PEDAGOGIA DELL'INFANZIA Flashcards

1
Q

Da che cosa nasce la provocazione artistica di Kikito del 9 settembre 2017?

A

Quando pensiamo al periodo dell’infanzia pensiamo sempre a momenti sereni e positivi, ma non sempre è così. Una provocazione artistica è proprio la gigantografia di Kikito, un bambino disegnato in bianco e nero dall’artista francese JR che si affaccia su una palizzata molto alta che divide il confine tra Stati Uniti e Messico. Questa provocazione artistica nasce dall’annuncio dell’amministrazione Tramp di mettere fine al programma iniziato da Barack Obama per proteggere dall’espulsione di immigrati irregolari entrati negli Usa da bambini, i cosidetti Dreamers.

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2
Q

Parla delle condizioni dell’infanzia dell’Italia.

A

L’Italia si trova al nono posto del rapporto globale sull’infanzia del 2019, anche se c’è ancora molta strada da fare, per dare a tutti i bambini la possibilità di costruirsi un futuro, considerando che oltre un milione di minori vive in povertà assoluta e che quasi 1 su 3 è a rischio povertà ed esclusione sociale, una delle percentuali più alte in Europa.

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3
Q

Qual è il ruolo dell’educatore di fronte alle diversità dei bambini?

A

La povertà non è un male che influisce sulla sviluppo dei bambini, anche se certe condizioni di povertà lo possono fare. Allora l’impegno dell’educatore è certamente quello pedagogico ma anche culturale: deve promuovere le forme dell’educazione e dell’accoglienza nel rispetto delle diversità.
Un pensiero importante lo ha proposto anche Maria Montessori dicendo che la povertà non è un limite, ma all’interno di un contesto educativo strutturato e a misura di bambino tutti possono sviluppare quelle capacità che rendono l’infanzia un momento straordinario.

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4
Q

Cosa si afferma nella rivista «Pedagogia oggi» intitolato «L’infanzia tra passato e presente» del 2018?

A

Il saggio della rivista «Pedagogia oggi» intitolato «L’infanzia tra passato e presente» del 2018, riporta delle interessanti riflessioni sul tempo dell’infanzia e su che cosa sia stata nel corso della storia. In particolare affermano che l’infanzia è un’epoca della vita, è un tempo preciso della vita, una condizione dell’esistenza la cui specificità non è sempre stata riconosciuta (ancora oggi) e la cui «qualità», nel tempo, è stata diversamente pensata. Per molti secoli il bambino è stato considerato un homunculus, ovvero un piccolo uomo, cioè un uomo in miniatura, da studiare e da pensare semplicemente perché è un tempo di passaggio che ha l’obiettivo di arrivare, il più velocemente possibile, a quel tempo detenuto invece il tempo pieno della vita, cioè quello della vita adulta.

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5
Q

Lo studio della storia dell’infanzia e della pedagogia dell’infanzia relativa al passato è una lente di ingrandimento che ci permette di cogliere l’intreccio tra che cosa?

A

Lo studio della storia dell’infanzia e della pedagogia dell’infanzia relativa al passato è una lente di ingrandimento che ci permette di cogliere l’intreccio tra le tre diverse dimensioni del bambino:
1) dimensione fenomenica (il bambino nella sua concretezza e nei suoi contesti di vita)
2) dimensione simbolica (filtri con cui gli adulti leggono e interpretano l’infanzia del bambino)
3) dimensione pedagogica (filtro scientifico che riguarda interventi, teorie educative).

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6
Q

Cosa succede nel ‘700 e nel ‘900 nell’ambito dell’infanzia?

A

Nel ‘700 nasce il cosiddetto “sentimento dell’infanzia”, secondo Aries, in cui viene dato il riconoscimento all’infanzia di avere delle caratteristiche proprie da rispettare nell’allestimento di situazioni educative.
Il ‘900 viene riconosciuto come “il secolo del bambino” per indicare che le nuove discipline si affacciano e si affermano sulla scena culturale (compresa la pedagogia stessa).

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7
Q

Cosa significa ricostruire l’oggetto della pedagogia d’infanzia?

A

Costruire l’oggetto significa ricondurlo ad uno statuto fenomenologico: ciò comporta da un lato, di rintracciare il bambino nei luoghi e nelle istituzioni entro cui la società lo colloca e anche in cui il bambino si ritaglia; dall’altro richiede di richiedere di cogliere il bambino in una pluralità di condizioni.
L’infanzia va colta nella sua ecologia, nei suoi plurimi ambienti di vita e nei contesti in cui i bambini si trovano ad affrontare e partecipare.

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8
Q

A chi dobbiamo il primo pensiero di riconoscimento dei diritti dei bambini?

A

Il primo pensiero di riconoscimento dei diritti dei bambini è stata opera di Eglantyne Jebb, una delle Dame della Croce Rossa e successivamente fondatrice di «Save the Children» nel 1919 (una delle principali organizzazioni umanitarie mondiali dedicate alla protezione e al benessere dei bambini)

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9
Q

Che cos’è la «Carta dei diritti del bambino»?

A

Eglantyne Jebb, nel 1923, ha scritto la prima «Carta dei diritti del bambino» detta anche «Dichiarazione di Ginevra» dal luogo in cui è stata firmata e approvata dalla cosiddetta allora Società delle Nazioni (ora ONU) il 26 settembre 1924. Questo documento si tratta di un documento fondamentale che delineava i diritti fondamentali di tutti i bambini mettendo al centro il tema della dignità del bambino: ad ogni bambino bisogna dare risposta nei bisogni che manifesta.

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10
Q

Chi era Eglantyne Jebb?

A

Eglantyne Jebb era una signora nobile, una dama di carità, proveniva da una famiglia piuttosto benestante dove ha avuto la possibilità di ricevere un’educazione di alta qualità. Possiamo dunque vedere che le prime azioni nei confronti dell’infanzia sono di natura caritatevole.

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11
Q

Cosa afferma Eglantyne Jebb nella «Carta dei diritti del bambino»?

A

Jebb nella «Carta dei diritti del bambino» afferma che «il futuro è nelle mani dei bambini. Che ogni bambino affamato sia nutrito, ogni bambino malato sia curato, ad ogni orfano, bambino di strada o ai margini della società sia data protezione e supporto», dato che da poco si era conclusa la prima guerra mondiale.

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12
Q

Che cosa comporta la «Carta dei diritti del bambino» di Jebb?

A

La «Carta dei diritti del bambino» era servita come base per la «Convenzione sui diritti dell’infanzia», approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge del 27 maggio 1991. Questi diritti sono rivolti a tutti quelli che, per la legge Italiana, hanno un’età inferiore ai diciotto anni.

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13
Q

Perchè e quando nascono i primi luoghi dedicati all’infanzia?

A

I primi luoghi per l’infanzia nascono verso la fine del 700 / inizio dell’800, in Inghilterra. Queste strutture nascono dal momento in cui si fa sempre più forte l’esigenza delle donne di entrare nel mondo del lavoro. Così i bambini venivano lasciati liberi di giocare per le strade sporche e malsane mentre i genitori erano a lavorare.

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14
Q

Come si chiama la prima struttura dedicata all’infanzia?

A

La prima struttura dedicata all’infanzia nasce in Inghilterra, in particolare la Dame School, ovvero luoghi dove i bambini venivano lasciati a delle dame (donne analfabete) che avevano solo l’impegno di custodire i bambini, mentre i genitori andavano a lavorare.

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15
Q

Cosa comportarono in Italia le Dame School?

A

Da queste Dame School, iniziano a nascere, soprattutto in Italia, le prime cosiddette «Sale di custodia» o «Scolette» (piccole scuole). Ma diversa è la nascita delle «Sale di custodia» in Italia: di solito, era il padrone dell’industria a mettere a disposizione quello che noi oggi chiameremo asilo aziendale. In Italia, invece, le «Sale di custodia» hanno con un interno custodialistico, ma è più paternalistico, tant’è che le prime esperienze nascono sulla scia di esperienze religiose e di benefattori molto ricchi che riescono a togliere i bambini dalle strade e inserirli nei luoghi dove possano trovare ricovero e cura.

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16
Q

Perchè le «Sale di custodia» in Italia nascono con un intento filantropico?

A

Le prime «Sale di custodia» nascono con un intento filantropico per evitare una sorta di devianza giovanile a cui sicuramente si sarebbe andata incontro, ma anche di alzare il tasso di alfabetizzazione (un operaio alfabetizzato può fare dei lavori diversi e più complessi rispetto ad un operaio analfabeta) e inoltre anche aumentare la disponibilità lavorativa delle operaie, ancora una volta, dato che non sono costrette a badare ai bambini, possono lavorare per dodici ore senza alcuna difficoltà.

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17
Q

Chi è e per cosa viene ricordato il pastore Oberlin?

A

Il pastore Oberlin è una prima figura importante da cui nascerà un certo pensiero dedicato all’infanzia. Lui lavora a Strasburgo, dove mette in piedi il primo cosiddetto «asilo infantile» (nel 1771). Questo primo asilo infantile era una struttura non solo estremamente innovativa ma anche singolare per l’epoca, che garantiva un
- arricchimento intellettuale: si cominciava ad imparare in tempi anche abbastanza prematuri: i bambini di 3 – 4 anni imparavano già a scrivere o leggere
- arricchimento spirituale –morale.
Ma l’aspetto innovativo è legato al fatto che gioco e giardinaggio venivano vissuti come metodi di insegnamento.

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18
Q

Come vede Pestalozzi il bambino?

A

Per Pestalozzi la personalità del bambino è sacra e rappresenta la premessa di una dignità interiore da considerarsi come base di ogni educazione nel bambino e del suo sviluppo come adulto. Il bambino viene visto da Pestalozzi come un seme che contiene già dentro di sé le potenzialità per diventare un adulto (non è un essere ridotto) e diventa obbligo dell’educatore prendersene cura di queste potenzialità del bambino non facendo altro che assecondare lo sviluppo della natura.

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19
Q

Cosa afferma Pestalozzi riguardo l’amore?

A

Pestalozzi afferma che l’amore è lo strumento per eccellenza dell’educazione: è una forma di amore consapevole, razionale, che conosce, studia e analizza l’identità del bambino.

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20
Q

Di che cosa si tratta l’Anshauung?

A

Pestalozzi era fortemente contrario alle modalità educative che erano in auge al tempo della sua vita e della pratica educativa. Per liberarsi dell’educazione basata sui principi astratti e sulla retorica, Pestalozzi ha sviluppato il metodo dell’Anschauung (ovvero «osservazione»): questo metodo è basato sull’osservazione concreta e diretta delle cose da considerare come contenuto e punto di partenza per l’apprendimento

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21
Q

Chi è la prima educatrice per il bambino, secondo Pestalozzi?

A

La famiglia costituisce un ruolo primario per il mondo del bambino: trovano forma le prime relazioni educative, indispensabili per la crescita sia dell’uomo sia del futuro cittadino, tanto che Pestalozzi le definisce «le prime eccellenti relazioni della natura».
Pestalozzi attribuisce un ruolo importante alla madre, ritenuta la prima educatrice e modello a cui anche un educatore deve ispirarsi. È il primo pedagogista ad aver esaltato la figura materna e attribuito a essa un ruolo non solo di accudimento, ma anche di cura educativa. Nell’ultimo dei suoi scritti a ella dedicato, «Madre e figlio. L’educazione dei bambini» (1818-1819), Pestalozzi si rivolge a lei e la invita a far dialogare il cuore con la ragione, equilibrando le due dimensioni essenziali che intervengono nella relazione educativa.

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22
Q

Cosa deve fare l’opera della madre secondo Pestalozzi?

A

L’opera della madre getta le fondamenta di quella educazione «del cuore» che poi si svilupperà nell’allargamento progressivo della cerchia di persone con le quali si contrae un rapporto di affettuosa benevolenza, fino a comprendere l’intera umanità.

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23
Q

Come illustra Pestalozzi la figura della madre?

A

Pestalozzi illustra la figura materna delicata e riflessiva, che agisce per il tramite di una comprensione del cuore, con capacità di riflettere, di applicare i suoi principi, di usare coscienza, di far uso di un amore pensoso: cioè la capacità di essere accanto, di percepire profondamente l’altro, di prendersene cura in maniera sensibile e attenta.

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24
Q

Quali sono le tre facoltà che Pestalozzi individua che saranno l’origine dell’impiego educativo che egli intende come integrale?

A
  1. la mente: è la forme dell’intelletto e ha inizio con la vita del bambino. Molti studiosi del tempo precedente a Pestalozzi pensavano che il bambino nascesse tabula rasa; in realtà il bambino fin dalla nascita è capace a generare delle intenzioni a partire dall’esperienza sensoriale
  2. il cuore: dimensione interna, animica (è la sede delle nostre emozioni). E’ legata al valore del bello e del bene e quindi a Dio
  3. la mano: la cui forza si esprime nell’attività pratica umana, nella capacità di lavoro, nella creatività, nell’arte dove la forza e la destrezza si uniscono alla volontà e al buon senso.
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25
Q

Cosa NON deve fare l’educatore pestalozziano?

A
  • l’educatore non è un attore artificiale e non può mirare allo sviluppo di un’unica facoltà nel bambino
  • l’atto educativo non deve muoversi all’interno di una sistema troppo rigoroso, contrario alla libertà, alla leggerezza e alla gioia tipica dell’infanzia.
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26
Q

Come viene visto l’educatore pestalozziano?

A

Secondo Pestalozzi, la relazione educativa deve potersi porre a servizio delle potenzialità che sono già naturalmente a disposizione del bambino e l’educatore deve collocarsi accanto al bambino per assistere e accompagnare l’opera di perfezionamento della sua natura originale. Ci porta a una delle immagini più famose del pensiero di Pestalozzi la metafora del giardiniere.

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27
Q

Per cosa viene conosciuto Ferrante Aporti?

A

Ferrante aporti è un prete e conosciuto in Italia come il primo maestro dell’infanzia, nel 1831 fonda a Cremona il primo cosiddetto «asilo di carità» che si ispira all’«infant’s school» di Owen. Anche se ci sono delle differenze sostanziali: in quanto il modello di Owen è un modello economico – sociale, mentre il modello educativo di Ferrante Aporti è di stampo caritatevole e religioso

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28
Q

Quali sono le due principali opere di Ferrante Aporti?

A
  • “Manuale di educazione e ammaestramento per le scuole infantili” 1834): si tratta di un manuale per le persone colte, professionisti, in quanto si tratta di una serie di consigli da seguire;
  • “Elementi di pedagogia” (1847): ha una direzione scientifica.
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29
Q

Come deve essere l’intervento educativo secondo Aporti?

A

L’intervento educativo secondo Aporti deve essere:
- rispettoso del bambino e di quelle che sono le sue disposizioni naturali
- finalizzato alla crescita morale (si educa dentro un contesto di moralità)
- fondato sulla triade: educazione morale, intellettuale e fisica (a differenza di Pestalozzi che invece era fondata sull’educazione del cuore, mano e mente).

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30
Q

Quali sono gli aspetti fondamentali del metodo educativo di Ferrante Aporti?

A

1) gradualità dell’insegnamento: man mano che il bambino che cresce, ci sono delle specificità di interventi educativi che vanno mirati di volta in volta;
2) educazione di tipo intellettuale: apprendimento precoce dell’alfabeto;
3) catechismo
4) lavoro manuale: le bambine si dedicavano alla cucina e al ricamo, mentre i bambini alle attività che riguardavano al gioco (scopo utilitario = ogni bambino doveva essere utile alla comunità);
5) lezioni che cambiavano ogni mezz’ora alternando un’attività di tipo intellettuale a una di tipo fisico;
6) rispetto dei ritmi del bambino: dentro l’arco della giornata ma anche nella sua crescita.

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31
Q

Quali sono gli aspetti più criticate del metodo aportiano?

A

Queste scuole aportiene hanno avuto grandi successi fino agli anni ‘50 dell’800, poi anni di declino in cui vengono criticate per:
1. staticità del metodo
2. eccessivo scolastico
3. forte impronta disciplinare
4. troppa enfasi sull’insegnamento religioso
5. scarsa preparazione delle maestre.

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32
Q

Come viene riconosciuta l’infanzia da Frobel?

A

Fröbel riconosce nell’uomo e nella natura una manifestazione di Dio. Il bambino, portatore di spiritualità, è chiamato a diventare uomo prendendo coscienza del divino che è in lui, proprio grazie all’azione educativa che trova nella sua prima sede naturale. Inoltre, dato che il bambino è frutto della natura e la natura (essendo frutto divino) è buona, di conseguenza Fröbel riconosce l’innata bontà dell’infanzia: spontanea e genuina, «depositaria della voce di Dio».

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33
Q

Quali sono i due principali testi di Frobel in cui vengono contenute le sue teorie?

A
  • «L’educazione dell’uomo» del 1826: in cui espone le sue idee principali sullo sviluppo dell’uomo e sull’educazione;
  • «La pedagogia del giardino d’infanzia» del 1840: testo metodologico in cui Fröbel dichiara qual è la pedagogia che si utilizza all’interno dei «giardino d’infanzia».
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34
Q

Secondo Frobel, la crescita del bambino avviene secondo tre grandi stadi o periodi. Quali?

A

1) periodo del lattante: tempo segnato per lo sviluppo corporeo e fisico. Questo tempo della vita è importante anche per il raggiungimento delle prime tappe d’autonomia del bambino.
2) periodo dell’infanzia: tempo segnato dallo sviluppo dell’attività linguistica e di quella logico-rappresentativa, ovvero le prime nozioni di numero
3) periodo dell’adolescenza/fanciullezza: luogo delle acquisizioni puramente cognitive dove c’è un’apertura alla dimensione dell’istruzione in senso stretto. È il periodo in cui si sviluppa l’interiorizzazione, ovvero il processo che consente, attraverso la curiosità e l’interesse, di apprendere i contenuti che stanno fuori di sé.

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35
Q

Cosa afferma Frobel riguardo al periodo dell’infanzia?

A

Dell’infanzia di questi anni, Fröbel , va a cogliere soprattutto la dimensione espressiva: il bambino, secondo Fröbel, ha un impulso ed un’energia interiore, che ha a che vedere con la trascendenza e la divinità, che chiede di uscire in tutte le forma possibili. Una di queste forme attraverso cui l’interiorità del bambino si esprime ed esce, è dell’esteriorizzazione linguistica e soprattutto dell’attività ludica.

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36
Q

Cosa afferma Frobel riguardo al gioco?

A

Il gioco è una forma di esternazione che non è unicamente tipica dell’essere umano, anche gli animali giocano in alcuni tempi della loro vita. Questo ci porta a dire che il gioco è fondamentale dal punto di vista della propria personalità oltre che dal punto di vista sociale e comunitario. Il livello più elevato dell’attività ludica è quello che consente di sperimentarla come un’attività che genera rapporti nuovi, creativi e liberi sia con sé stessi ma anche con la realtà esterna, compresi gli attori della realtà esterna. Fröbel, infatti, scrive in maniera molto significativa che «il bambino comincia a giocare con le cose ma poi gioca con sé stesso e il mondo».
Questo tema del gioco si tratta di un tema fondamentale iniziato da Fröbel e che avrà delle ricadute importanti su tutta una serie di teorie che intravedono nell’infanzia un modello positivo di ciò che dovrebbe poi diventare la vita adulta nella sua dimensione più autentica.

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37
Q

Qual è la finalità del gioco secondo Frobel?

A

Fröbel è stato il precursore dell’attenzione dedicata al gioco come attività di crescita, di sviluppo, di socializzazione, di tipo morale del bambino. Il gioco non è un passatempo. Qualsiasi gioco porta con sé delle regole da rispettare e non c’è un gioco che non sia serio: l’annaffiare le piante, sì è bello e gradevole ma è sempre un gioco serio, è una questione che ha a che vedere con il rispetto della natura, il rispetto della pianta, del rispetto dei turni dei bambini per annaffiare le piante.

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38
Q

Cosa intende Frobel con Kindergarden?

A

Il kindergarten, non è solo il luogo di accoglienza per bisogno dato che i genitori devono andare a lavorare, ma si tratta di un autentico ambiente educativo generale che è strutturato in forme specifiche che siano a misura di bambino: ciò significa che i materiali sono preparati a seconda dell’età dei bambini e anche un personale qualificato che stia attento alle specifiche fasi di crescita del bambino.

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39
Q

Cosa deve fare l’educatore all’interno del giardino d’infanzia?

A

È necessario che, rispettando i tempi di vita del bambino, l’educatore segua, ascolti, individui, osservi e possa poi sviluppare tutte le potenzialità individuali del bambino (richiama Pestalozzi) senza interventi esteriori, prescritti, repressi nella consapevolezza di essere soltanto uno strumento di mediazione tra allievo e natura (intesa come il corso buono dello sviluppo). Il maestro non entra in forma né repressiva né aggressiva nella vita del bambino, ma entra come uno strumento a disposizione per quella crescita.

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40
Q

Esponi la teoria dei doni di Frobel.

A

Secondo Frobel la crescita del bambino è caratterizzata da una sorta di progressiva esteriorizzazione secondo una certa gradualità. Per questo Frobel ha creato dei materiali didattici (materiali di crescita e di sviluppo), qualcosa che viene dato al bambino nel momento in cui lui è pronto a manipolare ed esprimere attraverso quello specifico oggetto.
I doni sono costituiti da oggetti geometrici (perlopiù in legno), con cui i bambini sono capaci di mediare l’esperienza sensibile e la struttura intima della natura.

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41
Q

Perchè vengono criticati i doni di Frobel?

A

La teoria dei doni costituisce il punto più debole di tutta la complessa e affascinante teoria pedagogica di Fröbel: se da un lato l’utilizzo di questi doni potrebbero essere visto come un’interessante anticipazione di molti dei giochi attuali, tuttavia il denso sostrato simbolico, filosofico e persino metafisico che su questi oggetti proiettava Fröbel appare totalmente arbitrario e privo di qualsiasi fondamento psico-pedagogico

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42
Q

Cosa dovrebbe far l’adulto nei confronti del gioco libero di bambini in gruppo?

A
  • si proponga attivamente come compagno di gioco
  • solleciti, accolga, apprezzi le iniziative ludiche stando al gioco dei bambini
  • riconosca le difficoltà dei bambini ad assumere le parti più difficili del gioco
  • sostenga la direzione dell’attività di finzione richiamando le regole dello scenario fittizio attivato
  • metta in connessione gli spunti individuali per favorire trame ludiche
  • moduli l’eccitazione contenendo le emozioni
  • attivi condotte ludiche appena più evolute con un intervento di modeling.
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43
Q

Chi è Pietro Pasquali?

A

Pietro Pasquali viene ricordato come colui che ha analizzato e studiato il froebeliamo, ma anche colui che ha riformato il metodo di Fröbel. Egli sostiene che quel metodo, nato nel mondo tedesco e che derivava da una cultura di un certo tipo (cultura del gioco, della comunità, della natura), potesse essere portato in Italia, ma non replicato esattamente nelle stesse forme con cui era stato reso vivo all’interno delle scuole tedesche.

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44
Q

Cosa mantiene il metodo Pasquale Agazzi del metodo frobeliano?

A

1) Principio del gioco – lavoro: tutte le attività che si svolgevano all’interno dei giardini d’infanzia froebeliani non erano delle attività di gioco fine a sé stesse, ma erano un gioco «formativo» utilizzato con uno scopo e un beneficio che deve essere utile a tutta quanta la comunità;
2) Principio della libertà: accompagnare il libero sviluppo del bambino

45
Q

Cosa modifica, Pietro Pasquali, del metodo Frobeliano?

A

Il metodo di Frobel era considerato troppo scolastico e rigoroso. A tal fine, Pasquali:
1) propone una forma di educazione che supera lo scolasticismo che vuole valorizzare l’esperienza e la concretezza (l’essere e l’agire sulle cose: diventano elementi importanti che prenderanno forma nel metodo agazziano).
2) Vede il fine dell’educazione come una redenzione sociale: (l’Italia era ancora un paese contadino e l’industrializzazione stava già prendendo piede) l’obiettivo non era quello di abolire la povertà, ma di lavorare contro la povertà sociale, materiale, fisica, culturale… che era ancora un tratto comune dell’Italia di quel tempo.

46
Q

Cosa pensano le sorelle Agazzi del metodo frobeliano?

A

Il metodo froebeliano stava un po’ stretto in Italia, per diverse ragioni, certamente anche politiche ma alcune erano legate a questa eccessiva rigidità del metodo e all’utilizzo dello strumentario (i doni erano visti troppo costruiti). Ecco perché allora, Rosa e Carolina Agazzi iniziarono a dire che il metodo froebeliano non va distrutto, ma va modificato, cioè declinato per quella specificità che il mondo italiano aveva rispetto alla sua creazione germanica. Al primo congresso pedagogico di Torino nel 1898 Rosa Agazzi specifica che riformare non significa demolire, ma sostituire in modo che questo nuovo metodo non muoia a sé stesso travolto dal progresso.

47
Q

Quali sono i cardini principali del metodo Agazziano? E da chi sono stati riformulati?

A
  1. Educazione di tutto l’uomo: nessun aspetto del suo essere e della sua personalità doveva essere ignorato o trascurato;
  2. L’educazione, secondo il metodo agazziano, non è sia un’educazione dell’individuo, ma è anche un’educazione che bada alla dimensione sociale, collettiva e comunitaria;
  3. Lo spirito educativo deve essere unificato nel passaggio dalla famiglia alla scuola;
  4. Parte e assume i principi della globalità esperienziale che si trova all’interno del bambino (il bambino trae dal suo stesso fare un oggetto di conoscenza).
  5. L’educazione non si dà fuori da una relazione, in una dimensione comunitaria.
48
Q

Cosa intende Rosa Agazzi con la parola metodo?

A

Rispetto alla parola «metodo» (dal greco «methodus»), Rosa intendeva la strada verso la quale raggiungere una qualche destinazione. È una via attraverso cui si favorisce lo sviluppo della personalità dell’educando, non una rassegna di passaggi precostituiti per indirizzare le azioni del bambino. Il metodo non si risolve in una cosa da fare, ma è una pratica fatta da determinati principi che vanno a portare al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissati. Non è una tecnica.

49
Q

Come intendono le sorelle Agazzi il metodo?

A

1) un metodo è un insieme di principi generali che guidano l’azione, ma non sono l’azione stessa;
2) il metodo è un processo di ricerca
3) le sorelle Agazzi usano il concetto di sperimentazione per non inciampare nella rigidità di schematismi
4) deve essere attento alle specifiche necessità del bambino e alla specificità della situazione
5) il metodo si fonda sul concetto di gioco – lavoro: ogni forma di esercizio fisico e di azione della vita pratica può essere un’attività educativa, come lavarsi.

50
Q

Come viene visto il bambino dalle sorelle Agazzi?

A

Il bambino, per le sorelle Agazzi, è un germe vitale che aspira al suo intero sviluppo e questo avviene in un ambiente adatto e naturale come una casa, calda e accogliente. Inoltre, il bambino agazziano è un bambino del fare, impegnato che trova all’interno del suo ambiente infinite occasioni per per esercitare le sue capacità e per metterle a disposizione della comunità infantile di cui fa parte

51
Q

Cosa affermano le sorelle Agazzi riguardo al ruolo di educatrice?

A

L’educatrice non ha un ruolo secondario ma primario perché deve
1. stare stare attenta a non sostituirsi al bambino,
2. osservare e fare leva sulle forze naturali
3. deve agire secondo le leggi della natura, non affidarsi a improvvisazione.

52
Q

Quali sono i tratti specifici delle educatrici richieste dalla pedagogia agazziana?

A
  • vocazione, entusiasmo, impegno e dimensione interiore
  • la conoscenza del bambino (psicologia dello sviluppo)
  • capacità di adattare il proprio intervento sulla base delle esigenze del bambino e delle situazioni
  • grande capacità di osservazione.
53
Q

Qual è il libro delle sorelle Agazzi rivolto al ruolo dell’educatrice?

A

«Guida per le educatrici dell’infanzia», si presenta come una sintesi della formazione delle educatrici: non deve essere una maestra di nozioni ma «vivificatrice di anime» (deve essere colta, preparata e attenta a osservare il bambino): è impegnata a sollecitare il vero maestro interiore, a promuovere la personalità del bambino accompagnandolo a realizzare il suo ordine interiore.

54
Q

A che cosa deve mirare l’educatrice agazziana?

A
  • L’educatrice non deve mai perdere di vista l’educazione di tutto il bambino, non fa educazione emotiva, cognitiva, motoria, all’immagine… ma si deve preoccupare di far crescere il bambino sano, buono, riflessivo, operoso, civile, utile a sé stesso, alla sua crescita e agli altri;
  • Richiamare il ruolo della madre: il bambino deve stare nell’istituto come in una famiglia, i piccoli sono lasciati liberi di vivere
  • Rendere l’ambiente scuola curato, ordinato, attraente. Inoltre deve prestare attenzione alla disposizione degli arredi e alla creazione di spazi in cui il bambino possa esprimere la sua volontà di iniziativa e la massima autonomia possibile.
55
Q

Come viene visto il gioco agazziano?

A

Il gioco viene inteso come l’unica forma spontanea ed autentica di ciò che il bambino può fare nella sua fanciullezza. Per le Agazzi ogni attività deve essere formulata e proposta nella forma di gioco. Dunque, l’educatrice deve offrire occasioni di gioco.

56
Q

Qual è la finalità del gioco per le sorelle Agazzi?

A

Il gioco non ha una finalità di svago, di distrazione o perditempo, ma ha una precisa finalità educativa, secondo la pedagogia agazziana, ed è quel momento fondamentale in cui il bambino sviluppa la razionalità: il giocare seguendo un ordine di tipo logico; oltre ad abituarsi all’obbedienza: dentro il gioco il bambino si abitua a stare a quelle regole di ordine, senso e significato che gli fanno sperimentare la funzione di gioco funzionale e soddisfacente.

57
Q

Quali sono gli oggetti usati all’interno delle scuole agazziane?

A

Gli oggetti utilizzati nella scuola materna delle sorelle Agazzi sono di sue tipi:
1) I materiali speciali d’uso didattico: sono utilizzati per l’osservazione, l’educazione linguistica, la discriminazione sensoriale, fabbricati dai bambini e dalla maestra, che variano a seconda della fase di sviluppo dei bambini stessi
2) Gli esercizi di vita pratica: usati per le attività di vita pratica, sono oggetti di vita quotidiana e si dividono in:
- Oggetti di corredo/uso individuale (asciugamani o bavagli) e collettivo (cesti o cassapanche);
- Il sistema dei contrassegni: il bambino interiorizza, in questo modo, il principio dell’ordine: tutto va riposto in ordine secondo il contrassegno;
- Materiale per i giochi all’aperto: tutto ciò che comporta all’attività all’aperto come le carriole, i birilli, i cerchi, la palla.

58
Q

Come nasce l’idea del museo delle cianfrusaglie?

A

Una mattina, Rosa Agazzi si accorse che un bambino portava con sé, nelle sue tasche, un pezzo di scodella in ceramica. Nel momento in cui lei glielo prese dalle mani e stava per buttarlo via, il bambino si mise a piangere. Rosa, così, capì che quell’oggetto che il bambino portava da casa dentro la sua tasca era un tesoro per lui. Da quella mattina, le sorelle, cominciarono a raccogliere tutti gli oggetti che trovarono nelle tasche dei bambini e fare una sorta di raccolta di oggetti scelti e portati dal bambino

59
Q

In che cosa consiste il museo delle cianfrusaglie?

A

Nacque così l’idea di raggrupparli in serie sulla base delle loro caratteristiche e successivamente, data la loro numerosità, essi divennero un vero e proprio museo didattico, nel quale ordinare gli oggetti sulla base del loro utilizzo per acquisire i concetti di forma, colore, grandezza, funzione.

60
Q

Qual è l’obiettivo della pedagogia agazziana?

A

L’obiettivo principale era imparare la lingua italiana. Si impara ascoltando, parlando e osservando i contrassegni. Un altro obiettivo che si ponevano le Agazzi attraverso la loro didattica della parola, erano:
- ascoltare e prestare attenzione ai discorsi degli altri
- formulare frasi di senso compiuto
- farsi comprendere in maniera adeguata

61
Q

In che cosa consistono gli esercizi verbali collettivi?

A

Gli esercizi verbali di tipo collettivo consistevano nell’invitare il gruppo classe a lavorare collettivamente, in maniera graduale, su alcuni elementi che rappresentavano la vita quotidiana:
- L’analisi delle cose e dei contrassegni
- L’azione del bambino accompagnata dalla parola
- Prime parole semplici, bisillabe (casa, nonna, mamma, pappa) per poi imparare parole sempre più complesse.

62
Q

Di che movimento Maria Montessori è riconosciuta l’artefice?

A

Maria Montessori è conosciuta come una delle artefici del positivismo pedagogico. A quel tempo, al centro dell’azione educativa didattica c’era il maestro; da Maria in poi al centro dell’azione educativa c’era il bambino, non inteso più come un ometto, ma un uomo completo all’interno del quale si trova l’intera umanità. Non è tabula rasa, ma è il seme, il germe prezioso su cui realizzare e tessere le varie forme dell’umanità.
Maria Montessori è considerata la pedagogista della libertà, ovviamente scomoda al regime fascista, tanto che il regime fascista allontanò Maria Montessori dall’Italia ed emigrò, così, in India.

63
Q

Qual è la prima esperienza di lavoro di Maria Montessori?

A

Maria Montessori iniziò il suo percorso partendo dai bambini oligofrenici, cosiddetti allora «deficienti», «imbecilli» (categorie diagnostiche che alla fine del ‘700 identificavano la varie forme di diversità della persona umana). Questo interesse per i bambini oligofrenici nasce negli anni dell’università, quando seguì le lezioni con il professore Clodomiro Bonofogli, il quale tenne un corso sul rapporto che c’era tra educazione infantile e pazzia.

64
Q

Qual è il lavoro di ricerca che inizia Maria Montessori dopo la laurea?

A

Dopo la laurea, nel Novecento comincia un lavoro di ricerca presso il manicomio romano di S. Maria della Pietà dove, dove, tra i malati di mente che erano ricoverati internati, si trovavano bambini con difficoltà o con turbe del comportamento. Erano rinchiusi e trattati alla pari degli altri, in uno stato di grave abbandono affettivo, oltre che operativi. La Montessori decide quindi di dedicarsi al loro recupero ed ottenne, con i materiali adatti, dei risultati inaspettati. Capì che l’ambiente era totalmente sbagliato e impediva ai bambini di crescere.

65
Q

Quando e dove aprì la prima «Casa dei bambini»?

A

Il 6 gennaio 1907 aprì nel poverissimo quartiere romano di S. Lorenzo la prima «Casa dei bambini» per i piccoli da 3 a 6 anni.
Nel suo discorso inaugurale per l’apertura, Montessori stessa avrebbe assunto la direzione di quella «Casa dei bambini» in quanto, lei, così poteva sperimentare con i bambini normali il metodo educativo applicato ai bambini anormali. Ecco perché, ancora oggi, nelle scuole montessoriane non c’è un vincolo di accoglienza o meno di bambini in difficoltà, ma l’accoglienza è garantita a tutti.

66
Q

Di che cosa si tratta la «Casa dei bambini»?

A

Le «Casa dei bambini» erano degli ambienti strutturati per rispondere ai bisogni di sviluppo dell’infanzia. Qui il bambino non trova né giocattoli né giochi, ma materiali di sviluppo pensati per i bambini secondo i loro periodi sensitivi: giochi a incastro, solidi, materiali di colori, che consentono al bambino – scienziato di fare esperienze dirette sulla base di osservazione, ipotesi ed esperimento.

67
Q

Qual è l’obiettivo che si pone Maria Montessori nella «Casa dei bambini»?

A

L’istituzione della «Casa dei bambini» consente di favorire un’educazione ispirata ai principi razionali della pedagogia scientifica che si fondava sullo studio antropologico dell’allievo (lo studio dell’allievo in quanto appartenente alla specie umana) da educare e che doveva infatti cercare di migliorare le nuove generazioni tenendo conto tanto del singolo individuo quanto dell’ambiente sociale e familiare.

68
Q

Qual è il testo principale del metodo montessoriano?

A

«Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini» del 1909 è il resoconto di quella applicazione del metodo della pedagogia scientifica che fece nella prima «Casa dei bambini» a partire dal 1907. Di questo testo ci sono 5 edizioni: a distanza di 40 anni dalla prima edizione, Maria Montessori sposta l’attenzione dall’impianto metodologico al bambino («La scoperta del bambino» del 1950).

69
Q

Che cosa deve fare l’educatore montessoriano?

A

Nel libro «La scoperta del bambino», Montessori afferma che «il maestro deve essere preparato nello spirito dello scienziato piuttosto che nel meccanismo»: non è un manovale che applica, in maniera meccanica, una sequenza di azioni; ma deve essere preparato nello spirito dello scienziato che comincia sempre nell’osservazione continua, ripetuta, documentata.
L’educatore non deve forzare il bambino verso direzione che non siano da lui indicate, deve osservare con pazienza e con curiosità, con spirito scientifico e rispetto, ricordando di mettere sempre il bambino nella condizione di agire liberamente.
L’educatore montessoriano deve essere competente, curioso, sperimentatore e mosso da un «istinto meraviglioso a osservare e conoscere»: deve essere attento, vigile, acuto nelle osservazioni; si deve muovere solo per riconoscere i bisogni del bambino, offrirgli il materiale necessario e, una volta che il bambino ha raggiunto la sua autonomia nell’attività, l’adulto si deve ritirare e solo osservare i progressi.

70
Q

Qual è la classifica che Maria Montessori ha inventato usando una gradualità con cinque livelli di crescente difficoltà?

A

1) attività più semplici di carattere motorio (camminare in punta di piedi) e cognitivo (materiali ad incastri solidi semplici)
2) attività più complesse di carattere motorio (camminare seguendo una linea tracciata per terra) e cognitivo (materiali ad incastri più complessi)
3) attività motorie che sono inserite nell’attività pratica (vestirsi)
4) attività di vita pratica collettiva (apparecchiare la tavola)
5) esercizi raffinati di vita pratica.

71
Q

Cosa succede nel 1958 ad opera di Aldo Moro?

A

con il D. P. D. R. dell’11 giugno uscirono i primi «Orientamenti per la scuola materna»: il primo documento istituzionale ministeriale italiano su quello che è la scuola materna.

72
Q

Quale documento esce il 18 maggio 1968?

A

Con la Legge 444 viene istituita la scuola materna statale (prima volta che viene nominata «scuola materna»): ciò significa che da quel momento in poi lo Stato si fa carico dell’educazione dei bambini da 3 a 6 anni che fino a quel momento era stata impartita dagli enti religiosi. Inoltre diventa gratuita e non obbligatoria.

73
Q

Quale documento esce il 10 settembre 1969?

A

Con il D. P. D. R. 647 vengono emanati gli «Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali», cioè per la seconda volta, lo Stato dà delle indicazioni rispetto alla dimensione educativa che i luoghi di accoglienza 3 – 6 anni devono avere nei confronti dei bambini. Lo Stato precisa che la scuola materna si propone «fini di educazione, sviluppo della personalità infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia».

74
Q

Quale Documento ministeriale esce il 3 giugno 1991?

A

«Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali» in cui gli orientamenti vengono divisi in quattro grandi ambiti:
1) società, educazione e infanzia
2) bambino e scuola
3) indicazioni curricolari
4) didattica ed organizzazione nelle scuole materne.

75
Q

Cosa nasce il 6 dicembre del 1971?

A

Il 6 dicembre del 1971 nascono gli «Asili nido» di nuova concezione con la Legge 1044. Prima di questi nuovi asili nido, vigevano i cosiddetti «centri per l’infanzia» o gli «asili nidi d’infanzia», organizzati nel 1923 dall’«Opera nazionale maternità – infanzia». Nel 1971 il compito di redigere norme tecniche per la realizzazione di asilo nido viene affidato alle Regioni nel rispetto del bambino e del suo sviluppo armonico.

76
Q

Cosa si afferma all’articolo 6 della Legge 1044?

A

1) prima di creare un asilo nido si deve trovare un campo geografico e prendere in considerazione delle esigenze delle famiglie
2) gli asili nido devono essere gestiti con la partecipazione delle famiglie e delle rappresentanze delle formazioni sociali
3) devono essere dotati di un personale qualificato, sufficiente ed idoneo a garantire l’assistenza sanitaria e psico-pedagogica del bambino
4) possedere requisiti tecnici, edilizi ed organizzativi tali da garantire l’armonico sviluppo del bambino

77
Q

Cosa cambia nel settembre 2007?

A

Il documento degli «Orientamenti per le scuole materne» del 1991 cessa di essere attivo e viene pubblicato, a distanza di sedici anni, un nuovo documento «Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione».

78
Q

Cosa afferma il decreto 65/2017?

A

Il Decreto 65 che istituisce il sistema 0 – 6 ovvero un sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai 6 anni.

79
Q

Quale documento esce il 13 luglio 2015?

A

Il 13 luglio 2015 Matteo Renzi promuove la cosiddetta Legge 107 sulla «Buona scuola», ovvero una «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione». La Legge 107 prevedeva otto decreti attuativi: uno di questi otto decreti, è il più importante sia per le ricadute di tipo didattico nella scuola dell’infanzia sia per l’istituzione della figura dell’educatrice. Nel 2017 questi decreti escono e «parlano» in particolare il decreto 65.

80
Q

Quale documento esce il 22 novembre 2021?

A

La fascia 3 – 6, nonché quella della scuola dell’infanzia, gode già di un suo documento normativo («Indicazioni per il curricolo» del 2007) ma mancava qualcosa che, in realtà, potesse dare delle linee di orientamento per il sistema e la parte 0 – 3 anni. Così, in questo modo, il 22 novembre 2021 escono le «Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei»: strumento di orientamento di linee generali pedagogiche per tutto il sistema 0 – 6 (0 - 3 + 3- 6).

81
Q

Quale documento esce il 24 febbraio 2022?

A

Il 24 febbraio 2022 escono i successivi «Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia»: documento nato esclusivamente per i servizi 0 – 3; e la denominazione scelta è quella del 1991 con il tema di «Orientamenti».

82
Q

Di che cosa si tratta un servizio educativo?

A

Un servizio educativo:
- Si tratta di un servizio pubblico o privato che offre opportunità educative, diurne o residenziali, in strutture deputate oppure a domicilio;
- L’intervento educativo fa parte di una serie di interventi di tipo sociale e/o sanitario e ne afferisce in termini progettuali esterni;
- Il cuore dell’intervento è la relazione educativa in cui vi sia almeno una figura educativa professionale (affiancata, a seconda della situazione, da altri educatore e/o professionisti);
- L’attenzione educativa è dedicata agli educandi e anche alle loro famiglie;
- L’intervento si dedica alla specifica fascia d’età e di situazione personale, con l’intento di promuovere la cura e la crescita degli educandi.

83
Q

Cosa si intende per nidi e micronidi?

A

Nidi e micronidi sono normati all’interno del Decreto 65/2017 e sono strutture che accolgono bambini di età compresa tra 3 e 36 mesi di età, e concorrono con le famiglie alla loro cura, educazione, socializzazione, promuovendone il benessere e lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia e delle competenze.

84
Q

Che cosa si intende per sezioni primavera?

A

Le sezioni primavera sono state nominate dalla Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 che introduceva la possibilità di amplificare l’offerta formativa rivolta ai bambini di età compresa tra 24 e 36 mesi. Queste sezioni hanno dimensioni contenute (15 – 20 bambini), con un rapporto numerico educatore/bambini di 1/10, e con un orario da 6 a 8/9 ore. Aggregate alle scuole dell’infanzia, le sezioni primavera sono nate per garantire la continuità del percorso formativo dell’asse 0 – 6 anni.
Nel Decreto 65/2017 esse sono finalizzate a rispondere a «specifiche funzioni di cura, educazione e istruzione, con modalità adeguate ai tempi e agli stili di sviluppo e di apprendimenti» dei bambini.
Da un punto di vista pedagogico, è necessario, prima di tutto, un’accortezza particolare alla predisposizione degli spazi, che non vanno semplicemente adeguati ai bambini più piccoli di tre anni ma pensati tenendo conto di locali per il riposo e il relax, di aree gioco adatte all’età, di una dotazione adeguata di servizi igienici e per la cura igienica, con possibilità di aree interne ed esterne.

85
Q

Qual è il ruolo della professionalità educativa all’interno delle sezioni primavera?

A

La professionalità educativa svolge il ruolo di cerniera tra la prima e la seconda infanzia: questo ruolo di cerniera esige una capacità attenta di collaborazione con la scuola dell’infanzia e con le figure insegnanti.

86
Q

Cosa si intende per spazi gioco?

A

Gli spazi gioco fanno parte dei servizi integrativi per l’infanzia, sono normati anche essi dal Decreto 65/2017 e concorrono all’educazione di bambini e bambine garantendo un’attenzione specifica ai diversi bisogni delle famiglie. Gli spazi gioco hanno una propria identità, possono essere a pagamento o gratuiti; le aperture sono spesso fissate secondo fasce d’età per poter adeguare di volta in volta l’attività ludica sulla base della specificità degli educandi.
Gli obiettivi fondamentali degli spazi gioco riguardano l’offerta all’infanzia dell’opportunità di uscire dall’ambiente domestico per aprirsi ad altre relazioni sociali; inoltre, si mette a disposizione dei genitori uno spazio sociale e culturale, per poter scambiare opinioni, pensieri, rappresentazioni sull’educazione e per apprendere nel contempo modalità di gioco adeguate alle età dei bambini.
Il tratto comune di qualsiasi spazio gioco è quello di rispondere a una duplice esigenza:
- Sostenere lo sviluppo del bambino attraverso attività ludiche, progettate per ogni fascia d’età;
- Offrire una presenza di supporto ai genitori, rispettando i tempi di crescita del rapporto con i figli.

87
Q

Qual è il ruolo della professionalità educativa all’interno degli spazi gioco?

A

La professionalità educativa:
1) deve predisporre occasioni di gioco spontaneo e autonomo
2) deve essere il regista del setting ludico
3) sceglie i materiali e predispone le occasioni di gioco
4) deve mettersi a servizio del bambino e del suo sviluppo.

88
Q

Cosa si intende per i centri bambini e famiglie (CBF)?

A

I CBF fanno parte dei servizi integrativi per l’infanzia normati anche essi dal Decreto 65/2017. Questi luoghi accolgono bambini/e dai primi mesi di vita insieme a un adulto accompagnatore, offrono esperienze di socializzazione, apprendimento e gioco e momenti di comunicazione e incontro per gli adulti sui temi dell’educazione e della genitorialità

89
Q

Quali obbiettivi si sono posti i CBF?

A

I centri per bambini e famiglie si sono posti tradizionalmente questi obiettivi:
- Allargare le progettualità sull’infanzia aprendo spazi che fossero in grado di rispondere ai bisogni di sostegno alle famiglie;
- Fornire servizi flessibili, capaci di favorire il gioco tra pari;
- Offrire ai bambini nuove figure adulte;
- Garantire personale educativo adeguatamente formato.

90
Q

Qual è il ruolo della professionalità educativa all’interno dei centri bambini e famiglie?

A

All’interno del CBF la tipologia di servizio è quello che si può chiamare triangolazione educativa, perché il rapporto è costantemente a tre: dopo la prima fase di inserimento in cui l’educatore accompagna con delicatezza la coppia alla conoscenza del contesto, delle sue offerte ludiche, degli spazi e tempi, sarà l’adulto accompagnatore a promuovere lo spazio di autonomia del bambino, a scegliere con lui le attività.

91
Q

Cosa si intende per servizi educativi in contesto domiciliare?

A

I servizi educativi in contesto domiciliare fanno parte dei servizi integrativi per l’infanzia normati anche essi dal Decreto 65/2017. Questi sono spazi in cui accolgono bambine/i da tre a trentasei mesi e concorrono con le famiglie alla loro educazione e cura. Sono caratterizzati dal numero ridotto di bambini affidati a uno o più educatori in modo continuativo.

92
Q

Qual è il ruolo della professionalità educativa all’interno dei servizi educativi in contesto domiciliare?

A

La professionalità educativa deve essere formata con la laurea L – 19, deve avere competenze teoriche e abilità pratiche di tipo pedagogico, psicologico, sociale, igienico-sanitario e normativo; oltre ad una capacità organizzativa.

93
Q

Cosa si intende per le comunità mamma - bambino?

A

Le comunità mamma – bambino sono servizi che accolgono nuclei di mamme e bambini che si trovano in uno stato di disagio, di marginalità sociale o di violenza e che hanno bisogno di tutela, sostegno e aiuto concreto nella gestione della loro quotidianità.

94
Q

Cosa si intende per le comunità familiari?

A

Le comunità familiari accolgono solo i minori ed intervengono quando ci sia la necessità di allontanare il bambino dal suo nucleo familiare: esse svolgono un ruolo di supplenza temporanea alla famiglia naturale finalizzata a una ricostruzione dei rapporti affettivi parentali. I bambini frequentano i servizi educativi adeguati alla loro età e vivono in comunità i pasti, il riposo, il gioco, insieme ai coetanei, sulla base della loro fascia d’età. Il progetto educativo mira a far ricongiungere il bambino con la propria famiglia e dove questo non sia possibile possono essere previste modalità di affido o di adozione.

95
Q

Qual è il ruolo dell’educatore di comunità?

A

1) Deve avere una laurea in Scienze dell’Educazione;
2) Condivide quotidianamente un tratto del percorso di vita di madri e bambini in una fase molto delicata della loro esistenza;
3) Costruisce un progetto educativo che tenga conto di tutti i contesti naturali di vita della madre e del bambino che promuova le relazioni.

96
Q

Che cosa si intende per i servizi di educativa territoriale – domiciliare?

A

I servizi di educativa territoriale – domiciliare si manifestano come progettualità educative che assumono i reali contesti di vita e di appartenenza delle famiglie e dei bambini come luoghi dell’intervento educativo. Spesso sono rivolti a bambini da 0 – 6 anni. Si tratta di interventi educativi di durata diversa, rivolti al bambino e al suo nucleo familiare. Si svolgono all’interno delle case dei bambino o nei luoghi quotidiani

97
Q

Qual è il compito dell’educatore all’interno dei servizi di educativa territoriale - domiciliare?

A

La professionalità educativa è definita come un educatore in punta di piedi: deve entrare in maniera delicata nella vita e nella casa delle famiglie e dei bambini. Il ruolo educativo è triangolato, perché l’educatore agisce in maniera contemporanea sia sul genitore sia sul bambino, con un’attenzione specifica a promuovere la relazione affettiva tra i due senza intralciare il rapporto naturale.

98
Q

Che cos’è la cura?

A

Il termine «cura» assume significati diversi: in Italia, per esempio, viene usato sia ambito socio – educativo sia alle terapie in ambito medico (da un lato significa terapia, trattamento e guarigione; dall’altro la preoccupazione per un’altra persona, interesse per lei).
La cura è un bisogno universale della condizione umana: la cura è, essenzialmente, l’occuparsi della vita materiale, emotiva, cognitiva e spirituale di qualcuno. Quindi la cura è relazionale: perché ci sia cura, infatti, ci devono essere due soggetti che avviano interazioni non sempre intenzionalmente scelte.

99
Q

Qual è il modello educativo spartano?

A
  • la finalità educativa è di formare una città intera di eroi, pronti a consacrarsi per la patria;
  • il bambino dalla nascita viene affidato allo stato dove una comunità di anziani valuta le sue qualità e se è idoneo a diventare un buon soldato;
  • in caso contrario viene educato dalla famiglia e a 7 anni affidato allo Stato che lo educa all’addestramento militare in una comunità fino ai vent’anni;
  • le bambine vengono educate con finalità di crescere sane e robuste così da diventare madri prolifere di figli sani e forti.
100
Q

Qual è il modello educativo ateniese?

A
  • all’addestramento militare sono rivolti i ragazzi dai 18 ai 20 anni
  • l’educazione assume connotazioni democratiche: i bambini vengono educati dalle madre attraverso favole, giochi
  • l’istruzione scolastica va dai 7 ai 14 anni, ma oltre alla scuola l’educazione infantile ateniese avviene con la partecipazione di gare sportivi, assemblee politiche, cerimonie religiose;
  • la finalità dell’educazione ateniese è che vuole perseguire l’equilibrio interiore, l’armonia tra corpo e mente.
101
Q

Qual è il modello educativo secondo Platone?

A
  • educazione assume un carattere dialettico: non più una semplice trasmissione di saperi e conoscenze passive ma è importante un processo attivo e partecipato tra l’educatore e l’educando;
  • nella prima infanzia viene educato attraverso il gioco e l’ascolto di favole
  • dai 7 ai 10 anni iniziano un percorso educativo più specifico e vengono educati attraverso esercizi fisici, danza e matematica.
102
Q

Qual è il modello educativo secondo Gesù?

A

Il bambino, secondo l’esempio di Gesù, deve essere formato attraverso l’amorevolezza dei genitori a vivere armonicamente tra gli altri ed essere educato a guardare l’altro con rispetto e benevolenza. Nella famiglia si inizia a compiere questo processo di crescita interiore del bambino attraverso lo sviluppo delle sue capacità. Inoltre il bambino viene educato dai genitori attraverso la restituzione di regole e l’esempio del loro comportamento.

103
Q

Qual è il modello educativo secondo Origene?

A
  • maestro e guida della scuola di Alessandria;
  • necessità di individualizzare un approccio pedagogico individualizzato (così anche il linguaggio deve essere attento alle capacità di apprendimento);
  • una delle finalità dell’educazione è quella di coltivare e incentivare l’autonomia nei bambini, farli crescere sani, forti e responsabili delle proprie azioni e promuovere uno status di indipendenza dallo stesso maestro.
104
Q

Qual è il modello educativo secondo San Girolamo?

A

San Girolamo precisa che i genitori hanno la responsabilità delle azioni e delle decisioni dei figli, perché i bambini non sono capaci di scegliere e di organizzare razionalmente la loro quotidianità. San Girolamo comprende che l’infanzia è la stagione della vita più delicata e complessa su cui edificare lo sviluppo della persona, per questo suggerisce, al maestro, di insegnare giocando così da favorire nel bambino la curiosità e il piacere di apprendere.

105
Q

Qual è il modello educativo secondo Sant’Agostino?

A

Agostino sottolinea come nel rapporto educativo maestro – allievo:
- sia fondamentale che l’adulto utilizzi la giusta motivazione per incentivare l’allievo ad accogliere ed esprimere con serenità questa esperienza
- deve evitare insegnamenti infondati su nozioni astratte
- promuovere una tipologia di educazione attiva
- il maestro riconosca l’allievo come regista del suo percorso educativo.

106
Q

Cosa afferma Dewey riguardo il bambino?

A

Il bambino è il centro di tutte le attività educative, sottolinea Dewey, sia in famiglia sia a scuola. Nel nucleo familiare il bambino viene impegnato in piccole attività quotidiane che lo educano alla responsabilità di compiere e portare a termine il compito che gli è stato affidato così da comprendere il suo ruolo attivo di persona all’interno del nucleo familiare. All’interno del contesto scolastico, già a partire dalla scuola dell’infanzia, è necessario che tutte le attività didattiche siano finalizzate a incentivare i processi educativi e di crescita armonica del bambino (questo è possibile solo se il focus dell’osservazione è il bambino).

106
Q

Cosa afferma Dewey riguardo l’educazione?

A

L’educazione deve essere attiva, non passiva, deve rispondere al Learning by Doing, l’apprendere attraverso il fare.

107
Q

Di che cosa è portatore Dewey?

A

Dewey è portatore delle scuole laboratorio nate nel 1896, dove l’insegnamento attivo veniva pratico a partire dall’attività volontaria dei bambini attraverso mansioni loro affidate che incontravano i reali interessi come ad esempio cucinare, coltivare giardini; ma anche materie curricolari tradizionali, come la matematica la storia e la geografia.

108
Q

Quali sono le dimensioni della formazione dell’infanzia?

A
  1. apprendimento: processo mediante il quale un apprendimento viene appreso o modificato
  2. motivazione: modus profondo che scuote il soggetto ad agire
  3. scelta
  4. coltivazione: permette di attribuire un valore al proprio tempo, di capire che ogni progetto e/o ogni desiderio deve essere nutrito in modo costante assumendo senso e significato
  5. cura: naturale tensione alla relazionalità che caratterizza l’uomo e lo predispone all’incontro con l’altro.