LEZIONI Flashcards
Etimologia di pedagogia
Il termine pedagogia (paidagoghìa) trae origine dal greco e significa “educazione del bambino” (paidòs = bambino, figlio; aghein = condurre, guidare)
Quest’etimologia racchiude due concetti:
1. Andare verso l’altro (estratto dal concetto di “condurre”, “guidare”)
2. Accompagnare l’altro, nel senso di aver cura dell’altro e aver cura della relazione
Come avviene il passaggio da pedagogia come ancilla (serva) della filosofia–> a pedagogia come scienza
-La pedagogia nasce come Filosofia – “ancilla philosophiae”, e resterà legata alla filosofia per circa due millenni.
-Dal 700 al 900 avverrà il processo di emancipazione della pedagogia dalla filosofia, durante questo processo, la pedagogia si fa scienza (scienza non intesa come lavoro di laboratorio, ma intesa come fondare il proprio agire su metodi e strumenti certi e replicabili)
-Poi diventerà scienza di scienze e quindi scienza che riflette su dati attraverso il contributo di molte altre scienze (quindi la pedagogia è scienza che si interroga sul fatto educativo attraverso il contributo di altre scienze, è quindi in continuo dialogo con le altre scienze. È in continuo sviluppo)
-Della filosofia resta l’aspetto critico, regolativo e riflessivo.
Verso la fine della seconda metà del Novecento oltre al termine pedagogia appare quello di scienze dell’educazione, in quanto propone una riflessione sistematica e globale sul fenomeno educativo, quindi sul suo soggetto (persona), sui fini, metodi e i mezzi del suo oggetto (educazione).
-Il metodo di indagine della pedagogia non è più solo riflessione teorica;
-Non riguarda solo l’educazione del fanciullo ma tutte le età e tutti i soggetti che si trovano in situazioni di disagio e/o difficoltà
-Pedagogia diventa un “ponte” fra l’attività educativa e le altre discipline
Da un sapere unitario e chiuso si è passato ad un sapere plurale e aperto; dal primato della filosofia si è passati a quello delle scienze.
L’alfabeto teorico della pedagogia: parla dell’oggetto della pedagogia
L’oggetto della pedagogia = sono i soggetti, i tempi e i luoghi della formazione.
o i soggetti della formazione, uomini e donne nelle diverse età della vita, in tutti in contesti con le loro differenze: di genere, individuali, biologiche e psicologiche, sociali, etniche, linguistiche e culturali
Se le differenze di razza, di genere e di cultura vanno salvaguardate ed esaltate, le differenze legate alle ingiustizie vanno denunciate e respinte. Per questo è necessario mettere in atto il “decentramento cognitivo”: promozione di un pensiero sensibile ai bisogni e alle ragioni diverse dalle proprie.
o i tempi della formazione
La ricerca neurologica ha dimostrato che il sistema cerebrale è sempre assetato di apprendimento. Ne consegue:
1. La messa in crisi della concezione adultocentrica che vedeva l’età adulta come l’apice della maturità e della completezza umana.
2. Istruzione, educazione e formazione si cementano come principali risorse volte al mantenimento dell’efficienza cognitiva ed emotiva in ogni fase dell’età umana (infanzia, giovinezza, età adulta e vecchiaia).
o i luoghi della formazione
-Sistema formativo integrato: teorizzato nel 1974 da Franco Frabboni, è un modello utopico (non nel senso di irraggiungibile, ma come rappresentazione di meta ideale) di integrazione e collaborazione tra tutti gli spazi educativi (non solo la scuola, ma anche la famiglia, e le istituzioni culturali e del tempo libero, definibili come aule didattiche decentrate) presenti in un determinato territorio, allo scopo di attuare una proposta formativa unica, basata sulla specificità che ogni istituzione ha da offrire. Questo modello mette al centro la persona, il soggetto, sulla quale verrà costruito un progetto formativo comune.
-Un ulteriore “luogo della formazione” è costituito dal sistema dei media (cinema, tv, radio, telefono e computer). Veicolano schemi comportamentali, diffondono informazione, mettono in relazione realtà tradizionalmente distanti. Comportano rischi legati alla pervasività e frammentarietà delle sue procedure comunicative e all’omologazione alla quale sospinge.
L’alfabeto teorico della pedagogia: parla del linguaggio della pedagogia
Il linguaggio della pedagogia = la pedagogia ha un ampio repertorio comunicativo, che dimostra la difficoltà di un discorso pedagogico univoco e lineare. I vari tipi di linguaggio pedagogico sono:
o Linguaggio analitico-descrittivo: Esplicativo. Linguaggio scientifico volto a fornire chiarificazioni sulla specificità del soggetto della formazione, sulla struttura biologica, sugli stadi del suo sviluppo, sui condizionamenti di natura sociale e culturale.
o Linguaggio narrativo: Interpretativo ed esplicativo. Attento alla ricostruzione dei processi di apprendimento dei soggetti in formazione, alle loro differenti realtà di vita, alle «storie» della personale costruzione cognitiva e affettiva.
o Linguaggio retorico-persuasivo: Argomentativo, critico e dialettico. Riferito a problemi relativi a fini o valori.
o Linguaggio della quotidianità e del senso comune: Comprende formule diversificate e talvolta contraddittorie. Ciò dimostra come il «parlare di educazione» sia una «pratica» che coinvolge tutti i soggetti della realtà comunitaria.
o Linguaggio dell’analogia e della metafora: Si caratterizza per la totale libertà nella scelta di parole utilizzate in forma inedita e originale. Consente all’immaginazione di proporre soluzioni originali e creative (Es. concetto della coltivazione e della cura, espressa con la metafora del giardino e del giardiniere di Froebel).
L’alfabeto teorico della pedagogia: parla della logica ermeneutica della pedagogia
L’alfabeto teorico della pedagogia: parla del dispositivo investigativo della pedagogia
Il dispositivo investigativo = ovvero i metodi di ricerca. Data la complessità dell’oggetto della pedagogia si usano più metodologie.
o Ricerca storica: si occupa
- di autori, teorie e paradigmi che la pedagogia, attraverso i suoi esponenti più interessanti, ha assunto con il passare del tempo;
- della storia delle istituzioni (specie quelle scolastiche) e delle metodologie di insegnamento-apprendimento di altre istituzioni formative (famiglia, extrascolastico)
- una pluralità di soggetti: i bambini, le donne, gli anziani, i disabili, i «diversi».
o Ricerca teorica: analizza la strutturazione e le norme della pedagogia.
Parte dal riconoscimento della «scientificità difficile» della pedagogia, dovuta a:
- lo storico legame di dipendenza con la filosofia, dalla quale si è faticosamente affrancata;
- il problematico rapporto con le altre scienze (psicologia, sociologia, biologia ecc.). Un rapporto indispensabile per l’intreccio tra le varie discipline, ma «rischioso» rispetto alla ricerca di una chiara autonomia epistemologica della pedagogia;
- la complessità di un approccio interpretativo fortemente condizionato dalla prassi
o Ricerca sperimentale: si occupa dell’osservazione e verifica dei fatti educativi (l’ideazione e la messa a punto di prove oggettive di misurazione e valutazione degli apprendimenti, la sperimentazione di metodologie di insegnamento individuale e di gruppo, l’osservazione sistematica del peso esercitato da condizionamenti sociali e culturali);
o Ricerca comparata: pone a confronto diversi modelli di organizzazione pedagogica, al fine di sollecitare revisioni, favorire armonizzazioni, stimolare arricchimenti e riformulazioni;
o Ricerca clinica: allarga l’analisi ai vissuti emotivo-affettivi, ai processi della socializzazione che condizionano profondamente le dinamiche dell’apprendimento.
L’alfabeto teorico della pedagogia: parla del principio euristico della pedagogia
Il principio euristico = l’euristica si occupa di favorire la ricerca di nuovi sviluppi teorici tramite soluzioni inedite, impreviste e creative. Nel caso della pedagogia, il suo principio euristico si articola nell’apertura all’utopia, intesa come direzione e non come meta.
Nella sua doppia istanza critico-progettuale, l’utopia:
-a livello critico: affronta e interpreta la problematicità della realtà educativa;
-a livello trasformativo-progettuale: si pone verso la realizzazione integrale del pensiero e della personalità, alla ricerca di valori nuovi e differenti. L’utopia agisce in direzione di un cambiamento che richiede un rinnovato modo di «vivere» e «pensare» la natura, un diverso modo di «imparare ad abitare» la terra, superando distruttive logiche di sopraffazione e di sfruttamento, a favore di una logica di cooperazione, in un’etica planetaria.
L’alfabeto teorico della pedagogia: parla del paradigma di legittimizzazione della pedagogia
Il paradigma di legittimazione = Ovvero il traguardo ultimo del viaggio epistemologico della pedagogia, la definizione dell’identità della pedagogia quale scienza della formazione.
In questo ultimo paradigma, trovano collocazione i cinque paradigmi precedenti, che contraddistinguono il sapere pedagogico come:
o Sapere complesso: caratterizza l’«oggetto» della pedagogia
La formazione pluridirezionale e multidimensionale dell’uomo e della donna all’interno delle dinamiche biologiche, culturale, storiche e sociali.
o Sapere plurale: caratterizza il «linguaggio» e il «metodo» della pedagogia
Consente alla pedagogia di muoversi trasversalmente tra più codici e più ambiti di ricerca:
a) dai linguaggi della scienza e della filosofia a quelli della quotidianità e del senso comune;
b) dagli ambiti della ricerca teorica a quelli della ricerca storica, dalla ricerca sperimentale alla ricerca comparata, alla ricerca clinica.
o Sapere dialettico-contestativo: caratterizza la «logica ermeneutica» della pedagogia.
La pedagogia vive in un permanente (ma salutare) stato di crisi, mobilità e provvisorietà. Ciò è dovuto alla distanza che separa il piano della progettualità (del futuro e dell’utopia), cioè del suo dover-essere, e il piano dell’azione (della contraddittorietà e della problematicità dell’esperienza), cioè del suo concreto essere nella storia. E da questa situazione di continua tensione che la pedagogia trae costante slancio verso la ridefinizione dei suoi presupposti, del suo sistema di ipotesi, del complessivo supporto logico-linguistico e prassico.
o Sapere generativo-trasformativo: caratterizza il «principio euristico» della pedagogia.
La dimensione utopica svolge una funzione decostruttivo-ricostruttiva, radicalmente critica rispetto alle condizioni dell’esistente e creativamente proiettata al futuro, Sua idea regolativa è l’emancipazione, intesa come liberazione dai molteplici vincoli della dipendenza (sociale, culturale, intellettuale, affettiva) e come conquista individuale e collettiva di una completa autonomia esistenziale, intellettuale e affettiva
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla del trinomio educazione-istruzione-formazione
Trinomio di: Educazione-istruzione-formazione
o L’educazione (dal latino: allevare, nutrire; trarre fuori) è la parola madre su cui il sapere-agire pedagogico si struttura e si ramifica. Essa fa riferimento soprattutto all’ambito di riflessione valoriale, affettivo-relazionale, etico-sociale, realizzandosi prevalentemente nelle istituzioni non formali quali famiglia, chiese, libere associazioni, oltre che nella scuola.
o L’istruzione, invece, fa riferimento all’ambito del cognitivo e ai processi dell’acquisizione di conoscenze, saperi e competenze. Essa si esplica e realizza prevalentemente nelle istituzioni formali e principalmente nella scuola.
o La formazione è intesa come processo dinamico dell’«acquisir forma» in cui si realizza l’integrazione critico-costruttiva del nesso (intricato e dialettico) educazione-istruzione.
L’intreccio di questo trinomio è stato costantemente al centro della riflessione pedagogica che ha progressivamente argomentato il prevalere di una dimensione sulle altre. Tuttavia, non solo ognuna di queste dimensioni integra le altre, ma insieme esse portano alla comprensione dei processi della trasmissione di conoscenze, competenze, e dei valori elaborati dall’umanità nel corso della storia.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla dello sviluppo
Sviluppo
Diversamente da come aveva teorizzato Piaget, oggi riteniamo lo sviluppo:
o Come irregolare: non procede solo per accumulazione, ma per progressioni e regressioni.
o Come un processo in divenire per l’intero corso della vita: abbiamo abbandonato l’idea di arco di vita, in favore del percorso di vita (vedi lezione 3);
o Come legato imprescindibilmente all’apprendimento.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla dell’interesse
Interesse
È sostenuto dalla motivazione, ed è fondamentale per favorire l’apprendimento e la formazione. Di qui, l’importanza di creare curricoli scolastici in grado di sollecitare e sostenere l’interesse:
o per la conoscenza, quale condizione per un pensiero curioso, critico, e creativo;
o per gli altri, per imparare a scoprire e a riconoscere pensieri e sentimenti altrui, per scoprire il confronto; per attivare occasioni di dialogo e di cooperazione;
o per l’ambiente, per l’attivazione di una matura coscienza ecologica finalizzata alla salvaguardia di tutte le forme di vita e dell’intero habitat naturale.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla del gioco
Gioco
Ha nell’infanzia la sua più libera espressione, ma rimane una risorsa a cui continuiamo ad attingere per l’intero corso della vita. Implica l’intreccio di due dimensioni formative:
o La dimensione cognitiva= il gioco elicita varie funzioni cognitive:
- funzione esplorativa attraverso la manipolazione degli oggetti, e attraverso l’osservazione degli avvenimenti che compongono la sua esperienza;
- funzione costruttiva soddisfa il bisogno di autonomia ed elicita competenza di pensiero e di azione, esercitando le potenzialità cognitive a contatto con la realtà;
- funzione comunicativa attraverso linguaggi verbali e non verbali, aprendosi a nuovi orizzonti di relazione con i coetanei e con gli adulti;
- funzioni creativa e inventiva consente di scomporre la realtà e riprogettarla.
o La dimensione emotivo-affettiva= fa riferimento alla funzione simbolica del gioco.
-Attraverso il gioco simbolico il bambino si mette nei panni di un altro, prendendo consapevolezza che esistono modi di essere diversi dal proprio. Sperimenta decentramento affettivo, relazionale e conoscitivo.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla della diversità
Diversità
La diversità attraversa l’individuo a livello:
o biologico: dal genoma, che a sua volta influenza le interconnessioni neuronali;
o psicologico: ognuno si caratterizza per una specifica identità cognitiva e affettiva;
o etnico-linguistico-culturale: necessario sollecitare il rispetto e il valore delle differenze;
o di deficit (a volte): che possono portare a pesanti condizioni di handicap, ma che dimostrano la possibilità che l’uomo ha di esprimersi attraverso molteplici vie ugualmente ricche.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla dell’autonomia
Autonomia
o L’autonomia, intesa come esercizio costante di autogoverno e di responsabilità del soggetto, fra gli obiettivi fondamentali, e la meta del processo educativo formativo.
o Nascendo in condizioni di totale dipendenza dagli altri, l’uomo deve percorrere un lungo cammino di progressiva autonomizzazione dagli adulti significativi della propria vita, a cominciare dalla madre.
o Solo sperimentando gradualmente il distacco, da persone e situazioni protettive, è possibile costruire quella sicurezza indispensabile per affrontare una vita adulta autonoma.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla della creatività
Creatività
-È la capacità di trasformare e ricostruire la realtà attraverso il pensiero laterale-divergente (cerca risposte alternative ed originali per risolvere un problema).
-Lo sviluppo del pensiero creativo impegna la pedagogia su due piani diversi ma inseparabili:
1. piano della formazione intellettuale, si impara ad osservare, riflettere e comunicare;
2. piano della formazione estetica, che riguarda il lato di sensibilità artistica della creatività.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla della corporeità
Corporeità
Storicamente si è sempre assistito ad una separazione tra il corpo e la mente, come se l’apprendimento e la conoscenza passassero solo per la mente. Ma oggi sappiamo che la corporeità (il movimento, le percezioni, i sensi) è il mezzo attraverso cui si realizza l’apprendimento.
(Maria Montessori: “l’uomo prende possesso dell’ambiente con la sua mano”)
o Prima del Novecento, pedagogia del corpo declinata sulla disciplina rigorosa delle posture, delle pulsioni, dello sguardo e dell’abbigliamento.
o Dal Novecento, le teorie sulla corporeità iniziano a liberarsi da vincoli moralistici e sessuofobici e si incamminano verso frontiere pedagogiche che accolgono la dimensione fisica del bambino come irrinunciabile strumento di conoscenza e di relazione.
L’educazione della corporeità si connota come l’insegnamento all’uso intenzionale, creativo e della corretta gestione del corpo, attraverso: la conoscenza anatomico-fisiologica del corpo umano, dell’educazione alimentare, e della promozione di attività ginnico-sportive e di gioco
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla dell’affettività
Affettività
Con il termine affettività indichiamo sentimenti ed emozioni consci ed inconsci.
Una dimensione emotivo-affettiva sostenuta da un rapporto equilibrato e gratificante con sé stessi e con gli altri contribuisce alla costruzione di personalità in grado di fronteggiare le difficoltà, le delusioni e le angosce inevitabili nel corso della vita.
È un campo molto ampio e complesso, che investe varie dimensioni:
o dimensione dell’apprendimento: Le manifestazioni dell’affettività (interesse e disinteresse, costanza e discontinuità, ecc..) sono la base delle motivazioni dell’apprendimento
o dimensione etico-sociale: fin dalla nascita, e poi in tutte le età, risultano fondamentali il bisogno di legame con gli altri ed il bisogno di sicurezza.
L’alfabeto prassico della pedagogia: parla della socialità
Socialità
La socialità si riferisce alla capacità di vivere «insieme» agli altri, condividendo impegni, vincoli e progetti sulla base dei valori e delle norme che regolano la società.
Alla base della socialità c’è la necessità di trovare un equilibrio tra i bisogni del singolo e della collettività, perciò:
o la socialità si costruisce attraverso dinamiche interpersonali;
o la socialità è strettamente intrecciata alla dimensione dell’etica: alla condivisione di vincoli e di responsabilità nei confronti degli altri, delle istituzioni e dell’ambiente. Socialità ed eticità confluiscono insieme nel campo della solidarietà sociale, da cui va affermandosi, oggi, un paradigma etico-sociale che spazia dai diritti umani ai diritti degli animali, delle piante, dell’intero ecosistema, e alla necessità di stabilire principi di convivenza e solidarietà con ogni tipo di cultura e pensiero, di etnia e di gruppo sociale.
La costruzione dell’io sociale avviene:
o all’interno della famiglia, dove il bambino ha modo di negoziare regole di gioco e di lavoro di gruppo, di strutturare raffinate abilità sociali;
o all’interno della scuola, dove il bambino viene posto in situazioni di apprendimento, di relazione e di acquisizione di valori condivisi, uscendo dal suo iniziale egocentrismo, negoziando regole di convivenza, scoprendo il piacere di «stare insieme» e di «pensare insieme», in un’ottica di multiculturalità e rispetto per il diverso.
Cosa si intende con “apprendimento nell’arco di vita”?
Apprendimento visto appunto come un arco, una curva che, dalla nascita, sale verso l’alto, dagli istituti scolastici, fino all’università, passando varie fasi, o riti di passaggio, e raggiungendo l’apice con l’età adulta. Questi riti di passaggio coincidono con il raggiungimento di obbiettivi socialmente scanditi, come l’acquisizione di un lavoro stabile, il generare una famiglia, o l’acquisto della casa.
Una volta raggiunto l’apice, la curva dell’apprendimento cala verso il basso. Perciò questo modello prevede la perdita di abilità e conoscenze con il passare del tempo.
In questa concezione, viene dato valore solo all’apprendimento formale.
Perché il paradigma dell’apprendimento nell’arco della vita muta?
Il precedente paradigma si basava sulla stabilità. La formazione portava al lavoro, e la carriera definiva l’identità dell’individuo, che rimaneva stabile nel tempo.
Con il tempo, aumentano le richieste di flessibilità e aggiornamento professionale (si pensi all’avvento dell’informatica). Oggigiorno, la formazione porta sì al lavoro, ma il lavoro richiede a sua volta altra formazione, la quale può portare persino ad intraprendere altre carriere. Quindi, ogni apprendimento non è mai completo e concluso.
Oggi prevale una condizione di instabilità, di continuo cambiamento. Siamo la società dell’incertezza. A questa precarietà è legata una sensazione di pericolo, angoscia, e preoccupazione.
Cosa si intende con “apprendimento nel percorso di vita”?
concezione che va a sostituire il paradigma dell’apprendimento nell’arco di vita, e che vede l’apprendimento come un percorso che avviene durante l’intero percorso di vita, in diversi contesti di vita, in senso profondo.
Secondo questo paradigma, 3 dimensioni caratterizzano l’apprendimento:
-lifelong learning
-lifewide learning
-lifedeep learning
Definisci il lifelong learning
Lifelong learning (o formazione permanente): Concezione dell’apprendimento che lo considera come un continuo percorso lungo l’intera vita. La concezione precedente, che vedeva l’apice dell’apprendimento nell’età adulta, seguita dal decadimento nella terza età, è sfatato. Ricerche neurobiologiche confutano quest’ipotesi. L’essere umano non smette mai di imparare. Ogni apprendimento genera nuovi inizi. Inoltre, questa concezione prevede momenti di criticità, situazioni che ci ricordano le nostre lacune. Davanti a questi episodi, la prima reazione è quella della resistenza, di trincerarsi dentro le nostre aree di confort cercando di fare affidamento su quelle abilità che possediamo, che però non sono più sufficienti (il tipico abbiamo sempre fatto così). Invece è necessario mettersi in discussione ed intraprendere una nuova formazione. È necessario, dunque, equipaggiarsi di competenze trasversali
Definisci il lifewide learning ed il lifedeep learning
o Lifewide learning: apprendimento avviene in un’ampia varietà di contesti (non solo il contesto scolastico, ma anche lavoro, vita sociale, ecc…), e non è necessariamente intenzionale (l’intenzionalità può avvenire successivamente, con la riflessione). Concetto ricollegabile al sistema formativo integrato di Frabboni.
o Lifedeep learning: Apprendimento profondo di valori, etica e credenze per la vita.
Cosa comporta il concetto del lifelong learning per il ruolo dell’educatore?
L’educatore per primo deve applicare il concetto del lifelong leraning, continuando a formarsi per tutto l’arco della vita. Questo significa anche imparare padroneggiare diverse metodologie da applicare in diversi contesti (si pensi al modo diverso con cui ci si pone con un bambino, o con un adolescente)
Come è diventato noto il termine lifelong learning?
-L’uso del termine Life learning era di nicchia fino alla metà degli anni 90.
-La Commissione Europea dichiarò il 1996 l’anno europeo del lifelong learning.
-Quando l’Europa dedica un anno ad un particolare argomento, vengono promossi progetti a sostegno di quella tematica, così nel 1996 l’espressione LLL prese piede grazie a varie organizzazioni (dalla banca mondiale, all’UNESCO) cominciano ad adottare questo termine.
-Così, da una concezione esclusivamente legata all’istruzione, è diventato un concetto politico sullo sviluppo delle persone e delle nazioni.
Cos’è il MEMORANDUM SULL’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE PERMANENTE?
Documento di riferimento nel discorso dell’educazione, redatto dalla Commissione Europea nel 2000, al fine di attuare il concetto di lifelong learning nei paesi europei. All’interno di questo documento vengono distinti gli apprendimenti di tipo formale, non formale e informale, e si delineano sei propositi a cui gli stati membri devono puntare.
Come vengono definiti gli apprendimenti di tipo formale, non formale e informale, nel Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente?
o Apprendimento formale: che si svolge negli istituti di istruzione di formazione e porta l’ottenimento di diplomi e di qualifiche riconosciute;
o Apprendimento non formale: si svolge al di fuori delle strutture d’istruzione e di formazione e non porta a certificati ufficiali (quindi apprendimento formale e non formale non possono mai sovrapporsi). È dispensato sul luogo di lavoro, nel quadro di attività di organizzazioni o gruppi della società civile (associazioni giovanili, sindacati) ma può essere fornito anche da organizzazioni o servizi a completamento dei sistemi formali.
o Apprendimento informale: è la condizione naturale della vita quotidiana (che significa che tutta la vita è apprendimento). Quest’apprendimento non è necessariamente intenzionale e può pertanto non essere riconosciuto, persino dallo stesso interessato.
Quali sono i 6 propositi che l’Europa lancia nel Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente?
- Nuove competenze di base per tutti
È necessario garantire un accesso universale e permanente all’istruzione e alla formazione per consentire l’acquisizione e l’aggiornamento delle competenze necessarie per una partecipazione attiva alla società. (Questo proposito si aggancia al punto 4 dell’agenda 2030, l’agenda di sviluppo sostenibile attualmente in vigore) - Maggiori investimenti nelle risorse umane
Assicurare una crescita visibile dell’investimento delle risorse umane, per rendere prioritaria la più grande risorsa dell’Europa: la sua gente (scardina un concetto economicistico, non è il PIL il bene del paese, ma la gente e le sue conoscenze). - Innovazione nelle tecniche di insegnamento e apprendimento
Sviluppare contesti e metodi efficaci di insegnamento e di apprendimento, per un’offerta di formazione e di istruzione lungo l’intero arco della vita e in tutti i suoi aspetti. - Valutazione dei risultati dell’apprendimento
Migliorare considerevolmente i modi in cui sono valutati e giudicati la partecipazione e i risultati delle azioni di formazione, in particolare nel quadro dell’apprendimento non formale e informale. - Ripensare l’orientamento
Garantire a tutti un facile accesso a informazioni e a un orientamento di qualità sulle opportunità di istruzione e formazione in tutta l’Europa e durante tutta la vita. (Il problema spesso non è la presenza o l’assenza della possibilità, ma l’accesso ad essa). - Un apprendimento sempre più vicino a casa
Offrire opportunità di formazione permanente, il più possibile vicine agli utenti in formazione, nell’ambito delle loro comunità, e con il sostegno qualora opportuno di infrastrutture basate sulle TIC (tecnologie dell’informazione della comunicazione), quindi promuovendo percorsi che possano essere usufruiti anche a distanza.
Cosa sono i progetti per l’apprendimento intergenerazionale?
programmi originati negli anni 70 per la promozione dell’apprendimento e la crescita sociale, che prevede l’interazione di diverse generazioni (es, bambini e anziani insieme) con:
-intenzionalità: chi progetta l’intervento, intenzionalmente decide di mettere insieme più generazioni per raggiungere determinati obbiettivi;
-reciproco vantaggio: non è solo una generazione che apprende dall’altra, ma entrambe ne beneficiano;
-approcci didattici e metodologici adeguati ad entrambe le generazioni, sviluppati a doc.
Quali sono i benefici dell’apprendimento intergenerazionale?
-L’apprendimento intergenerazionale può essere considerato come elemento integrante del processo di lifelong learning, tagliando trasversalmente l’intero processo di apprendimento nel percorso di vita (vedi immagine).
-Può supportare lo sviluppo dell’autostima, soddisfazione di vita, partecipazione sociale.
-Introduce aspetti di apprendimento informale, all’interno di sistemi formali.
-Promuove culture e tradizioni in un’ottica di scambio
-“È occasione di mutuo apprendimento, in quanto i giovani sanno fare cose gli anziani non sanno fare o non hanno mai provato; gli anziani hanno, però, un patrimonio di storia e di esperienza che i giovani non hanno avuto tempo per accumulare. Insieme possono costruire una nuova intercultura”. (cit. Franca Pinto Minerva)
Un progetto intergenerazionale (che spesso prevede le generazioni di bambini e anziani) apre il dilemma di come affrontare il discorso della morte con i bambini. È giusto affrontare l’argomento della morte con i bambini? Come dovremmo fare?
La morte è un avvenimento naturale, solo da poco tempo considerato un tabù.
Quando qualcuno di vicino al bambino muore, nascondere l’accaduto avrà effetti deleteri:
-Il bambino si aspetterà che la persona torni, creando aspettative che verranno inevitabilmente deluse
-Spesso il bambino si incolperà per l’assenza della persona
-Quando il bambino scoprirà la verità, questo danneggerà la fiducia nella figura di riferimento.
Come:
Attraverso strumenti e metodologie che l’educatore conosce e inserisce intenzionalmente nella progettazione. In questo ambito, abbiamo parlato degli albi illustrati e dei cartoni animati. Attraverso la narrazione di albi con illustrazioni dai colori brillanti e non cupi, raccontiamo l’evento della morte in modo appropriato all’età del bambino, dandogli modo di comprendere:
-la finalità della morte (es.: la persona è andata in cielo, non torna più);
-la continuità relazionale, ovvero il fatto che, anche nella morte, il ricordo che la persona ci ha lasciato è prezioso e continuerà a vivere fintantoché continueremo a ricordare la persona (es.: la persona non c’è più ma ti guarda sempre dal cielo);
-con la morte si estingue il dolore della malattia.