DOMANDE ESAME Flashcards
Metodo riduzionista (definizione dagli appunti)
Si fonda su una concezione filosofica della realtà di tipo materialista.
È il metodo tradizionale utilizzato per la ricerca scientifica e consiste nella scomposizione di un determinato fenomeno o entità oggetto di osservazione in singoli elementi o parti, ritenendo che fosse sufficiente l’analisi delle caratteristiche di questi ultimi per risalire alle caratteristiche generali del fenomeno o entità
Procedura di analisi
1. Scomposizione in parti elementari del fenomeno in esame
2. Analisi delle proprietà delle singole parti elementari
3. Risalire a spiegare il fenomeno, sommando la conoscenza delle parti elementari
La sua efficacia è legata alle condizioni seguenti:
- non sono presenti relazioni tra le parti o sono talmente deboli da poter essere trascurate
- le relazioni tra le parti da cui è derivabile il tutto e il suo comportamento sono di causa effetto (la causa X produce l’eletto Y (non relazioni complesse)
Insufficienza del metodo riduzionista
• un fenomeno complesso non risulta spiegabile esaurientemente mediante la scomposizione in elementi
Pensiero sistemico CAPITOLO 1.2
In alcuni ambiti delle scienze si è sviluppato un paradigma culturale scientifico che si basa non soltanto sulla rilevanza del fenomeno studiato e degli elementi che le caratterizzano, ma anche e soprattutto sulle interazioni tra gli elementi e sulle sinergie che si formano all’interno del fenomeno stesso e che si estendono alle relazioni tra fenomeni diversi.
Il pensiero sistemico è un metodo di indagine che, nell’ottica dell’organo di governo, Concepisce l’impresa come un sistema articolato e complesso. Complesso significa una molteplicità di elementi interni tra loro in relazione soggetti a cambiamenti nel tempo.
Le sue origini risalgono ai filosofi greci. Focalizzano l’attenzione sulle condizioni di forma (sistema) E di sostanza. (struttura) che secondo Aristotele, consentono di spiegare i processi Evolutivi di un determinato sistema. Quindi contrappone lo studio della forma e lo studio della sostanza, con lo studio della forma identificare quelle sia la configurazione delle sue relazioni caratteristiche, con studio della sostanza intende spiegare di cosa siano fatti determinati oggetti o realtà.
Però le prime formulazioni risalgono agli anni ‘20 da Bogdanov (russo)
sviluppa l’idea della realtà in termini di interazioni tra diversi elementi che lo compongono dando vita ad una scienza delle strutture basata sulla formulazione di principi di organizzazione che spiegano la struttura di sistemi viventi e non viventi
individua tre tipi di sistemi
o sistemi organizzati: dove il tutto assume un valore maggior della soma delle parti;
o sistemi disorganizzati: in cui il tutto è minore della somma delle parti;
o sistemi neutri: l’attività di organizzazione e quella di disorganizzazione si annullano a vicenda
Vernadskij, un altro scienziato russo, analizzando i sistemi viventi (subsistemi) e il loro rapporto con il mondo fisico circostante, studiando la biosfera che definisce come un sistema vivente caratterizzato da forti interconnessioni tra tutti gli organismi che lo popolano e che ne alimentano l’evoluzione e la vita. Crea dei presupposti teoriche che andranno a costituire le basi per dei concetti che rappresentano elementi centrali per il pensiero sistemico.
➢ Il contesto, dal quale un sistema non può̀ essere studiato separatamente,
➢ Il confine, che funge da filtro rispetto agli input, selezionandoli e rendendoli omogenei rispetto al sistema. “La linea che divide l’entità dal mondo esterno, permettendoci di
identificarla come tale=> cit. prof;
➢ La modificazione strutturale, come risposta adattiva del sistema al contesto.
Tra gli anni 40 e 50 Bertalanffy elabora la Teoria Generale dei sistemi ossia una disciplina logico-matematica basata su una connotazione olistica (passaggio dal sistema chiuso a quello aperto)
e nasce dalla necessità di Bertalanffy di discostarsi dal percorso riduzionistico e meccanicistico. Finisce per rendere compatibili i due approcci (dal concetto di sistema aperto a quello di sistema complesso)
Gli aspetti più significativi di questo pensiero sono i concetti di: apertura e chiusura dei sistemi; omeostasi e autoregolazione; equi finalità.
Qual é stato il contributo apportato da Bogdanov e Vernadskij? B. introduce il concetto di organizzazione del sistema, V. introduce il concetto di interdipendenza tra sistemi viventi e non viventi
Teoria Generale dei sistemi CAPITOLO 1
Tra gli anni 40 e 50 Bertalanffy elabora la Teoria Generale dei Sistemi ossia una disciplina logico-matematica basata su una connotazione olistica (passaggio dal sistema chiuso a quello aperto)
e nasce dalla necessità di Bertalanffy di discostarsi dal percorso riduzinistico e meccanicistico. Finisce per rendere compatibili i due approcci (dal concetto di sistema aperto a quello di sistema complesso)
Gli aspetti più significativi di questo pensiero sono i concetti di: apertura e chiusura dei sistemi; omeostasi e autoregolazione; equifinalità.
Un sistema si dice aperto se intrattiene con l’ambiente scambi, oltre che di energia, anche di materia di informazioni. Un sistema si dice chiuso se non presenta scambi di materia e di informazioni con l’esterno, ma solo di energia.
Le caratteristiche dei sistemi aperti:
ORIENTATO AL CAMBIAMENTO
A differenza del sistema chiuso, il sistema aperto non raggiunge mai uno stato finale di equilibrio assoluto ed è pertanto capace di ulteriore evoluzione. Non si applica ai sistemi aperti la seconda legge della termodinamica in quanto per i sistemi aperti è possibile che l’entropia decresca o che si mantenga costante, questo sta alla base della formulazione di una nuova termodinamica: la termodinamica non lineare.
OMEOSTASI e AUTOREGOLAZIONE
Il sistema aperto è capace di mantenere grazie ad un processo di omeostasi caratteristiche di stabilità interna anche in presenza di un ambiente non favorevole
L’omeostasi si basa sul meccanismo di autoregolazione ed è fondato da scambi informativi tra sistema è ambiente così facendo il sistema riesce a mantenersi in uno stato di equilibrio attraverso l’adattamento (come fa il metabolismo).
Bertalanffy accoglie inoltre il meccanismo di retroazione ponendo la prima significativa distinzione tra schema organizzato e struttura fisica di un sistema
EQUIFINALITÀ
La possibilità che un sistema raggiunga uno stesso stato finale partendo da condizioni iniziali differenti o con persorsi alternativi.
Differenza tra sistema aperto e parzialmente aperto
Due biologi cileni Maturana e Valera hanno introdotto il nuovo concetto di sistema complesso, ossia solo parzialmente aperto
a) sistemi completamente aperti, per i quali le interazioni con l’ambiente sono incontrollate e incondizionate e, pertanto, gli influssi esterni hanno modo di manifestarsi all’interno del sistema senza alcun ostacolo;
b) sistemi parzialmente aperti (o aperti/chiusi), dotati di chiusura definita «operazionale», caratterizzati dall’esistenza di una barriera (confine) all’ingresso del sistema che funge da filtro. Tali sistemi sono in grado di selezionare gli influssi esterni, facendo penetrare quelli positivi e
ostacolando l’ingresso di quelli negativi, capaci, questi ultimi, di alimentare il disordine interno al sistema e di condurre, all’estremo, alla sua dissoluzione.
Pensiero sistemico: concetto di ambiente e confine CAP. 1
L’approccio sistemico ridefinisce il concetto di ambiente che dipende dalla percezione sistemica contestualizzata, nel tempo e nello spazio, che di una certa realtà hanno i soggetti che osservano.
L’ambiente dipende ora dalla percezione sistemica contestualizzata, nel tempo e nello spazio, che di una certa realtà hanno i soggetti che osservano. Ogni sistema ha il suo ambiente in relazione alla percezione soggettiva del sistema stesso.
Il cambiamento dell’ambiente non è, comunque, determinato unicamente dall’ambiente, ma è il sistema stesso che costruisce il proprio ambiente, determinandone gli elementi (es. ricorda la segmentazione del mercato);
Il confine viene qualificato in relazione ai suoi sovra-sistemi di riferimento. Il soggetto decisore, analizzando la struttura del proprio sistema e la struttura dei sovrasistemi di riferimento, pone in essere delle azioni di attenuazione e amplificazione della varietà necessaria alla propria sopravvivenza, modificando così i confini tra il sistema ed i singoli sovrasistemi;
Il problema del confine può essere affrontato rispetto alle due dimensioni:
-strutturale: ossia “la linea che divide l’entità dal mondo esterno, permettendoci di identificarla come tale” => cit prof;. Questa dimensione svolge le funzioni di distinzioni, comunicazione e selezione;
-sistemica: individua lo spazio delle interazioni attivate dal sistema con le componenti esterne in funzione della propria sopravvivenza che amplia a soggetti esterni e rende evanescenti i confini strutturali.
Concezione sistemica dell’impresa: l’impresa é un insieme di componenti strutturali interconnessi e gestiti dall’OdG. L’impresa é un sistema perché: - parzialmente aperto, contestualizzato e dinamico
Con il pensiero sistemico e la sua formalizzazione in una teoria generale dei sistemi si associa all’impresa la qualifica di sistema in relazione a delle condizioni, quali:
• La presenza di più componenti, siano esse di natura materiale o immateriale;
• L’interdipendenza e la comunicazione tra le componenti
• L’attivazione delle relazioni per raggiungere gli obiettivi generali del sistema
I rapporti tra il sistema impresa e l’ambiente portano a considerare l’impresa stessa come un sistema:
a) PARZIALMENTE APERTO, essendo l’impresa in grado di regolare il flusso di energia, materia ed informazione in ingresso nel sistema.
La struttura dell’impresa è stata progettata in modo da consentire, attraverso atti di scambio con l’esterno, l’immissione di energia, materia ed informazione (input), nonché l’emissione dell’output risultante dai processi interni, in vista del conseguimento delle sue finalità.
Il maggiore o minore grado di apertura dell’impresa nei confronti dell’ambiente e la sua variabilità nel tempo dipendono da diversi fattori: esigenze di sopravvivenza, vincoli imposti, opportunità concesse dal contesto di appartenenza; essi dipendono dalla cultura e dai valori imprenditoriali di coloro che governano l’impresa.
b) CONTESTUALIZZATO, ovvero immerso in sovrasistemi presenti nell’ambiente di riferimento, con i quali intrattiene relazioni nella ricerca delle migliori condizioni atte a garantirne la sopravvivenza nel tempo. Infatti, in un’economia complessa, l’impresa trae la propria capacità di innovazione e di sviluppo non solo dalle proprie forze ma, necessariamente, anche dalle opportunità di cooperare ed acquisire conoscenze e competenze specifiche dall’esterno. L’impresa è motivata dalla continua ricerca della consonanza (efficacia relazionale) e della risonanza (efficacia dal punto di vista di interazione) con l’ambiente.
Gli elementi peculiari dell’ambiente, che influenzano indirettamente l’impresa sono classificabili in:
• Elementi di tipo geo-territoriale;
• Elementi demografici di tipo qualitativo e quantitativo;
• Elementi socioeconomici;
• Elementi politici;
• Elementi culturali;
• Elementi tecnologici.
c) DINAMICO. Il carattere di dinamicità comporta che gli stati che progressivamente contraddistinguono l’evoluzione del sistema sono caratterizzati da equilibrio dinamico, in quanto l’apertura del sistema, con la continua immissione ed emissione di conoscenza, fa sì che ogni stato di equilibrio raggiunto dal sistema rappresenti il presupposto per la ripresa del percorso evolutivo.
Si ha così la comparsa di nuove configurazioni della struttura e di nuove forme di comportamento.
Teoria sulle relazioni impresa-ambiente
Sono spiegate da teorie che evidenziano l’influenza che l’ambiente esercita sulle dinamiche evolutive del sistema impresa. Secondo la:
TEORIA DEGLI STAKEHOLDER,
Nasce dalla consapevolezza che l’ambiente é composto da interlocutori sociali, nominati stakeholder (portatori di interesse), che avario titolo ricercano da soddisfazione di bisogni e proiettano attese pressioni sull’attività dell’impresa. Classificazione degli stakeholder col criterio di influenza sull’impresa:
STAKEHOLDER PRIMARI: gruppi di persone che partecipano direttamente alla vita dell’impresa (azionisti, investitori, dipendenti, clienti, fornitori, stakeholder pubblici….i) . Se gli stakeholder primari non dovessero essere soddisfatti e decidessero di cessare i rapporti, né deriverebbe n grave rischio alla sopravvivenza dell’impresa
STAKEHOLDER SECONDARI: gruppi di persone che pur influenzando ed essendo influenzati dall’attività dell’impresa, non sono impegnati in transazioni dirette e non incidono sulla sua capacità di sopravvivenza (media, gruppi di interesse, associazioni dei consumatori, movimento ecologista, cioè tutti i soggetti che
possono mobilitare l’opinione pubblica (a favore o contro l’impresa).
La soddisfazione degli stakeholder è fondamentale ai fini del successo aziendale quindi è responsabilità primaria dell’OdG:
• individuare le categorie degli stakeholder più rilevanti dell’impresa
• valutare quali sono i loro interessi
• classificare gli stakeholder in base al loro grado di influenza nel business
• quali responsabilità ha l’impresa rispetto agli stakeholder
• quali strategie e politiche dovrebbero essere adottate per rispondere alle sfide e opportunità degli stakeholder
TEORIA DELLE CONTINGENZE:
La sopravvivenza dell’impresa dipende dalla percezione degli eventi emergenti nell’ambiente e dalla sua capacità di adattamento
Implicazioni per il governo dell’impresa
• l’assenza di soluzioni standard per il successo dell’impresa richiede risposte organizzative contingenti
• il monitoraggio continuo delle dinamiche ambientali
• lo sviluppo di azioni continue di adattamento alle dinamiche ambientali
Mantenere l’allineamento tra esigenze ambientali e obiettivi previsti, tenuto conto delle risorse disponibili
TEORIA DELLA DIPENDENZA DALLE RISORSE ESTERNE, dove l’ambiente è visto come l’insieme delle fonti presso cui l’impresa, in competizione con altre imprese, attinge risorse rilevanti per la propria sopravvivenza.
L’impresa deve cercare il suo principale punto di forza nella capacità di influenzare l’ambiente che ne vincola l’attività.
Imprenditori e manager, che fanno fronte alla dipendenza esterna nel tentativo di acquisire maggiore libertà dai condizionamenti, possono agire con:
1. L’internalizzazione di altre organizzazioni, attraverso fusioni e operazioni di integrazione
verticale e di diversificazione;
2. L’instaurazione di accordi di coordinamento e di interdipendenza con altre organizzazioni.
L’esercizio di influenza tra imprese (es. associazioni, joint venture, cartelli, partecipazioni incrociate…) mira a rendere l’ambiente un ambiente negoziato;
3. La rotazione dei manager tra imprese anche in competizione tra loro, al fine di favorire la
costruzione di reti informali di scambio di informazioni.
Quali sono i due concetti alla base della matrice concettuale che permettono di concepire il sistema come sistema vitale? Concetto di struttura (identificabile come insieme di elementi fisici, tecnici e personale) e Schema organizzativo
Secondo la concezione costruttivista non è possibile giungere ad una conoscenza oggettiva e completa ma solo soggettiva e parziale della realtà. A partire da questa consapevolezza nell’ambito delle discipline manageriali è emersa da tempo la necessità di una matrice concettuale condivisa, finalizzata alla formulazione di teorie che possano spiegare e supportare l’azione degli organi preposti al governo delle imprese
La conoscenza evolve per cambiamenti di prospettiva, ma si ha comunque bisogno di una matrice concettuale comune condivisa
Per capire in che modo un’accolta di elementi (insieme di elementi) attraverso un’interazione dinamica degli stessi elementi possa consentire l’emergere di una nuova entità percepibile e identificabile come sistema è necessario introdurre due concetti.
Concetto di struttura: insieme di componenti strutturali a cui sono assegnati ruoli e funzioni da svolgere, nel rispetto di vincoli e regole, poste tra loro in relazione per rendere possibile, attraverso ‘implementazione di un sistema, il conseguimento di un determinato fine comune
Il sistema è una struttura fisica in azione, dotata di componenti fisiche (con un ruolo), intese come qualificazione di predefinite componenti logiche, tra loro interagenti, orientata ad una determinata finalità
Lo schema organizzativo riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo della dinamica di interazione delle componenti strutturali
Definizione schema organizzativo: disegno di attività e processi da realizzare secondo una specifica successione di relazioni tra le componenti interne e tra loro e quelle esterne al sistema
Esempio in ottica imprenditoriale:
È l’OdG che definita l’idea imprenditoriale, disegna le attività e i processi da realizzare mediante una mappa di relazioni (interazioni) tra componenti interne e tra loro e le componenti di selezionante entità esterne
La compiuta comprensione dello schema richiede l’individuazione di due specifiche qualificazioni:
1) SCHEMA ORGANIZZATIVO DI MASSIMA: riguarda il passaggio dall’idea imprenditoriale alla struttura logica (chi fa che cosa? in che modo e quando?), implica prima riflesso e sui confini dell’impresa
2) SCHEMA ORGANIZZATIVO DEFINITO: riguarda il passato dalla struttura ampliata e serve, una volta individuati gli interlocutori esterni e analizzate le loro caratteristiche, a definire una mappa di relazioni/interazioni tra le componenti strutturali interne e esterne
accolta, insieme, struttura G. CAPITOLO 3
Queste relazioni sono coordinate da coloro che hanno il ruolo di governare l’impresa
Chiarimento preventivo: differenza tra accolta e insieme di elementi
Accolta di elementi: una serie di elementi caratterizzanti, nell’ottica di un osservatore, dell’assenza di un evidente principio di aggregazione
Insieme di elementi: un complesso di elementi in cui sia riscontrabile un nesso di omogeneità capace di dar vita ad una logica di aggregazione
Le fasi logiche del passaggio dallinsieme alla struttura sono le seguenti
- individuazione degli elementi strutturali e della presenza di nessi di omogeneità (passaggio da accolta ad insieme di elementi)
-specifico del ruolo assegnato a ciascun elemento rispetto ad una specifica finalità da raggiungere e delle relazioni tra gli stessi elementi;
-riconoscimento della struttura, cioè del complesso unitario (insieme di componenti e di relazioni)
Concetto di struttura: insieme di componenti strutturali a cui sono assegnati ruoli e funzioni da svolgere, nel rispetto di vincoli e regole, poste tra loro in relazione per rendere possibile, attraverso ‘implementazione di un sistema, il conseguimento di un determinato fine comune
Sistema vitale
Il sistema vitale non è il sistema vivente.
L’analogia dell’impresa come sistema vivente evidenza aspetti interessanti quali
- l’apertura del sistema,
- la sopravvivenza,
- la capacità di adattamento al contesto
ma tale modello traferisce all’impresa anche proprietà che non sono proprie di un sistema imprenditoriale.
Il sistema vitale è un sistema che sopravvive, rimane unito ed è integrale, è omeostaticamente equilibrato sia internamente che esternamente e possiede meccanismi e opportunità per crescere e apprendere, per svilupparsi e adattarsi, e cioè per diventare sempre più efficace nel suo ambiente.
Vi sono quattro postulati che descrivono il sistema vitale:
POSTULATO 1 - LA FINALITÀ DELLA SOPRAVVIVENZA
Un sistema vitale è capace di sopravvivere in un particolare contesto grazie a continui processi di adattamento con l’ambiente
La sopravvivenza del sistema si esplica nella sua attitudine a soddisfare, in modo appropriato, le attese e aspettative dei sovra-sistemi percepiti come rilevanti dal suo organo di governo
Esemplificazioni: sovra-sistemi rilevanti nel caso di un individuo (famiglia, ufficio, associazione), di un’impresa (sistema delle proprietà, del consumo, della distribuzione, … finanziario); di un’impresa farmaceutica: stato (normativa), enti ospedalieri (priorità), concorrenza (rapporti di forza), pazienti (esigenze)
POSTULATO 2 - LA PROPRIETÀ DELL’ISOTROPIA
Il sistema vitale manifesta un’immagine, una forma, un’identità unica rappresentabile in due distinte aree di attività:
a) l’area del decidere
b) l’area dell’agire (operazioni)
L’isotropia indica l’invarianza della forma, la riferiamo all’attività del sistema vitale quindi quest’ultimo avrà sempre le stesse due aree di attività
POSTULATO 3 - FINALIZZAZIONE E CONNESSIONE
Il sistema vitale è proiettato verso il perseguimento di finalità e il raggiungimento di obiettivi ed è connesso a sovra e sub-sistemi da cui, rispettivamente, trae e fornisce indirizzi e regole
L’attività svolta dal sistema è condizionata dalla necessità di dover soddisfare le esigenze dei sovra-sistemi, mentre i sub-sistemi in esso inclusi qualificano le loro attività realizzando obiettivi in linea con le esigenze, le regole e gli indirizzi del sistema
POSTULATO 4 - POSSIBILITÀ DI DISSOLUZIONE
Un sistema vitale, attraverso il proprio decisore, ha la possibilità, sulla base di condizioni di consonanza prima e di risonanza poi, di dissolvere sé stesso - inteso come ente autonomo - nel sovra-sistema a cui, in uno specifico periodo temporale, riferisce.
La relazione tra sistema e sovra sistema richiede la computabilità strutturale allo scambio (consonanza); il passaggio - prospettiva sistemica - ad interazioni risonanti consente di soddisfare le diverse parti coinvolte
La rappresentazione dell’impresa come sistema vitale riflette la dicotomia tra attività di governo e gestione e quindi la necessita di distinguere nell’area delle decisioni: le decisioni di governo (strategiche) dell’area residua decisioni gestionali
a) le decisioni di governo: sono centralizzate, si adottano in condizioni di incertezza, non sono ripetitive, colgono i segnali deboli del contesto
b) le decisioni gestionali: riguardano la combinazione delle risorse a disposizione in vista del conseguimento di elevati livelli di efficienza.
Le decisioni gestionali si integrano nell’area delle operazioni e originano l’area della gestione
Le attività dell’azione di governo sono di competenza dell’imprenditore, dell’organo di governo, mentre l’area della gestione, che include decisioni e operazioni è responsabilità della struttura operativa
il sistema vitale impresa ha due macro-componenti:
•Organo di governo
•struttura operativa
L’ OdG identifica la macro-componente cui sono attribuite le scelte inerenti la definizione della struttura operativa dell’impresa
La struttura operativa rappresenta la componente necessaria a tradurre in azioni le scelte dell’OdG, volte a imprimere al sistema impresa una adeguata dinamica evolutiva
Il ruolo dell’OdG consiste nell’ assicurare che l’impresa, attraverso le sue attività di progettazione, indirizzo strategico e controllo, evolva verso il conseguimento di uno sviluppo durevole e sostenibile dell’impresa
Perché è più corretto parlare di finalità imprenditoriale e non finalità dell’impresa?
Secondo l’impostazione di tipo soggettivo della finalità d’impresa (la finalità come espressione del soggetto economico, che può variare a causa della sua composizione e dell’evoluzione delle sue motivazioni (esempio: profitto, fatturato, sviluppo della carriera, crescita dimensionale …)) l’impresa in quanto tale ha funzioni da svolgere, piuttosto che fini da raggiungere, essendo questi ultimi il risultato di scelte del soggetto economico. Inoltre le finalità siano riferibili agli individui che operano all’interno dell’impresa e in prima linea coloro che ne detengono la proprietà ed il governo.
Oggettiva: la finalità è intrinseca all’organizzazione stessa ed è neutrale rispetto alle persone che la governano (è generale, temporale, fondata su principi di economicità)
Qual é la differenza tra sistema vitale e sistema vivente?
Il sistema vitale ha bisogno di un soggetto che lo governi mentre il sistema vivente non ne ha bisogno perché esso é indipendente, autonomo e capace di auto svilupparsi
Quali sono i 3 principali significati (non tra loro alternativi) di struttura? Struttura logica, fisica, ampliata
Struttura logica -> individua l’insieme di componenti logiche idonee a svolgere un determinato ruolo, nel rispetto di regole prefissate e sulla base di relazioni con altre componenti: ruoli, attività e set di capacità.
Bisogna capire di che elementi e capacità (che devono essere coordinati fra loro) necessita ogni componente.
Struttura fisica -> rappresenta l’impresa quale complesso di componenti fisiche dotate di capacità adeguate per lo svolgimento dei ruoli previsti dalla struttura logica e necessari per gestire le attività definite nello schema organizzativo di massima.
Al fine di una migliore individuazione delle capacità di base necessarie per la qualificazione delle componenti è utile distinguere tra dimensione tecnica, umana e finanziaria.
Esiste la struttura ma non essendoci ancora le relazioni con l’esterno, l’impresa non esiste ancora.
La struttura ampliata/lo schema organizzativo definito -> rappresenta una varietà più o meno estesa di componenti fisiche interne e le relazioni tra componenti interne ed entità sistemiche esterne.
La sua composizione richiede:
-l’individuazione delle entità esterne fornitrici ed acquirenti;
-l’impostazione delle relazioni tra le componenti della struttura fisica e le entità (componenti) esterne.
I limiti della teoria della creazione del valore azionario nel contesto europeo
I limiti della teoria della creazione del valore azionario nel contesto europeo riguardano il fatto che quest’impostazione non è applicabile anche ai casi (molto frequenti nel contesto italiano ed europeo) di piccole-medie imprese gestite da imprenditori-proprietari e non quotate in Borsa, ma è applicabile solo alle public company e società con capitale frazionato e quotate in Borsa.
Un altro limite è che con questa teoria non sono massimizzabili il profitto, il fatturato e la crescita dimensionale, ma solo il capitale azionario dell’impresa.
Come si crea valore economico?
Con valore economico si intende, non la differenza tra costi e ricavi, ma le potenzialità dell’impresa di generare ricchezza nel tempo (flussi di reddito /cassa)
Questo valore si crea tramite la somma attualizzata dei flussi di cassa (cash flow).
Creare valore significa accrescere la dimensione del capitale economico, cioè̀ in breve il valore dell’impresa intesa come investimento. Ma il maggior valore che si forma, in non pochi casi, per essere percepito e misurato dagli azionisti-risparmiatori deve passare anche nel valore di mercato, cioè̀ trasferirsi sui prezzi delle azioni. (Luigi Guatri)
Come si crea valore azionario?
Il valore azionario si ricollega alla teoria del valore azionario che si riferisce alla realtà delle public company.
Il valore azionario si crea aumentando il valore delle azioni; l’investitore azionario aspira non solo al dividendo, ma anche alla crescita del corso delle azioni.
La crescita di ricchezza per l’azionista si traduce nell’obiettivo di aumentare il valore del capitale economico dell’impresa ossia tramite la somma attualizzata dei flussi di cassa (cash flow).
L’obiettivo dell’impresa non é sviluppare profitto o svilupparsi dimensionalmente ma creare valore economic
critiche alla teoria della massimizzazione del profitto?
La teoria nel campo pratico presenta dei limiti:
- il fattore tempo poiché ciò che l’imprenditore andrebbe a massimizzare è il risultato della gestione nel lungo andar, obbiettivo che nel breve periodo potrebbe essere sacrificato
- il fattore rischio poiché l’imprenditore tende a condizionare le sue aspirazioni reddituali ad un determinato grado di rischiosità globale della gestione
Inoltre vi è anche la necessità di rispondere alle esigenze di tutti i gruppi sociali con cui l’impresa viene in contatto. Infine la massimizzazione del profitto non sarebbe comunque compatibile con altre finalità di carattere etico che l’imprenditore dovrebbe porre a base della sua azione
Teoria comportamentista e di massimizzazione del profitto
TEORIA COMPORTAMENTISTA:
L’impresa è vista come una coalizione di gruppi di persone con interessi anche conflittuali. La necessità di assicurare un giusto equilibrio tra le aspirazioni dei vari gruppi coinvolti nel suo funzionamento genera limiti alla massimizzazione del profitto.
Situazioni di potenziale conflitto possono sorgere rispetto a:
• gruppi esterni (clienti, fornitori, finanziatori, poteri pubblici)
• gruppi interni (proprietari, dirigenti, maestranze,)
L’imprenditore per massimizzare il risultato economico della gestione, secondo la teoria classica, deve aumentare i ricavi, o ridurre i costi o entrambe le manovre. Ma queste manovre incontrano l’opposizione dei gruppi sociali esterni e interni all’impresa. Queste possono essere evitate con la promozione di innovazioni (prodotto, processo, mercato).
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO: Con profitto si intende il compenso che spetta all’imprenditore per l’organizzazione dei fattori produttivi. Però non è interpretato sempre allo stesso modo, ma anche come:
-compenso che spetta a colui che coordina l’impiego dei fattori produttivi, affine ai compensi del lavoro (salario),
terra (rendita) e capitale (interesse);
-corrispettivo destinato a ripagare il rischio corso nell’attività imprenditoriale;
-premio che spetta non al semplice investitore, ma all’imprenditore che promuove l’innovazione (definizione più rilevante);
-risultato dell’acquisizione di posizioni di monopolio rispetto ad altri produttori.
Secondo la teoria classica le scelte imprenditoriali sarebbero orientate al conseguimento del massimo profitto, cioè
del maggior divario possibile tra ricavi e costi di gestione.
La teoria nel campo pratico presenta dei limiti:
- il fattore tempo poiché ciò che l’imprenditore andrebbe a massimizzare è il risultato della gestione nel lungo andar, obbiettivo che nel breve periodo potrebbe essere sacrificato
- il fattore rischio poiché l’imprenditore tende a condizionare le sue aspirazioni reddituali ad un determinato grado di rischiosità globale della gestione
Inoltre vi è anche la necessità di rispondere alle esigenze di tutti i gruppi sociali con cui l’impresa viene in contatto. Infine la massimizzazione del profitto non sarebbe comunque compatibile con altre finalità di carattere etico che l’imprenditore dovrebbe porre a base della sua azione
La massimizzazione dei profitti deve assumere una prospettiva di lungo periodo ( creazione di valore ) e tenere conto del livello di rischiosità della gestione. E obiettivo fondamentale per assicurare la sopravvivenza, che è uno degli elementi che rientrano nelle finalità imprenditoriali.
Teorie sul finalismo dell’impresa: teoria della creazione e diffusione del valore
La finalità della creazione del valore risponde agli obiettivi di tutti i partecipanti all’impresa e sostiene che la finalità da assegnare alla gestione è quella di far crescere il valore economica dell’impresa, la visione dei risultati aziendali è orientata al futuro (non conta il profitto ma le potenzialità di produrre risultati sempre migliore i). Oltre alla creazione del valore ci si riferisce anche alla sua diffusione ossia al trasferimento nel valore di mercato espresso dalle quotazioni azionarie. E più agevolmente tradotta in misurazioni economiche e nel lungo termine coincide con la massimizzazione del profitto. Non è di associare con la pratica nordamericana della creazione del valore azionario perché tende alla massimizzazione dei vantaggi per gli azionisti e non alla redditività di lungo termine.
il ruolo dell’organo di governo
Il ruolo dell’OdG consiste nell’assicurare che l’impresa, attraverso la sua attività di progettazione, indirizzo
strategico e controllo, evolva verso il conseguimento di uno sviluppo sostenibile
Le decisioni dell’OdG:
• di adeguamento: riguardanti azioni che consentano di sfruttare al meglio le capacità incorporate nella struttura
• di trasformazione: connesse ad azioni di modifica della struttura operativa (componenti e relazioni) di più ampia portata incidono sullo schema organizzativo definito
• di ristrutturazione: riguardanti azioni dirette a riconfigurare e ridefinire lo stesso schema organizzativo di massima o la stessa business idea
• processo di indirizzamento strategico dell’impresa (della struttura operativa): riguarda la ridefinizione nel tempo del posizionamento strategico nei confronti del mercato e degli altri interlocutori;
• processo di progettazione, organizzazione e riorganizzazione nel tempo della struttura operativo.
Differenza tra gestione strategica e operativa
La strategia definisce i rapporti con l’ambiente. La gestione strategica è impostata sulle scelte di lungo termine, riguardanti gli obiettivi e l’impiego delle risorse aziendali coerenti in vista del perseguimento di quegli obiettivi. Nel caso di un’impresa multi business, la gestione strategica si articola in:
- strategie complessive (o corporate), scelta delle aree d’affari
- strategie competitive (o di area strategica), scelta delle modalità di competizione in ciascuna area d’affari
- strategie funzionali, produzione marketing, finanza, personale, ricerca e sviluppo
La gestione operativa è costituita da atti di gestione, controllo ed esecuzione di attività e processi produttivi.
- ciclo di produzione;
- ciclo di vendita;
- ciclo finanziario
- ciclo logistico
- ciclo ricerca e sviluppo
La gestione operativa, a differenza di quella strategica e dei meccanismi di governo aziendale, si svolge con caratteristiche e problematiche dissimili da azienda ad azienda. È intuibile, infatti, che il complesso di attività, mediante le quali ciascuna impresa produce e vende i beni o servizi da destinare al mercato, si caratterizza in funzione dell’oggetto sociale.
Decisioni tattiche, strategiche e operative (Ansoff)
Lo studioso Ansolf si è contraddistinto per l’analisi della dimensione decisionale delle imprese. Ha distinto e qualificato tre principali tipi di decisioni (fortemente interrelati fra loro):
- strategiche -> riguardano gli aspetti di fondo dell’attività dell’impresa (es. scelta del mercato di riferimento);
- tattiche -> sono tese a precostituire risorse e capacità adeguate alla missione (es. scelta delle modalità di competizione per ASA);
- operative -> attuano le scelte strategiche (es. scelte relative a produzione, marketing, finanza ecc.)
La definizione della gerarchia delle strategie funzionali, competitive e complessive é applicabile a tutte le imprese?
No, perché la gerarchia opera solo nelle imprese multi business e non nelle imprese che operano in una specifica area d’affari dove le strategia complessiva collasserebbe; é possibile definire un quarto livello per le imprese multi-prodotto dove la strategia può essere sviluppata anche in termini di prodotto (oltre che in termini funzionali, competitivi e complessivi)
orientamento strategico -> atteggiamento di attesa, anticipazione, proattivo
Trascurare il rapporto tra impresa e ambiente porta ad un elevato grado di rischio, poiché l’impresa, proprio per il modificarsi del quadro esterno ambientale, può ritrovarsi improvvisamente fuori o senza mercato. Gli atteggiamenti che l’imprenditore può adottare nei confronti dell’ambiente esterno sono:
1) un atteggiamento di attesa, che consiste nell’aspettare il verificarsi di fenomeni evolutivi nel mercato o nel più vasto contesto (macro-ambiente) in cui questo è compreso, per promuovere soltanto dopo ch’essi si sono chiaramente affermati, gli opportuni adattamenti della gestione;
2) un atteggiamento anticipatorio, che si traduce nell’attuazione di uno sforzo costante di previsione dei mutamenti ambientali, allo scopo di potere realizzare, in modo preventivo e tempestivo, le necessarie modifiche nei comportamenti di gestione;
3) un atteggiamento proattivo, che si concreta nella promozione di azioni tendenti ad influenzare l’ambiente (macro e microambiente) nella direzione più̀ favorevole alle prospettive di sviluppa aziendale.
Strategia competitiva
Le strategie competitive definiscono gli obiettivi e le politiche da adottare per: fronteggiare la concorrenza e acquisire la clientela, puntando sui vantaggi competitivi conseguibili
Pur sussistendo un rapporto gerarchico tra strategie, sono sempre quelle competitive che influenzano quelle complessive: la scelta di essere presenti in più aree d’affari è fondata sulla probabilità di competere con successo in quella porzione di mercato, in base alle risorse possedute o acquisibili.
Tutte le imprese hanno una propria strategia che è il risultato del prodotto volto a soddisfare i bisogni della clientela.
Nel tempo a questi elementi si è aggiunto il risultato delle azioni delle imprese agli agenti esterni. Prima una volta determinato e scelto il mercato d’interesse questo rimaneva immutato, ora cambia rapidamente.
paradigmi teorici per la formulazione della strategia? spiega il paradigma strutturalista, quali sono le implicazioni?
Storicamente si sono sviluppati i vari modi (paradigmi) per realizzare la strategia d’impresa
Strutturalista (industrialista) (STRUTTURA-CONDOTTA-PERFORMANCE): secondo gli studiosi cosiddetti «strutturalisti», è la struttura del mercato che incide sul comportamento delle imprese ed è quest’ultimo che, a sua volta, determina il risultato della gestione aziendale. l’impresa è vista, in realtà, come elemento che influenza l’ambiente, che produce degli output che finiscono per modificare il settore in cui opera, e non come soggetto che deve semplicemente adattarsi ad esso. Si ha un rapporto di interdipendenza perché è raro potere rinvenire un’impresa del tutto libera da condizionamenti esterni nella formulazione dei suoi comportamenti di mercato; così com’è lontano dalla realtà immaginare un’impresa, piccola o grande che sia, del tutto incapace di influenzare almeno in parte le condizioni del mercato specifico in cui ha scelto di operare.
INTERPRETAZIONE FORTE
è la struttura del mercato (sistema delle imprese concorrenti) a influenzare le performance dell’impresa.
Esiste una casualità unidirezionale, le strategie non contano, i risultati dipendono esclusivamente dalla struttura del settore
VERSIONE DEBOLE
La condotta l’impresa reagisce alla situazione esistente cambiano le politiche pubbliche che possono influenzare
-le caratteristiche strutturali, (n° compratori e venditori, economie di scala, barriere all’entrata, differenziazione di prodotti, integrazione verticale, diversificazione barriere all’entrata, differenziazione prodotti, integrazione verticale)
-la condotta strategica, (pubblicità, ReS, politiche di prezzo, tattiche leali, funzioni e accordi)
-la performance (redditività, qualità de prodotto, progresso tecnologico)
La versione debole del modello considera relazioni bidirezionali; introduce il ruolo delle politiche pubbliche e specifica alcune condizioni della struttura
Comportamentista (CONDOTTA-STRUTTURA-PERFORMANCE): è la condotta, il comportamento strategico dell’impresa che influenza il settore di appartenenza e conseguentemente le performance.
Le conoscenze accumulate dall’impresa producono le capacità innovative e queste a loro volta determinano i risultati gestionali (impresa come sistema cognitivo).
Fondato sulle risorse (RISORSE-CONDOTTA-PERFORMANCE): sono le risorse che influenzano la strategia, partendo dalle risorse disponibili. Paradigma che riduce l’influenza del settore e accresce il peso dei fattori endogeni nella formulazione delle scelte strategiche. L’impresa, con i comportamenti innovativi che è in grado di attuare in virtù delle risorse specifiche possedute, sarebbe in grado di mutare l’assetto del settore a cui si rivolge migliorando la probabilità di successo competitivo.
Fondato sulla conoscenza (KNOWLEDGE-CAPABILITIES-PERFORFANCE): si fonda sulle conoscenze sia possedute che acquisibili. Le conoscenze che si accumulano nell’impresa producono le capacità innovative e queste determinano i risultati.
A conclusione di questa analisi sui paradigmi si può quindi sostenere che sulle scelte dell’impresa pesano sia fattori esogeni (legati al mercato) sia endogeni (legati alle risorse) e che, in realtà il rapporto è in ogni caso di interdipendenza. Da questo si deduce l’importanza dello studio del mercato prima di assumere qualsiasi scelta strategica.