1 Flashcards
L’elettrizzazione per strofinio
Un corpo che è capace di attirare oggetti leggeri è detto elettrizzato.
In generale, strofinando plastica o vetro con lana o seta, elettrizziamo tutti questi materiali. L’elettrizzazione
per strofinio si produce facilmente in molti oggetti ed è anche all’origine del termine elettricità.
Due bacchette di plastica o due bacchette di vetro elettrizzate si respingono reciprocamente, mentre una
bacchetta di vetro e una di plastica, entrambe elettrizzate, si attraggono.
L’ipotesi di Franklin
Possiamo spiegare il fenomeno dell’elettrizzazione per strofinio facendo l’ipotesi che esistano due tipi di elettricità, o di carica elettrica. Seguendo una convenzione risalente al fisico Benjamin Franklin è:
→ una carica elettrica positiva quella degli oggetti che si comportano come il vetro;
→ una carica elettrica negativa quella degli oggetti che si comportano come la plastica.
Secondo questo principio, se due corpi hanno cariche elettriche dello stesso segno, si respingono; invece, se hanno cariche elettriche di segni opposti, si attraggono.
Il modello microscopico sei conduttori
Negli isolanti tutte le cariche microscopiche (elettroni e protoni) occupano posizioni fisse e non possono spostarsi; nei conduttori alcune delle cariche microscopiche si muovono liberamente.
Nei conduttori metallici vi sono degli elettroni liberi, che si spostano con facilità da un atomo all’altro; invece in un isolante tutti gli elettroni sono molto legati ai protoni dell’atomo e difficilmente se ne allontanano.
Per strofinio, gli elettroni passano dal panno al cucchiaio; poi, se il cucchiaio è a contatto con la pelle, arrivano a terra attraverso il nostro corpo, che è un conduttore. Usando i guanti di gomma gli elettroni si fermano nel cucchiaio, perché sono bloccati dalla gomma.
L’elettrizzazione dei conduttori per contatto
Abbiamo un primo conduttore carico (tenuto per un manico isolante) e un secondo conduttore neutro. Messi a contatto, parte della carica del primo passa al secondo, ora anch’esso carico. All’inizio il primo conduttore era negativo, perché aveva un eccesso di elettroni. Una parte di questi elettroni è fluita nel secondo conduttore, che a sua volta è diventato negativo.
Questo esperimento mostra che i conduttori possono subire elettrizzazione per contatto.
La definizione operativa della carica elettrica
L’elettroscopio è uno strumento che indica se un oggetto è carico. È formato da un’asta metallica verticale, collegata in alto a un pomello conduttore e in basso a due foglie conduttrici molto sottili. L’asta e le foglie sono chiuse in un recipiente di vetro che serve da protezione e da sostegno.
Se si tocca il pomello con un oggetto elettricamente carico, parte della carica passa all’asta e si distribuisce fino alle foglioline. Le foglioline acquistano cariche dello stesso segno e si respingono. Così, la loro divaricazione attesta che l’oggetto in esame è elettrizzato.
Un oggetto è carico se, messo a contatto con l’elettroscopio, fa divaricare le sue foglie.
La definizione operativa della carica elettrica
L’elettroscopio è uno strumento che indica se un oggetto è carico. È formato da un’asta metallica verticale, collegata in alto a un pomello conduttore e in basso a due foglie conduttrici molto sottili. L’asta e le foglie sono chiuse in un recipiente di vetro che serve da protezione e da sostegno.
Se si tocca il pomello con un oggetto elettricamente carico, parte della carica passa all’asta e si distribuisce fino alle foglioline. Le foglioline acquistano cariche dello stesso segno e si respingono. Così, la loro divaricazione attesta che l’oggetto in esame è elettrizzato.
Un oggetto è carico se, messo a contatto con l’elettroscopio, fa divaricare le sue foglie.
La misurazione della carica elettrica
Per mezzo dell’elettroscopio, inserendo nel recipiente di vetro un goniometro con cui misurare l’angolo di divaricazione delle foglioline, si possono confrontare in modo operativo due cariche elettriche per sapere quale delle due è più grande.
Ovvero, per misurare la carica elettrica, si sceglie una certa quantità di carica come unità di misura; poi, in base a essa, si tara la scala su cui si legge la divaricazione delle foglie dell’elettroscopio.
Il Coulomb
Nel Sistema Internazionale l’unità di misura della carica elettrica è il coulomb (simbolo C). Definiamo il coulomb a partire dalla carica dell’elettrone. Tutti gli elettroni dell’Universo hanno la stessa carica (negativa) –e, il cui valore numerico è –e = –1,6022 × 10–19 C. La carica elettrica si presenta sempre come un multiplo, positivo o negativo, della carica elettrica elementare e = 1,6022 × 10–19 C.
La conservazione della carica elettrica
Tornando a considerare la bacchetta di vetro elettrizzata con un panno di lana, prima e dopo aver strofinato, la carica totale è la stessa. Prima c’è equilibrio e il vetro e la lana sono neutri; dopo, si ha un eccesso di elettroni nel panno e una mancanza nella bacchetta. Poiché gli elettroni in più nel panno provengono dalla bacchetta, l’uno e l’altra sono elettrizzati con cariche di uguale valore assoluto e di segno opposto.
Questa proprietà è vera in generale ed è espressa dalla legge di conservazione della carica elettrica: in un sistema chiuso, cioè un sistema che non scambia materia con l’esterno, la somma algebrica delle cariche elettriche si mantiene costante, indipendentemente dai fenomeni che in esso hanno luogo.
La legge di Coulomb
La legge di Coulomb dice in che misura due cariche puntiformi si attraggono o si respingono. Secondo questa legge, la forza elettrica che due cariche puntiformi esercitano l’una sull’altra è:
→ direttamente proporzionale a ciascuna carica;
→ inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
Mantenendo fissa la distanza:
→ se si raddoppia una delle cariche, anche la forza raddoppia;
→ se si triplica una delle cariche, anche la forza triplica. Mantenendo fisse le cariche:
→ se si raddoppia la distanza, la forza diventa quattro (22) volte più piccola; → se si triplica la distanza, la forza diventa nove (32) volte più piccola.
La legge di Coulomb in forma vettoriale
Consideriamo la forza che un corpo puntiforme 1, di carica Q1 puntiforme 2, di carica Q2, esercita su un corpo posto a distanza r. Ciascuna delle due cariche può essere positiva o negativa. Definiamo ora il versore r che punta direttamente dal corpo 1 verso il corpo 2, lungo la congiungente. Usando r, possiamo esprimere la legge di Coulomb in forma vettoriale mediante l’equazione:
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Se le cariche sono nel vuoto, la costante di proporzionalità k0, che vale k0 = 8,988 × 109 (N・m2) / C2
Non potendo essere ricavata da alcun ragionamento è una costante naturale determinata sperimentalmente. Il vettore F espresso dalla formula rappresenta la forza del corpo 1 sul corpo 2 in modulo, direzione e verso.
→ se Q1 e Q2 hanno lo stesso segno, allora il prodotto Q1・Q2 è positivo e la formula di k0 dice che la forza sul corpo 2 è nella direzione e nel verso di r, cioè, correttamente, che la forza è repulsiva.
→ se Q1 e Q2 hanno segni opposti, allora il prodotto Q1・Q2 è negativo e, in base alla formula di k0, la forza sul corpo 2 è nella direzione di r, ma in verso opposto. Ciò significa che la forza è attrattiva.
In entrambi i casi, il modulo F della forza è dato da F = k0 (|Q1|・|Q2|) / r2
La costante dielettrica del vuoto
In certi casi conviene scrivere la costante k0 della legge di Coulomb come
k0 =1/(4πε0)
Il simbolo ε0 (epsilon) rappresenta la costante dielettrica del vuoto. Il suo valore numerico è k0 = 8,854 × 10-12 C2 / (N・m2)
Il principio di sovrapposizione
Una carica puntiforme può risentire contemporaneamente delle forze elettriche generate da numerose cariche presenti nelle vicinanze. In questo caso, la forza totale che agisce sulla carica elettrica è uguale alla somma vettoriale delle singole forze che agirebbero su di essa se ciascuna delle altre cariche fosse presente da sola. Questo risultato sperimentale è detto principio di sovrapposizione.
La forza elettrica e la forza gravitazionale
La forza di Coulomb ha la stessa forma matematica della forza gravitazionale di Newton, il cui modulo, per due masse m1 e m2 separate da una distanza r, è dato da
FN =G(m1・m2)/r
Le due forze sono simili perché:
→ agiscono anche a distanza (non solo a contatto);
→ diminuiscono in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza; → sono direttamente proporzionali a, rispettivamente, la carica e la massa.
Tuttavia, le due forze sono diverse perché:
→ le cariche elettriche sono positive e negative, mentre per le masse non esiste una simile proprietà; → il verso della forza gravitazionale è sempre attrattiva, mentre la forza elettrica è attrattiva o repulsiva; → la forza gravitazionale agisce tra tutti i corpi, mentre la forza elettrica riguarda solo i corpi carichi.
Inoltre, a livello microscopico la forza elettrica è molto più intensa di quella gravitazionale.
L’esperimento di Coulomb
Attraverso l’utilizzo della bilancia a torsione Coulomb misurò la forza tra due sferette cariche: la sfera B, sostenuta da un supporto isolante, e la sfera A, a un estremo di un manubrio isolante appeso a un filo. Una terza sfera D, elettricamente neutra, serviva a equilibrare il manubrio rispetto alla forza di gravità.
Supponiamo che tra le sfere A e B agisca una forza repulsiva; il momento di questa forza rispetto al centro P del manubrio pone quindi in rotazione il manubrio e torce il filo. La torsione del filo genera un movimento elastico che si oppone alla deformazione e fa sì che il sistema raggiunga uno stato di equilibrio.
Dimostrò così che la forza elettrica è direttamente proporzionale alla carica di una o dell’altra sfera, mentre è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. FORMULA