Appunti lezioni Flashcards
Che significa Tianxia?
Significa “quello che è sotto il cielo”.
Una delle considerazioni che fa Kirby nel suo saggio è che i cinesi si definivano, in epoca dinastica, come sudditi della loro dinastia; essi si sentivano parte di qualcosa di più grande. Questa impostazione universalistica è certamente sottoscrivibile da qualsiasi cinese; la Cina non conosce elementi di divisione tra etnie, razze, popolazioni, basate sull’aspetto. D’altra parte, però, ha una viva consapevolezza della propria superiorità culturale. È quindi sia portatrice di una visione universalistica generale, ma non le si può negare neppure un’impostazione sinocentrica.
Che tipo di relazioni esistevano tra la Cina e gli altri paesi? Chi sono i paesi tributari?
Mentre in Europa nella seconda metà dell’Ottocento erano diffuse le relazioni diplomatiche, queste non esistevano, nel senso in cui lo intendiamo noi, nell’Asia orientale.
Le relazioni tra la Cina e Paesi diversi erano consolidate da un atto di riconoscimento volontario: molte entità che avvertivano il fascino emanato dalla civiltà cinese, decidevano di fare riferimento ad essa come il centro culturale del mondo. Erano i paesi tributari, che facevano parte, appunto, del sistema tributario cinese.
* inviavano periodicamente alla capitale cinese delle missioni di omaggio, portando doni e ricevendone altri in cambio da parte dell’imperatore cinese. facevano parte di queste missioni anche dei mercanti, che potevano scambiare dei beni con dei loro omologhi cinesi. Questa era l’unica forma di commercio internazionale legale in Cina.
* adottavano il calendario lunare cinese.
Quando un Paese tributario veniva attaccato, la Cina aveva il dovere di difenderlo. Nella seconda metà dell’Ottocento, uno degli obiettivi di Francia e Giappone sarà staccare dalla Cina i suoi paesi tributari (guerra franco-cinese e guerra sino-giapponese).
La sensibilità amministrativa cinese: funzionari e processi di selezione
Era un impero a base democratica. Non esisteva un ruolo per principi, marchesi e conti. Questo meccanismo era retto da funzionari di diversi livelli, che entravano in servizio superando una serie di livelli d’esame, basati sui classici confuciani a impianto umanistico.
Senza questi meccanismi di studio-selezione, sarebbe impensabile per la Cina pensarsi come entità istituzionale altra rispetto alle democrazie liberali, una specie di partito-Stato, come lo definisce Kirby.
L’amministrazione imposta dalla dinastia Qing parla perfettamente cinese. I funzionari di altissimo livello conoscono una compartecipazione sino-mancese.
Cosa succede all’inizio dell’Ottocento? Quali sono i fattori di crisi?
Una profonda crisi interna cominciò a svilupparsi dalla fine del Settecento. Questa è una delle ragioni per cui la Cina affronterà le guerre dell’Oppio con una profonda crisi interna:
- aumento della popolazione e mancato adeguamento del numero delle terre al numero della popolazione;
- mancato aumento del numero dei funzionari di base, quindi mancanza di efficienza e aumento del fenomeno della corruzione;
- squilibrio del valore di argento e rame.
Parla di più del fattore di crisi dell’aumento della popolazione e del mancato adeguamento del numero delle terre al numero della popolazione.
A causa della buona amministrazione dei primi tre imperatori, la popolazione è molto aumentata. È passata da circa 295 milioni a 410 milioni nel 1839 (data di inizio della Prima guerra dell’Oppio). È mancato, però, l’adeguamento del numero delle terre coltivabili al numero della popolazione.
Parla del mancato aumento del numero dei funzionari di base in rapporto alla popolazione.
I funzionari di base o del distretto rappresentavano il grado più basso della gerarchia dei funzionari. Erano quelli immediatamente a contatto con la popolazione. Svolgevano:
* funzioni di magistrato;
* curare arruolamenti della milizia;
* manutenzione di dighe;
* sovrintendere a lavori pubblici di piccole entità.
Il fatto che un funzionario di base dovesse sovrintendere agli affari di tantissime persone portava a una minore efficienza e aumento della corruzione.
In diversi svolgevano gli esami abilitanti alla mansione di funzionario, perché già il titolo abilitante del primo livello dava un enorme riconoscimento sociale, soprattutto per le famiglie benestanti interessate, più che altro, a collezionare motivi di prestigio. In pochi intendevano davvero portare avanti l’impegno ed esercitare effettivamente la professione di funzionario, sottosegretario e magistrato di distretto. In molti si fermavano al primo livello.
Evidentemente non c’era molta volontà di servire la dinastia Qing, verso cui capacità di amministrazione nutrivano qualche riserva. Mentre fino a questo momento il fatto che la dinastia non fosse originariamente cinese non costituiva un problema, da questo momento (metà Ottocento in poi) cominceranno delle rivolte anti-mancesi.
Parla meglio dello squilibrio del valore di argento e di rame
Ha a che fare con le dinamiche commerciali tra Inghilterra e Cina.
L’Inghilterra – che nella seconda metà del Settecento controlla l’India – si troverà ad avere una bilancia commerciale nei confronti della Cina sempre in passivo (= le importazioni di beni e servizi da quel Paese superano le esportazioni verso quel Paese). I prodotti che la Cina esportava riscuotevano un enorme successo, come la seta e le porcellane, mentre l’Inghilterra non riusciva a esportare nulla che interessasse davvero ai cinesi, neppure i tessuti e i filati di cotone prodotti industrialmente attraverso le attrezzature messe in piedi con le tecniche industriali. Questi tessuti, spesso troppo leggeri e fragili, non potevano avere mercato in una Cina dove le persone abbienti prediligevano la seta e le più modeste (quali contadini e lavoratori manuali) si vestivano con tessuti quali canapa e cotone prodotti a mano, molto più grezzi ma robusti e protettivi dal freddo.
Gli inglesi, dunque, convertirono l’agricoltura del Bengala (regione nord-orientale del Subcontinente indiano) a quella dell’oppio, cominciando a far confluire al porto di Canton, l’unica dogana marittima aperta dalla dinastia agli stranieri, enormi quantità di stupefacenti. Anche gli USA presero parte a questo commercio.
Il commercio internazionale in Cina veniva visto come un elemento potenzialmente perturbante. A Canton furono delle gilde a ottenere il diritto esclusivo (monopolistico) di commerciare con le navi straniere (sistema Cohong). Anche l’Inghilterra penetrava commercialmente attraverso l’esclusiva riservata alla East India Company, non per favorire un’impostazione monopolistica, bensì massimizzare l’efficacia.
Il consumo di oppiacei si diffuse enormemente in Cina (si stima che circa 1 cinese su 10, nella zona meridionale, ne fosse assuefatto). Ebbe presa pressocché in tutti i ceti sociali (ne esistevano, infatti, di varie tipologie): l’oppio allieva la sensazione di dolore e di fatica, quindi era ricercato anche dai trasportatori via acqua e da chi svolgeva lavori pesanti.
Gli inglesi chiedevano che l’oppio venisse pagato in argento, metallo con cui in Cina si pagavano le tasse. Il grande drenaggio di questo metallo portò all’aumento del costo delle monete d’argento, a una loro minore circolazione, quindi all’aumento delle imposte. Il rame, altro metallo presente sulla scena cinese, invece, fu svalutato, perché rispetto all’argento rimase in circolazione in quantità abbondanti.
Prima guerra dell’oppio (1839 - 1842)
Si chiuse con il trattato di Nanchino e la sconfitta della Cina.
- cessione di Hong Kong alla Gran Bretagna;
- apertura di altri quattro porti, oltre a Canton, in cui le potenze straniere potessero attraccare;
- abolizione del sistema Cohong;
- pagamento di un’indennità;
- abbassamento dei dazi doganali su merci di importazione: la cina perde l’autonomia tariffaria, ovvero la libertà di tassare le merci di importazione.
Seconda guerra dell’oppio (1856 - 1858). Poi due anni di disordini (1858 - 1860)
Si concluse con la sconfitta cinese e il trattato di Tianjin.
- apertura di un’altra decina di città al commercio internazionale;
- possibilità di libera circolazione per mercanti e missionari (furono fondate alcune missioni difese da soldati francesi in delle specie di fortini, che sarà sempre una ragione di fastidio);
- legalizzazione del commercio dell’oppio;
- ulteriore riduzione dei dazi doganali su merci di importazione;
- pagamento di una indennità;
- apertura di consolati a Pechino.
La convenzione di Pechino (1860)
Perfeziona i trattati con cui si chiudono le guerre dell’oppio:
- fu perfezionata la cessione alla Gran Bretagna della penisola di fronte a Hong-Kong;
- concessa la libera circolazione per le flotte straniere all’interno della rete fluviale cinese;
- pagamento di una nuova indennità a Gran Bretagna e Francia;
- esenzione dai dazi doganali per le merci straniere.
L’erosione territoriale della Cina nell’Ottocento
Andrò ad aggravare una situazione già non facile per l’impero cinese.
La Russia annesse la riva sinistra del fiume Amur (500 mila kmq), assieme ad altri 250mila kmq verso il mare. Più tardi, incorporò la parte settentrionale dell’attuale Xinjiang. La Cina nel 1881 riuscirà a farsela restituire quasi interamente.
Le conseguenze dei trattati ineguali (al termine delle guerre dell’oppio)
Non furono trattati negoziati, ma imposti da una parte all’altra.
- Le guerre dell’oppio e questi trattati resero ancora più drammatica una situazione di crisi interna già iniziata (aumento popolazione, mancato adeguamento delle terre, diminuzione del numero dei funzionari di base e drenaggio di argento).
- Con il trattato di Nanchino, la Cina perse l’autonomia tariffaria.
In questo modo, è facile che le merci di importazioni divengano più competitive rispetto ai prodotti nazionali. La perdita della facoltà di tassare le merci continua con il trattato di Tianjin e la convenzione di Pechino. Ora i prodotti stranieri diventano veramente competitivi sul mercato cinese (fiammiferi e olio combustibile). - Diffusione di moti popolari antimancesi.
Moti popolari antimancesi (1850 - 1870)
Più o meno tutta la Cina fu attraversata da rivolte. Esse non erano guidate dal confucianesimo, ideologia imperiale che guardava sempre al passato come modello (prendendo in particolare a modello un tipo di governo che c’era stato dal 1100 a.C.). Per il confucianesimo non esiste il progresso, il modello è nel passato. Queste sette eterodosse affondavano le radici in elementi di tipo millenarista e taoista, molto diffusi nelle campagne.
- Molte furono le rivolte nelle città della triade, ovvero una società segreta («del cielo e della terra») fondata in Cina nel XVII secolo per rovesciare la dinastia Qing. Essa è ancora una società eterodossa. Si è formata dopo che nel 1681/83 i mancesi, provenienti da Nord-est, conquistarono Taiwan e completarono il controllo della Cina meridionale.
Iniziarono a sorgere dei gruppi lealisti Ming, che auspicano il ritorno al potere della dinastia precedente cinese (Ming), che aveva regnato dal 1368 al 1644. Le triadi nascono come forme di lealismo Ming antimancesi. Ma con l’arrivo di grandi quantitativi di oppio la loro ragion d’essere slitterà dal lealismo Ming al coinvolgimento in attività legate a commercio di oppiacei; - Rivolta dei Taiping (1851 - 1864): la più importante;
- Rivolta dei Nian (1853 - 1868);
- Rivolte a sfondo musulmano
Rivolta dei Taiping (1851 - 1864)
Cronologia: dalla fondazione del Regno Celeste della Grande Pace nel 1851 al 1864 con la sua repressione.
Nacque nell’entroterra di Canton, che con l’apertura di altri porti si trovò improvvisamente impoverito (prima invece tutte le navi attraccavano lì).
Il fomentatore della rivolta, Hong Xiuquan, era venuto a contatto con missionari protestanti. Era rimasto colpito dalle conquiste della modernità, ad esempio le linee ferroviarie. Xiuquan, che si definiva «il fratello di Gesù Cristo», stilò una specie di decalogo (dieci comandamenti), fondò il «Regno Celeste della Grande Pace». Rapidamente, il movimento raggiunse un numero di adepti tale da guidare una spedizione fino alla zona del bacino azzurro, per porre la capitale del regno a Nanchino. Combinava elementi tendenzialmente egualitari – alcuni sostengono anche proto-femministi, con l’introduzione del matrimonio monogamico, la presenza di battaglioni femminili, l’abolizione della fasciatura dei piedi delle bambine, praticata dal X secolo, e l’imposizione agli uomini di tagliarsi il codino, un’acconciatura mancese. Il movimento era sì organizzato su basi comunitarie ed egualitarie, ma fino a un certo punto, perché poi Xiuquan si doterà di un suo gineceo.
I viaggiatori avevano notato una grande prosperità nel regno, ma il dubbio è che questo benessere non fosse prodotto dai Taiping, ma semplicemente da quanto era stato espropriato dai proprietari terrieri.
La rivolta fu alla fine repressa a Nanchino nel 1864, non dal governo centrale – impegnato nella seconda guerra dell’oppio – ma da funzionari locali, che cominciarono a reclutare milizie finanziandole attraverso l’imposizione di una tassa particolare. L’intero processo (tra rivolta e repressione) costò circa tra i 20 e i 30 milioni di morti, una cifra da guerra mondiale.
La zona più popolosa della Cina, l’estremo sud, fu desertificata, e arrivarono ad aggirarsi persino fiere e tigri. La perdita di vite umane e di pratiche segnò anche i decenni successivi.
Rivolta dei Nian (1853 - 1868)
I Taiping provarono a collegarsi a un’altra rivolta, quella Nian, che tra il 1853 e il 1868 si sviluppò nel nord della Cina, una zona freddissima d’inverno, con un clima inospitale a cui non erano abituati. Se ci avessero provato prima, probabilmente sarebbero riusciti a prevalere sugli imperiali.
Dopo la sconfitta dei Taiping, anche i Nian furono eliminati.
I Nian affondano in un substrato di difficilissima penetrazione per gli studiosi occidentali.
Rivolte a sfondo musulmano
- Rivolta dello Yunnan portata avanti da minatori che, in una fase di cattiva amministrazione, si sentirono discriminati. Costituirono un sultanato (1856 – 1873).
-
Rivolta degli Hui/rivolta dei Dungani (1862 – 1877) nel nord ovest della Cina, sopra il Tibet, nell’attuale Xinjiang, regione autonoma cinese dove ancora oggi c’è una presenza di musulmani.
La rivolta partì come una guerra santa di tipo religioso. Fu fondato da una ricca famiglia locale un sultanato, quello di Yaqub Beg. L’Inghilterra, in particolare, avrà interessa a contrastare l’espansione russa in Asia centrale e a riconosce il sultanato.
Anche questa rivolta sarà repressa da forze cinesi non mancesi.
La repressione delle rivolte fu affidata a forze locali, non al governo centrale. Che cosa ne derivò?
Ne nacque il movimento yangwu.
A reprimere queste rivolte furono dei capi provinciali, non il governo centrale, che avvertirono l’esigenza di acquistare se non fabbricare armi (arsenali, navi da guerra) alla maniera occidentale, le più adatte a stroncare queste rivolte. Furono le prime figure a muoversi nel senso di una militarizzazione a livello locale, che ebbe un suo precedente nel reclutamento a livello locale di milizie indipendentemente dal governo centrale.
Ma per farlo, era necessario mettere in piedi un ufficio di traduzione e assumere collaboratori stranieri. Sarà l’inizio del movimento locale yangwu, ovvero «delle cose d’oltremare». Esso intendeva mutuare elementi di tecnica da Paesi occidentale (yong), senza rinunciare, però, ai fondamenti culturali cinesi («ti», essenza culturale cinese). Ciò, però, non poteva funzionare.
A proposito della supposta separazione tra produzione e modi di cultura, Marx ipotizzava che la cultura non veleggiasse sulle nostre teste, ma che a determinarla fossero proprio le modalità produttive. Egli aveva assistito alla rivoluzione industriale, e aveva visto come le nuove dinamiche lavorative e produttive cambiassero la famiglia, le relazioni sociali e le relazioni con l’ambiente circostante (ad esempio, con l’inurbamento.) Anche per noi oggi è così.
La Cina entrerà in una fase di travaglio su come uscire da questa fase di crisi, con ricette diversissime. Per i Paesi occidentali, si trattò di una forma di imperialismo informale: visto che era già un costo notevole il mantenimento di apparati militari in India, la Gran Bretagna non intendeva replicare controllando l’intera Cina. Escogitò quindi metodi molto più silenziosi ma sofisticati per effettuare una penetrazione economico-finanziaria sofisticati, nei confronti dei quali la Cina, alla fine, sarà perfettamente consapevole.
Il movimento yangwu è diviso in due fasi:
1. fase di autorafforzamento (ziqiang): 1860 - 1872;
2. fase di ricchezza e potenza (1872);
Di fatto, finì con la sconfitta cinese nella guerra sino-giapponese.
Le due fasi del movimento yangwu.
- fase di ziqiang, autorafforzamento (1860 – 1872):
Furono aperti arsenali accompagnati da centri di traduzione dove venivano reclutate ingegnerie esterne. La convinzione trainante era che lo sviluppo di un’industria bellica autonoma in Cina potesse scoraggiare gli stranieri. Ma le cose non erano così semplici, perché il ferro, pur disponibile in Cina, non è adatto alla lavorazione, e si dovette importare dall’estero. Le prime navi, quindi, furono costruite in perdita (il volume dei costi supera quello dei benefici).
- fase di «ricchezza e potenza» (dal 1872):
Dall’inizio degli anni Settanta, gli occidentali, che avrebbero dovuto limitare le loro attività ai porti aperti, iniziarono, in realtà, ad espanderle (acquistando miniere, puntando gli occhi sulla costruzione di ferrovie, potenziando le compagnie di navigazione). Quindi, l’obiettivo del movimento yangwu, ora, era cominciare ad avviare delle attività commerciali di tipo moderno che facessero concorrenza a quelle straniere, come la messa in piedi di compagnie di navi d’azione cinesi con navi moderne, mediante l’utilizzo di capitali privati sotto la supervisione di funzionari statali-pubblici (una forma di collaborazione mista, tra pubblico e privato). È un tentativo volto non tanto ad aspetti militari, ma civili.
La reazione delle compagnie (anche quelle fluviali che navigavano il Fiume Azzurro), inglesi e francesi non si fece attendere: fecero cartello, ovvero si unirono tra di loro per offrire tariffe più competitive.
Ciò che mancava alla Cina era soprattutto la mentalità, quella che gli inglesi nutrivano sin dalla fine del Settecento, ovvero l’idea del liberalismo economico come quintessenza dell’essere uomini liberi. Quest’ultima, aveva generato enormi competenze e forgiato uomini che sapeva bene che era necessario ammodernare spesso gli impianti e reinvestire continuamente. Le compagnie cinesi, quindi, non riuscirono a reggere la concorrenza di quelle britanniche; neppure quelle del telegrafo, per cui era necessario servirsi di tecnici danesi.
La presenza di stranieri in Cina dal 1860 (dalla fine della seconda guerra dell’oppio)
In alcuni porti aperti sono state istituite delle concessioni, ovvero dei quartieri in cui potevano risiedere solo gli stranieri (non, però, i loro interpreti). La città in cui erano presenti più concessioni (inglese, francese e statunitense) era Shanghai, che diventerà una delle più cosmopolite del mondo. Qui, nel 1863, le concessioni inglese e statunitense si fonderanno nella cosiddetta concessione internazionale.
Gli stranieri non possono ancora aprire nelle concessioni delle fabbriche, ma gestivano imprese di navigazione, di riparazione delle navi, cantieristiche, compagnie del telegrafo e stampavano molti giornali, in francese e in inglese.
Le concessioni erano sottratte alla giurisdizione cinese, ma gli stranieri, qualora avessero commesso qualche reato, venivano giudicati da tribunali consolari. Vi erano presenti anche missionari, in particolare protestanti che, disponendo di molti fondi, si presentavano come veicoli di modernità. Si stabilirono soprattutto nelle città, dove fondarono ospedali moderni e scuole. I missionari cattolici, invece, erano molto più poveri e sceglievano di localizzarsi nelle campagne, puntando alla conversione di interi villaggi.
Dal 1863, la guida dell’Ispettorato generale delle dogane passò a un inglese, Robert Hart. L’Ispettorato aveva un potere straordinario: a lui facevano capo tutti i provvedimenti che riguardavano dogane, quarantene, riscossione di pedaggi di transito per merci cinesi. Apparentemente, quindi, la Cina rimase uno stato sovrano, ma l’abbattimento dei dazi doganali di importazione e la gestione di tutte le dogane transitò nelle mani di un inglese.
Guerra franco-cinese (1884 - 1885)
Tentativo di erodere ulteriormente la cina strappandole un paese tributario.
La Francia cominciò a manifestare l’intenzione di conquistare il Vietnam (stessa cosa farà l’Inghilterra con la Birmania)
Il Vietnam era uno stato tributario, una sorta di propaggine della Cina. Quando la Francia sbarcò nel 1884 sbarca in Vietnam, la Cina fu costretta a intervenire per difenderlo. Lo fece con le recenti cannoniere costruite negli arsenali dal 1860, in particolare nel sud. Nel golfo, però, la flotta cinese venne affondata e la Cina perse ogni diritto nei confronti del Vietnam. Cominciò così l’erosione della sfera tributaria cinese.
Prima guerra sino-giapponese (1894 - 1895)
Tentativo del Giappone di erodere la Cina strappandole uno stato tributario, la Corea, il più antico stato tributario e il più fedele.
Il Giappone, fece leva anche sul fatto che il sovrano coreano si muoveva in modo molto confuso.
Il Giappone si era proposto di diventare un moderno stato-nazione come i Paesi europei, un obiettivo non perseguito dalla Cina. Nel 1876, il Giappone costrinse il regno di Corea ad aprire tre porti al commercio internazionale. Tra i due Paesi fu anche stipulato un trattato, il quale prevedeva che, nel caso in cui residenti giapponesi in Corea fossero minacciati, il Giappone era tenuto a intervenire.
Nel 1894, in Corea scoppiò una guerra xenofoba contro la presenza di stranieri nei porti aperti.Il Giappone, in base al trattato firmato, inviò un nutritissimo contingente di militari per difendere i suoi residenti. Il sovrano coreano, in riflesso al rapporto tributario che aveva con la Cina le chiese aiuto; questa mandò un suo contingente in Corea.
La contrapposizione Cina-Giappone si consumò in parte via terra e anche attraverso una battaglia navale, combattuta attraverso le cannoniere cinesi costruite nella Cina del nord. Si risolse nella sconfitta cinese e nella fine, nel 1895, del movimento yangwu e con la stipula del trattato di Shimonoseki.
L’affondamento delle due flotte ha dato molti argomenti a favore dei funzionari conservatori.
Per il vecchio glorioso antico impero cinese, che si riteneva al centro dell’Asia Centrale, la sconfitta da parte del Giappone fu un trauma inimmaginabile. Il Giappone è un Paese giovane che ha recepito tutto dalla Cina attraverso la Corea. Questo insegna anche ai Paesi occidentali la debolezza della Cina. Al centro della riflessione c’è l’esempio costituito dal Giappone, Paese che si è apparentemente modernizzato in poco tempo dal 1868 in maniera molto efficace. Da un punto di vista istituzionale e amministrativo, è il caso di ispirarsi alla Russia e al Giappone o meno? Questa la domanda al centro di molte riflessioni. Diversi esuli cinesi cominceranno a recarsi in Giappone per studiare come il Paese ha fatto a modernizzarsi.
La sconfitta sensazionale farà fare un salto di qualità anche per gli occidentali in relazione alle loro modalità di penetrazione in Cina
Clausole del trattato di Shimonoseki
Al termine della guerra sino-giapponese (1894-1895)
- riconoscimento da parte cinese dell’indipendenza della Corea (non ancora annessa al Giappone, che lo incorporerà dopo la sua vittoria contro la Russia);
- pagare indennità tre volte il reddito annuale dello Stato (200 milioni di tael): la Cina dovrà indebitarsi con consorzi di banche straniere;
- possibilità per gli stranieri di aprire fabbriche nei porti aperti: iniziò ora la delocalizzazione da parte di imprese americane, giapponesi e inglesi in Cina, ad esempio fabbriche di filatura;
- la cessione al Giappone della penisola del Liaodong (oggi si chiama Liaoning), una penisola triangolare che chiude un golfo. Ancora oggi i porti alla sua estremità, liberi da ghiacci anche di inverno, sono percorsi dalle navi portacontainer per arrivare nell’Europa del nord seguendo la rotta artica fino a Rotterdam. Ma questa mossa del Giappone disturbò, molto. Si mobilitarono Russia, Francia e Germania e consigliarono al Giappone di rinunciare a questo controllo, in cambio di un aumento dell’indennità con la cessione dell’isola di Taiwan e dell’isole Pescadores
I territori cinesi interessano molto alle potenze di fine Ottocento: l’imperialismo informale dopo la guerra sino-giapponese
Dopo la disfatta della Cina nella guerra sino-giapponese, i Paesi stranieri si resero conto che era possibile aumentare la pressione sulla Cina, magari chiedendo in affitto per un certo numero di anni determinati territori: lo farà ad esempio la Russia, che otterrà in affitto un territorio nell’area nord-orientale, che le permetterà di costruire l’ultimo tratto della linea ferroviaria trans-siberiana; lo farà anche la Germania, che prenderà territori dello Shandong in cui inviare missionari e costruire una linea ferroviaria di 400km. L’Inghilterra, invece, controllerà la valle del Fiume Azzurro e l’entroterra di Canton (Hunan e Kwangsi).
Queste linee ferroviarie erano progettate per collegare la Cina alle rispettive colonie.
Il Giappone è interessato a espandere influenza nel Fujian e nel nord-est; manifesterà anche interesse verso la Manciuria, questione con cui confliggerà con la Russia.
È una forma di imperialismo informale, invisibile dall’esterno. Formalmente, la Cina rimane un impero unitario, ma di fatto diventa una semi-colonia.
Furono i funzionari e i ministri mancesi ad acconsentire, quelli cinesi sarebbero più per una negazione delle terre.
Kang Youwei: un confuciano progressista
La situazione di grandissima crisi fece riflettere anche i confuciani (tutti i funzionari erano di formazione confuciana). Uno di loro, Kang Youwei, non appartenente al movimento yangwu, anzi, molto ortodosso, elaborò un piano. Durante un suo soggiorno a Pechino, riuscì a entrare in contatto con l’imperatore Guangxu, giovanissimo e poco capace. Lo convinse che esistevano dei testi confuciani da cui emergeva la figura di un Confucio proiettato più verso il futuro, che verso il passato. (teorici del riformismo e rivoluzionari)
Questa esigenza di riformismo manteneva in vita l’impianto tradizionale, imperiale: chiedeva, però, che venissero introdotti un parlamento, delle forme consultive, ministeri di tipo moderno – come fu per Giappone dal 1968 e in Russia).
Kang era interessato ai problemi contemporanei e al sapere occidentale. Aprì una scuola a Canton dalla quale diffondere questa nuova lettura del confucianesimo. Muovendo da ricerche di tipo filologico, sosteneva che ad essere autentici erano classici confuciani usati dagli Han nel II e I sec. a.C., in cui era evidente il reale pensiero di Confucio. I testi cui fa riferimento Kang sono incisi in verticale su listarelle di bambù, unite da cordini di seta che si possono arrotolare e srotolare.
Confucio visse durante un periodo di crisi, in cui l’autorità del sovrano, appartenente alla dinastia degli Zhou, non era più riconosciuta automaticamente: cominciarono, infatti, delle guerre di annessione tra i territori in cui era divisa la Cina.** Confucio voleva tornare all’epoca precedente, quella degli Zhou occidentali**. I giovani dovevano formarsi sui classici su cui si erano formati i giovani dell’aristocrazia del periodo degli Zhou occidentali (XI – VIII sec. a.C.).
Confucio è stato un grande filologo, amante degli antichi; una delle sue frasi è “io trasmetto, non creo”. Il problema della scuola confuciana è trovare la versione autentica di questi testi divinatori, di ritualistica, di musica, composizioni poetiche degli Zhou occidentali, cui faceva riferimento Confucio. Ma non è facile, perché spesso furono andati dispersi, bruciati (il primo imperatore che creò la Cina, infatti, era anticonfuciano e li fece bruciare).