L'ATTIVITÀ GIURIDICA E LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI Flashcards
Cos’è il rapporto giuridico e chi ne sono i protagonisti?
Le relazioni umane possono essere di vario genere, ma non tutte sono rilevanti per il diritto. Il rapporto giuridico è per l’appunto la relazione tra due soggetti regolata dall’ordinamento giuridico. Soggetto attivo è colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce un potere. Soggetto passivo è colui a carico del quale sussiste un dovere. Quando si vuole alludere alle persone tra le quali intercorre un rapporto giuridico si usa l’espressione parti. Contrapposto al concetto di parte è quello di terzo, che è appunto colui il quale sia estraneo ad un determinato rapporto giuridico intercorrente tra altri soggetti. Regola generale è che il rapporto giuridico, salvo esplicite eccezioni, non produce effetti né a favore né a danno del terzo. Tuttavia non di rado la legge si deve preoccupare di regolare la posizione dei terzi rispetto a un determinato rapporto, in quanto anche gli interessi degli estranei possono essere indirettamente toccati dalle vicende del rapporto stesso. Il rapporto giuridico non è che una figura (più importante) di una categoria più ampia: la situazione giuridica. La norma giuridica prevede fattispecie a cui annette determinate conseguenze giuridiche. Quando la fattispecie si è realizzata, un mutamento si è prodotto nel mondo dei fenomeni giuridici: allo stato di cose preesistente si è sostituito, secondo la valutazione compiuta dall’ordinamento, uno stato diverso, una situazione giuridica nuova. Questa situazione può consistere in un rapporto giuridico o nella qualificazione giuridica di persone o di cose.
Cos’è il diritto soggettivo?
Il soggetto attivo del rapporto giuridico si connota quale titolare di un diritto soggettivo. La norma è un precetto che opera non solo mediante la comminatoria di sanzioni ma anche mediante l’attribuzione di prerogative e tutele giuridiche in capo ai singoli: ad es. il proprietario ha il diritto di godere e disporre della cosa che gli appartiene.
Con l’attribuzione del diritto soggettivo si realizza quindi la protezione giuridica di un certo interesse del singolo al quale, al tempo stesso, si riconosce una situazione di libertà, in quanto, di regola, il titolare di un diritto è libero di decidere se esercitarlo o meno, e di reagire oppure no nel caso di lesione del diritto da parte altrui.
Si può perciò intendere la definizione tradizionale: il diritto soggettivo è l’agere licere, il potere di agire, per il soddisfacimento di un proprio interesse individuale, protetto dall’ordinamento giuridico. L’aspetto della tutela è essenziale nel qualificare una situazione di interesse personale come contenuto di un diritto soggettivo. Esistono, infatti, molteplici interessi individuali giuridicamente irrilevanti, ai quali l’ordinamento non concede alcuna protezione; viceversa, intanto esiste un diritto soggettivo in quanto l’ordinamento tuteli, mediante la propria autorità e l’attivazione degli strumenti di coercizione di cui è dotato, la soddisfazione dell’interesse del singolo.
La concezione tradizionale del diritto soggettivo è ovviamente stata nel corso del tempo sottoposta a precisazioni, revisioni e critiche, talora anche radicali. Essa comunque costituisce tuttora un punto di riferimento del sistema e uno strumento operativo fondamentale.
Cosa sono le potestà e gli uffici?
In alcuni casi il potere di agire per l’ottenimento di un certo risultato pratico non è attribuito al singolo nel suo proprio interesse, bensì per realizzare un interesse altrui. Per esempio ai genitori è attribuito un complesso di poteri concessi nell’interesse dei figli, Queste figure di poteri che al tempo stesso sono doveri si chiamano potestà o uffici (è un ufficio quello del tutore di una persona incapace). Mentre l’esercizio del diritto soggettivo è libero, in quanto il titolare può perseguire i fini che ritiene più opportuni, l’esercizio della potestà deve sempre ispirarsi alla cura dell’interesse altrui.
Cosa sono le facoltà?
Le facoltà, o diritti facoltativi, sono manifestazioni del diritto soggettivo che non hanno carattere autonomo, ma sono in esso comprese, Così, costituisce una delle estrinsecazioni del diritto di proprietà la facoltà che ha il proprietario di chiudere il fondo in qualunque tempo o di farvi apporre i confini. Dalla mancanza di autonomia delle facoltà deriva che esse si estinguono soltanto se viene meno il diritto del quale sono espressione: ciò che si traduce con la formula latina in facultitavis non datur praescriptio, non è ammessa, cioè, la prescrizione estintiva delle sole facoltà, ancorché il titolare del diritto non le abbia esercitate per lungo tempo. Soltanto la prescrizione del diritto determina necessariamente l’estinzione delle inerenti facoltà.
Cos’è l’aspettativa?
Può avvenire che l’acquisto di un diritto derivi dal concorso di più elementi successivi. Se soltanto di questi alcuni si siano verificati si ha la figura dell’aspettativa. Si pensi all’ipotesi di un’eredità lasciata a taluno subordinatamente alla condizione sospensiva che consegua la laurea. Egli non acquisterà il diritto all’eredità se non quando si sia laureato: intanto si trova in una posizione di attesa che viene tutelata dall’ordinamento (infatti, egli può compiere atti conservativi o cautelari del suo diritto: per impedire che qualcuno disperda i beni lasciati, può ottenerne il sequestro). L’aspettativa è perciò un interesse individuale tutelato in via provvisoria e strumentale, ossia quale mezzo al fine di assicurare la possibilità del sorgere di un diritto. La figura del diritto soggettivo che si viene realizzando attraverso stadi successivi viene considerata, oltre che dal lato del soggetto (la cui situazione psicologica è di attesa: perciò, aspettativa), anche sotto il punto di vista oggettivo della fattispecie. Si parla, infatti, di fattispecie a formazione progressiva per dire che il risultato si realizza per gradi, progressivamente e l’aspettativa attribuita al singolo costituisce un effetto preliminare o prodoromico della fattispecie.
Cosa s’intende per status?
A volte alcuni diritti e alcuni doveri si ricollegano alla qualità di una persona, la quale deriva dalla sua posizione in un gruppo sociale. Status è, pertanto, una qualità giuridica che si ricollega alla posizione dell’individuo in una collettività. Lo status può essere di diritto pubblico ( esempio, stato di cittadino-9 o di diritto privato (stato di figlio, di coniuge).
Alcuni ampliano il concetto di status fino a parlare di status di erede, di socio, ecc., ma è preferibile usare, per designare queste situazioni, l’espressione generica “qualità giuridica”.
Come avviene l’esercizio del diritto soggettivo?
L’esercizio del diritto soggettivo da parte di chi ne è titolare consiste nell’esplicazione dei poteri di cui il diritto soggettivo consta. L’esercizio del diritto soggettivo deve essere distinto dalla sua realizzazione, che consiste nella soddisfazione materiale dell’interesse protetto, sebbene spesso i due fenomeni possono coincidere (il proprietario che raccoglie i frutti del bene esercita il potere giuridico di godimento del bene e al tempo stesso realizza, soddisfa il suo interesse materiale).
La realizzazione dell’interesse può essere spontanea o coattiva: quest’ultima si verifica quando occorre far ricorso ai mezzi che l’ordinamento predispone per la tutela del diritto soggettivo (il debitore non adempie e il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, fa espropriare i beni del debitore).
Cosa succede nei casi di abuso del diritto soggettivo? Come lo si può arginare?
Si comprende agevolmente che chi esercita un diritto soggettivo, ancorché ciò possa essere causa della frustrazione o della lesione degli interessi di altri soggetti, non è tenuto a compensare costoro per gli eventuali pregiudizi che il corretto esercizio di tale diritto possa aver eventualmente provocato. Alcune disposizioni legislative vietano l’abuso del diritto soggettivo, ossia l’esercizio anomalo delle prerogativa concesse dalla legge al titolare del diritto. Si ha abuso quando il titolare del diritto si avvale delle facoltà e dei poteri che gli sono concessi non già per perseguire l’interesse che propriamente forma oggetto del diritto soggettivo - e che come tale l’ordinamento riconosce come meritevole di tutela - bensì per realizzare finalità eccedenti l’ambito dell’interesse che la legge ha inteso tutelare.
Da tempo si discute se questo principio abbia carattere generale oppure debba applicarsi soltanto nei casi espressamente previsti. La legge infatti è intervenuta, nelle ipotesi di maggior rilievo, con il divieto degli atti di emulazione e delle immissioni, a temperare con criteri di socialità e di solidarietà l’esercizio del diritto di proprietà e, per quanto riguarda il diritto di credito, ha stabilito (art. 1175 c.c.) che il debitore ed il creditore debbono comportarsi secondo le regole della correttezza. Là dove il legislatore nulla ha disposto, invece, potrebbe apparire pericoloso affidare al giudice poteri discrezionali nell’individuazione caso per caso di variabili confini di liceità nell’uso normale del diritto, in quanto verrebbe posta in discussione l’esigenza di certezza che è fondamentale nell’ordinamento giuridico. Ciò ha indotto parte della dottrina a ritenere inoperante lo strumento dell’abuso del diritto in ipotesi diverse da quelle in cui il medesimo è considerato e represso dalla legge; altri interpreti, ed è la posizione che oggi si sta affermando, anche nell’applicazione giurisprudenziale, ne ammettono un più largo impiego, fondandosi sul carattere generale dei principi di solidarietà e correttezza e buona fede, ma sempre richiamando l’esigenza di un impiego accuratamente sorvegliato di tale strumento.
Pertanto, mentre in forza dell’art. 833 c.c. il proprietario non può piantare alberi, se ciò non gli arreca alcuna utilità, ma è fatto al solo scopo di togliere al vicino una veduta panoramica, il creditore può richiedere il pagamento del suo credito e, in caso d’inadempimento, domandare il fallimento del debitore (qualora si tratti di un imprenditore commerciale), anche se non ha bisogno del danaro dovutogli, non potendosi tale condotta reputare abusiva, benché il creditore sia consapevole delle gravi conseguenze della sua iniziativa.
Un argine all’esercizio abusivo del diritto è ravvisato nell’exceptio doli. Si tratta di un istituto ripreso dal diritto romano e adottato dalla nostra giurisprudenza come rimedio generale volto a precludere l’esercizio fraudolento o sleale di diritti attribuiti dall’ordinamento: in taluni casi la pretesa del titolare del diritto può essere paralizzata, e la relativa domanda rigettata dal giudice, quando appunto la pretesa, pur corrispondente al contenuto di un diritto, appaia proposta in modo contrario a correttezza, o in contrasto con pregresse condotte del titolare, o comunque in mala fede.
Talune norme, poi, prendono in considerazione e reprimono specifiche ipotesi di abuso di particolari situazioni materiali di vantaggio nelle quali un soggetto possa venire a trovarsi: si parla, per esempio, di abuso, da parte di un contraente, della situazione di dipendenza economica nella quale l’altro si trovi rispetto al primo, oppure di abuso di posizione dominante, come condotta vietata dalle norme a tutela della concorrenza.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza) enuncia, all’art. 54, un divieto dell’abuso di diritto, sancendo che nessuna disposizione della Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri a distruggere diritti o libertà riconosciuti nella presente Carta o a imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente Carta.
Cosa sono i diritti assoluti?
I diritti assoluti garantiscono al titolare un potere che egli può far valere verso tutti (erga omnes). Tipici diritti assoluti sono i diritti reali (iura in re) e cioè diritti su una cosa. Essi attribuiscono al titolare una signoria, piena (proprietà) o limitata (diritti reali su cosa altrui), su un bene: si staglia in primo piano la relazione immediata tra il soggetto e la cosa, mentre gli altri consociati debbono solo astenersi dall’impedire il pacifico svolgimento di quella signoria. Ciò perché l’interesse del proprietario è quello di conservare la disponibilità di un bene che gli appartiene e di poterne in tal modo trarre la conseguente utilità, senza essere turbato nell’esercizio del godimento esclusivo della res.
La categoria dei diritti assoluti non comprende solo i diritti reali, ma anche i cosiddetti diritti della personalità (diritto all’integrità fisica, al nome, all’immagine, ecc.) che sono tutelati in capo al singolo nei confronti di chiunque.
La concezione tradizionale del diritto reale è stata sottoposta a critica: un rapporto giuridico del titolare del diritto con tutti i consociati - si è detto - è inconcepibile, si tratterebbe di una finzione del tutto astratta. Per sfuggire a questa critica, si è precisato che soggetti passivi del diritto reale non sono tutti, ma solo quelli che possono venire, di fatto, a contatto con la cosa, che abbiano, cioè, concretamente la possibilità di interferire con la posizione del titolare del diritto. E così, nel momento in cui un estraneo si sia impossessato della cosa, o l’abbia danneggiata o distrutta, si verifica una lesione del diritto del proprietario, che comporta la reazione dell’ordinamento, che mette a disposizione opportuni strumenti di tutela per far conseguire al proprietario stesso la restituzione del bene o il risarcimento del danno arrecato.
Cosa sono i diritti relativi?
La categoria dei diritti relativi si riferisce a quei diritti che attribuiscono al titolare una pretesa, o comunque una situazione giuridica attiva, nei confronti non della generalità dei consociati, ma esclusivamente di soggetti individuati.
Essa comprende in primo luogo i diritti di credito, che vengono anche chiamati personali in contrapposto ai diritti reali perché hanno appunto come termine di riferimento non una res, ma una persona, tenuta ad un determinato comportamento nei confronti del titolare del diritto.
Da cosa è costituito il rovescio sia del diritto di credito che del diritto reale?
È costituito dal dovere: a fronte del diritto reale si pone, in capo a qualsiasi consociato, un generico dovere negativo, di astensione dal compiere qualsiasi atto volto ad impedire o limitare il godimento del bene da parte del proprietario; a fronte del diritto di credito si pone il dovere, che più precisamente si chiama obbligo, di una o più persone determinate, specificamente tenute ad eseguire una determinata prestazione o tenere un certo comportamento, funzionale alla soddisfazione dell’interesse del creditore.
Cosa sono i diritti potestativi?
Vi sono ipotesi nelle quali al potere di una persona non corrisponde alcun dovere, ma solo uno stato di soggezione. I diritti potestativi consistono nel potere di operare il mutamento della situazione giuridica di un altro soggetto: così, ad es., il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la comunione forzosa. Il soggetto passivo si trova in questo caso in una situazione di soggezione: basta l’iniziativa del titolare perché si abbia la realizzazione dell’interesse tutelato; il comportamento del soggetto passivo è irrilevante.
Cosa sono i diritti personali di godimento?
I diritti personali di godimento consistono nella situazione in cui un soggetto si è obbligato a far godere di un proprio bene un altro soggetto (per es. nella locazione o nel comodato). Secondo l’opinione ancora oggi prevalente, il diritto che, per esempio, spetta all’inquilino di un appartamento non è che un diritto di credito verso colui che gli ha dato in locazione l’appartemento e che, secondo l’art. 1571 c.c., si obbliga a fargli godere la cosa locata. Tuttavia un’opinione sostiene che i diritti personali di godimento hanno una duplice natura: di diritto relativo verso chi ha concesso il godimento ed è obbligato a consentirne l’esercizio, di diritto assoluto verso tutti i consociati, i quali sono tutti tenuti ad astenersi dal turbare tale godimento.
Cosa si intende per interesse?
Per interesse si intende qualsiasi vantaggio o utilità, che costituisce l’obiettivo o il movente dell’agire di un soggetto. L’interesse si dice pubblico o privato, a seconda di chi ne sia portatore. Un interesse privato si dice semplice o di fatto quando non fruisce di alcuna particolare protezione giuridica. Quando, invece il personale interesse riceve piena tutela giuridica, sicché è concesso di sollecitare la tutela attraverso gli strumenti di coercizione messi a disposizione dall’ordinamento per ottenerne la soddisfazione, allora si è titolari di un diritto soggettivo.
Cos’è l’interesse legittimo?
Si parla di interesse legittimo nell’ambito dei rapporti tra il privato e i pubblici poteri. Tale situazione comporta il potere del singolo di sollecitare un controllo giudiziario in ordine al comportamento tenuto, correttamente o meno, dalla pubblica amministrazione.
Talora, invero, anche il rapporto tra il cittadino e una Pubblica Amministrazione si configura connotato da una correlazione e reciprocità di veri e propri diritti soggettivi e di obblighi. Si parla, in tal caso, di norma di relazione, in quanto disciplinano uno specifico rapporto interindividuale tra il privato e l’ente pubblico.
Diverse sono le norme di azione, che regolano, cioè, il funzionamento - l’azione, appunto - delle pubbliche amministrazioni (ad es. regole sui concorsi pubblici). Da queste norme non derivano, in capo ai privati interessati alla loro osservanza, diritti soggettivi pieni, perché quelle norme non sono destinate a tutelare specifici interessi individuali, ma soltanto a disciplinare l’attività pubblica.
In taluni casi però l’esercizio dei pubblici poteri incide direttamente sulla sfera di determinati soggetti, non genericamente in quanto cittadini interessati al bene collettivo, bensì specificatamente come portatori di specifici interessi individuali coinvolti dall’azione pubblica: ad es. il candidato ad un concorso, l’imprenditore che partecipa ad una gara per l’assegnazione di un appalto, ecc.
In questi casi al privato viene riconosciuto uno specifico potere di controllo della regolarità dell’azione pubblica ed un potere di impugnativa degli atti eventualmente viziati. L’esercizio dei poteri pubblici, infatti, nello Stato moderno non è abbandonato all’arbitrio dell’autorità titolare del potere, ma è regolato da norme giuridiche (si parla perciò di Stato di diritto).
La situazione giuridica dei portatori di tali interessi qualificati viene definita come interesse legittimo e si traduce non già nella tutela dell’interesse del singolo a vedere concretamente soddisfatto un proprio bisogno, ma in una tutela soltanto mediata o strumentale, ossia nel controllo del corretto esercizio delle pubbliche funzioni.