analitica Flashcards

1
Q

1- parla di materia: sostanze pure e miscele

A

MATERIA→ tutto ciò che ci circonda e occupa volume

Se la materia si separa meccanicamente o fisicamente è una MISCELA, se no è una SOSTANZA PURA. Se la miscela è uniforme viene chiamata OMOGENEA, se no viene chiamata ETEROGENEA. Se la sostanza pura è scomponibile chimicamente è un COMPOSTO, se no è una SOSTANZA PURA.

SOSTANZA PURA→ ha composizione definita e costante, se cambio il suo stato di aggregazione le caratteristiche delle sue molecole non cambiano

SOSTANZA ELEMENTARE→ costituita da un solo elemento (es. H2, O2, Ca)

COMPOSTO→ costituito da 2 o più elementi diversi in rapporti costanti

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2
Q

2- parla di atomo: elettrone, protone e neutrone

A

MODELLO ATOMICO→ la materia è costituita da atomi

MODELLO ELETTRONICO DELL’ATOMO→ l’atomo è costituito da nucleo ed elettroni

MODELLO DEL LEGAME CHIMICO→ gli atomi formano le sostanze chimiche attraverso riorganizzazione spaziale degli elettroni (ad es. Condividendo elettroni)

Ogni atomo ha un nucleo e uno o più elettroni: il nucleo costituisce la maggior parte della massa dell’atomo, mentre gli elettroni costituiscono il volume dell’atomo e hanno carica negativa.

Il nucleo è formato da neutroni, senza carica, e protoni, che presentano una carica positiva uguale e opposta a quella degli elettroni dell’atomo. Neutroni e protoni vengono chiamati nucleoni.

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3
Q

3- parla della teoria atomica

A

le basi della teoria atomica moderna iniziarono a formarsi già nel 400-300 aC con democrito che era un filosofo che ipotizza che la materia sia formata da atomi, ovvero particelle indistruttibili e indivisibili

LEGGE DELLA CONSERVAZIONE DELLA MASSA (Lavoisier, seconda metà del 1700)→ nel corso di una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma delle masse dei prodotti (la materia non si crea e non si distrugge)

LEGGE DELLE PROPORZIONI DEFINITE (Proust, 1794)→ gli elementi che costituiscono un composto sono sempre combinati tra loro secondo proporzioni fisse e definite in termini di massa. Questo significa che, indipendentemente dalla quantità del composto, gli elementi presenti si combinano sempre nello stesso rapporto di massa.

LEGGE DELLE PROPORZIONI MULTIPLE (Dalton, 1804)→ Quando 2 elementi si combinano per formare più di un composto, le masse di uno di questi elementi che si combinano con una quantità fissa dell’altro elemento stanno tra loro in rapporti semplici e piccoli.

TEORIA ATOMICA DELLA MATERIA (Dalton, 1804)→ i principali punti della teoria atomica di Dalton:

TUTTA LA MATERIA è COMPOSTA DA ATOMI: la materia è costituita da particelle indivisibili e indistruttibili, chiamate atomi, che sono le unità fondamentali della materia.
GLI ATOMI DI UN ELEMENTO SONO IDENTICI TRA LORO: gli atomi di un elemento sono uguali per massa, dimensione e altre proprietà.
GLI ATOMI DI ELEMENTI DIVERSI HANNO PROPRIETA’ DIVERSE: ogni elemento è costituito da atomi unici, che differiscono per massa e altre proprietà, quindi atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di un altro elemento.

LE REAZIONI CHIMICHE SONO COMBINAZIONI DI ATOMI: le reazioni chimiche non comportano la creazione o la distruzione di atomi, ma semplicemente la loro riorganizzazione. Gli atomi si combinano in rapporti semplici e definiti per formare composti.
I COMPOSTI CHIMICI SONO FORMATI DA ATOMI DI PIU’ ELEMENTI COMBINATI IN RAPPORTI DEFINITI: i composti si formano quando atomi di elementi diversi si uniscono in rapporti fissi e costanti.

La teoria di Dalton aveva però dei limiti, perché lui pensava che gli atomi fossero indivisibili, ma con la scoperta delle particelle subatomiche (neuroni, protoni ed elettroni), si scoprì che gli atomi sono in realtà divisibili. Inoltre, la teoria di Dalton non spiegava il concetto di isotopi, che sono atomi dello stesso elemento con masse diverse.

MODERNO RIESAME DELLA TEORIA ATOMICA→ La teoria atomica venne quindi riesaminata in questo modo:

Gli atomi sono divisibili in particelle subatomiche, ma mantengono inalterata la loro identità nelle reazioni chimiche
Nelle reazioni nucleari gli atomi di un elemento si convertono spesso in atomi di un altro elemento, ma ciò non avviene in una reazione chimica
Gli isotopi di un elemento differiscono nel numero di neutroni, quindi nel numero di massa, ma un campione dell’elemento è trattato come se i suoi atomi avessero una massa media
I composti sono formati dalla combinazione chimica di elementi in rapporti specifici, possono verificarsi lievi variazioni ma il postulato resta essenzialmente invariato

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4
Q

4- parla del numero atomico, la carica atomica, il numero di massa atomica, gli isotopi

A

ELEMENTI E NUMERO ATOMICO

Gli elementi sono i tipi fondamentali di atomi, e ciascun elemento è definito da un numero unico di protoni nel nucleo: questo numero si chiama numero atomico (Z). Il numero atomico distingue un elemento dall’altro.

Per esempio:

Idrogeno (H) ha un numero atomico di 1 (Z = 1), quindi ha un protone.
Elio (He) ha Z = 2, Carbonio (C) ha Z = 6, e così via.

Se l’atomo è neutro, il numero di elettroni (che sono negativi) è uguale al numero di protoni, bilanciando così la carica complessiva dell’atomo.

CARICA ATOMICA E IONI

Uno ione si forma quando un atomo guadagna o perde elettroni, modificando la sua carica elettrica. Se un atomo perde elettroni, diventa un catione (ione positivo) perché ha più protoni che elettroni. Esempi: Na⁺ (Sodio ha perso un elettrone), Ca²⁺ (Calcio ha perso due elettroni). Se un atomo guadagna elettroni, diventa un anione (ione negativo) perché ha più elettroni che protoni. Esempi: Cl⁻ (Cloro ha guadagnato un elettrone), S²⁻ (Zolfo ha guadagnato due elettroni).

Gli ioni sono indicati con il simbolo dell’elemento e il valore della carica come apice, ad esempio, Fe³⁺ per il ferro che ha perso tre elettroni.

NUMERO DI MASSA E NUCLIDI

Il numero di massa (A) è la somma del numero di protoni (Z) e neutroni (N) nel nucleo di un atomo. Questo valore rappresenta il peso complessivo del nucleo. A = Z + N
Per esempio, se un atomo di carbonio ha Z = 6 e N = 6, il numero di massa sarà A = 12.

Un nuclide è una forma specifica di un elemento, definita dal numero di protoni e neutroni nel nucleo. Anche se un elemento ha sempre lo stesso numero di protoni, il numero di neutroni può variare, creando nuclidi diversi.

ISOTOPI

Gli isotopi sono versioni di uno stesso elemento che hanno lo stesso numero di protoni (stesso numero atomico) ma un diverso numero di neutroni, e quindi un diverso numero di massa. Per esempio, l’idrogeno ha tre isotopi:

  • Prozio (¹H): un protone, nessun neutrone.
  • Deuterio (²H): un protone, un neutrone.
  • Trizio (³H): un protone, due neutroni.

In natura, molti elementi esistono come miscele di isotopi, e le loro proprietà fisiche (come la massa atomica) sono una media delle masse dei singoli isotopi presenti. Ad esempio, il carbonio naturale è composto principalmente da ¹²C e ¹³C, con tracce di ¹⁴C.

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5
Q

5- parla della massa atomica, il difetto di massa, l’unità di massa atomica e la massa atomica relativa

A

DETERMINAZIONE DELLE MASSE ATOMICHE TRAMITE SPETTROFOTOMETRIA DI MASSA

Il principio di base della spettrometria di massa è che quando le particelle cariche attraversano un campo magnetico, la loro traiettoria viene deviata. La quantità di deviazione dipende dalla massa della particella: particelle più leggere subiscono una deviazione maggiore rispetto a quelle più pesanti, quindi misurando il punto in cui le particelle colpiscono un rivelatore, è possibile determinare la loro massa.

Se un campione contiene diversi isotopi di uno stesso elemento, ciascun isotopo devierà in modo diverso, creando fasci distinti sul rivelatore. L’intensità di ciascun fascio riflette l’abbondanza relativa degli isotopi nel campione.

MASSA ATOMICA

La massa atomica è la massa di un singolo atomo di un elemento. Si può approssimare la massa atomica di un nuclide come: mA=Zmp+Nmn+MmeAmn
Dove:

  • Z è il numero di protoni,
  • mp è la massa di un protone,
  • N è il numero di neutroni,
  • mn è la massa di un neutrone,
  • M è il numero di elettroni (in genere trascurabile rispetto alla massa del nucleo).

UNITA’ DI MASSA ATOMICA (u.m.a.)

Per semplificare i calcoli, si usa l’unità di massa atomica (u.m.a.), definita come 1/12 della massa dell’isotopo di carbonio-12 (12C). Questa unità corrisponde a circa: 1 u.m.a.=1.66053782×10-27 kg
Tutte le altre masse atomiche sono confrontate rispetto a questa unità.

MASSA ATOMICA RELATIVA

La massa atomica relativa è un valore che esprime quante volte la massa di un nuclide è maggiore rispetto all’unità di massa atomica. Si calcola con: Massa atomica relativa=mA/u.m.a
Essendo un rapporto tra due masse, è un numero puro (senza unità di misura).

LA MASSA MANCANTE E L’ENERGIA DI LEGAME NUCLEARE

Quando si misura la massa di un nucleo atomico, spesso risulta inferiore alla somma delle masse dei protoni e dei neutroni che lo compongono. Questa differenza di massa, chiamata deficit di massa (Δm\Delta m), è convertita in energia di legame nucleare secondo l’equazione di Einstein: E=Δm⋅c2
Dove:

  • Δm è la massa mancante,
  • c è la velocità della luce (≈3×108 m/s).

L’energia di legame è l’energia necessaria per mantenere insieme il nucleo atomico. Un nucleo con un deficit di massa maggiore ha un’energia di legame maggiore, rendendolo più stabile.

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6
Q

6- parla del peso atomico e del peso molecolare

A

PESO ATOMICO E MASSA ATOMICA RELATIVA MEDIA

Ogni elemento può avere degli isotopi, cioè atomi con lo stesso numero di protoni ma diverso numero di neutroni. Anche se gli isotopi hanno una massa leggermente diversa, le loro proprietà chimiche sono quasi identiche. Per questo motivo, è utile definire una massa atomica relativa media, che tiene conto di tutti gli isotopi di un elemento e delle loro abbondanze relative. Questa media ponderata è conosciuta come peso atomico standard o peso atomico.

Per calcolare il peso atomico di un elemento, si usa la formula:
Peso atomico=(massa isotopo 1%abbondanza)+(massa isotopo 2%abbondanza)…

Ad esempio, per il carbonio:
- carbonio-12 ha una massa di 12 u.m.a. e un’abbondanza del 98,89%.
- carbonio-13 ha una massa di 13,003 u.m.a. e un’abbondanza dell’1,11%.

Il peso atomico del carbonio è: (12×0,9889)+(13,003×0,0111)=12,011

PESO MOLECOLARE

Quando si parla di composti o molecole, si usa il termine peso molecolare. Il peso molecolare è la somma dei pesi atomici degli atomi che costituiscono una molecola.
Ad esempio per la molecola di acqua (H2O): PM(H2O)=2×1,00794+15,9994=18,01528

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7
Q

7- parla della mole, della costante di avogadro e della massa molare

A

LA MOLE

Una mole di una sostanza contiene esattamente lo stesso numero di unità elementari (atomi, molecole, ecc.) del numero di atomi in 12 grammi di carbonio-12.
Questo numero è noto come numero di Avogadro (NA): NA=6,022×1023 unitaˋ/mol
Questo significa che una mole di una sostanza ha una massa in grammi uguale al suo peso atomico o molecolare.

ESERCIZI SLIDE 52 PPT 1

MASSA MOLARE

La massa molare è la massa di una mole di una sostanza, espressa in grammi per mole (g/mol). Si calcola dividendo la massa della sostanza per il numero di moli: M= m(g)/n° moli(mol)
Dove:
- M è la massa molare,
- m è la massa in grammi,
- n° moli è il numero di moli.

Per trovare il numero di moli in una data massa di sostanza, si usa la formula: n° moli= m(g) / M(g/mol)
Dove:
- n° moli è il numero di moli,
- m è la massa in grammi,
- M è la massa molare.

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8
Q

8- parla delle formule chimiche

A

FORMULA MINIMA

La formula minima di un composto indica quali elementi lo compongono e il rapporto più semplice tra gli atomi di questi elementi. In questa formula, i numeri che compaiono in basso a destra di ogni simbolo chimico sono chiamati indici e rappresentano il numero minimo di atomi di ciascun elemento. Ad esempio H2O significa che ci sono 2 atomi di idrogeno per ogni 1 atomo di ossigeno.

FORMULA MOLECOLARE

La formula molecolare indica quali elementi sono presenti in una molecola e il numero esatto di atomi di ciascun elemento che costituiscono la molecola. La formula molecolare può essere la stessa o un multiplo della formula minima. Ad esempio nel glucosio la formula molecolare è C6H12O6, mentre la formula minima è CH2O.

FORMULE MOLECOLARI ELEMENTARI

Le molecole possono essere costituite da un solo tipo di atomo o da più atomi:

  • MOLECOLE MONOATOMICHE→ Contengono un solo atomo per molecola, come i gas nobili (es. He, Ne).
  • MOLECOLE DIATOMICHE→ Contengono due atomi dello stesso elemento, come H2
  • MOLECOLE POLIATOMICHE→ Contengono più di due atomi, come O3 (ozono)

FORMULA RAZIONALE

La formula razionale evidenzia la struttura interna della molecola e i gruppi funzionali. Mostra come gli atomi sono legati tra loro, non solo quanti atomi ci sono. Ad esempio per l’acido acetico:

  • FORMULA MINIMA→ H2CO
  • FORMULA MOLECOLARE→ C2H4O2
  • FORMULA RAZIONALE→ CH3COOH

La formula razionale mostra il gruppo funzionale (caratteristico delle molecole) che può influenzare il comportamento chimico della sostanza.

FORMULA IONICA

La formula ionica evidenzia i cationi (ioni positivi) e anioni (ioni negativi) che costituiscono un composto ionico.

Questo tipo di formula è utile per composti ionici, dove è importante sapere come le cariche si bilanciano tra cationi e anioni.

FORMULA DI STRUTTURA

La formula di struttura fornisce una rappresentazione bidimensionale della molecola, mostrando come gli atomi sono connessi tra loro: ogni linea rappresenta un legame chimico tra due atomi, quindi mostra la connettività tra atomi, ma non dà informazioni sulla geometria tridimensionale.

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9
Q

9- parla della radiazione elettromagnetica

A

Le radiazioni elettromagnetiche si propagano nello spazio sotto forma di campi elettrici e magnetici che oscillano su piani ortogonali: ogni campo è descritto da un’onda sinusoidale.
Ogni radiazione è caratterizzata da una sua lunghezza d’onda e da dalla sua frequenza:

  • LUNGHEZZA D’ONDA→ è indicata dalla lettere lambda (λ) ed è definita come la distanza fra 2 successivi massimi (punti + elevati di un’onda) o fra 2 successivi minimi (punti meno elevati di un’onda). Si può esprimere in metri.
  • FREQUENZA→ viene indicata dalla lettera nu (𝛎) ed è definita come il numero di onde complete che passano in un dato punto in un certo intervallo di tempo (solitamente 1 secondo). Si può esprimere in 1/s quindi in hertz (Hz).

La lunghezza d’onda e la frequenza sono correlate alla velocità (c) alla quale un’onda si propaga:
c (m/s)=λ (m) *𝛎 (1/s)

La luce visibile è una piccola porzione dello spettro elettromagnetico: le onde con lunghezza d’onda minore di quella della luce visibile sono la luce ultravioletta (UV), i raggi X e i raggi gamma; mentre quelle con lunghezza d’onda maggiore di quella della luce visibile sono la radiazione infrarossa e le microonde.

Una luce bianca o policromatica può essere scomposta nelle sue componenti monocromatiche sfruttando fenomeni di rifrazione.

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10
Q

10- parla dello spettro di emissione e dello spettro di assorbimento

A

SPETTRO DI EMISSIONE

Quando si fornisce energia a un campione di atomi (ad esempio riscaldandolo), gli atomi possono assorbire questa energia e passare a uno stato eccitato, dove gli elettroni si spostano verso livelli di energia più alti. Quando gli elettroni tornano ai loro stati energetici iniziali, rilasciano l’energia in eccesso sotto forma di radiazione elettromagnetica.

Questa radiazione emessa può essere scomposta in componenti a diverse lunghezze d’onda utilizzando un prisma, e il risultato è uno spettro di emissione, che si presenta come una serie di righe colorate su uno sfondo scuro. Ogni riga corrisponde a una specifica lunghezza d’onda emessa dall’atomo.

SPETTRO DI ASSORBIMENTO

Lo spettro di assorbimento si ottiene quando un fascio di luce bianca (che contiene tutte le lunghezze d’onda visibili) passa attraverso un campione di atomi. Gli atomi assorbono alcune specifiche lunghezze d’onda della luce, mentre le altre passano attraverso il campione e vengono scomposte dal prisma.

Sullo schermo, si osserva uno sfondo colorato con righe nere, che corrispondono alle lunghezze d’onda assorbite. Questo spettro è complementare allo spettro di emissione: le lunghezze d’onda assorbite coincidono con quelle emesse dagli atomi quando tornano allo stato fondamentale.

LO SPETTRO DELL’ATOMO DI IDROGENO

L’atomo di idrogeno, composto da un protone e un elettrone, è un caso fondamentale per capire gli spettri. Quando si fornisce energia all’idrogeno, l’elettrone si sposta a un livello energetico più alto (stato eccitato). Dopo un breve periodo, l’elettrone ritorna a un livello energetico inferiore, emettendo una radiazione.

Questo fenomeno produce uno spettro di emissione caratterizzato da righe spettrali a lunghezze d’onda specifiche, che possono cadere nell’infrarosso (IR), nel visibile, o nell’ultravioletto (UV). Lo spettro di assorbimento dell’idrogeno presenta le stesse righe dello spettro di emissione, ma con le righe visibili come assorbimenti (nere).

LIVELLI ENERGETICI DISCRETI DELL’IDROGENO

L’elettrone dell’atomo di idrogeno non può assumere qualsiasi valore di energia, ma è confinato a livelli energetici discreti. Quando un elettrone passa da un livello energetico a un altro, il cambiamento di energia corrisponde a una quantità specifica, un “salto energetico”.

Questo è il motivo per cui lo spettro di emissione dell’idrogeno è fatto di righe discrete piuttosto che di un continuo: ogni riga rappresenta una transizione tra due livelli energetici definiti. Non esistono livelli energetici intermedi tra quelli discreti, quindi l’elettrone può solo “saltare” tra i livelli permessi.

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11
Q

11- parla dell’equazione di Planck

A

QUANTIZZAZIONE DELL’ENERGIA→ Planck ipotizzò che l’energia non fosse continua, ma distribuita in pacchetti chiamati quanti. L’energia E di un quanto è proporzionale alla frequenza della radiazione elettromagnetica, secondo la formula: E= h⋅ν
Dove h è la costante di Planck (6.64 × 10⁻³⁴ J·s).

TRANSIZIONE ENERGETICA→ Per passare da uno stato a energia E1 a uno con energia E2, è necessario fornire energia pari a E2−E1. Quando l’elettrone ritorna allo stato di partenza, emette energia sotto forma di radiazione (es. fluorescenza o fosforescenza).

LUMINESCENZA→ Se più elettroni (N) compiono lo stesso salto energetico, l’intensità della radiazione emessa sarà N volte maggiore, ma la frequenza della radiazione emessa rimane la stessa.

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12
Q

12- parla dell’effetto fotoelettrico

A

In un metallo, gli elettroni sono legati con una certa energia detta funzione lavoro (E0). Per liberare un elettrone, la radiazione incidente deve avere una frequenza minima chiamata frequenza di soglia.

Solo se l’energia del fotone (E=hν) è uguale o superiore a E0, l’elettrone sarà espulso. Se E<E0, non accadrà nulla, indipendentemente dall’intensità della radiazione.

L’energia cinetica Ecin degli elettroni espulsi aumenta linearmente con la frequenza della radiazione incidente oltre la soglia. Questo mostra che l’energia dipende dalla frequenza, non dall’intensità.

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13
Q

13- parla della relazione di einstein

A

Einstein propose che energia (E) e massa (m) sono equivalenti, questo viene descritto dall’equazione: E=m⋅c2
Dove c è la velocità della luce.

Oltre ad avere natura ondulatoria, la luce può essere vista come composta da fotoni, particelle con una certa energia e una massa associata. La massa di un fotone è data dalla relazione:
m=hvc2
Dove h è la costante di Planck, ν è la frequenza della radiazione, e c è la velocità della luce.

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14
Q

14- parla del dualismo onda-particella della materia

A

Il dualismo onda-particella è un concetto fondamentale della meccanica quantistica, secondo cui la materia (come gli elettroni) e la luce (come i fotoni) si comportano sia come particelle sia come onde, a seconda delle circostanze.

Se la luce, che tradizionalmente si considerava un’onda, può comportarsi come una particella (fotone), allora anche le particelle come gli elettroni possono comportarsi come onde. Questa idea è stata proposta da Louis de Broglie nel 1924. De Broglie ha introdotto la relazione
λparticella= h/p
dove λ è la lunghezza d’onda associata alla particella, h è la costante di Planck, e p è la quantità di moto della particella (p=mv).

Secondo questa relazione, una particella ha una lunghezza d’onda particella= h/mv
Questo significa che, nonostante sia una particella, può avere proprietà ondulatorie.

Tuttavia, nel mondo macroscopico, le masse sono così grandi e le velocità così piccole che la lunghezza d’onda associata è estremamente piccola, quindi le proprietà ondulatorie non sono rilevabili.

ESERCIZI PPT 2 SLIDE 16

ESPERIMENTO DI YOUNG (1803)

L’esperimento di Young, o esperimento della doppia fenditura, ha dimostrato la natura ondulatoria della luce attraverso il fenomeno dell’interferenza.

Una sorgente luminosa emette luce che passa attraverso due fenditure molto vicine tra loro. Se la larghezza delle fenditure è sufficientemente piccola rispetto alla lunghezza d’onda della luce, le fenditure agiscono come sorgenti coerenti di onde luminose. Quando queste onde si incontrano sullo schermo dietro le fenditure, formano un pattern di interferenza, con frange chiare (interferenza costruttiva) e scure (interferenza distruttiva).

INTERFERENZA COSTRUTTIVA→ si verifica quando i picchi e i ventri di due onde coincidono, creando una frangia chiara.

INTERFERENZA DISTRUTTIVA→ si verifica quando i picchi di un’onda coincidono con i ventri di un’altra, annullandosi a vicenda e creando una frangia scura.

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15
Q

15- parla del principio di indeterminazione di heisenberg

A

Heisenberg dimostrò che è impossibile determinare con accuratezza, allo stesso tempo, sia la posizione che l’energia di un elettrone: il tentativo di determinare accuratamente la posizione o l’energia dell’elettrone porta all’incertezza del valore dell’altro parametro.

Ciò è noto come principio di indeterminazione di Heisenberg: se noi conosciamo il valore dell’energia di un elettrone in un atomo con grande precisione, dobbiamo attenderci un errore molto grande sul valore della posizione dell’elettrone stesso. Non potendo conoscere velocità e posizione allo stesso tempo con sufficiente accuratezza, non si può calcolare la traiettoria di un elettrone, ma solo stimare la probabilità di trovare l’elettrone in una certa regione di energia definita intorno al nucleo.

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16
Q

16- parla dell’equazione di schrodinger

A

L’equazione di Schrödinger descrive come la funzione d’onda ψ(r) di una particella (come un elettrone) evolve nel tempo.

La funzione d’onda ψ non rappresenta direttamente una traiettoria dell’elettrone, ma piuttosto una probabilità: ψ (r)2 è la probabilità di trovare l’elettrone in una certa posizione.
Questa equazione è il cuore della meccanica quantistica, e ci permette di calcolare non solo la probabilità di localizzare una particella, ma anche la sua energia.

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17
Q

17- parla dei numeri quantici e della rappresentazione degli orbitali

A

Gli orbitali di un atomo sono caratterizzati da tre numeri quantici:

  • n (numero quantico principale)→ indica l’energia e il livello dell’orbitale. Più grande è n, maggiore è l’energia e la distanza dell’elettrone dal nucleo. Se n→∞, l’elettrone non è più legato al nucleo e diventa un elettrone libero.
  • l (numero quantico secondario)→ definisce la forma dell’orbitale. Dipende da n, e può assumere valori da 0 a n−1. Ad esempio, l=0 corrisponde a un orbitale sferico (orbitale “s”), mentre l=1 corrisponde a un orbitale a forma di doppio “lobo” (orbitale “p”).
  • ml (numero quantico magnetico)→ descrive l’orientamento dell’orbitale nello spazio, in relazione al campo magnetico. Può assumere valori da −l a +l.
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18
Q

18- parla dello spin elettronico

A

Ogni elettrone ha una proprietà chiamata spin. Gli elettroni possono avere due possibili stati di spin descritti da un quarto numero quantico (ms):
- α (spin up) con ms=+1/2
- β\beta (spin down) con ms=-1/2

Un orbitale può ospitare due elettroni solo se questi hanno spin opposti (uno con spin up e uno con spin down), in accordo con il principio di esclusione di Pauli, che stabilisce che due elettroni non possono avere tutti e quattro i numeri quantici uguali.

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19
Q

19- parla di come disegnare la configurazione elettronica dello stato fondamentale

A

COME DISEGNARE LA CONFIGURAZIONE ELETTRONICA DELLO STATO FONDAMENTALE

Quando si scrive la configurazione elettronica di un atomo, bisogna seguire tre principi fondamentali:

  • Principio della minima energia: ogni elettrone occupa l’orbitale disponibile a più bassa energia, prima di occupare quelli con energia più alta.
  • Principio di esclusione di Pauli: due elettroni nello stesso orbitale (stesso n, l, e ml) devono avere spin opposti, cioè spin antiparalleli.
  • Regola di Hund: quando più elettroni devono occupare orbitali con la stessa energia (orbitali degeneri), si distribuiscono nel numero massimo di orbitali disponibili, assumendo spin paralleli (entrambi up o entrambi down). Questo minimizza l’energia complessiva dell’atomo.
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20
Q

20- parla della razionalizzazione della tavola periodica

A

La tavola periodica è stata inizialmente proposta da Dmitrij Mendeleev, organizzando gli elementi in base al loro peso atomico e alle somiglianze nelle loro proprietà chimiche. Mendeleev ha osservato delle eccezioni alla sequenza del peso atomico, come il fatto che il potassio (K) ha un peso atomico inferiore a quello dell’argon (Ar), ma l’argon precede il potassio nella tavola.

La versione corretta della tavola periodica è basata sul numero atomico Z (piuttosto che sul peso atomico), che è il numero di protoni nel nucleo di un atomo. Gli elementi nello stesso gruppo (colonna) hanno la stessa configurazione elettronica nel loro strato di valenza, con il numero n che aumenta man mano che si scende nei periodi (righe), mentre il numero atomico Z aumenta progressivamente da sinistra a destra.

RAGGI ATOMICI

Lungo un periodo (da sinistra a destra nella tavola periodica), il raggio atomico diminuisce. Questo accade perché il numero atomico Z aumenta, ovvero cresce la carica nucleare. Gli elettroni, pur aggiungendosi nello stesso guscio (ovvero allo stesso livello energetico), sono sempre più attratti dal nucleo, il che porta a una contrazione del raggio atomico.

Lungo un gruppo (dal alto verso il basso nella tavola periodica), il raggio atomico aumenta. Aumenta infatti il numero quantico principale n, e gli elettroni occupano orbitali più esterni, che si trovano più lontani dal nucleo. Anche se la carica nucleare Z aumenta, la schermatura degli elettroni nei gusci interni riduce l’effetto di attrazione esercitato dal nucleo sugli elettroni più esterni, quindi il raggio aumenta.

RAGGI IONICI

Quando un atomo perde un elettrone per diventare un catione, il suo raggio diminuisce. La perdita di un elettrone riduce la repulsione tra gli elettroni, e il nucleo esercita una maggiore attrazione su quelli rimasti, causando una contrazione del raggio. La contrazione è massima quando un atomo perde tutti gli elettroni nel suo guscio esterno.

Quando un atomo guadagna un elettrone per diventare un anione, il raggio aumenta. La maggiore repulsione tra gli elettroni, che sono ora più numerosi, fa sì che gli elettroni si respingano tra loro, portando l’atomo ad espandersi.

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21- parla dell’energia di ionizzazione e dell’affinità elettronica

A

L’energia di ionizzazione (EI) è l’energia richiesta per rimuovere un elettrone da un atomo isolato, allo stato gassoso. È una misura della tendenza dell’atomo a perdere elettroni.

  • Prima ionizzazione (EI1): è l’energia necessaria per rimuovere il primo elettrone da un atomo neutro. L’equazione è: A(g)→ A+(g) + e-
  • Seconda ionizzazione (EI2): è l’energia necessaria per rimuovere un secondo elettrone dal catione già formato. L’equazione è: A+A2++e-

Ogni successiva ionizzazione (terza, quarta, ecc.) richiede sempre più energia, poiché gli elettroni rimanenti sono più strettamente legati al nucleo a causa della minore repulsione tra loro.

ENERGIA DI PRIMA IONIZZAZIONE

L’energia di prima ionizzazione (EI1) è generalmente massima per i gas nobili. Gli atomi dei gas nobili hanno un guscio esterno completo, il che li rende stabili e meno inclini a perdere elettroni. La configurazione con un guscio esterno completo è particolarmente stabile, quindi richiede molta energia per rimuovere un elettrone.

AFFINITA’ ELETTRONICA

L’affinità elettronica (A.E.) è l’energia scambiata quando un atomo isolato acquista un elettrone. La reazione generale è: A(g)+e-A-(g)
In generale, l’affinità elettronica è negativa (A.E.<0), il che significa che quando un atomo acquista un elettrone, si libera energia (sotto forma di calore), rendendo il processo esotermico.

L’affinità elettronica è un indicatore della tendenza di un atomo a guadagnare un elettrone. Gli elementi con affinità elettronica positiva (come i gas nobili) tendono a non acquisire facilmente elettroni, mentre gli alogeni (gruppo 17) hanno una grande affinità elettronica negativa, poiché mancano di un elettrone nel loro guscio esterno e sono molto propensi ad acquisire un elettrone per completare il guscio (ad esempio, Cl e F).

ENERGIA DI IONIZZAZIONE E AFFINITA’ ELETTRONICA

Esiste una connessione tra energia di ionizzazione (che riguarda l’energia necessaria per rimuovere un elettrone da un atomo) e affinità elettronica (che riguarda l’energia liberata quando un atomo acquisisce un elettrone).

In generale gli elementi con basse energie di ionizzazione (come i metalli, che tendono a perdere facilmente elettroni) possono combinarsi con elementi con alte affinità elettroniche (come gli alogeni, che sono fortemente inclini a guadagnare elettroni) per formare composti ionici.

Un esempio tipico di questo è il cloruro di sodio (NaCl): il sodio (Na) ha una bassa energia di ionizzazione, quindi è facile per lui perdere il suo elettrone di valenza, mentre il cloro (Cl) ha una grande affinità elettronica, quindi è facilmente in grado di acquisire l’elettrone che il sodio perde.
In questo modo, il sodio cede il suo elettrone al cloro, formando gli ioni Na+ e Cl-. Questi ioni si combinano per formare il reticolo cristallino ionico del cloruro di sodio, dove ogni sodio è circondato da cloro e viceversa, stabilizzandosi in una configurazione elettronica a guscio chiuso (configurazione stabile).

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22- parla del legame covalente

A

Il concetto del legame covalente nelle molecole biatomiche può essere spiegato considerando come due atomi si avvicinano e interagiscono per formare un legame stabile.

Quando due atomi si avvicinano, c’è un’attrazione tra il nucleo di un atomo e l’elettrone dell’altro. Tuttavia, esiste anche una forza di repulsione tra gli elettroni dei due atomi (perché entrambi hanno carica negativa) e tra i nuclei dei due atomi (perché entrambi hanno carica positiva). Se le forze attrattive sono più forti di quelle repulsive, l’energia totale del sistema diminuisce, e i due atomi formano un legame covalente stabile.

La curva energetica mostra l’energia del sistema in funzione della distanza tra i due nuclei atomici. A grandi distanze, l’energia è vicina a zero perché non c’è interazione significativa tra gli atomi. Avvicinandosi, l’energia del sistema scende a un minimo (punto r0) che corrisponde alla distanza di legame, ovvero la distanza ottimale in cui i due atomi formano un legame stabile.

Eb è l’energia di legame, ovvero l’energia che bisogna fornire per rompere il legame e separare gli atomi.

TEORIA DEGLI ORBITALI DI VALENZA (VALENCE BOND)

Il legame covalente si forma quando due orbitali atomici (ciascuno contenente un elettrone) si sovrappongono. La sovrapposizione porta alla formazione di una regione di alta densità elettronica tra i due nuclei. Gli elettroni condivisi devono avere spin opposti (principio di esclusione di Pauli). Se un atomo dona entrambi gli elettroni per il legame e l’altro atomo nessuno, si forma un legame dativo.

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23- parla dei legami sigma e pi greco

A

Tipi di legami covalenti:

  • LEGAME SIGMA (σ)→ Si forma da una sovrapposizione assiale di orbitali (ad esempio s−s, s−p, p−p). Il legame σ è forte e non cambia se ruotiamo uno degli atomi attorno all’asse che li collega. Costituisce lo “scheletro” della molecola.
  • LEGAME PI GRECO (π)→ Si forma da una sovrapposizione laterale di orbitali p-p o p−d. È più debole del legame σ e può essere influenzato dalla rotazione degli atomi attorno all’asse di legame.

Gli atomi possono formare legami multipli (ad esempio, doppi o tripli), dove un legame è σ e gli altri sono π.

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24
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24- parla della notazione di Lewis

A

FORMALISMO DI LEWIS

Nel formalismo di Lewis, si considerano solo gli elettroni di valenza, ossia gli elettroni nell’ultimo guscio elettronico di un atomo, perché sono quelli coinvolti nei legami chimici.

Quando due atomi formano un legame covalente, condividono una coppia di elettroni. Questi elettroni si posizionano tra i due atomi e interagiscono con i nuclei di entrambi, mantenendo gli atomi uniti. Un legame covalente viene rappresentato con un trattino (-) tra i due atomi nella struttura di Lewis.

Gli elettroni che non partecipano ai legami covalenti sono detti coppie solitarie o di non legame. Questi vengono indicati come punti attorno all’atomo.

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25
25- parla della regola dell'ottetto e dell'ordine di legame
Gli atomi tendono a formare legami covalenti per raggiungere una configurazione elettronica stabile, simile a quella di un gas nobile, che di solito implica avere otto elettroni nel guscio di valenza. L'idrogeno è un'eccezione, puntando a completare la configurazione dell'elio (1s²). MOLECOLE POLIATOMICHE Anche le molecole che contengono più di due atomi seguono la regola dell'ottetto. Nelle formule di Lewis per queste molecole, si rappresentano solo le connessioni tra gli atomi e non la forma tridimensionale della molecola. Ad esempio, il metano (CH₄) è rappresentato con il carbonio al centro e quattro atomi di idrogeno attorno ad esso. ORDINE DI LEGAME Gli atomi possono formare legami singoli e multipli: - LEGAME SINGOLO→ Una coppia di elettroni condivisa (es. H-H). - LEGAME DOPPIO→ Due coppie di elettroni condivise (es. O=O), una forma un legame sigma e l'altra un legame pi greco (π). - LEGAME TRIPLO→ Tre coppie di elettroni condivise (es. N≡N), con un legame sigma e due legami π. L'ordine di legame indica il numero di coppie di elettroni condivise tra due atomi. Un ordine di legame più alto significa una maggiore energia di legame e una distanza minore tra gli atomi legati.
26
26- parla dell'elettronegatività
POLARITA’ DEI LEGAMI Se i due atomi che formano un legame covalente (σ o π) sono identici (es. H₂, O₂), la densità elettronica è equamente distribuita tra loro, mentre se i due atomi sono diversi, gli elettroni condivisi non sono equamente distribuiti. Gli elettroni saranno più attratti dall'atomo con maggiore elettronegatività, causando una distribuzione asimmetrica della densità elettronica e conferendo al legame una polarità. ELETTRONEGATIVITA’ L'elettronegatività è la tendenza di un atomo ad attrarre verso di sé gli elettroni di un legame covalente. Secondo Mulliken-Jaffé, l'elettronegatività può essere calcolata usando l'energia di ionizzazione (EI) e l'affinità elettronica (EA) dell'atomo: x=k(EI+EA) dove k è una costante. L'elettronegatività di un atomo può variare a seconda dell'ambiente chimico in cui si trova.
27
27- parla delle strutture di Lewis di molecole poliatomiche
METODO PER DISEGNARE LE STRUTTURE DI LEWIS - L'atomo meno elettronegativo (eccetto l'idrogeno, che è sempre periferico) è posto al centro. - Sommare tutti gli elettroni di valenza degli atomi nella molecola. Per ioni, aggiungere o sottrarre elettroni in base alla carica (positiva o negativa). - Il totale degli elettroni di valenza diviso per due dà il numero di coppie da disporre. Si colloca una coppia di elettroni tra ogni paio di atomi per formare legami singoli. - Usare le coppie residue per completare gli ottetti degli atomi periferici. - Se restano coppie di elettroni non distribuite e alcuni atomi non hanno raggiunto l'ottetto, si formano legami doppi o tripli.
28
28- parla della risonanza
La risonanza descrive situazioni in cui una molecola può essere rappresentata da più strutture di Lewis plausibili, dette formule limite. Queste strutture non esistono realmente, ma la molecola si comporta come un ibrido di risonanza, una combinazione delle diverse formule. Ad esempio, nel caso del nitrato (NO3), i legami tra l'azoto e gli ossigeni sono tutti equivalenti, con una lunghezza di legame intermedia tra un legame singolo e uno doppio, riflettendo la delocalizzazione degli elettroni. La risonanza non altera la geometria della molecola ma ne stabilizza la struttura complessiva. RISONANZA E AROMATICITA’: IL BENZENE Nel benzene (C6H6), la risonanza si manifesta come un ibrido tra due strutture di Kekulé. I sei legami C-C sono tutti equivalenti, con una lunghezza intermedia tra un legame singolo e uno doppio. Questa delocalizzazione degli elettroni π conferisce al benzene una stabilità particolare e una reattività che non segue quella dei tipici doppi legami. LA CARICA FORMALE La carica formale è uno strumento utile per determinare quale tra le strutture di risonanza contribuisce maggiormente alla stabilizzazione della molecola. Si calcola con la formula: QA=V-(L+S/2) dove V è il numero di elettroni di valenza, L è il numero di elettroni nelle coppie solitarie, e S è il numero di elettroni condivisi nel legame. La struttura più stabile è quella con le cariche formali più vicine a zero. I LIMITI DELLA TEORIA DI LEWIS La teoria di Lewis offre una rappresentazione semplice e intuitiva dei legami covalenti, utile per prevedere la stabilità e la reattività delle molecole semplici. Tuttavia, presenta alcune limitazioni: DESCRIZIONE EMPIRICA→ Non considera la natura quantistica delle interazioni elettrone-nucleo. TRASCURATEZZA DEL CARATTERE IONICO→ Non descrive adeguatamente il carattere ionico di certi legami covalenti. ASSENZA DI PREVISIONI GEOMETRICHE→ Non permette di determinare la geometria molecolare, essenziale per comprendere le proprietà fisiche e chimiche.
29
29- parla della teoria VSEPR e degli orbitali ibridi
La teoria VSEPR (Valence Shell Electron Pair Repulsion) aiuta a prevedere la geometria delle molecole basandosi sulla repulsione tra le coppie elettroniche attorno all'atomo centrale. Secondo questa teoria: - Le regioni di alta densità elettronica, cioè coppie di legame e coppie solitarie, si respingono tra loro. Per minimizzare queste repulsioni, si dispongono alla massima distanza possibile l'una dall'altra mantenendo una posizione equidistante dall'atomo centrale. - Legami semplici e multipli sono trattati allo stesso modo in termini di disposizione spaziale, poiché si considerano come una singola regione di densità elettronica. Esempio: Geometria dell'acqua L'acqua (H2O) ha una geometria angolare con un angolo di legame di 104.5°. L'ossigeno ha due coppie solitarie e due legami con idrogeno. La repulsione tra le coppie solitarie è maggiore rispetto a quella tra i legami covalenti, riducendo l'angolo di legame rispetto ai 109.5° di un tetraedro ideale. ORBITALI IBRIDI (Linus Pauling) Per spiegare la geometria molecolare, si ricorre alla ibridizzazione degli orbitali. Questo processo combina orbitali atomici per formare nuovi orbitali ibridi che hanno una specifica direzionalità nello spazio: - LINEARE (sp)→ Molecole come l'acetilene (C2H2) hanno una geometria lineare con un angolo di 180° tra i legami. - TRIGONALE (sp²)→ Molecole come l'etene (C2H4) e la formaldeide (CH2O) hanno geometrie planari con angoli di circa 120°. - TETRAEDRICA (sp³)→ Ad esempio, nel metano (CH4), il carbonio forma quattro orbitali ibridi sp³, che orientano i legami a 109.5°.
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30- parla della teoria degli orbitali molecolari
La teoria degli orbitali molecolari (MO) è un modo per spiegare come si legano tra loro gli atomi per formare una molecola. 1- GLI ORBITALI ATOMICI SI COMBINANO→ Quando due atomi si avvicinano per formare un legame, i loro orbitali atomici (cioè le regioni dove è più probabile trovare gli elettroni intorno al nucleo) possono "sovrapporsi". Questa sovrapposizione genera nuovi orbitali chiamati orbitali molecolari, che si estendono su tutta la molecola e non sono più legati a un singolo atomo. 2- FORMAZIONE DI 2 TIPI DI LEGAMI MOLECOLARI→ Da ogni coppia di orbitali atomici si formano: - UN ORBITALE LEGANTE→ stabilizza la molecola abbassando l'energia degli elettroni. - UN ORBITALE ANTILEGANTE→ destabilizza la molecola aumentando l'energia degli elettroni. Gli elettroni nei legami tendono a occupare gli orbitali leganti perché sono energeticamente più favorevoli. 3- DISTRIBUZIONE DEGLI ELETTRONI→ Gli elettroni della molecola si distribuiscono tra gli orbitali molecolari seguendo alcune regole: - Gli orbitali a energia più bassa si riempiono per primi. - Ogni orbitale può contenere al massimo due elettroni con spin opposto. 4- ORDINE DI LEGAME→ Per capire se una molecola è stabile o meno, si calcola l'ordine di legame, che è dato dalla formula: Ordine di legame=elettroni nei leganti-elettroni negli antileganti2 Un ordine di legame maggiore di zero indica che la molecola è stabile. Guarda ppt 3 slide 41 per questa parte.
31
31- parla delle isomerie
GLI ISOMERI Gli isomeri sono composti che hanno la stessa composizione dal punto di vista degli atomi, ma presentano strutture diverse. Esistono due tipi generali d’isomeri: - ISOMERI STRUTTURALI→ sono composti che hanno la stessa formula molecolare, ma gli atomi sono legati tra loro in modo diverso. - STEREOISOMERI→ sono composti che hanno la stessa formula molecolare e gli atomi legati nello stesso modo, ma differiscono per come gli atomi si dispongono nello spazio. Esistono due tipi di stereoisomeri: gli isomeri geometrici e gli isomeri ottici. 1- ISOMERI GEOMETRICI→ in questi composti la geometria è dovuta alla presenza del legame C=C: gli atomi di carbonio, e i gruppi a essi legati, non possono ruotare intorno a un doppio legame. Nel caso in cui su carboni adiacenti ci sono due sostituenti uguali, si ha l’isomero cis quando nello spazio questi due sostituenti sono dalla stessa parte rispetto al doppio legame, invece si ha l’isomero trans quando i due gruppi uguali sono da parti opposte. 2- ISOMERI OTTICI→ sono molecole che non sono sovrapponibili alla propria immagine speculare: sono definiti chirali. Due molecole chirali che sono l’una l’immagine speculare dell’altra sono dette enantiomeri. La causa più comune di chiralità in una molecola è la presenza di un centro chirale, cioè un atomo che leghi un insieme di ligandi diversi disposti nello spazio, in modo che la molecola risultante possa esistere come due enantiomeri. Gli enantiomeri hanno le stesse proprietà chimiche (ad es. punto di fusione, punto di ebollizione, densità…), tranne quando reagiscono con altri composti chirali. Inoltre hanno attività ottiche opposte: ruotano la luce polarizzata in senso orario (D-enantiomero) o antiorario (L-enantiomero).
32
32- parla del legame ionico
POLARIZZAZIONE DEL LEGAME COVALENTE Un legame ionico si forma quando uno o più elettroni di valenza si trasferiscono da un atomo all’altro, formando ioni positivi e negativi, che sono attratti uno all’altro a causa delle cariche elettrostatiche. I composti ionici sono costituiti da ioni, atomi o gruppi di atomi aventi carica elettrica positiva o negativa. Se un atomo cede un elettrone (che nel corso di una reazione è trasferito a un atomo di un altro elemento) possiede un numero di elettroni (carichi negativamente) inferiore al numero di protoni (carichi positivamente) presenti nel nucleo: diventa quindi uno ione carico positivamente chiamato catione. Se invece un atomo acquista uno o più elettroni, si avranno uno o più elettroni in eccesso rispetto al numero di protoni: si forma quindi uno ione carico negativamente chiamato anione. Quando una specie carica negativamente viene avvicinata a una con carica positiva, tra le due si manifesta una forza attrattiva, mentre quando si avvicinano due cariche dello stesso segno, entrambe positive o negative, si manifesta una forza repulsiva. Queste forze vengono denominate forze elettrostatiche e la forza di attrazione (o repulsione) tra gli ioni si ottiene dalla legge di Coulomb: GUARDA FORMULA LEGGE DI COULOMB A PAG 27 Un composto ionico è costituito da milioni di ioni disposti ordinatamente in un esteso reticolo tridimensionale, chiamato reticolo cristallino: ha carica neutra. Visto che ogni ione è circondato da altri ioni di carica opposta, è bloccato nel reticolo e a temperatura ambiente può spostarsi poco dalla sua posizione di equilibrio. Bisogna fornire una quantità notevole di energia prima che lo ione possa sfuggire all’attrazione degli ioni più vicini e soltanto quando verrà fornita energia sufficiente la struttura reticolare collasserà, con conseguente fusione della sostanza: maggiori sono le forze attrattive, più elevata sarà l’energia necessaria per provocare la fusione.
33
33- parla dell'energia reticolare e della costante di Madelung
L'energia reticolare è l'energia necessaria per separare completamente gli ioni di un composto ionico solido (es. Il cloruro di sodio NaCl) in ioni gassosi. È una misura della stabilità del reticolo cristallino. In un solido ionico, gli ioni carichi (positivi e negativi) si attraggono e formano un reticolo cristallino: ci sono forze attrattive tra ioni di carica opposta, ma ci sono anche forze repulsive tra gli ioni della stessa carica, o per la vicinanza tra gli elettroni. L'energia reticolare è il risultato netto di queste interazioni attrattive e repulsive. La costante di Madelung (M) è un numero che rappresenta l'organizzazione geometrica degli ioni nel reticolo cristallino: - Dipende dalla struttura del reticolo (cioè da come gli ioni sono impacchettati nello spazio). - M tiene conto del fatto che gli ioni vicini (di carica opposta) attraggono, ma gli ioni più lontani (dello stesso segno) respingono. L'energia reticolare può essere calcolata usando la formula: a pag 28 Dove: k→ costante di Coulomb. N→ numero di Avogadro (6,022 × 10²³ mol⁻¹). M→ costante di Madelung. QA e QB→ cariche degli ioni r→ distanza tra i centri dei due ioni L'energia reticolare calcolata teoricamente è spesso vicina all'energia di dissociazione che si misura sperimentalmente.
34
34- parla della coordinazione di ioni e della polarizzazione degli anioni
Quando si forma un reticolo cristallino, ogni ione cerca di circondarsi del maggior numero possibile di ioni di carica opposta. Questo serve a minimizzare l'energia (ovvero rendere il sistema più stabile). Il numero di coordinazione (n.c.) indica quanti contro-ioni circondano uno ione nel reticolo cristallino e dipende dal rapporto tra le dimensioni del catione (ione positivo) e dell'anione (ione negativo): - Se i raggi ionici sono simili, possono avvicinarsi di più, e il numero di coordinazione sarà alto. - Se uno dei due ioni è molto più grande, il numero di coordinazione sarà più basso (perché c'è meno spazio disponibile). DEVIAZIONE DEL MODELLO: POLARIZZAZIONE DEGLI ANIONI La polarizzazione è la deformazione della nuvola elettronica di un anione (ione negativo) a causa dell’attrazione esercitata dal catione (ione positivo): un catione piccolo e con alta carica esercita una maggiore forza attrattiva, deformando la densità elettronica dell’anione. Un anione grande è più facilmente polarizzabile, perché i suoi elettroni esterni sono più "liberi". Questa polarizzazione crea un contributo attrattivo che rende il legame ionico parzialmente covalente. Proprietà dei solidi ionici: - FRAGILITA’ → I solidi ionici si rompono facilmente perché spostare leggermente gli ioni fa entrare in contatto cariche dello stesso segno, che si respingono. Questo provoca una rottura istantanea. - SOLUBILITA’ → I solidi ionici si dissolvono bene in solventi polari (come l’acqua) perché le molecole di solvente separano e stabilizzano i singoli ioni con interazioni elettrostatiche.
35
35- parla dei dipoli elettrici e di dipoli elettrici permanenti
DIPOLI ELETTRICI Una molecola è un dipolo quando ha una separazione di carica tra una parte positiva e una negativa: ad es. in HCl l'idrogeno è parzialmente positivo (δ+) e il cloro parzialmente negativo (δ−) a causa della differenza di elettronegatività. Il Momento di dipolo (μ) è una misura della forza del dipolo ed è dato da: μ=Qd Dove q è la carica parziale e d è la distanza tra le cariche. Un dipolo elettrico è una situazione in cui c’è una separazione tra una carica positiva e una negativa. Si può rappresentare come una freccia che punta dalla carica negativa verso quella positiva. Questa freccia è un vettore perché: - Ha una intensità (quanto è "forte" il dipolo, ovvero il momento di dipolo). - Ha una direzione (punta dalla carica negativa a quella positiva). - Ha un verso (dice dove si muove la forza). In un sistema a coordinate cartesiane (x, y, z) un vettore è descritto da tre numeri: se ho un dipolo, posso indicare queste componenti come μx, μy e μz. In un sistema a coordinate polari si usano tre parametri: - μ→ la lunghezza totale del vettore (l’intensità). - θ l’angolo che il vettore forma con l’asse verticale. - ϕ→ l’angolo nel piano orizzontale. Operazioni con i vettori 1- Somma di 2 vettori Per combinare due vettori, si sommano le loro componenti (ad es. le parti lungo x, y, z). 2- Moltiplicazione per uno scalare Si può "allungare" o "accorciare" un vettore moltiplicandolo per un numero (ad es. se il numero è 2, si raddoppia la lunghezza del vettore). 3- Prodotto scalare È un’operazione per misurare quanto due vettori puntano nella stessa direzione, quindi dipende dall’angolo tra di loro: se puntano nella stessa direzione (angolo 0°), il prodotto scalare è massimo, mentre se sono perpendicolari (angolo 90°), il prodotto scalare è zero. DIPOLO ELETTRICO PERMANENTE Un dipolo permanente si ha quando in una molecola il baricentro delle cariche positive non coincide con quello delle cariche negative. - MOLECOLA POLARE→ Se il dipolo è permanente, la molecola ha un lato più positivo e uno più negativo. - MOLECOLA APOLARE→ Se le cariche si bilanciano in modo simmetrico, il dipolo non c’è.
36
36- parla delle interazioni carica-dipolo e delle interazioni ione-dipolo
INTERAZIONI CARICA-DIPOLO Quando una carica (ad es. uno ione) si avvicina a un dipolo: Il dipolo si orienta per "allinearsi" con la carica e l’interazione diventa più forte se la carica è vicina. Questa interazione è abbastanza forte da orientare le molecole di un solvente polare (come l’acqua) attorno alla carica. L'energia dell'interazione tra una carica Q e un dipolo elettrico permanente μ è data dalla seguente formula: guarda a pagina 31 Dove: Q→ carica elettrica (ad es. lo ione). μ→ momento di dipolo elettrico del dipolo. θ→ angolo tra il vettore che collega la carica e il dipolo, e l’orientazione del dipolo. R→ distanza tra la carica e il centro del dipolo. Il segno negativo (−) indica che l'interazione è attrattiva quando il dipolo è orientato correttamente. Se il dipolo e la carica non sono allineati (θ≠0), la forza è meno intensa rispetto a quando sono perfettamente allineati (θ=0). La dipendenza da 1/r2 mostra che l'energia diminuisce rapidamente all’aumentare della distanza r. INTERAZIONE IONE-DIPOLO: GLI IONI IDRATI Quando uno ione (ad esempio Na+ o Cl−) viene immerso in acqua, le molecole di acqua, essendo polari, si orientano attorno allo ione. La parte positiva dell'acqua (gli atomi di idrogeno) si avvicina agli ioni negativi (Cl−), mentre la parte negativa (l'ossigeno) si avvicina agli ioni positivi (Na+). Questo processo si chiama idratazione. Le molecole d'acqua più vicine allo ione formano un primo guscio di idratazione, che è molto stabile. Altri strati di molecole d'acqua (secondo e terzo guscio) si dispongono attorno al primo, ma con legami meno forti. Lo ione circondato da acqua viene detto idrato. Ad es. Na+ in acqua può essere scritto come Na(H2O)n+, dove n è il numero di molecole d'acqua che lo circondano (spesso da 3 a 6). STABILITA’ DEGLI IONI IDRATI Gli ioni idrati formano strutture stabili perché: - Le molecole d’acqua attorno allo ione lo "proteggono" dalle altre molecole vicine. - Nei solidi, a volte l’acqua può anche entrare nella struttura cristallina, creando sali idrati. NUMERO E RAGGIO DI IDRATAZIONE Il numero di idratazione (quante molecole d’acqua si legano a uno ione) dipende dalla dimensione e dalla carica dello ione: Ioni piccoli e molto carichi (es. Mg2+) legano più acqua. Il raggio di idratazione (la distanza tra lo ione e l'acqua più lontana) è maggiore del raggio dello ione da solo.
37
37- parla della solubilizzazione dei solidi ionici
SOLUBILIZZAZIONE DEI SOLIDI IONICI Quando un solido ionico (es. sale da cucina, NaCl) si scioglie in acqua: - Le molecole d'acqua attaccano gli ioni del cristallo (es. Na+ e Cl−). - Gli ioni vengono separati e circondati da acqua (gusci di idratazione), diventando così stabilizzati. Nella soluzione, l’attrazione tra Na+ e Cl− è molto più debole rispetto a quando si trovano nel cristallo, perché l'acqua riduce l'interazione elettrostatica tra loro.
38
38- parla delle interazioni dipolo-dipolo
INTERAZIONI DIPOLO-DIPOLO Sono forze attrattive che si verificano tra molecole che hanno dipoli permanenti, cioè molecole in cui le cariche positive e negative sono distribuite in modo asimmetrico. Un esempio è la molecola di acqua (H₂O), dove l'ossigeno è più negativo e gli idrogeni sono più positivi. Le molecole tendono a orientarsi in modo che i poli opposti si avvicinino: il lato positivo di una molecola si avvicina al lato negativo di un’altra, come dei piccoli magneti. L'interazione dipolo-dipolo diminuisce rapidamente all'aumentare della distanza: la forza di questa interazione è inversamente proporzionale al cubo della distanza (1/r3). In un solido molecolare (ad esempio, cristalli fatti di molecole con dipoli), i dipoli tendono a disporsi in modo "testa-coda", cioè con il polo positivo di una molecola vicino al polo negativo della successiva, per ridurre l'energia complessiva del sistema.
39
39- parla delle interazioni fra dipoli rotanti
Se i dipoli sono liberi di ruotare (come accade nei gas o nei liquidi), l'interazione dipolo-dipolo è più debole, perché i dipoli non sono sempre perfettamente allineati: questa forza è chiamata interazione di Keesom. La sua intensità diminuisce molto più rapidamente rispetto ai dipoli fissi. Per calcolare l'energia di interazione tra due dipoli liberi, si utilizza una formula basata sul modello di Keesom: guarda pag 34
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40- parla del dipolo indotto e delle relazioni dipolo-dipolo indotto
DIPOLI INDOTTI Anche una molecola che normalmente non ha un dipolo permanente (cioè è "apolare") può diventare temporaneamente polare se viene influenzata da un campo elettrico esterno: questo dipolo è detto indotto. Ad esempio una molecola di ossigeno (O₂) è apolare, ma quando è vicina a una molecola di acqua (H₂O), l'acqua induce un dipolo temporaneo nell'ossigeno, creando una forza di attrazione: questo tipo di interazione è più debole delle interazioni tra dipoli permanenti. La formula per calcolare il dipolo indotto in una molecola è: guarda pagina 34 La polarizzabilità è una misura di quanto facilmente gli elettroni di una molecola si spostano per formare un dipolo indotto. Dipende: - Dal numero di elettroni (quindi dalle dimensioni dell'atomo o della molecola). - Da quanto saldamente gli elettroni sono legati al nucleo. Più è alta la polarizzabilità, più è facile indurre un dipolo nella molecola. INTERAZIONI DIPOLO-DIPOLO INDOTTO (DEBYE) Quando una molecola con un dipolo permanente (come H₂O) induce un dipolo temporaneo in una molecola apolare (come O₂), si forma un’interazione di Debye. Anche questa forza diminuisce rapidamente con la distanza (1/r6). Questa interazione spiega perché l'ossigeno (O₂) si scioglie in acqua: l'acqua (con il suo dipolo permanente) induce un dipolo nell'ossigeno e i due dipoli hanno una leggera forza di attrazione.
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41- parla del dipolo elettrico istantaneo e delle forze di London
DIPOLO ELETTRICO ISTANTANEO Gli elettroni di un atomo o di una molecola sono come una "nuvola" che si muove attorno al nucleo. Anche se, in media, questa nuvola è distribuita uniformemente (simmetrica), in un preciso istante potrebbe essere spostata leggermente verso un lato: questo crea un dipolo istantaneo, cioè una temporanea separazione di cariche (un lato più negativo e uno più positivo). FORZE DI DISPERSIONE O DI LONDON Anche se i dipoli istantanei si formano per un breve istante, possono comunque influenzare altre molecole vicine: quando una molecola sviluppa un dipolo istantaneo, induce un dipolo indotto in una molecola vicina. Questo genera una forza attrattiva temporanea chiamata forza di London. Caratteristiche: - DIPENDENZA DALLA DISTANZA→ Queste forze diventano più deboli molto rapidamente con la distanza e sono proporzionali a 1/r6. - FORZE SEMPRE ATTRATTIVE→ Le forze di London tirano sempre le molecole una verso l'altra, anche se sono molto deboli. Per calcolare l'energia di London tra due molecole, si utilizza una formula che tiene conto dell'interazione tra i dipoli istantanei e indotti. La formula generale è: guarda pagina 36 Anche molecole apolari (cioè senza dipoli permanenti) possono attrarsi grazie a queste forze. Per esempio il bromo (Br2) e lo iodio (I2) sono apolari, ma grazie alle forze di London possono formare liquidi o solidi a temperatura ambiente, invece di essere gas.
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42- parla delle forze di van der waals
Le forze di van der Waals includono diversi tipi di forze attrattive: - Interazioni di Keesom (dipolo-dipolo). - Interazioni di Debye (dipolo-dipolo indotto). - Forze di Londo Queste forze diminuiscono rapidamente con la distanza, seguendo una legge proporzionale a 1/r6. Sono universali e si trovano in qualsiasi sostanza.
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43- parla dei legami a idrogeno
LEGAME IDROGENO Un legame a idrogeno è un'interazione forte tra un atomo di idrogeno (H) legato a un atomo molto elettronegativo (come ossigeno, azoto o fluoro) e a una coppia di elettroni liberi (non condivisi) su un altro atomo elettronegativo, di una molecola diversa. Ad es. nell'acqua (H2O), l'atomo di idrogeno di una molecola è attratto dall'ossigeno di un'altra molecola. La molecola che contiene l’H è fortemente polare, perchè l’idrogeno legato a O, N, o F porta una piccola carica positiva (δ+), ma, essendo un atomo molto piccolo, questa carica è concentrata in un volume ridotto. Questo lo rende fortemente attrattivo verso coppie di elettroni liberi di altri atomi. È più forte delle forze di van der Waals, ma sono più deboli dei legami covalenti. Effetti del legame a idrogeno: - TEMPERATURE DI EBOLLIZIONE E FUSIONE ELEVATE→ molecole con legami a idrogeno (Es. acqua) hanno punti di ebollizione più alti rispetto a molecole simili che non formano questi legami. - PROPRIETA’ ANORMALE DELL’ACQUA→ I legami a idrogeno nel ghiaccio creano una struttura regolare con "vuoti" tra le molecole, rendendo il ghiaccio meno denso dell'acqua liquida, quindi galleggia. Inoltre quando il ghiaccio si scioglie, i vuoti della struttura vengono riempiti, aumentando la densità fino ad arrivare a una temperatura di 4°C: a temperature superiori, la densità diminuisce a causa del moto delle molecole. - IMPORTANZA BIOLOGICA→ I legami a idrogeno sono fondamentali per la struttura del DNA e RNA, poiché tengono insieme le basi azotate. Anche le proteine dipendono dai legami a idrogeno per mantenere le loro forme tridimensionali.
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44- parla del legame metallico
IL LEGAME METALLICO Il legame metallico è il tipo di legame che tiene insieme gli atomi nei metalli: i metalli hanno una struttura in cui gli atomi sono disposti in modo compatto in una struttura cristallina (molto ordinata) e gli elettroni più esterni degli atomi (gli elettroni di valenza) si muovono liberamente in tutto il materiale: questo fenomeno è chiamato mare di elettroni. Caratteristiche del legame metallico: - ELETTRONI DELOCALIZZATI→ Gli elettroni non appartengono a un singolo atomo, ma sono condivisi da tutti gli atomi del metallo. Questo "mare di elettroni" circonda i nuclei positivi fissi degli atomi, stabilizzando il metallo. - STRUTTURE CRISTALLINE COMPATTE→ I metalli sono molto densi e formano strutture regolari e compatte. Questo li rende duri e resistenti. - CONDUCIBILITA’ ELETTRICA E TERMICA→ Poiché gli elettroni si muovono liberamente, possono trasportare corrente elettrica e calore in modo molto efficiente. - MALLEABILITA’ E DUTTILITA’ → I metalli possono essere modellati in fogli sottili (malleabili) o fili (duttili). Questo è possibile perché gli atomi nei metalli possono scorrere l’uno sull’altro senza rompere il legame, grazie alla delocalizzazione degli elettroni. ORBITALI NEL LEGAME METALLICO Quando molti atomi si uniscono in un metallo, i loro orbitali atomici si sovrappongono formando orbitali delocalizzati che si estendono su tutto il materiale. Questo crea una struttura a bande di energia, dove il livello di energia più alto occupato dagli elettroni a -273°C (0K) si chiama livello di Fermi, mentre a temperature superiori a 0 K (praticamente sempre) alcuni elettroni possono assorbire energia e saltare in orbitali più alti. Questi elettroni possono muoversi sotto l’influenza di un campo elettrico, dando origine alla conduzione elettrica.
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45- parla degli stati di aggregazione della materia
STATI DI AGGREGAZIONE DELLA MATERIA Le sostanze possono trovarsi in diversi stati di aggregazione (o fasi): solido, liquido, gas e plasma. Lo stato dipende dalle condizioni ambientali, in particolare dalla temperatura e dalla pressione. Ogni stato ha proprietà che cambiano da uno all’altro, come: - Densità (quanto è compatta la materia) - Volume (lo spazio occupato) - Colore, conducibilità elettrica, e altre caratteristiche.
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46- parla dello stato solido
STATO SOLIDO Nel solido, le particelle (atomi, molecole o ioni) sono molto vicine e ordinate: questo succede perché il sistema cerca di ridurre al minimo l’energia, aumentando le interazioni tra le particelle. Nel caso dei solidi cristallini, c’è una ripetizione periodica di celle elementari, che si ripetono nello spazio.
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47- parla delle strutture cristalline: sistemi cristallografici e reticoli di braveis
LE STRUTTURE CRISTALLINE SISTEMI CRISTALLOGRAFICI Esistono 7 tipi di sistemi cristallografici (ovvero le forme base dei solidi cristallini) che si differenziano per la forma e le dimensioni della cella elementare. RETICOLI DI BRAVAIS Questi sistemi cristallografici possono essere organizzati in 14 reticoli cristallini diversi, chiamati reticoli di Bravais, che si differenziano per la disposizione degli atomi/ioni all’interno della cella elementare. Un reticolo può avere: - STRUTTURA SEMPLICE→ solo gli angoli sono occupati dalle particelle - STRUTTURA A CORPO CENTRATO→ una particella al centro della cella - STRUTTURA A FACCE CENTRATE→ particelle su ogni faccia.
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48- parla delle struttura a massimo impacchettamento, delle strutture compatte esagonali, dei reticoli esagonali e cubici compatti, delle cavità tetraedriche e ottagonali e della struttura cristallina dei metalli
STRUTTURE A MASSIMO IMPACCHETTAMENTO Le particelle in un solido tendono a impaccarsi nel modo più compatto possibile per avere più interazioni possibili, così da ridurre l’energia. Esistono diversi tipi di impaccamento: - IMPACCAMENTO ESAGONALE→ è molto efficiente. - IMPACCAMENTO QUADRATO→ è meno compatto rispetto al primo. L’idea generale è che le particelle si dispongano per massimizzare le interazioni e minimizzare lo spazio vuoto. STRUTTURE COMPATTE ESAGONALI Le sfere che compongono gli impaccamenti esagonali si dispongono in modo che ogni sfera si trovi sopra uno spazio vuoto del piano sottostante (hollow site): questo crea una struttura "sfalsata". Ogni sfera è circondata da altre 12 sfere: 6 nello stesso piano, 3 nel piano sopra e 3 nel piano sotto, questo è il "numero di coordinazione" ed è pari a 12. RETICOLO ESAGONALE E CUBICO COMPATTO Ci sono due modi principali di impilare i piani: - SEQUENZA ABABAB→ è come costruire una pila alternando due tipi di piani, creando una struttura chiamata esagonale compatta (hcp). - SEQUENZA ABCABC→ qui ci sono tre tipi di piani che si ripetono, creando una struttura detta cubica compatta (ccp), che è simile a un reticolo cubico con atomi disposti sulle facce dei cubi (infatti può essere chiamato anche cubico a facce centrate, fcc). CAVITA’ TETRAEDRICHE E OTTAGONALI Nelle strutture a massimo impaccamento, tra le sfere restano degli spazi vuoti chiamati "cavità", che possono avere diversa forma: - TETRAEDRICHE→ spazi delimitati da 4 sfere. - OTTAEDRICHE→ spazi delimitati da 6 sfere. Questi spazi sono importanti perché ci possono "entrare" ioni o altre particelle. STRUTTURA CRISTALLINA DEI METALLI I metalli tendono a formare strutture molto dense e compatte per sfruttare al massimo lo spazio. Le strutture più comuni dei metalli di transizione sono: - Cubico a facce centrate (fcc). - Cubico a corpo centrato (bcc). - Esagonale compatto (hcp).
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49- parla dei solidi molecolari
SOLIDI MOLECOLARI Sono solidi composti da singole molecole o gruppi di atomi legati tra loro: queste molecole sono elettricamente neutre e non formano reticoli estesi tramite legami chimici forti. Le molecole sono legate da forze intermolecolari deboli, come: - FORZE DI VAN DER WAALS→ interazioni tra molecole dovute a dipoli temporanei o permanenti. - LEGAMI A IDROGENO→ più forti delle forze di van der Waals, ma comunque più deboli dei legami covalenti. La disposizione dipende dalla forma della molecola e dalla natura delle interazioni intermolecolari: molecole simmetriche tendono a formare reticoli più compatti, mentre molecole asimmetriche o allungate formano reticoli meno densi. Esempio speciale: Il ghiaccio L'acqua forma solidi in cui le molecole sono legate tramite legami a idrogeno: questi legami sono direzionali, quindi il reticolo risultante è meno compatto. Per questo il ghiaccio è meno denso dell'acqua liquida e galleggia. FORZE INTERMOLECOLARI NEI SOLIDI MOLECOLARI Nei solidi molecolari, le forze intermolecolari determinano la stabilità e la struttura del reticolo. Le forze di van der Waals possono essere anisotropiche, cioè dipendono dall'orientamento delle molecole: ad esempio, molecole piatte o allungate (come benzene o pentacene) tendono a disporsi in modo che massimizzino le interazioni. Questi solidi sono facilmente disgregabili perché le forze intermolecolari sono deboli rispetto ai legami covalenti o metallici.
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50- parla dei solidi covalenti polimerici
SOLIDI COVALENTI POLIMERICI (O RETICOLARI) Sono solidi in cui gli atomi sono legati tra loro da legami covalenti in un reticolo tridimensionale esteso: questi legami covalenti sono molto forti, quindi i solidi risultano estremamente rigidi e difficili da rompere. Esempi: - DIAMANTE→ Ogni atomo di carbonio è legato a 4 altri atomi - GRAFITE→ Gli atomi di carbonio sono disposti in piani paralleli: i piani sono tenuti insieme da deboli forze di van der Waals, il che permette loro di scorrere facilmente l'uno sull'altro Caratteristiche generali: - Questi solidi non sono a massimo impaccamento perché i legami covalenti sono direzionali, cioè dipendono dall’orientamento geometrico degli atomi. - Sono estremamente duri o rigidi, ma non sempre densi (ad esempio, il diamante è meno compatto dei metalli).
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51- parla dello stato gassoso
LO STATO GASSOSO I gas non hanno una forma definita né un volume proprio: occupano tutto lo spazio disponibile. Lo stato gassoso non possiede ordine molecolare: le molecole si muovono in modo casuale e continuo, senza formare strutture ordinate come nei liquidi o nei solidi. I gas inoltre non hanno superficie: non c'è un confine netto tra il gas e l'ambiente circostante. Le molecole gassose oscillano, ruotano e si spostano (traslano) liberamente: si muovono a grande velocità e si scontrano continuamente tra di loro e con le pareti del contenitore. L’energia cinetica (movimento) delle molecole è molto maggiore dell’energia potenziale (attrazioni tra molecole), quindi le molecole non tendono a stare vicine, ma si disperdono: nei gas ideali, si assume che l’energia potenziale sia zero, quindi le molecole non si attraggono né si respingono.
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52- parla dell'equazione di stato dei gas ideali e dell'unificazione delle leggi dei gas
L'EQUAZIONE DI STATO DEI GAS IDEALI Collega quattro proprietà fondamentali dei gas: - Quantità di sostanza (n, in moli). - Volume (V, lo spazio occupato dal gas). - Pressione (P, forza esercitata sulle pareti del contenitore). - Temperatura (T, in Kelvin). La formula è: PV=nRT Dove R è la costante universale dei gas: 8.314472 J mol-1 K-1. Questa equazione vale solo per gas ideali, cioè quando le molecole sono molto distanti e le interazioni tra di loro sono trascurabili. ESERCIZI SLIDE 23 ppt 5 UNIFICAZIONE DELLE LEGGI DEI GAS L'equazione dei gas ideali unifica tre leggi sperimentali e il principio di Avogadro: - LEGGE DI BOYLE→ A temperatura costante, pressione e volume sono inversamente proporzionali: P⋅V=costante. Quindi se comprimiamo un gas (riduci V), la pressione aumenta. - LEGGE DI CHARLES→ A pressione costante, volume e temperatura sono direttamente proporzionali: V∝T. Quindi riscaldando un gas, il suo volume aumenta. - LEGGE DI GAY-LUSSAC→ A volume costante, pressione e temperatura sono direttamente proporzionali: P∝T. Quindi riscaldando un gas in un contenitore chiuso, la pressione aumenta. - PRINCIPIO DI AVOGADRO→ Volumi uguali di gas diversi, alla stessa temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole.
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53- parla del modello dei gas ideali
MODELLO DEI GAS IDEALI Un gas ideale è un modello semplificato che segue queste ipotesi: - VOLUME TRASCURABILE→ Le particelle sono così piccole rispetto allo spazio disponibile che il loro volume può essere ignorato. - NESSUNA INTERAZIONE MOLECOLARE→ Non ci sono forze attrattive o repulsive tra le molecole (Epotenziale= 0). - URTI ELASTICI→ Le molecole si scontrano tra loro e con le pareti senza perdere energia. - ENERGIA CINETICA E TEMPERATURA→ L’energia cinetica media delle molecole è direttamente proporzionale alla temperatura (T). Questo modello funziona bene per i gas nobili (es. neon, argon) e per i gas diluti (condizioni di bassa pressione, grande volume e bassa temperatura).
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54- parla delle miscele gassose
MISCELE GASSOSE Quando si mescolano più gas diversi in un contenitore, ciascun gas si comporta come se fosse da solo. La pressione totale è data dalla somma delle pressioni parziali di ciascun gas: guarda pagina 46 ESERCIZI SLIDE 30 ppt 5
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55- parla dei gas reali: il volume molare
GAS REALI: IL VOLUME MOLARE L’equazione dei gas ideali (PV=nRT) funziona bene per la maggior parte dei calcoli, ma non è perfetta per descrivere gas reali: nei gas reali ci sono interazioni tra le molecole e le molecole stesse occupano uno spazio fisico (hanno un volume). Il volume molare (Vm) è il volume occupato da una mole di gas a una data temperatura e pressione: Vm=Vn=RTP I gas reali deviano dall'idealità per 2 fattori: - Le molecole interagiscono tra loro (l’energia potenziale non è 0). - Le molecole hanno un volume proprio, non trascurabile. EQUAZIONE DI VAN DER WAALS→ aggiusta l'equazione dei gas ideali per tenere conto di queste deviazioni: pagina 47
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56- parla dello stato liquido e dell'energia interna
LO STATO LIQUIDO Caratteristiche: - È uno stato intermedio tra solido e gas. - Ha un volume proprio (come un solido), ma non una forma definita (come un gas). - Le molecole sono abbastanza vicine da essere legate da forze di coesione, ma possono comunque muoversi (traslare, ruotare, oscillare). - DISTANZA TRA MOLECOLE→ Nei liquidi, le molecole sono più lontane rispetto ai solidi, ma più vicine rispetto ai gas. Quindi di solito i liquidi sono meno densi dei solidi, ma ci sono eccezioni, come l’acqua e il ghiaccio (il ghiaccio è meno denso dell’acqua). - ENERGIA→ Nei liquidi, l’energia potenziale (dovuta alle forze di coesione) è bilanciata dall’energia cinetica (movimento delle molecole), rendendo il liquido stabile. ENERGIA INTERNA (U) TRA LE DIVERSE FASI L’energia interna (U) di una sostanza è la somma di energia potenziale (Epot, legata alle interazioni tra molecole) e energia cinetica (Ecin, dovuta al movimento delle molecole): U= Epot+Ecin Nei gas U è positiva, perché Epot≈0 e domina Ecin, mentre nei liquidi e solidi U è negativa, perché Epot (forze di coesione) è forte e bilancia o supera Ecin.
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57- parla della temperatura di ebollizione e sublimazione
TEMPERATURE DI EBOLLIZIONE E SUBLIMAZIONE La temperatura di ebollizione (da liquido a gas) e di sublimazione (da solido a gas) indicano quanto sono forti le forze intermolecolari in una sostanza: - GAS A TEMPERATURA AMBIENTE (RT) → Forze molto deboli. - LIQUIDI A RT→ Forze intermolecolari moderate. - SOLIDI A RT→ Forze intermolecolari molto forti.
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58- parla del primo principio della termodinamica
LAVORO E CALORE PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA→ L'energia totale dell'universo è costante. Quindi, l'energia del sistema più quella dell'ambiente non cambia. ΔU = ΔW + ΔQ Dove: ΔU→ variazione di energia interna del sistema ΔW→ lavoro fatto o ricevuto dal sistema ΔQ→ calore assorbito o rilasciato dal sistema Se ΔQ o ΔW > 0 il sistema assorbe energia dall’ambiente (energia aumenta, ΔU > 0). Se ΔQ o ΔW < 0 il sistema cede energia all’ambiente (energia diminuisce, ΔU < 0). Se il sistema non scambia energia (isolato), allora ΔU = 0.
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59- parla del lavoro e delle trasformazioni termodinamiche principali
LAVORO LAVORO EFFETTUATO O ASSORBITO DA UN SISTEMA ESPANSIONE DEL GAS→ Quando il gas spinge un pistone e si espande, il volume aumenta (ΔV > 0): il gas usa la sua energia per fare lavoro sull'ambiente, quindi ΔW < 0. COMPRESSIONE DEL GAS→ Se un pistone comprime il gas, il volume diminuisce (ΔV < 0): il gas riceve energia dall’ambiente, quindi ΔW > 0. ESPANSIONE LIBERA→ Se non c'è pressione esterna (ad esempio in un vuoto), il gas non fa lavoro (ΔW = 0). TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE PRINCIPALI - TRASFORMAZIONI ISOBARE→ La pressione rimane costante durante il processo (P=costante). - TRASFORMAZIONI ISOCORE→ Il volume rimane costante durante il processo (V=costante). - TRASFORMAZIONI ISOTERME→ La temperatura rimane costante durante il processo (T= costante).
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60- parla del calore
CALORE CALORE E TRASFERIMENTO TERMICO Il calore è una forma di energia che si trasferisce tra due oggetti quando c'è una differenza di temperatura: il calore fluisce spontaneamente dall'oggetto più caldo a quello più freddo, fino a raggiungere l'equilibrio termico (stessa temperatura). Processi endotermici ed esotermici: - ENDOTERMICO→ Il sistema assorbe calore dall'ambiente (ΔQ>0). Esempio: ghiaccio che si scioglie. - ESOTERMICO→ Il sistema rilascia calore all'ambiente (ΔQ < 0). Esempio: combustione.
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61- parla del secondo principio della termodinamica
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA Il secondo principio della termodinamica è legato alla formulazione di Clausius, che dice che non è possibile trasferire calore da un corpo freddo a uno caldo senza utilizzare energia esterna (cioè senza fare lavoro). Ad esempio, un frigorifero deve consumare energia elettrica per raffreddare il suo interno. Inoltre dice anche che non esiste una macchina perfetta in grado di trasformare tutto il calore in lavoro o in altre forme di energia senza perdite: una parte dell’energia sarà sempre dissipata, ad esempio sotto forma di calore disperso.
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62- parla della capacità termica specifica e molare
CAPACITA’ TERMICA SPECIFICA E MOLARE CAPACITA’ TERMICA La capacità termica indica quanta energia in forma di calore è necessaria per cambiare la temperatura di un materiale. Se il sistema è a volume costante (quindi non fa lavoro, ΔW = 0), l’energia interna varia solo per effetto del calore: ΔU=ΔQ0. In queste condizioni, l’energia trasferita e la variazione di temperatura sono collegate dalla capacità termica, che si calcola come: guarda pagina 51 L’unità di misura è Joule per kelvin (J/K). In queste trasformazioni isocore (volume costante), il calore trasferito dipende dalla differenza di temperatura tra inizio e fine, oltre che dalla capacità termica del materiale. CAPACITA’ TERMICA SPECIFICA E MOLARE La capacità termica specifica (C) è l’energia necessaria per aumentare di 1 kelvin la temperatura di 1 grammo di una sostanza: la sua unità di misura è J/gK La capacità termica molare si riferisce a una mole di sostanza (anziché 1 grammo) ed è definita come l’energia necessaria per aumentare di 1 kelvin la temperatura di una mole: la sua unità di misura è J/molK Quando una sostanza viene riscaldata o raffreddata, l’energia trasferita si calcola con la formula: Q=CmT Dove: Q→ energia in forma di calore trasferita (in joule o calorie, 1 caloria equivale a 4,184 joule). m→ massa della sostanza (in grammi), C→ capacità termica specifica, ΔT→ variazione di temperatura (Tfinale-Tiniziale). ESERCIZI SLIDE 15 PPT 6
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63- parla del cambiamento di stato e particelle
CAMBIAMENTO DI STATO E PARTICELLE - FUSIONE (da solido a liquido)→ durante la fusione, le particelle (atomi, molecole o ioni) che prima erano in posizioni fisse (come in un reticolo solido) iniziano a muoversi abbastanza da superare le forze attrattive che le tengono bloccate: questo permette al solido di trasformarsi in un liquido - EBOLLIZIONE (da liquido a gas)→ durante l'ebollizione, le particelle si muovono ulteriormente, allontanandosi fino a distanze in cui le forze attrattive diventano minime: anche qui è necessaria energia per superare le forze attrattive tra le particelle e consentire il passaggio allo stato gassoso. ENERGIA DURANTE UN CAMBIAMENTO DI STATO Durante un cambiamento di stato, la temperatura non aumenta, anche se viene fornita energia: questo accade perché l'energia somministrata è utilizzata per rompere le forze attrattive tra le particelle, non per aumentare il loro movimento (cioè la temperatura). Se non c’è cambiamento di stato, quindi il materiale rimane nello stesso stato fisico, l’energia fornita aumenta la temperatura del sistema.
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64- parla del calore di fusione e di vaporizzazione
CALORE DI FUSIONE E VAPORIZZAZIONE CALORE DI FUSIONE→ È la quantità di energia (calore) necessaria per trasformare 1 grammo di una sostanza da solida a liquida alla sua temperatura di fusione: la sua unità di misura è il joule per grammo (J/g) CALORE DI VAPORIZZAZIONE→ È la quantità di energia (calore) necessaria per trasformare 1 grammo di una sostanza da liquida a gassosa alla sua temperatura di ebollizione: la sua unità di misura è il joule per grammo (J/g).
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65- parla dell'entalpia
In un processo in cui il volume non cambia, l’unico contributo all’energia interna (ΔU) proviene dal calore (ΔQ) perché non c'è lavoro (ΔW=0). Quindi ΔU=ΔQ In molti processi chimici o biologici (es. reazioni in un becher), la pressione resta costante (come la pressione atmosferica): in questi casi, è utile introdurre una nuova grandezza, l’entalpia (H), per misurare l’energia trasferita sotto forma di calore. ENTALPIA In condizioni di pressione costante l’entalpia è: H=U+PV Dove: U→ energia interna, PV→ energia associata alla pressione e al volume. Se la pressione resta costante e l’unico lavoro è quello di espansione o compressione (P⋅V), allora: ΔH=ΔQp Dove ΔQp è il calore scambiato a pressione costante. ΔH<0→ Il sistema cede calore all’ambiente (processo esotermico o esoentalpico). ΔH>0→ Il sistema assorbe calore dall’ambiente (processo endotermico o endoentalpico). ENTALPIA STANDARD DI TRANSIZIONE (Ho) L’entalpia molare standard (ΔHo) è il calore scambiato per una mole di sostanza durante un cambiamento di stato (fusione o vaporizzazione) a pressione standard (1 bar) e alla temperatura di transizione. L’entalpia di vaporizzazione è molto più alta di quella di fusione perché richiede la rottura completa dei legami intermolecolari, mentre la fusione ne rompe solo una parte. Fusione e vaporizzazione sono endotermiche (ΔH>0): serve energia per superare le forze attrattive tra le particelle. Fattori che influenzano l’entalpia di vaporizzazione: - LEGAMI A IDROGENO→ Sostanze con legami a idrogeno (es. acqua) hanno entalpie di vaporizzazione più alte rispetto a quelle con forze di Van der Waals. - MASSA MOLECOLARE→ A parità di tipo di forze intermolecolari, entalpie di vaporizzazione maggiori si trovano in sostanze con massa molecolare più alta, perché le forze attrattive aumentano.
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66- parla delle funzioni di stato
FUNZIONI DI STATO Una funzione di stato dipende solo dallo stato iniziale e finale di un sistema, non dal percorso seguito per passare tra questi stati. TRANSIZIONE DI FASE E ENTALPIA Le trasformazioni inverse hanno entalpia opposta rispetto alla trasformazione diretta: ΔHvaporizzazione=−ΔHcondensazione ΔHfusione=−ΔHsolidificazione L’entalpia di sublimazione è la somma dell’entalpia di fusione e di vaporizzazione: ΔHsublimazione=Hfusione+Hvaporizzazione Nella transizione Solido→Liquido c’è una piccola variazione di volume (ΔV), quindi l’entalpia (ΔH) e l’energia interna (ΔU) sono simili. E’ un processo endotermico: ΔH>0, ΔU>0. Nella transizione Liquido→Gas o Solido→Gas c’è un grande aumento di volume (ΔV): ΔH e ΔU possono essere molto diversi. Sebbene ΔH>>0, questi processi possono avvenire spontaneamente. Queste transizioni sfavorite energicamente avvengono grazie alla tendenza al disordine: è descritta dall’entropia (S).
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67- parla di entropia
ENTROPIA (S) L’entropia misura il livello di disordine in un sistema: - Se ΔS>0→ sistema più disordinato - Se ΔS<0→ sistema più ordinato. SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA→ In un sistema isolato, ogni trasformazione spontanea aumenta l’entropia totale: Suniverso>0 L’entropia misura il numero di stati microscopici che sono accessibili al sistema: - POCHI STATI ACCESSIBILI→ sistema ordinato, bassa entropia. - MOLTI STATI ACCESSIBILI→ sistema disordinato, alta entropia.