LIBRI Flashcards

1
Q

IORI: cosa si intende con Walfare generativo?

A

Il walfare generativo per le professioni educative. È necessario passare da un welfare redistributivo ad un welfare rigenerativo e moltiplicativo, ovvero uno stato sociale che non percepisce i servizi come un costo ma come un investimento, attraverso:
- Possibilità di generare vantaggi relazionali ed economici
- Creare occupazione
- Produrre maggior entrate per lo Stato
L’obiettivo è uno: innescare circuiti virtuosi nei percorsi di aiuto e di assistenza, attraverso azioni di affiancamento, di interscambio, di promozione delle risorse (spesso non riconosciute) presenti in ogni persona. Ed è proprio qui che si colloca il ruolo decisivo dell’educatore, come figura professionale capace di cogliere le potenzialità dove sono presenti e di suscitare legami.

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2
Q

IORI: qual è la differenza tra senso comune, conoscenza preriflessiva e sapere autorevole? L’educatore fa riferimento al senso comune o al sapere autorevole?

A

Senso comune: forma di conoscenza immediata e irriflessa difficile da dimostrare e condivisa da una massa più o meno ignorante e inconsapevole.
Conoscenza preriflessiva: una sorta di forza intuitiva necessaria per arrivare al sapere autorevole.
Sapere autorevole: Riconosciuto, condiviso e promosso da una comunità di ricerca sulla base di un principio di autorità.

L’educatore fa riferimento al sapere pedagogico: È un mediatore tra il mondo del senso comune e il mondo del sapere autorevole. Bisogna fuggire dalle concezioni estreme del concetto di verità, tra cui quella positivista, quella nichilista e quella relativista e difendere il diritto alla ricerca della verità.

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3
Q

IORI: in cosa consiste la criticità del quotidiano?

A

La ricorsività del quotidiano diviene “priva di anima” nel momento in cui diventa meccanica e impersonale, ovvero nel momento in cui ci si smette di domandare il senso di quello che si sta facendo e di riflettere su di esso per seguire la logica del senso comune. Occorre RACCONTARE ciò che viviamo poiché nel raccontarlo non ci si limita a descriverlo semplicemente ma a comprenderne il significo più profondo. Occorre esercitare la virtù definita come “la pazienza del particolare”, ovvero la pazienza di AVER CURA DELLE PICCOLE COSE, del loro valore simbolico e del loro potere formativo.

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4
Q

SANTERINI 1: Come possiamo definire la cultura?

A

Secondo una concezione moderna (e quella di questo libro), la cultura è:
-un insieme complesso di modelli che guidano la vita degli individui in modo implicito o esplicito
-influenzabile da forze esterne
-tendente a mutare nel tempo
-basata su un insieme di simboli e significati condivisi dagli individui
-sociale per definizione: frutto di continue interazioni, condivisioni, trasmissioni e rielaborazioni tra gli individui.

Attraverso l’educazione, l’eredità culturale viene conservata, trasmessa ai nuovi membri (bambini) e, da questi, rinnovata.

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5
Q

SANTERINI 1: Viviamo in società multiculturali. Quali sono i due metodi principali considerati per far convivere più culture?

A
  • L’universalismo etnocentrico: propone un modo univoco di guardare alle culture (si pensi alle pretese da parte dell’uomo europeo di imporre come universali i valori derivanti dal proprio punto di vista). Questo approccio non riesce ad affrontare i problemi posti dalla effettiva presenza di culture diverse.
  • Il relativismo: mette tutte le culture sullo stesso piano, ma le separa e non permette che entrino in relazione. Esse proprio perché uguali non possono venire modificate, ma sono accettate e comprese in relazione al contesto che le ha originate. Questo approccio non riesce a mettere in dialogo i sistemi di significato.
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6
Q

SANTERINI 2: Parla della pedagogia nera e della pedagogia bianca

A

L’educazione tedesca tra il XVIII e l’inizio del XX secolo con la sua “pedagogia nera”, si basava sulla violenza, sulle punizioni fisiche e sulla costrizione psicologica. La soluzione non è la nostalgia del passato, ma la ricerca di una pedagogia bianca, basata sull’amore e il rispetto, che valorizzi l’autocostruzione del sé all’interno di una comunità. La pedagogia deve essere basata sull’idea di una nuova amicizia civica, di un mondo rinnovato nella pace e di un destino comune dell’umanità.

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7
Q

SANTERINI 3: quali stadi di sviluppo attraversano le competenze emotive, e perché queste competenze sono importanti per un educatore?

A

Lo sviluppo della competenza emotiva attraversa vari stadi:
- Essere consapevoli delle proprie emozioni
- Saper nominare le emozioni e saperle rappresentare a livello simbolico
- Capacità di mentalizzare le emozioni, comprendere le emozioni degli altri, provare empatia
- Gestione dei meccanismi di autocontrollo e la qualità della comunicazione in senso meta-riflessivo.

Il controllo e la gestione delle emozioni riguarda un percorso di auto riflessività.
L’espetto emotivo incide sul nostro comportamento e sulle decisioni, non può essere separato da quello razionale.

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8
Q

SANTERINI 3: in cosa consiste la competenza interculturale per un educatore?

A

L’obiettivo per gli educatori è acquisire una competenza interculturale che permetta lo scambio e il dialogo con persone di culture e lingue diverse. Questa competenza comprende sensibilità culturale, decentramento, rispetto, flessibilità e empatia. La relazione interculturale richiede l’accettazione e l’accoglienza, ma anche la capacità di esprimere giudizi su comportamenti o atteggiamenti che creano contrasti. La competenza interculturale non deve essere basata su una scelta relativista, ma deve tener conto delle divergenze di valori e cercare punti di accordo a partire da posizioni diverse.

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9
Q

SANTERINI 3: quali sono i due modelli di formazione che mirano a sviluppare quella competenza interculturale di cui necessitano gli educatori?

A
  1. Primo modello: esso ha l’obiettivo di aumentare la sensibilità interculturale degli educatori utilizzando le tre dimensioni della formazione:
    * Sapere: conoscenze interculturali
    * Saper essere: comprensione interculturale
    * Saper fare: abilità interculturali
  2. Secondo modello: riguarda una metodologia di tipo narrativo attraverso cui gli educatori descrivono le modalità concrete attraverso cui hanno sviluppato la competenza come sapere situato. In questo modello sperimentale le tre competenze interculturali prescelte sono:
    * comprensione delle culture,
    * riduzione dei pregiudizi,
    * costruzione di orizzonti condivisi
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10
Q

SANTERINI 3: Quali sono i 3 punti chiave su cui si fonda l’educazione alla cittadinanza e alla convivenza?

A

-Identità: l’identità non dovrebbe essere basata solo su legami di sangue e razza, ma dovrebbe evolversi verso un senso di appartenenza più ampio a livello della città, dello stato-nazione e del mondo. L’educazione alla cittadinanza non deve far rinunciare a identità particolari ma aiutare a far vivere anche un’identità più larga in grado di affrontare il pluralismo dell’appartenenza e superare la paura dell’altro.
-Alterità: ovvero la diversa identità, che va rispettata ed esaltata. La vera educazione alla cittadinanza è una presa a carico e ricerca di giustizia, come interesse per l’altro. È una cittadinanza non solo attiva, ma anche solidaristica che inventa diversi modi per includere, riportando la scuola a quel ruolo di grande egualizzatrice e la responsabilità di offrire a tutti uguali opportunità di trattamento differenziato.
-Partecipazione: la partecipazione dei cittadini è una dimensione importante dell’esperienza educativa, che consiste nel preparare le persone ad esercitare il giudizio in tutti i ruoli rivestiti.

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11
Q

SANTERINI 4: Come realizzare una cultura non violenta attuando principi pedagogici?

A

La creazione di una cultura non violenta attraverso la pedagogia della libertà richiede la scelta di un progetto educativo incentrato sul dialogo e la cittadinanza. È importante distinguere tra conflitto e violenza: il conflitto è inevitabile e può essere usato per rafforzare una relazione, mentre la violenza è un comportamento preoccupante che può manifestarsi nella forma del bullismo. Il bullismo è compiuto da un individuo o gruppo verso una vittima in modo ripetuto e può essere diretto o indiretto. I bulli spesso hanno difficoltà di socializzazione e le vittime possono essere immigrati. La pedagogia socio-culturale si concentra sull’immoralità del bullismo e sui meccanismi di disimpegno morale che lo permettono.

Per contrastare il bullismo, le azioni puramente sanzionatorie sono spesso inefficaci. Invece, è importante agire sul contesto delle relazioni, osservando gli scambi e i rapporti di potere e creando un clima di fiducia e collaborazione a scuola. È necessario coinvolgere la classe per creare un ambiente in cui riconnettere i legami e lavorare sul controllo degli impulsi emozionali dei bulli. I progetti che potenziano il controllo di sé funzionano meglio. Inoltre, è importante lavorare sul ruolo degli spettatori, trasformandoli in una comunità in cui ricreare relazioni di aiuto e amicizia. La mediazione tra pari e il supporto della classe sono modalità alternative alle misure disciplinari. È necessario contrastare il cyberbullismo, il sexting e il cyberstalking, promuovendo l’educazione alla cittadinanza digitale.

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12
Q

SANTERINI 4: cosa si intende con “povertà educativa” e come è possibile contenerla?

A

Il concetto di povertà educativa considera diversi indicatori come i livelli di competenza, l’abbandono scolastico, le competenze civiche e le qualifiche formative. Per affrontare questo problema diventa fondamentale l’extrascuola, secondo l’approccio del sistema formativo integrato. Le iniziative extrascolastiche di recupero gestite da associazioni possono privilegiare i ragazzi in difficoltà scolastica e sociale (particolarmente colpiti sono i figli di immigrati) o lavorare con tutti in modo preventivo.

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13
Q

SANTERINI 4: Cosa sai dirmi dei comportamenti rischiosi negli adolescenti? Perché avvengono? Come vanno affrontati?

A

Il periodo dell’adolescenza è caratterizzato dal desiderio di affrontare il rischio, sia per componenti biologiche e neurologiche, che per motivi psicologici e socio-culturali. I giochi di morte, la guida pericolosa, il gioco d’azzardo, l’uso di droghe e la violenza nel contesto di vita sono alcuni dei rischi ai quali gli adolescenti possono andare incontro. Tuttavia, questi comportamenti possono essere interpretati anche come sostituti delle cerimonie di iniziazione, utili per la ricerca di identità. Per contrastare questi fenomeni, si opta per l’informazione oggettiva e la formazione di life skills, nonché per la prevenzione attraverso la partecipazione e la testimonianza, fino alle azioni di riduzione del danno e alla formazione alla legalità.

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14
Q

SANTERINI 5: cosa sai dire sull’adozione?

A

Il concetto di adozione è cambiato nel corso del tempo. Oggi si afferma il diritto del bambino ad avere una famiglia, anziché il diritto della famiglia di avere un erede. Il lavoro educativo e l’approccio socio-culturale alla famiglia adottiva sono essenziali per creare un ambiente sicuro e accogliente per i bambini adottati. La formazione può aiutare le famiglie a potenziare le loro risorse e competenze interculturali per affrontare le difficoltà che i bambini adottati possono incontrare nell’adattarsi alla nuova famiglia.

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15
Q

SANTERINI 5: cosa sai dire sull’affido?

A

La pratica dell’affidamento familiare consente di mantenere i legami con la famiglia biologica e aiuta i genitori a recuperare la propria genitorialità. Esistono diverse forme di affido, tra cui quello professionale, l’affido di ragazzi ultradiciotteni e gli affidi omoculturali. La complessità delle relazioni familiari evidenzia come le leggi fatichino ad interpretare appieno i bisogni dei minori e dei genitori, portando a cercare nuove forme di tutela. Si discute della possibilità di introdurre una via di mezzo tra affido e adozione legittimante, per permettere al bambino di avere una bifamiliarità e mantenere la continuità affettiva con la famiglia affidataria, che può trasformarsi in adozione se i genitori lo desiderano e ne hanno i requisiti.

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16
Q

SANTERINI 5: cosa sono le comunità familiari?

A

Lo Stato interviene con soluzioni residenziali quando la famiglia non può offrire un’accoglienza adeguata ai propri membri. Nel caso dei minori, la prospettiva del Child and Family Welfare prevede l’allontanamento dal nucleo familiare solo quando necessario, con l’affidamento a comunità “di tipo familiare” che ricordino un ambiente domestico. I percorsi di ingresso sono diversificati in base all’urgenza e alla cautela.

17
Q

SANTERINI 5: che tipo di comunità assistenziali esistono in Italia?

A
  • Comunità familiari/ casa-famiglia: presenza stabile di adulti residenti
  • Comunità educative: caratterizzate da operatori e educatori che non abitano lì, ma fanno a rotazione
  • Comunità socio-sanitarie: funzioni socio educative e terapeutiche assunte da operatori professionali.

Le differenze sussistono quindi soprattutto nel loro ruolo: gli educatori professionali o genitori sostitutivi. Le case di accoglienza e le comunità sono le più adatte ai bambini la cui famiglia non ha acconsentito all’allontanamento e sviluppato una conflittualità verso famiglie alternative; la comunità familiare è più adatta a chi necessita forti figure di riferimento

18
Q

SANTERINI 5: come opera la giustizia minorile in Italia? Qual è il ruolo dell’educatore in questo caso?

A

In Italia si è sempre applicata la giustizia riparativa nel settore minorile, che prevede che il giudice possa impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa. Le comunità per minorenni che accolgono anche minori trasgressori hanno il compito di promuovere un percorso di responsabilizzazione attiva, attraverso un approccio educativo e riparativo..
La conciliazione, come modalità educativa, è responsabilizzante proprio per il bisogno dei minori di riconoscere i propri errori e di essere rimessi nella comunità sociale. Le comunità per minorenni assumono quindi anche funzioni educative e riparative, con strutture che possono essere di due tipi: Centri di Prima Accoglienza, che accolgono per pochi giorni, e comunità vere e proprie.
L’aspetto chiave del progetto delle comunità è la relazione educativa, che costituisce sia una risorsa che un vincolo. Infatti, la comunità è anche casa, luogo di gioco e di amicizie, ma allo stesso tempo i ragazzi sono sottoposti all’autorità giudiziaria a cui devono rendere conto.
Gli educatori delle comunità per minori devono spesso interfacciarsi con la violenza e porre dei limiti. La violenza va gestita come conflitto che richiede la parola, la comunicazione e la mediazione.

19
Q

SANTERINI 6: cosa intendiamo con “kidd libber” e “child savers”?

A

Alfred Carlo Moro distingue i Kidd Libber dai Child Savers: i primi pongono in primo piano la partecipazione del minore, come capace di responsabilità e di esercitare diritti; i secondi li proteggono perché sono vulnerabili. Nasce un duplice atteggiamento: alcuni sono preoccupati del paternalismo che potrebbe privare i minori del loro protagonismo attivo, gli altri della mancanza di protezione che li esporrebbe ai pericoli. Far diventare i minori cittadini non significa adultizzarli, allo stesso tempo se il bambino è già cittadino non significa negare la sua fragilità. Ritenere inconciliabili la protezione dei minori e la promozione dei loro diritti significa ignorare che l’educazione è un processo: attraverso di essa si esercitano sia protezione, sia protezione dell’autonomia.

20
Q

SANTERINI 6: cos’è la resilienza? Quali sono i fattori di rischio e di protezione per lo sviluppo della resilienza?

A

La resilienza è la capacità di superare gli eventi negativi e di riprendere la vita a partire dalle difficoltà. Questo concetto ha aperto la strada alla psicologia positiva e ad una visione dinamica della vita. La resilienza è universale, ma non è mai assoluta o costruita una volta per tutte, ma è il risultato di un processo dinamico.

I fattori di rischio che minano la resilienza sono:
- Situazione familiare precaria
- Fattori sociali e ambientali
- Problemi cronici di salute del bambino
- Minacce vitali (guerra, catastrofi naturali)

I fattori di protezione che promuovono la resilienza sono:
- capacità e disposizioni individuali;
- sostegno e coesione familiare e sociale;
- sistemi esterni di supporto.

21
Q

SANTERINI 6: Che ruolo può avere l’educatore nell’ambito della resilienza? Esponi la metafora della casita.

A

Gli educatori possono svolgere un ruolo importante come tutori di resilienza, fornendo un attaccamento sicuro, rafforzando l’autostima e dando senso agli eventi nuovi. L’educatore aiuta i minori a riprendersi da situazioni traumatiche, sviluppando fiducia e insegnando abilità per i rinforzi positivi. La metafora della “casita” di Vanistendael illustra la costruzione della resilienza come un processo a diversi livelli, dalla soddisfazione dei bisogni materiali di base alla capacità di trovare un significato agli eventi della vita. La casita sarebbe costituita da diversi livelli: le fondamenta rappresentano i bisogni materiali di base; il pavimento è la rete di contatti formali e informali; il piano terra rappresenta la capacità di trovare un significato agli eventi della vita attraverso la fede religiosa o politica, o l’impegno umanitario; il primo piano presenta diverse stanze: autostima, abilità personali e sociali, senso dell’umorismo; il sottotetto rappresenta l’apertura al nuovo e la capacità di credere nel superamento della sofferenza e nella bellezza. In conclusione, la presenza di relazioni significative e di figure di cura attente può aiutare i minori a sviluppare la resilienza e a superare le difficoltà della vita.

22
Q

SANTERINI 6: come viene usata la narrazione nell’ambito educativo?

A

La narrazione è un elemento fondamentale nella trasmissione della cultura, nella costruzione dell’identità personale e nell’educazione. La narrazione ci aiuta a dare significato alle esperienze, a capire il mondo che ci circonda e a creare relazioni significative. La letteratura, l’approccio biografico, l’analisi e l’interpretazione delle esperienze educative, l’ascolto dei racconti degli altri come biblioteca vivente e lo storytelling sono solo alcuni dei modi in cui la narrazione viene utilizzata nella pedagogia contemporanea. La narrazione può anche essere utilizzata nell’educazione morale per aiutare le persone a sviluppare una sensibilità etica e la capacità di assumersi la responsabilità delle proprie scelte e azioni.

23
Q

SANTERINI 6: in cosa consiste la Philosophy for Children?

A

La Philosophy for Children (P4C) è un programma educativo che insegna ai bambini come pensare piuttosto che cosa pensare, concentrandosi sull’indagine filosofica. Il programma è stato ideato negli anni ‘70 dal filosofo americano Matthew Lipman e mira a generare una comunità di ricerca tra i bambini. La P4C crea laboratorio in classe in cui i bambini imparano ad analizzare i problemi, esprimersi e rispettare le opinioni degli altri. Il dialogo si basa su un processo di indagine che solleva domande filosofiche e cerca di comprendere attraverso la comunicazione. -Dialogo ed

24
Q

SANTERINI 6: come si può procedere per incentivare lo sviluppo dell’educazione morale?

A

La conversazione morale promuove la formazione del pensiero morale attraverso il confronto su temi etici, la discussione di dilemmi e la presa di decisioni in base a criteri condivisi. Il Modello Classico di Discussione Socio-Morale di Kohlberg è un approccio pedagogico che si focalizza sullo sviluppo della moralità e del pensiero critico nei bambini. Il modello prevede la presentazione di uno scenario morale controverso, seguito da una serie di domande a cui i partecipanti devono rispondere. Le risposte vengono poi classificate in base al livello di sviluppo morale individuale, in base alla teoria di Kohlberg che individua sei stadi di sviluppo morale divisi in tre livelli. Il modello classico di discussione socio-morale di Kohlberg promuove la riflessione critica, l’analisi del punto di vista altrui e la comprensione delle conseguenze delle proprie azioni sulla società. In questo modo, si mira a sviluppare nei bambini la capacità di prendere decisioni etiche e di comportarsi in modo responsabile e rispettoso degli altri.
La concezione di Kohlberg di tipo stadiale è stata messa in discussione dall’idea che non basta seguire le regole e conseguire un’autonomia morale attraverso la logica formale, ma i concetti morali da cui dipende la comprensione e l’applicazione di queste regole si costruiscono attraverso le relazioni e l’incontro con l’altro

25
Q

MORTARI: Perché la cura è svalorizzata?

A

La cura è una parte fondamentale della vita, ma spesso è svalutata e invisibile culturalmente perché è stata a lungo associata alle donne e non adeguatamente retribuita. Le donne, in particolare quelle appartenenti a categorie sociali svantaggiate, occupano i posti più bassi nella scala di retribuzione economica e di riconoscimento sociale per le attività di cura. L’immagine del soggetto maschile come essere razionale e del soggetto femminile come emotivo e irrazionale ha contribuito alla svalutazione della cura e delle attività femminili. Tuttavia, le donne che si occupano di cura lo fanno perché conoscono l’essenzialità della cura stessa. La cura del corpo e delle persone non ancora autonome richiede un adeguato riconoscimento simbolico e non deve essere esclusa da ogni riflessione sul tema della cura. La cura come epimeleia è quella pratica che ha cura della vita dell’anima.

26
Q

MORTARI: ci sono tre direzionalità etiche della cura, quali?

A

La cura non è un’etica ma una pratica eticamente formata. Etica vuol dire interrogarsi sulla qualità della buona vita; Cura vuol dire agire orientato per la ricerca della buona vita. Ci sono tre direzionalità etiche: farsi responsabili, avere rispetto e agire in modo donativo.

-Farsi responsabili: la cura implica la presa di coscienza della dipendenza dell’altro da noi e la responsabilità di predisporre contesti che facilitino la ricerca del proprio benessere da parte dell’altro. La cura non deve scadere nell’onnipotenza del benessere dell’altro, ma deve essere percepita come necessaria per il benessere di entrambi e per una autentica apertura all’altro.

-Avere rispetto: Il rispetto per l’altro è fondamentale nella cura e implica l’accoglienza e la salvaguardia della trascendenza dell’altro, senza mai trasformare la relazione in un possesso. L’incontro autentico richiede una vicinanza distante e una messa in questione di se stessi, senza distruggere la relazione anche quando ci sono difficoltà etiche. L’altro deve essere considerato un infinito valore inviolabile e sacro, che non può essere oggettivato o posseduto. La massima relazione autentica della cura è una relazione di dono.

-Agire in modo donativo: Per curare gli altri è importante agire in modo donativo e dedicare tempo ed energie, donando il tempo come forma più alta di cura per il benessere dell’altro. Il dono deve essere libero e gratuito, senza aspettarsi nulla in cambio, e permette di costruire una comunità basata sulla responsabilità e sul rispetto dell’altro. Non si deve vedere la cura come un’azione sacrificale, ma come un atto generativo di spazi dell’essere e di passione per il benessere di sé stessi e degli altri. La cultura moderna dovrebbe rivedere il valore delle pratiche della cura, in particolare quella materna, che interrompono l’economia e sospendono il calcolo economico.

27
Q

FREIRE: Insegnare esige…? (le parti non affrontate a lezione)

A

Freire dedica il libro “pedagogia dell’autonomia” alla formazione degli insegnanti, proponendo delle caratteristiche che non devono mancare in questi.

-Non c’è insegnamento senza apprendimento
Ricordare che chi insegna, apprende e chi apprende insegna.
L’autore si oppone a quella visione di educazione in cui il formatore è il soggetto (colui che trasferisce contenuti) e l’educando è l’oggetto (il contenitore). Nel caso di un’educazione depositaria (contenutistica) l’educando può ribellarsi intervenendo attivamente nel suo apprendimento, con domande, dubbi, riflessioni, per dar vita ad un’educazione critica.
-Insegnare non è trasferire conoscenza
Insegnare significa creare le possibilità per la produzione di conoscenze. Non si può compiere accuratamente la pratica esprimendo solamente la teoria.
-Insegnare esige la coscienza dell’ incompiutezza
L’incompiutezza è propria dell’essere umano e della vita.
Noi esseri umani, in quanto esseri culturali, abbiamo periodi di dipendenza molto più lunghi rispetto agli altri animali. Nel contesto del supporto l’essere umano ha inventato il linguaggio che ha permesso di dare un nome e un significato alle cose; l’intelligibilità del supporto stesso permette la comunicazione di quanto si comprende.
-Insegnare esige il riconoscimento dell’essere condizionato
All’interno di un mondo in cui siamo condizionati (influenzati dal contesto spaziotemporale, storico-politico) dobbiamo comunque trovare il modo di determinarci, prendendoci la responsabilità delle nostre azioni, agendo in nome del cambiamento. Gli ostacoli che incontriamo durante il nostro cammino possono essere superati. In questo modo diventiamo soggetti del mondo, e non oggetti.
-Insegnare esige il rispetto dell’autonomia d’essere dell’educando
Il rispetto dell’autonomia, della dignità della curiosità, del gusto estetico, del linguaggio di ogni persona è un imperativo etico e non un favore che possiamo o meno concederci reciprocamente. L’insegnante non deve fare ironia sull’alunno e in alcun mondo farlo sentire inferiore facendolo “restare al suo posto” al minimo segno di legittima ribellione.
-Insegnare esige buon senso
Quanto più mettiamo in pratica la nostra capacità di indagare, di dubitare, di valutare, tanto più efficacemente curiosi possiamo diventare e tanto più critico diventa il nostro buon senso.
-Insegnare esige umiltà, tolleranza e lotta per la difesa dei diritti degli educatori
Insegnanti ed educatori devono difendere i loro diritti e la loro dignità: questa lotta è insita nella pratica stessa, tanto quanto il rispetto che l’insegnante deve avere per l’identità dell’educando.
-Insegnare esige che si afferri la realtà
Il fatto che noi impariamo non solo per adattarci alla realtà, ma soprattutto per trasformarla, ricreandola, indica che la nostra educabilità si colloca ad un livello diverso da quello per esempio dell’addestramento degli animali. La nostra capacità di apprendere, da cui deriva quella di insegnare, implica la nostra abilità di afferrare la realtà, la sostanzialità dell’oggetto appreso.
-Insegnare esige allegria e speranza
Nella pratica educativa, la speranza è necessaria per resistere a ciò che ostacola la nostra allegria.
La disperazione rappresenta la negazione della speranza. La disperazione è il naturale stato di chi vive la vita secondo una visione deterministica e fatalista; la speranza invece è parte di una visione possibilista, proiettiva, orientata verso il futuro; la visione di chi sa che le cose possono cambiare, possono essere trasformate.
-Insegnare esige la convinzione che il cambiamento è possibile
Secondo Freire, il ruolo dell’uomo nel mondo, non è soltanto quello di chi constata ciò che avviene, ma anche quello di chi interviene come soggetto degli avvenimenti. Gli educatori che sposano questa filosofia hanno una certezza: cambiare è difficile, ma è possibile, e necessario.
-Insegnare esige curiosità
La curiosità che mette a tacere quella altrui, si nega anche a sé stessa. Come insegnante devo sapere che senza la curiosità che mi muove, che mi pone interrogativi, che mi inserisce nella ricerca, non imparo né insegno.
-Insegnare esige sicurezza, competenza professionale e generosità
La sicurezza implica competenza professionale. L’insegnante che non prenda sul serio la propria formazione, che non studia, non ha la forza morale per coordinare le attività della propria classe.
Un’altra qualità indispensabile è la generosità. L’autorità docente che smania di comandare, rigida, non tiene per niente in conto la creatività dell’educando.
L’autorità democratica non minimizza mai la libertà, al contrario scommette su di essa. Non vede mai, nell’atto di ribellione della libertà un segno di deterioramento dell’ordine.
-Insegnare esige che ci si impegni
Non posso fare l’insegnante senza espormi agli alunni, non posso sfuggire alla loro valutazione. La percezione che l’alunno ha di me, non è il risultato esclusivamente del mio agire, ma anche del modo con cui egli percepisce il mio agire.
-Insegnare esige di comprendere che educare è una forma di intervento sul mondo
L’educazione è un modo di intervenire sul mondo. Intervento che implica sia lo sforzo di riprodurre l’ideologia dominante sia quello del suo smascheramento. È un errore etichettarla come semplice compito di riproduzione dell’ideologia dominante ma è altrettanto un errore prenderla come una forza che svela la realtà.
-Insegnare esige libertà e autorità
È decidendo che si impara a decidere. Non posso apprendere a essere me stesso se non decido mai.
Fa parte dell’ apprendistato del decidere il farsi carico delle conseguenze dell’atto di prendere decisioni. La partecipazione dei genitori deve avvenire soprattutto nella fase dell’analisi, con i figli, delle possibili conseguenze che implica la decisione da prendere. Una pedagogia dell’autonomia deve centrarsi su esperienze che stimolino alla decisione e alla responsabilità, vale a dire, su esperienze rispettose della libertà.
-Insegnare esige l’assunzione cosciente di decisioni
Ci si riferisce sia al fatto che aspira a cambiamenti radicali nella società, nel campo dell’economia, relazioni umane, ecc., sia al fatto che, al contrario, pretende in modo reazionario di fermare la storia e mantenere un ordine ingiusto. È nell’intenzionalità dell’educazione che si trova quella che viene definita da Freire, la natura politica dell’educazione. La qualità di essere politica è parte della sua natura; La neutralità dell’educazione è impossibile. L’educazione non diviene politica perché lo decide un educatore: essa è politica.
-Insegnare esige il saper ascoltare
Quello che non può mai fare chi impara ad ascoltare è parlare imponendosi, in modo autoritario, dall’alto in basso.
Ascoltare comporta la disponibilità permanente a essere aperto nei confronti del discorso dell’altro, e nei confronti delle sue differenze. L’ascolto autentico non sminuisce per nulla la mia capacità di esercitare il diritto a non essere d’accordo, a oppormi, a prendere posizione.
È proprio perché si ascolta che, quando non siamo d’accordo, possiamo esprimerlo in maniera assertiva, ma mai autoritaria.
-Insegnare esige di riconoscere che l’educazione è ideologica
Questo sapere ci mette in guardia nei confronti delle trappole in cui ci fa cadere l’ideologia. Essa ha a che vedere direttamente con l’occultamento della verità dei fatti. La strada migliore per mantenere viva e vigile la mia capacità di pensare correttamente, di osservare con acutezza, di ascoltare con rispetto è quella di rifiutare posizioni dogmatiche. Questa è l’attitudine corretta di chi non si sente padrone della verità ma neppure oggetto a disposizione del discorso autoritario di altri.
-Insegnare esige voler bene agli educandi
L’apertura al voler bene non significa, in realtà, che per il fatto di esser insegnante, sono obbligato a voler bene a tutti gli stessi alunni allo stesso modo. Significa che non mi spaventa l’affettività né ho paura di esprimerla.
Ciò che non posso permettermi, ovviamente, è che la mia affettività interferisca nell’adempimento etico del mio dovere di insegnante mentre esercito la mia autorità.