ARTE MINOICA E MICENEA Flashcards
Parlami della città palazzo di Cnosso
La città palazzo è il fulcro della civiltà cretese. Nella città-palazzo mancano mura difensive (è possibile dedurre che la popolazione vivesse in pace). Il mare e la potente flotta erano ritenuti sufficienti a proteggere Creta da eventuali aggressori esterni. Data quindi la posizione geografica, e la vegetazione rigogliosa dell’isola, i minoici avevano sviluppato un rapporto pacifico e completo con la natura.
La città-palazzo è chiamata così perché date le grandi dimensioni lo rendevano capace di accogliere non solo i regnanti ma anche una vasta comunità. Attorno alla città-palazzo si disponevano le abitazioni private. Al centro si trovava un grosso cortile a pianta rettangolare lastricato e scoperto, attorno al quale si sviluppa una città sottoforma di struttura labirintica. Il labirinto non è altro che un incastro fatto di terrazze e ambienti luminosi costruiti su più livelli e architettonicamente simili tra loro. Intorno al cortile si affacciano ciò che sono i luoghi principali, ossia: la sala del trono, il santuario e la stanza della regina. Il santuario era una vasta sala a pilastri che si ipotizza essere riservata alle cerimonie religiose. Stretti corridoi venivano usati per le processioni, mentre l’ampia superficie esterna con gradinate impropriamente detta teatro, era destinata – verosimilmente – a riti religiosi o anche a ospitare varie rappresentazioni. Sulla sinistra numerosi ambienti lunghi e stretti senza finestre disposti a pettine erano dei magazzini, mentre quelli sulla parte superiore destra erano delle botteghe artigiane. Ogni attività comunitaria si concentrava perciò all’interno del palazzo. Agli spazi aperti degli ambienti adibiti a residenza corrispondevano dei giardini, mentre l’alternarsi di passaggi, scalinate di collegamento fra un livello e l’altro e logge caratterizzate da colonne tozze e colorate a tinte vivace dovevano provocare una forte suggestione. Le colonne, molto verosimilmente di legno, avevano un diametro che diminuiva dall’alto verso il basso (accorgimento che viene detto rastrematùra). Esse erano sormontate da capitelli a toro e poggiavano su una base di pietra a sezione circolare.
Parlami della pittura parietale
Le tinte accese delle colonne si ritrovano nella pittura parietale, ne sono esempi i cicli e le decorazioni a soggetto geometrico e naturalistico che ornavano i principali ambienti del palazzo di Cnosso, i quali essendoci giunti molto rovinati e frammentati, sono stati sottoposti a pesanti interventi di restauro. Nonostante ciò, ci consentono una chiara lettura dei caratteri della pittura minoica, anche se non ci restituiscono altro che una pallida idea di ciò che originariamente essa doveva essere.
Parlami del gioco del toro
Tra i meglio conservati, pur se con ampie integrazioni di restauro, la scena con il Gioco del toro. Mostra su un fondo turchese monocromo, due fanciulle (a tinta chiara) e un giovinetto (a tinta scura) intenti a cimentarsi sullo sport allora più popolare fra i Cretesi, quello del salto acrobàtico sul toro. Le posizioni che essi assumono rivelano, in effetti, come in una sequenza cinematografica, i tre momenti del gioco consistente nell’afferrare il toro per le corna, eseguire su di esso un doppio salto mortale, ricadere a terra restando in posizione verticale. La presenza contemporanea di atleti dei due sessi, inoltre, ci testimonia di una cultura nella quale, diversamente da quelle vicino-orientali, la donna iniziava a godere di un certo prestigio sociale. I colori sono piatti, estrema importanza della linea non solo nel profilare i personaggi ma anche nei ritmi tra figure e sfondo, non c’è l’idea della tridimensionalità. Cornici tipiche cretesi che riquadrano la “taurocatapsia”, ossia il gioco del salto mortale effettuato in corsa sul toro. Anche il modo di rappresentare i personaggi ci fa capire come i cretesi fossero in contatto con le altre civiltà, tra le quali gli egizi, dato che loro coloravano le figure maschili con colore bruno, e le figure femminili con colore biancastro.
La città era decorata e adornata da corna monumentali che volevano testimoniare la venerazione a questo animale sacro.
Parlami de Le tre fanciulle danzanti
Notiamo la moda disinibita: coprispalle, gioielli e acconciature molto impegnative ma allo stesso tempo morbide che in effetti costituiscono la bellezza della figura femminile. Queste donne, in effetti, si dimostravano molto risolute nel momento in cui i loro uomini non erano a casa dato che erano commercianti e navigatori quindi impegnati nei traffici marittimi. Quando non erano presenti in città le mansioni erano svolte dalle donne, quindi visione emancipata della donna: al momento stesso animatrice della vita di corte, quindi fanciulla danzante, ed anche nella veste di sacerdotessa, addetta al culto.
Parlami degli affreschi del megaron della regina
Il palinsesto è un manufatto che presenta al suo interno, nello svolgimento, diverse fasi cronologiche di realizzazione. Nel 1700 a.C. un primo cataclisma naturale spazzò via gran parte del palazzo di Cnosso, fu però successivamente riedificato; dunque, molte cose potrebbero essere state integrate.
Il motivo a spirale è tipico del periodo protopalaziale (1800) mentre le rosette sono tipiche del periodo palaziale (1500). Non sappiamo però se questa compresenza di questi due stili sia un frutto degli scavi o se gli archeologi lo abbiano già trovato così.
Alla solennità del complesso decorativo della Sala del trono fa da contrappeso quello più libero e gioioso che si rivela nell’intimità delle stanze dette “della Regina”. In una di esse, infatti, tra motivi ornamentali a fiori stilizzati e a onde correnti, la vita delle creature del mare che circonda Creta e la luminosità del cielo e dell’isola sono tradotti in solari e vivaci raffigurazioni di delfini che nuotano in un’acqua cristallina. Motivi decorativi legati ai delfini, quindi senso di pace e benessere.
Parlami della sala del trono (e particolare del grifone)
Nella sala del trono le pareti, attraversate da bande rosse e gialle dai margini curvilinei, sono decorate a motivi naturalistici ripetuti, impostati al di sopra di una base che imita le venature del marmo. Infatti, canne stilizzate appena piegate, come mosse da una leggera brezza, si alternano a figure di grifoni accovacciati, animali quasi posti a guardia del trono di alabastro su cui sedeva il sovrano-sacerdote circondato dalla corte. Le figure non tendono ancora alla resa tridimensionale, ma alla pura decorazione delle pareti, ottenuta per campiture piatte di colore e tramite linee morbide e flessuose che definiscono e ornano tutte le forma.
Il grifone fa riferimento a un panteismo e unisce vari elementi: aria (testa di aquila), terra (corpo di leone), e sottosuolo (coda di serpente). La lettura simbolica della figura va a sottolineare l’aspetto religioso della popolazione.
Sull’estrema sinistra si trova una vasca dove il suddito doveva immergersi per purificarsi prima di presentarsi.
Sull’estrema sinistra si trovano le colonne con il diametro della parte inferiore più stretto rispetto a quello della parte superiore (rastrematura inversa). Nella sala il re riceveva gli omaggi o dirimeva le controversie, i provvedimenti e le soluzioni. La figura del grifone aveva il compito di infondere timore nel popolo.
Parlami de Il principe dei gigli
Età neo-palaziale, ca. 1550-1450 a.C.
Nel principe dei gigli si sommano la tecnica del rilievo in stucco dipinto e quella della pittura. Le parti originali ancora conservate consentono di risalire alle forme leggiadre di un giovane uomo il cui copricapo è composto di fiori di giglio e di penne colorate. Egli si muove verso sinistra conducendo, legato a una fune tenuta con la mano sinistra, un animale. Le gambe sono mostrate di profilo, il braccio sinistro è teso, mentre il destro, piegato, è portato contro il busto visto frontalmente, ricorrendo, cioè, alle stesse convenzioni rappresentative in uso presso gli Egizi. Il personaggio, tuttavia, non presenta alcuna maestosità, semmai una precisa volontà di raffigurazione naturalistica, cioè attenta a riprodurre il movimento e la vita.
Parlami de Il disco di Festo
Nel 1908 l’archeologo Pernier rintracciò nel grande Palazzo di Festo un disco di terracotta, noto come Disco di Festo. Su entrambe le facce si alternano 241 segni incisi in 45 diversi caratteri figurati (alcuni dei quali sono ovviamente ripetuti) entro spazi individuati da una linea a spirale che, procedendo dalla circonferenza, si avvolge verso il centro del disco. Gruppi composti di più segni (evidentemente delle parole) sono separati gli uni dagli altri per mezzo di un tratto inciso in senso radiale (cioè seguendo uno dei possibili raggi del cerchio). La scrittura impiegata nel disco non ha nessuna relazione con quelle cretesi già note, si presenta come enigmatica e determina, perciò un ulteriore elemento di incertezza nella conoscenza della scrittura dei Cretesi. A meno di un fortuito ritrovamento risolutore, il contenuto de disco e i suoi stessi segni sono ancora destinati a rimanere sconosciuti. Molto probabilmente si tratta di un testo religioso legato al culto o al rituale.
Parlami delle statuette votive
Nel periodo neo palaziale fu molto intensa la produzione di statuette votive in ceramica smaltata o invetriata. Tra le più note vi sono senza dubbio quelle del museo archeologico di Iraklion rappresentanti la dea dei serpenti, ossia la Madre della Terra.
Parlami della Dea dei serpenti
Datata 1700 – 1600 a.C.
Proviene dal palazzo di Cnosso ed è custodita al museo archeologico di Iraklion. È vestita secondo la moda del secolo: gonna lunga a falde, bloccata sui fianchi da un elemento a sella che sembrerebbe realizzato con una stoffa più pesante. In vita ha un corsetto che comprime e lascia scoperti i seni e cinge anche gli avambracci. Si nota la moda disinibita dell’epoca per le donne e le sacerdotesse. Nei pugni tiene i serpenti che simboleggiano la ciclicità perfetta, perché riescono a far combaciare capo e coda e soprattutto un animale che vive negli anfratti della terra e che perciò è associabile alla fertilità del terreno. Un gatto sta sulla testa della piccola divinità.
Parlami delle ceramiche in stile protopalaziale
Il periodo protopalaziale è caratterizzato dall’arte della ceramica, in particolare in stile Kamares, la quale prende il nome dalla grotta sul monte Ida dove furono trovati questi reperti. I motivi ornamentali principale erano costituiti da linee curve, spirali e cerchi che si ricollegano alla ciclicità. I periodi usati sono bianco, nero e ocra e talvolta anche rosso. Spesso alla pittura si univa l’ornamentazione classica, cioè a rilievo, realizzata tramite la tecnica dell’incollatura. La tecnica degli artigiani cretesi con il tempo si era talmente affinata che essi riuscivano a produrre ceramiche dalle pareti sottilissime dette “a guscio d’uovo”. Abbiamo due esempi di queste ceramiche in stile Kamares: il phitos e la brocca. Il pithos è più oblungo rispetto alla brocca. La brocca è stata rinvenuta a Festo ed è ornata sia da una decorazione geometrica molto vivace e caratterizzante, da scacchi bianchi e rossi, e si uniscono gli ornamenti classici: grandi fiori a rilievo dai petali distesi che sono collocati sull’alto piede e nella fascia tra le anse e l’ampia bocca.
Parlami della ceramica in stile palaziale
La ceramica assume forme più libere, più fantasiose e complesse. Abbiamo due stili: lo stile vegetale, dove venivano rappresentate solo erbe e piante, e lo stile marino, con raffigurazioni di esseri marini.
Nel tardo periodo neopalaziale nasce un nuovo stile pittorico, quello palaziale, per la presenza dei suoi esemplare nel palazzo di Cnosso. I caratteri dello stile palaziale sono:
- la disposizione delle decorazioni secondo una geometria rigorosa
- l’estrema stilizzazione degli elementi (vegetali o marini che siano)
- la forte simmetria e austerità quasi solenne
Parlami dell’ascia bipenne
È in stile palaziale. Ha ornamentazione floreale e vegetale stilizzata e si distingue per la presenza di un oggetto rituale impiegato durante i sacrifici, ossia l’ascia bipenne (cioè con due lame contrapposte). L’ascia bipenne viene più volte ritrovata dipinta nel palazzo di Cnosso. In questo phitos le ricorrenti e numerose linee verticali si interrompono solo per lasciare spazio a quelle orizzontali delle asce che definiscono due fasce discontinue che decorano l’intera circonferenza. Le rosette riprendono il tema della natura e dei fiori. L’ascia bipenne si trova nel museo archeologico di Iraklion.
Parlami della brocchetta di Gurnià
Tema faunistico, la decorazione del polpo e degli altri elementi marini che sono presenti sulla brocca vogliono infondere realismo e movimento soprattutto tramite i tentacoli che è come se si aderissero alla brocchetta. Non sono oggetti rituali ma di uso in cui si riflette la concezione di “serena armonia”, possiamo parlare di naturalismo e nella forma si nota il virtuosismo dell’artefice. È conservata nel museo archeologico di Iraklion.
Parlami dei micenei
I micenei riprendono lo stile della civiltà minoica. La conformazione della città, a differenza di quella cretese che era circondata dal mare, necessitava delle mura ciclopiche. Mura ciclopiche perché secondo la leggenda sono stati i ciclopi a costruirle, dato che sono talmente monumentali che si fa fatica a credere le abbiano costruite degli uomini. Le città più importanti sono Corinto, Tirinto e Micene. I tre periodi:
Miceneo antico: 1600 – 1500 a.C.
Miceneo medio: 1500 – 1400 a.C.
Miceneo tardo: 1400 – 1100 a.C.
I primi due periodi sono importanti perché vi è mostrata l’affinità con l’arte cretese.