualsiasi cosa che Bartolomeo Scappi nel 1570 definisce come “genere italiano”. Lui presenta diversi tipi di torte, differenziate in quanto a ingredienti, forma, condimenti, presenza o meno delle uova, aperta o chiusa –> sono esiti che qualificano diversamente di volta in volta l’oggetto comune. (METODOLOGIA ANTOLOGICA CHE RIASSUME UNA MOLTEPLICITA’ DI ESPERIENZE POLIVALENTI)
b) link verticale: complicità tra popolo e ceti superiori. Retrogusto popolare nelle culture alte. Il liber de coquina si apre con il genere delle verdure, i ricettari di Maestro Martino, Messisbugo e Scappi presentano prodotti popolari (cavoli, rape, finocchi, zucca)
+ link orizzontale: attenzione a prodotti tipicamente mediterranei in area padana (a Bologna nel ‘500/’600 le emergenze sono olive, finocchi, uva, torta di erbe, bieta) + Giacomo Castelveltro in Inghilterra con il suo “Brieve racconto” delinea un profilo italiano tutto modellato sul prototipo mediterraneo
DIVERSITA’ DI MODELLI CITTADINI
- Nord/Centro: sono le reti di città a governare il patrimonio alimentare e i prodotti hanno denominazioni cittadine (es: il cavolo di Milano) quando escono dal luogo di produzione.
- Sud: regno relativamente accentrato e Napoli rappresenta l’intero territorio. Denominazioni derivano dai territori rurali (in “Lucerna de corteggiani” di G. Battista Crisci ci sono “frutti della costa di Posillipo”)
STRATEGIE DI NOBILITAZIONE DI PRODOTTI POPOLARI PER MANTENERE L’IDEOLOGIA DELLA DIFFERENZA
- spezie
- usarli come semplice accompagnamento (piano della sintassi: assegnare un posto diverso nella struttura del pasto)
L’IMPORTANZA DELLE CITTA’ IN ITALIA
- L’Italia è una rete materiale e mentale di città. Dall’XI secolo si afferma il fenomeno comunale (città che estende il proprio dominio sul territorio circostante chiamato contado)
- dimensione centripeta
- dimensione centrifuga
- viaggio di uomini, merci e sapere all’interno della dimensione metaforica della rete
- i prodotti hanno denominazione cittadina/assumono nome locale quando escono dal luogo (es: Landi sostiene che il parmigiano si chiami così anzivhé piacentico perché lo si compra a Parma)
- link orizzontale (prodotti in chiave gastronomica mediterranea sono diffusi al nord, in paesi di area padana, es. Bologna, nel ‘500 e ‘600 l’urgenza è rappresentata da uva, finocchi, torta di biete)
UOMINI E PRODOTTI CHE VIAGGIANO
L'Italia è una rete (materiale e mentale) di città. Dimensione centripeta (prodotti della campagna affluiscono sui mercati cittadini) e centrifuga (dalla città partono delle direttrici commerciali che diffondono prodotti ad alta vocazione commerciale, specialità gastronomiche)
Viaggio di uomini, prodotti e culture che tengono insieme le località italiane.
Prodotti: salumi, formaggi, confetture
Uomini: consumatori per finalità turistiche che diffondono il loro sapere –> non solo in Italia, ma pensiamo a Giacomo Castelveltro in Inghilterra, e John Evelyn che parla delle insalate
Esempi:
1) Ortesio Lando, “Commentario delle cose più notabili e mostruose d’Italia” (1548). Disegna un viaggio gastronomico immaginario per tappe dalla Sicilia fino a Nord
2) Bartolomeo Stefani alla corte dei Gonzaga in “L’arte di ben cucinare” invita a godere di tutte le varietà gastronomiche della penisola per chi ha buon destriero e buona borsa
ETA’ MODERNA, COSA SUCCEDE?
Tra la fine del ‘400 e il ‘500 gli Europei entrano a contatto con un nuovo mondo.
Si guarda con curiosità al nuovo paese al di là del mare (utopia cuccagnesca)
- periodo di crisi europea: i problemi del ‘500
- le due soluzioni (tradizionale + cercare in nuovi prodotti, tra cui quelli provenienti dall’America, la soluzione).
Nuovi prodotti:
- riso nel ‘400 entra nelle aree del Nord, mentre il grano saraceno (arrivato dall’Oriente) è diffuso nelle aree alpine e prealpine come nuovo cereale da polenta.
- prodotti americani: in questo momento la loro avanzata è lenta, contenuta, per un maggiore slancio bisogna attendere il Settecento.
- il caso del mais
- il caso della patata
- il caso del pomodoro
- il caso del peperone e del peperoncino (esempi di come le identità non sono inscritte in presunte origini che non devono spiegare nulla)
OTTOCENTO
Prodotti gastronomici come simboli e metafore nazionali.
- il caso dei MACCHERONI E ARANCE: la sua diffusione in area campana + il tentativo del ceto politico piemontese di farsi garante degli interessi e delle tradizioni di tutti (es: nelle corrispondenze tra Cavour e Garibaldi, parlando della conquista di Napoli la si definisce una mangiata di maccheroni; della Sicilia: di arance) –> meridionalizzazione delle identità sub-alpine
- DIARIO DI LORENZO BICCHIERAI detto “Il Pennino”: oste di Ponte di Sieve –> definisce l’Italia un pentolone di bollito con tante cose dentro e la bandiera una salsa tricolore di cui fornirà la ricetta
- EMIGRAZIONE ha avuto un ruolo decisivo nel consolidamento di stereotipi nazionali attraverso un procedimento inverso: si è costruito un RETROTERRA UNITARIO ATTRAVERSO IL SINCRETISMO delle diversità e l’interazione con modelli americani/costruito uno stile italiano all’estero attraverso l’incontro tra cucine locali (es: spaghetti with meatballs)
TRA FINE ‘800 E ‘900
- opera di Artusi
- fine ‘800 l’Italia è un paese povero con bilancio alimentare insufficiente, pochi consumi carnei rispetto alla media europea
- primo decennio ‘900 la situazioen si risolleva nel periodo del decollo industriale
- prima guerra mondiale non lascia tracce negative (occasione di incontro per migliaia di soldati italiani che al fronte mangiano le stesse cose nelle mense comuni e frumento, vino, pasta e caffé diventano usi omologanti, condividono i cibi della tradizione domestica che arrivano dalle famiglie, nei campi di prigionia si scrivono ricettari)
- seconda guerra mondiale: la situazione è più complicata e si invita a non sprecare cibo
IN BREVE I PUNTI DI PELLEGRINO ARTUSI:
- padre della cucina italiana e codice di identificazione nazionale
- 1891, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”
- ricettario intelligibile scritto in un buon italiano (rif. Manzoni)
- progetto nazionale: pescare dal locale ricette proponibili a un pubblico più vasto
- grande sensibilità antropologica
- aperto alle modifiche e alle varianti. Mai una sola ricetta, ma sempre più versioni
- work in progress collettivo che consente anche ampliamento dell’orizzonte territoriale
- ruolo riservato alla pasta che diventa ricetta nazionale e primo piatto
- rivolto a borghesia alfabetizzata ma ha un sostrato popolare e poi si apre anche alle classi popolari
MEMORIE DI FAME E DI CUCINA/RICETTARI DI GUERRA
- Arte culinaria di Giuseppe Chioni (genovese che stava in un campo di Celle, vicino Hannover, 1917)
- un altro di Giosuè Fiorentino, nello stesso periodo
- “La tradotta”, giornalino progettato dai comandi militari per rinvigorire il morale delle truppe. Le identità nazionali venivano associate a simboli gastronomici, a prodotti che il nemico avrebbe voluto papparsi (c’è una carta con i paesi tra il Piave e il Po)