Micro Flashcards

1
Q

Descrivi la teoria della Generazione spontanea

A

Nell’800, era ancora presente la cosiddetta teoria della generazione spontanea delle forme viventi, ovvero che i batteri si generassero direttamente dalle malattie e non ne fossero la causa.

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2
Q

Descrivi gli esperimenti di Spallanzani e Pasteaur

A

Nel 1700, il primo a smantellare questa teoria fu Spallanzani. Usò due fiasche di brodo di coltura che, tenute all’aria, diventarono torbido e pieno di microrganismi. In seguito, una delle due venne chiusa. Scaldando poi questo brodo, lasciando all’aria una fiala e tappando l’altra, scoprì che in quella chiusa non vennero trovate microrganismi. La critica di questo metodo fu che, togliendo l’azione dell’aria, si era tolta una forza vitale

Nel 1800, Pasteur ripropose l’esperimento precedente. Usò dei matracci a collo lungo, da dove potesse passare l’aria e che intrappolasse le particelle derivanti dalla bollitura del brodo. Il brodo di coltura, come previsto, si scoprì sterile, mentre il collo era pieno di microorganismi. Facendo defluire il liquido nel collo, si scoprì che esso era ritornato pieno di pulviscolo.

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3
Q

Descrivi gli studi di Koch e i suoi postulati

A

Negli stessi anni, Koch studiò una malattia animale, il carbonchio o antrace. Questo batterio, presente sul vello delle pecore, passava spesso ai posatori, portando a delle polmoniti mortali. Il suo merito è quello di essere andato a identificare questo agente eziologico.
L’invenzione che gli permise di giungere a queste conclusioni fu l’introduzione del terreno di coltura solido, che permette di isolare colonie di microrganismi. Si possono distinguere colonie diverse in base alla loro forma o superficie.
Koch dai suoi studi ne dedusse alcuni postulati (chiesti all’esame) per la definizione delle malattie causate da microorganismi:
* L’agente causale di una malattia deve essere presenti in tutti gli individui malati e non presente in quelli sani.
* L’agente deve dare origine, se in coltura, ad una popolazione omogenea.
* L’inoculazione della coltura deve dare origine alla malattia.
* L’agente causale può essere risolato dall’organismo infettato sperimentalmente.

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4
Q

Descrivi in quali casi i postulati di Koch sono ancora attuali e in quali non

A

Tuttavia i postulati, in seguito, non si rivelarono infallibili. Hanno un’importanza storica e metodologica, valgono ancora per microrganismi particolarmente virulenti. La critica principale è il fatto che la presenza di agente patogeno non implica necessariamente la malattia e l’insorgenza della stessa è dettata da varie condizioni:

  • Ambientali come nel caso dell’Helicobacter pylori, batterio molto comune tra i caucasici che in alcuni casi porta ad ulcera gastrica. Tuttavia il contributo di questo batterio era messo in dubbio dal fatto che lo stomaco è un ambiente troppo acido per un batterio, ed effettivamente è così, solo che il batterio cresce all’interno della mucosa e dà infiammazione.
  • Genetici: il caso più evidente è quello della fibrosi cistica e Pseudomonas aeruginosa. La fibrosi cistica è una malattia genetica dovuta a inefficienza di canale ionico del cloro e ciò comporta un muco più denso nelle vie respiratorie che non riesce ad essere eliminato. In questo ambiente prospera Pseudomonas aeruginosa che, causando un’infezione, può portare alla morte.
  • Tipo di distretto in cui si trova il microrganismo: un esempio è Staphylococcus aureus che è presente nel naso di molte persone ma nel caso in cui dovesse entrare nel circolo sanguineo potrebbe fermarsi nelle valvole cardiache e dare sepsi e miocarditi.

Questi microrganismi sono detti opportunistici perché sfruttano situazioni contingenti per dare virulenza. Altri casi che violano i postulati di Koch sono il fatto che molti microrganismi non sono coltivabili (i virus prima delle colture cellulari) e che molte malattie non sono causate da un singolo patogeno.

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5
Q

Descrivi la scoperta di Roux e Pasteaur? A che cosa portò?

A

Pasteur e Roux scoprono che un microorganismo, se incubato fuori dall’ospite per molto tempo, perde la capacità di causare la malattia. In vivo, le pressioni selettive agiscono sul DNA favorendo geni che codificano per fattori di virulenza, mentre in vitro questi geni non sono favoriti in quanto, non essendo necessaria nessuna difesa, sono favoriti i batteri in grado di produrre più energia e quindi riprodursi.
I due chiameranno questo fenomeno attenuazione della virulenza e venne per la prima volte osservato nel colera dei polli.
Si osservò che l’agente batterico, infatti, essendo stato mantenuto in incubazione troppo a lungo, non porterà il pollo a cui è stato iniettato ad ammalarsi. Inoltre, se provassi ad inoculare nuovamente il batterio virulento in questo stesso pollo, non si ammalerebbe comunque perché ha sviluppato un’immunità al batterio .
L’attenuazione fu molto studiata da Pasteur in particolare per il virus della rabbia. Questo virus è diffuso nei boschi ed è letale al 100%. Esso colpisce il sistema nervoso inducendo aggressività, che sfocia poi nei tipici morsi.

Pasteur ne produsse il primo vaccino strappando il nervo spinale dei conigli infetti. Questo poi viene essiccato per attenuare il virus e infine, reidratato somministrandolo al paziente.

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6
Q

Descrivi i domini in cui sono divisi gli organismi viventi e perchè i virus non possono essere considerati tali

A

In generale, la prima classificazione parte proprio dal tipo di cellula. Ce ne sono principalmente di due tipi:

  • Cellule procariote, mancanza di un nucleo ben delimitato all’interno della cellula. Gli organelli sono quasi assenti, il microrganismo è di per sé molto semplice, ma esiste una grande diversificazione.
  • Cellule eucariote, presenta un compartimento nucleare ben definito, questo comporta una maggior complessità di organizzazione. Generalmente sono più grandi.

Gli organismi procarioti, in generale si possono dividere in due domini:

  • Bacteria, organismi unicellulari che, in alcuni casi, possono formare colonie visibili ad occhio nudo (cianobatteri):

 Presentano una parete cellulare caratterizzata dalla presenza di peptidoglicano, caratteristico dei bacteria e per questo motivo può essere l’obiettivo degli antibiotici. Le pareti sono formate in gran parte di polisaccaridi, ma la costituzione dipende molto dalla specie.
 In grado di sopravvivere a condizioni estreme, come temperature e pH estremi, alta salinità. Ciò vale per alcune categorie di batteri, detti estremofili. I batteri associati a noi, la nostra flora batterica, si sono evoluti in condizioni fisiologiche; perciò, non sono in grado di sopravvivere in condizioni estreme
 Presenza di specie patogene, che comprende una minoranza di batteri (bacillus anthracis).
 Alcuni sono capaci di produrre ossigeno mediante fotosintesi, percentuale molto piccola che comprende i cianobatteri.

  • Archea, diversi dai bacteria per molti aspetti della loro biochimica (come per i meccanismi di trascrizione e traduzione), anch’essi sono organismi unicellulari con le caratteristiche tipiche dei procarioti:

 Presentano una parete cellulare priva di peptidoglicano, in una parte degli archea esiste un composto zuccherino detto pseudo-peptidoglicano, che comunque è differente.
 Molti si trovano in ambienti estremi, si pensa che questo sia dovuto al fatto che essi si siano formati agli inizi della vita, quando le condizioni erano estreme.
 Non sono conosciute specie patogene né capaci di fotosintesi.
 Capaci di produrre CO2.

Il dominio Eucarya, ossia solo di organismi eucarioti si compone di:
* Organismi multicellulari (animali, piante)
* Organismi unicellulari eucarioti (alghe unicellulari, protozoi, lieviti, funghi).

I virus non sono identificati come esseri viventi perché non possiedono le loro caratteristiche. In particolare, non possiedono un metabolismo proprio e non si possono replicare autonomamente.

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7
Q

Descrivi la teoria endosimbiotica

A

Secondo questa teoria mitocondri e cloroplasti sono identificati come ancestrali. Probabilmente erano batteri che venivano predati da altre cellule.

Ciò che è avvenuto è che alcuni di questi batteri “predati” non sono stati digeriti ma hanno iniziato a vivere all’interno della cellula in simbiosi con essa, perdendo molte delle sue funzioni e sviluppandone alcune particolari. Nel caso del mitocondrio la funzione principale è la produzione di energia sotto forma di ATP.

Nei bacteria l’energia è prodotta nella membrana citoplasmatica, così come nel mitocondrio la sede della fosforilazione ossidativa è la membrana interna, in particolare le creste generate dalle invaginazioni della membrana.

Il mitocondrio ha bisogno della cellula perché non è in grado di portare a termine la replicazione autonomamente, le cellule eucariotiche non sono in grado di sopravvivere senza mitocondri.

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8
Q

Quali sono le strutture cellulari della cellula batterica?

A

Consideriamo un batterio a bastoncello. La struttura presenta:

  • Citoplasma
  • Ribosomi
  • Materiale genetico, addensato a formare un nucleoide.
  • Membrana cellulare, requisito assoluto per tutti gli esseri viventi.
  • Membrana esterna, sempre di natura lipidica presente, per esempio, nei gram negativi.
  • Parete cellulare.
  • Capsula, fornisce protezione alla cellula, per esempio protegge dalla mancanza d’acqua.
  • Strutture proteiche extracellulari, non essenziali.

Le strutture in grassetto non sono presenti in tutti i procarioti oppure non hanno la medesima composizione, ma hanno una rilevanza poiché possono essere l’obiettivo di determinati antibiotici.

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9
Q

Descrivi la classificazione batterica in base alla grandezza

A

Tra i batteri di maggiori dimensioni sono i cianobatteri, si ricordano poi, in ordine di dimensione decrescente:

  • Bacillus megaterium, interessante del punto di vista di applicazione biotecnologico, utilizzato per produrre bioplastiche, 1.5×4 micrometri
  • Escherichia coli, detto commensale, presente in tutti gli individui. Esistono alcune specie molto virulente, anche se in gran parte non è un patogeno. È un bastoncello di dimensioni 3 micrometri
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10
Q

Descrivi i vari tipi di forma della cellula batterica

A

I batteri possono avere forme diverse:

  • Cocchi, cellule tondeggianti.
  • Bastoncelli, generalmente chiamati Bacillus.
  • Spirilli, allungati, simili al bastoncello ma piegato, come alcuni Lactobacillus e bifido batterio.
  • Spirochete, forma a spirale
  • Prostecati, forma un po’ a palloncino. Caratteristica una coda detta peduncolo, una struttura differente dal flagello. Alla fine del peduncolo presente una proteina adesiva, in grado di ancorarsi ad una struttura e a quel punto possibile la replicazione.
  • Filamenti
  • Ife, tipiche di alcuni funghi. La forma ifale prevede cellule molto allungate in cui la replicazione avviene in 1 direzione. Si forma una guaina esterna mentre le cellule non sono più separate tra loro internamente. Si formano quindi filamenti polinucleati. (Sinciziale, da sincizio = massa protoplasmatica multinucleata derivante dalla riunione secondaria delle cellule in un primo tempo separate, sinonimo di plasmodio in botanica)
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11
Q

Spiega cosa è il GC content e come viene misurato

A

Il GC content è il contenuto di GC all’interno del genoma di un organismo. Una quantità maggiore di GC content corrisponde ad una maggiore stabilità della doppia elica, per via della presenza di un numero maggiore di legami di idrogeno. Generalmente, però, batteri con GC% simili non hanno delle caratteristiche somatiche simili e, perciò, il GC content è stato abbandonato a livello tassonomico.

La presenza di GC viene rilevata attraverso lo sfruttamento dell’effetto ipercromico. Campioni di DNA di lunghezza omogenea di specie diverse, venivano messe in cariche di intubazione, aumentando la temperatura dell’ambiente circostante.

Successivamente, al suo interno veniva puntato un raggio di 260nm, ovvero la lunghezza d’onda ad assorbanza massima nel DNA natio. In seguito alla denaturazione della molecola, l’assorbanza aumentava di circa il 40% ed era possibile, quindi, calcolare la sua temperatura di melting.

Organismi diversi porta a curve diverse di denaturazione, che corrispondevano, di conseguenza, a diversi GC% content.

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12
Q

Spiega cosa sono le OTU e come vengono classificate

A

Oggi, la tassonomia molecolare è usata per esprimere il grado di parentela fra specie diverse, ovvero organismi “somiglianti” o con una “vicinanza evolutiva”.
La definizione di specie nel mondo microbico è, infatti, definita come Operational Taxonomic Unit (OTU). Il principale metro di paragone per distinguere organismi diversi sono le differenze di struttura di alcuni geni di riferimento, in particolare, i geni codificanti per il 16S RNA. Una differenza superiore al 5% (di solito dovuta a mutazioni) determina un’attribuzione ad una diversa OTU.
Il 16S RNA ha il compito di assistenza di attività catalitiche. All’interno del ribosoma, si assembla con 31 proteine circa, per formare la subunità minore che è essenziale al processo di traduzione. Per via della importanza al livello biologico, la sua struttura è fortemente conservata. Nonostante questo, vi sono comunque delle regioni interne più variabili, che sono l’oggetto di studio per definire le diverse OTU.
Attraverso lo studio del 16S RNA si è potuto definire un albero filogenetico dei batteri. Se, per diversi motivi, ci occorre ottenere una differenza tassonomica ancora più fine, si possono usare le sequenze introniche derivante dallo splicing dei geni per il 16S RNA, per subunità dell’RNA polimerasi o per il tRNA della lisina.

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13
Q

Quali sono le sostanze essenziali per un organismo batterico?

A

L’analisi chimica di una cellula batterica evidenza la grande presenza di carbonio (50%), il componente principale del materiale cellulare, e di ossigeno (20%), il componente principale dei composti organici e dell’acqua cellulare.
L’azoto (14%) è il terzo componente per concentrazione, per via della sua presenza nelle proteine e nella struttura del DNA. Lo stesso possiamo dire del fosforo (3%), che compone la doppia elica ed è la molecola principale dei processi di fosforilazione.
Lo zolfo (1%), è presente negli amminoacidi e in alcuni polisaccaridi. I principali metalli, come il Calcio, Potassio, Magnesio e Ferro (<1%) sono essenziali per alcune attività enzimatiche, per via della loro azione di cofattori. Altri metalli, soprattutto pesanti, sono presenti solo in tracce e si ritrovano solo in enzimi specifici.

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14
Q

Spiega grossolanamente come si compone il DNA di un batterio, come E.Coli? (Quanto è lungo, da cosa è formato, cosa sono gli ORF)

A

Il DNA è l’unica macromolecola ad essere replicata ed avere un esteso meccanismo di riparazione. All’interno di una cellula batterica, troviamo un solo cromosoma batterico. Alcuni possono avere due cromosomi ma con assenza di diploidia. Esso è generalmente circolare ed è sempre associato a proteine.
Il DNA batterico è superavvolto in vari domini di carattere negativo.
Generalmente, il genoma di un E. Coli, con le dimensioni di un paio di micron, possiede 4.300.000 bp, che codificano per circa 4300 geni.
Fortunatamente, con le moderne tecnologie il sequenziamento del genoma batterico, possiamo studiare in maniera approfondita la sua composizione, per intuire l’importanza biologica dei loro geni.
Il DNA genomico può essere rappresentato tramite ORF, ovvero open reading frames, un’unità di codoni senso fra un codone di inizio e di stop che potrebbero codificare per una proteina.
Le regioni fuori dagli ORF nel genoma batterico sono molto limitate ma generalmente hanno il compito di regolare le attività trascrizionali della cellula. A volte, se il genoma è particolarmente piccolo, possiamo trovare sequenze che hanno due sistemi di lettura, su un’elica piuttosto che un’altra.
Gli operoni, geni presenti generalmente nei batteri, sono identificati tramite ombreggiature.

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15
Q

Quali tipi di proteine si associano al DNA?

A

Generalmente, ne possiamo trovare di due tipi:
* Proteine che legano il DNA in maniere non specifica (histone-like proteins, con una carica neutra)
* Proteine che legano strutture particolari del DNA (SSBP, o sequenze ricche di AT)
* Proteine che legano sequenze specifiche, come le RNA polimerasi.
La struttura della doppia elica viene mantenuta stabile da molecole cariche come il magnesio oppure delle poliammine, cariche positivamente, mantenendo quindi un’interazione elettrostatica (putrescina, spermina ecc.)

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16
Q

Quale è la proteina iniziatrice della replicazione e su cosa agisce?

A

Il punto di partenza è una forcella di replicazione, nella regione oriC, che si denatura localmente e perciò molto ricca in AT e con numerose sequenze ripetute GATC. È la proteina chiamata DnaA a inizializzare il processo, legando oriC se complessata con una molecola di ATP.

17
Q

Quali sono i fattori che incentivano la replicazione del DNA?

A

Altri fattori lo incentivavo, come la presenta della proteina DARS, che porta ad un cambio conformazionale del DNA, aumentando la sua affinità di legame verso l’ATP.

18
Q

Quali sono i fattori che inibiscono la replicazione del DNA?

A

Alcuni fattori inibiscono il processo di replicazione, influenzando l’attività di DnaA: ad esempio, la proteina RIDA, che porta all’idrolisi di ATP in ADP.
In condizioni normali, si tende a limitare gli eventi di replicazione, per mantenere energia sufficiente nella cellula. Durante la replicazione, le sequenze GATC contenute nelle forcelle di replicazione vengono metilate su entrambe le adenosine. Nella nuova elica replicata, però, non sarà metilata a sua volta. L’unione di queste due strutture, una metilata e una non, richiamata una proteina SeqA, che inibisce la formazione di una seconda forcella.

19
Q

Che cosa fa la DnaG?

A

La proteina DnaG, chiamata anche primasi, può iniziare la sintesi di un breve tratto di RNA primer, che serve da innesco per la DNA polimerasi III, che viaggia in direzione 5’ > 3’ formata da numerose subunità.

20
Q

Che cosa fa la Dna girasi?

A

Aiuta lo srotolamento dei superavvolgimenti di DNA, rilassandoli per un numero di legame di due, per incentivare la replicazione stessa. La DNA girasi consuma ATP, per sopperire a questa reazione che normalmente sarebbe favorita e, a differenza della topoisomerasi umana, può svolgere superavvolgimenti negativi.
La girasi è costituita da sue subunità identiche, girA, che ha la capacità di legame al DNA, e girB, che idrolizza l’ATP.

Quello che avviene alla fine della replicazione è la presenza di due molecole figlie attaccate le une alle altre. Anche in questo caso, la DNA girasi prevede di separare il DNA delle due molecole e, successivamente, le loro membrane stesse.

21
Q

Che cosa fa la DnaB e con quale proteine agisce?

A

La proteina DnaB, chiamata generalmente elicasi, aiuta la formazione della forcella di replicazione, aprendo l’elica, che vengono mantenute dalle SSBP, che legano le singole eliche per minimizzare la nucleazione.

22
Q

Che cosa è la DNA polimerasi III, che subunità ha e attività svolge?

A

Questo enzima è costituito da molte subunità, gran parte delle quali ha una funzione di ancoraggio al DNA, soprattutto a quello a singola elica. La subunità alfa gestisce l’attività polimerasica, mentre quella cheta l’attività di proofreading. Nel lagging strand, sintetizzando il nuovo filamento, la polimerasi III potrebbe trovarsi un frammento di RNA davanti, la cui presenza inibisce il processo di sintesi

Incorporando i nucleotidi, infatti, è possibile che si verifichi l’aggiunta di un nucleotide sbagliato. Per questo, l’enzima può tornare sui suoi passi e modificandolo. Questa attività riconoscitiva prevede probabilmente la presenza di una piccola deviazione del DNA, che avverte la polimerasi. La sua attività è chiamata 3’5’ esonucleasica.

23
Q

Cosa succede sul filamento lento e come agisce la DNA polimerasi I assieme alla ligasi?

A

A questo punto interviene la DNA polimerasi I, che ha la capacità di idrolisi 5’3’ esonucleasica, degrada i nucleotidi del primer di RNA, sostituendoli con dei deossinucleotidi e va a risintetizzare anche parte già sintetizzata dalla polimerasi III. Questo processo è anche chiamato nick translation.
A questo punto, la DNA polimerasi si slega dal DNA e resta un taglio a singola elica. Questo taglio è, però, fra due frammenti di DNA; quindi, è possibile che la DNA ligasi leghi questo substrato e sintetizzi il filamento intero.

24
Q

Che tipi di polimerasi esistono nei batteri?

A
  • Le DNA polimerasi I viene codificato dal gene PolA e, assieme alla III si occupa della replicazione.
  • La DNA polimerasi II viene codificata dal gene PolB, e svolge attività di riparazione. Infatti, la replicazione del DNA porta alla formazione di due cellule figlie. A volte, infatti, serve solo a riparare una frazione di DNA che era danneggiata.
  • La DNA polimerasi IV e V hanno una frequenza di errore di riparazione abbastanza frequente. In particolare, la polimerasi V si aziona successivamente alla mutazione da UV.
25
Q

Quali farmaci agiscono a livello della replicazione dei batteri?

A

L’actinomicina può essere un agente intercalante del DNA, infilandosi fra le copie di basi e inibendo la denaturazione. Questi inibitori non possono sempre usati come agenti antibiotici, perché hanno un’azione tossica non selettiva e quindi non specifica per un determinato batterio. Vengono però usati come composti antitumorali per tumori molto aggressivi.
I chinoloni sono fra gli antibiotici più usati, che colpiscono le DNA girasi, inibendo il suo ruolo di rilassamento dei superavvolgimenti.