Argomenti appunti Flashcards

1
Q

Come si spiega in greco la declinazione di Ζεύς, Διός?

A

La parola viene dalla radice i-e * djēw-s, che passa uguale al greco tranne per il suo dz dato da d+j: quello diventa z.

Il passaggio non si verifica per gen/dat perché la parola si forma dal grado zero Djw- + le desinenze inizianti per vocale, e in questo caso è il vav ad assumere forma semiconsonantica, mentre jod passa ad essere una semplice i, che quindi con d non forma più il suono dz.

Per l’acc. si ha di nuovo la radice al grado -e- * djēw-m, che passa a Ζήν perché dj > z, il waw cade e la nasale -m- passa al greco come ni.

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2
Q

Nella declinazione di Ζεύς, Διός appaiono anche forme come Ζῆνα, apparentemente irregolari. Perché?

A

La forma Ζῆνα è la forma regolarmente passata dall’i-e al greco, a cui è stata aggiunta una alfa per evidenziare l’accusativo. Per analogia si sono poi formate anche le forme Ζηνός e Ζηνί, riflesso della tendenza della lingua a regolarizzarsi.

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3
Q

Cosa si intende per distrazione omerica o diectasis?

A

Sono forme verbali che sembrano presentare contemporaneamente sia la contrazione fra voc. tematica e voc. desinenziale (come avviene in attico), che presentare la forma non contratta.

Non è chiaro il motivo della loro esistenza, anche se esistono due ipotesi:
1. sono naturali stadi di evoluzione dei verbi fra la forma non contratta e quella contratta

  1. sono forme artificiali comparse con le edizioni pisistratiche dell’opera, che, nate in ambiente attico, avrebbero avvicinato il suono di queste forme ad uno più familiare al lettore. La sostituzione non è completa perché usare forme totalmente contratte farebbe saltare in molti punti lo schema metrico
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4
Q

Quale meccanismo entra in gioco in forme come σφισι e la desinenza di dativo plurale -εσσι?

A

Si tratta di analogia e rianalisi, meccanismi della lingua che tendono a regolarizzarla. Esisteva infatti già una antica forma σφι, data da σ- (radice per il pron. di III pers.) + -φι, antica disenenza di strumentale usata per il dativo. L’aggiunta di -σι tuttavia rende più chiara e regolare la declinazione, ed è anche spiegata dalla rianalisi della radice, da σ+φι a σφ- + desinenze.

Lo stesso accade per -εσσι, derivata dalla declinazione in sigma, che ha apofonia al dat. plur. ed esce dunque in -εσσι. La forma è diventata tipica dell’eolico, ed è molto usata in poesia perché per necessità metriche permette di aggiungere una sillaba quando necessario.

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5
Q

Perché la declinazione in alfa non si considera propriamente tematica?

A

Solo le vocali di timbro /e/ ed /o/ sono riconosciute come tematiche

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6
Q

Perché nel greco omerico molti infiniti presenti prendono la desinenza -μεν?

A

Si tratta di un suffisso tipicamente ionico originato dall’i-e * men/mn/mon, che ha alternanza apofonica e veniva usato per la formazione di sostantivi.

Dal momento che l’infinito (così come il participio medio, per cui il suffisso viene sempre usato) dà valore nominale al verbo, non è strano che lo ionico utilizzi un suffisso impiegato per la formazione di forme nominali.

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7
Q

Qual è l’evoluzione della parola επος dall’i-e al greco?
Cos’ha di strano il suo dativo plurale?

A

La radice επ- deriva dalla forma * wek^w, con caduta del vav iniziale e trasformazione della labiovelare sorda in -π.

Il dat. plur., che sulla scia di γένος dovrebbe fare επεσσι, ma le è stata applicata la pseudodesinenza -εσσι, con risultato επεσεσσι e quindi επεεσσι per caduta del sigma intervocalico.

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8
Q

Qual è il processo di formazione dell’aoristo εἶπον?

A

La forma viene dalla radice * wek^w/wk^w/wok^w , da cui viene preso il grado zero wk^w. Il verbo è a raddoppiamento, quindi viene raddoppiato come wewk^w, aggiunto l’aumento e- e la desinenza di prima persona -om: ewewk^wom. In greco diventa εϝειπον, per dissimilazione del secondo digamma, trasformazione della labiovelare in -π- e passaggio della nasale m a ni.

Successivamente εϝειπον avrebbe perso il digamma, dando luogo a εειπον, quindi alla contrazione in εἶπον

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9
Q

A cosa corrisponde la frequente forma omerica ταὶ?

A

È il nominativo plurale femminile dell’articolo determinativo (qua in una forma arcaica che conserva ancora il tau per le forme del nominativo), e che in Omero si trova frequentemente col suo originario valore di dimostrativo

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10
Q

Cos’è l’epentesi? Come agisce nel verbo βλώσκω?

A

È l’aggiunta di alcuni suoni – consonantici o vocalici – che permettono una migliore e più agevole pronuncia della parola.

Il verbo βλώσκω viene dalla radice i-e * mleh3, dove la laringale di tipo tre origina il suono o, e passa dunque al greco come μλω-. Questo gruppo consonantico, causa di punti e modi di articolazione diversi, è difficile da pronunciare, e dunque è stato “aiutato” con l’inserimento della consonante β a fare da raccordo fra i due: il risultato è μβλω-. Un gruppo consonantico così ingombrante è stato poi semplificato in βλω-; la radice indoeuropea emerge nell’aoristo

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11
Q

Qual è la differenza fra il futuro i-e e quello greco?

A

Il futuro, nel greco a tutti gli effetti un tempo, era un modo nell’indoeuropeo, dove aveva valore desiderativo, e quindi esprimeva la volontà/desiderio di fare qualcosa.

Anche in greco possiamo notare come alcuni verbi presentino solo la diatesi media per il futuro, conservando la sfumatura soggettiva/desiderativa espressa dal verbo.

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12
Q

Da dove e come si originano le due forme di genitivo -oo (-ου in ionico-attico e -ω in dorico ed eolico) e -οιο (conosciuto come genitivo omerico)?

A
  • -ojjo, con uno jod geminato per assimilazione della s. In questo caso la desinenza passa al greco come -οιο, perché uno jod diventa elemento del dittongo e l’altro sparisce
  • -ojo, dove il gruppo ha subito una riduzione della consonante s; la jod intervocalica cade e dà luogo -oo, che può contrarsi o in -ου (quindi una o lunga chiusa) nel caso dello ionico-attico, o in -ω (quindi una o lunga aperta) per il dorico e l’eolico
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13
Q

Come si formano i participi (tranne quelli del perfetto)?

A

Tutti i participi, tranne quelli del perfetto, usano i suffissi derivati dall’indoeuropeo * -nt-/-ent-/-ont.
Il participio presente femminile fa per esempio λεγουσα > λεγονσα > λεγοντ-j-α, dove nella forma media fra le due τ+j subisce una palatalizzazione che risulta in una sigma secondaria. Il gruppo νς si alleggerisce ulteriormente perdendo la ni con allungamento di compenso ο>ου

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14
Q

Come si formano i participi del perfetto?

A

Il perfetto invece forma i participi a partire dai suffissi -wos/-ws/-wot. -wos viene usato per il singolare del nominativo maschile e del nominativo/accusativo neutro; -ws viene usato per il femminile; -wot viene usato per tutti gli altri casi del maschile e del neutro.

Considerando il participio femminile μεμαυια, la sua desinenza si spiega partendo dal suffisso -ws+j+h2, rispettivamente il suffisso formativo del femminile e la laringale di tipo due, che passano in greco come * υσ-j-ᾰ > υια, perché sigma cade e j diventa ι.

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15
Q

Cos’è l’allungamento di compenso?

A

È l’allungamento che avviene per la scomparsa di un gruppo sonantico o consonantico rispetto alla forma più antica della parola. Questo dà diverso esito in ogni dialetto greco.

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16
Q

In quali casi può avvenire l’allungamento di compenso?

A
  • Nasale/liquida + sibilante primaria, ovvero presente già dalla forma indoeuropea. In questo caso si ha la caduta della sibilante e allungamento di compendo
  • Nasale/liquida + sibilante secondaria, ovvero acquisita dal lemma a causa di processi interni al greco. Per es. la forma πᾶσα sarebbe esito di una radice *πάντ- + ια (mozione di femminile), che sarebbe poi mutata in *πανσα (la dentale sorta tau cade prima di jod e lascia come esito la sibilante sigma), per poi diventare la forma πᾶσα, dove la ni prima della sibilante è caduta e alfa è lunga (in attico non si allunga)
  • Nasale/liquida + vav, che può dare o non dare luogo ad allungamento
    Es. l’antico καλϝός, con la caduta del digamma (che rende appunto il suono di vav) origina κᾱλóς in ionico e κᾰλóς in attico
17
Q

Cosa sono le grafie ambigue?

A

I digrammi ει e ου sono grafie ambigue: questi infatti vengono normalmente usati per indicare un dittongo, ma anche per indicare il suono /e/ ed /o/ lunghi.

Questo processo di monottongazione sui dittonghi a primo elemento breve è qualcosa già in atto in quelli a primo elemento lungo: un esempio sono ῃ e ῳ, che già si leggono facendo sentire unicamente il suo ē ed ō.

18
Q

Come si spiegano le forme ioniche del participio di εἰμί (ἐών, ἐοῦσα, ἐόν)?

A

Se la forma attica del participio di εἰμί fa ὤν, οὖσα, ὄν, quella ionica fa ἐών, ἐοῦσα, ἐόν.
La forma ionica si spiega perché la radice indoeuropea del verbo essere è *h1s- al grado zero e *h1es- al grado normale. Questo in greco forma il verbo * ἐσ -μι, dove però la sigma seguita dalla nasale bilabiale m, essendo primaria, cade; il risultato è εἰμί, dove epsilon si è allungata in εἰ per compensare la caduta di sigma.
Più difficile è la spiegazione della forma attica. Si è ipotizzato che la soluzione vada cercata nel femminile οὖσα, che sembrerebbe frutto di una contrazione di ἐοῦσα; la caratteristica si sarebbe poi estesa anche al maschile e al neutro per analogia. La questione comunque è ancora dibattuta.