PEDAGOGIA SPERIMENTALE Flashcards
CHE COS’È LA PEDAGOGIA SPERIMENTALE?
La pedagogia sperimentale è una ricerca scientifica che si occupa dei contesti educativi. Quando facciamo ricerca in ambito pedagogico ci occupiamo di relazioni, persone e bambini, quindi di contesti umani e sociali. Per questo, trattandosi di una disciplina dai confini aperti, dobbiamo utilizzare un maggior rigore metodologico. La pedagogia sperimentale è una disciplina applicativa poiché si occupa di contesti pratici.
L’obiettivo principale della pedagogia sperimentale è quello di sviluppare sempre nuove teorie in ambito educativo per cerca di uscire dalla logica del senso comune ed ampliare le conoscenze.
PERCHÉ È IMPORTANTE SVILUPPARE LA CAPACITÀ RIFLESSIVA?
Sia in ambito teorico che nelle prassi è importante sviluppare un’attitudine al ragionamento e alla riflessione. Infatti, quando il ricercatore affronta un percorso di ricerca deve:
- Analizzare i suoi presupposti concettuali per cercare gli elementi che disconfermano le sue aspettative e avere uno sguardo più ampio. Questo è utile per evitare di incasellare i bambini in percorsi standardizzati e costruire, invece, dei progetti ad hoc per la personalità e le inclinazioni di ognuno.
- Analizzare i limiti del suo progetto e pensare ad ulteriori sviluppi della sua ricerca.
- Tenere sempre in considerazione gli aspetti etici, gli aspetti teorici e quelli intertestuali.
Nelle prassi, invece, è fondamentale che gli strumenti di ricerca siano chiari e condivisi per poter lavorare insieme nei contesti educativi.
QUALI STRUMENTI LAVORANO SULLA CAPACITÀ RIFLESSIVA?
Abbiamo studiato tre principali strumenti che si occupano di lavorare sulla capacità riflessiva di educatori ed insegnanti.
CLASS nasce negli USA come strumento standardizzato per la valutazione nei contesti educativi, ma in questa ricerca italiana viene utilizzato in chiave riflessiva per valutare l’effettiva validità dello strumento e capire quali sono le teorie alla base di esso.
L’RC è uno strumento utilizzato per fare ricerca con gli insegnanti e l’obiettivo è di arrivare ad una discussione critica sullo strumento.
Il TRI è un’intervista semi-strutturata che mira alla valutazione delle modalità relazionali degli insegnanti.
QUALI SONO GLI OBIETTIVI DI UNA RICERCA IN AMBITO EDUCATIVO?
- Rinnovare le prassi cercando di renderle adeguate al contesto
- Valutare l’influenza di eventuali fattori che possono ostacolare o favorire delle pratiche più efficaci
- Costruire delle nuove conoscenze
- Trovare delle prassi e dei metodi più efficaci
- Verificare l’impatto di eventuali decisioni
CHE COS’È L’AUTOREGOLAZIONE? SPIEGA L’ESEMPIO FATTO IN CLASSE
L’autoregolazione è la capacità di modulare il proprio comportamento e se stessi in base alle richieste ambientali, nelle situazioni emotive e nell’iterazione sociale e di affrontare compiti cognitivamente complessi.
La corteccia prefrontale pianifica i compiti e prende decisioni, mentre il sistema limbico fa nascere emozioni e desideri. Queste due aree sono determinate dagli stimoli che il bambino riceve fin dai primi giorni di vita: quando un bambino piange e viene preso in braccio per essere calmato, si crea una connessione.
La maturazione del nostro cervello ha tempistiche sfalsate quindi, quando queste due aree non sono ancora sviluppate allo stesso livello, ci troviamo in un periodo di rischio che provoca una maggiore impulsività.
L’articolo visto in classe propone un training autoregolativo in età prescolare con l’obiettivo di migliorare l’autonomia dei bambini, produrre maggiori relazioni sociali, aiutarli nella risoluzione di compiti complessi e riuscire ad avere maggior controllo degli impulsi e delle risposte emotive.
Viene raccontata ai bambini la storia “Le avventure di Chicco e Nanà” e successivamente proposte 12 attività collegate. Quando si lavora con i bambini, una buona strategia può essere quella di immergerli in un mondo immaginario per raggiungere delle finalità pedagogiche-educative.
Lo strumento utilizzato è uno studio di efficacia in qui si mantengono inalterate le attività curricolari del gruppo di controllo mentre si introduce l’intervento nel gruppo sperimentale, per valutare gli effetti del lavoro.
QUALI SONO LE PRINCIPALI FUNZIONI ESECUTIVE?
Le funzioni esecutive sono un insieme di capacità che ci permettono di affrontare le situazioni in modo ragionato. Le principali sono inibizione, pianificazione, memoria di lavoro e flessibilità cognitiva.
- Inibizione = capacità di inibire risposte precedentemente apprese per controllare l’effetto interferenza di stimoli distraenti.
- Pianificazione = capacità di prevedere l’obiettivo scomponendo l’azione in passi intermedi per raggiungerlo in modo efficace.
- Memoria di lavoro = capacità di mantenere in memoria informazioni per poterle manipolare.
- Flessibilità cognitiva = capacità di cambiare schema comportamentale in base al feedback ricevuto.
QUALE MODELLO SI ADATTA MEGLIO ALL’APPROCCIO EDUCATIVO?
Il modello teorico che meglio si adatta all’approccio educativo è la prospettiva ecologico-culturale che vede l’apprendimento e lo sviluppo come dei processi determinati da dinamiche relazionali perché sono in continua interazione tra le caratteristiche della persona e le caratteristiche dei sistemi.
La pedagogia che ne deriva vede l’apprendimento come un processo dinamico e adattivo che, attraverso l’interazione con l’ambiente, determina cambiamenti nelle competenze possedute.
Questa pedagogia pone l’attenzione sulla cultura in cui è immerso ogni individuo, sugli aspetti di tipo ecologico e sulle relazioni e le interazioni che l’individuo sperimenta.
SPIEGA IL PENSIERO DI BRONFENBRENNER
Secondo l’autore, ogni persona, è inserita in sistemi nei quali fa esperienza, apprende, si relaziona e si sviluppa. Per questo propone la teoria sistemica, ovvero l’idea di quattro sistemi che compongono l’ambiente in cui l’individuo cresce.
Al centro c’è l’individuo circondato dal microsistema ovvero l’ambiente in cui la persona fa esperienza diretta, successivamente troviamo il mesositema che è costituito dalle connessioni che si instaurano tra i vari microsistemi, poi c’è l’esosistema di cui l’individuo ne subisce solo l’influenza in modo secondario e infine il macrosistema che corrisponde al pattern culturale e istituzionale. Importante sottolineare anche l’aspetto temporale: il tempo storico-culturale e il tempo cronologico legato al ciclo di vita dell’individuo.
Loris Malaguzzi afferma che lo spazio può essere definito come un terzo educatore in quando la scelta degli ambienti e dei materiali rispecchiano un determinato tipo di pedagogia.
CHE COS’È LA ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE SECONDO VYGOTSKIJ E COME VEDE IL RAPPORTO TRA APPRENDIMENTO E CULTURA?
L’autore propone un modello di sviluppo socioculturale: lo sviluppo del bambino è un processo che avviene attraverso l’interazione con l’adulto. La zona di sviluppo prossimale è, quindi, la distanza presente tra le conoscenze e le competenze del bambino e ciò che potenzialmente potrebbe acquisire attraverso l’aiuto dell’adulto. L’apprendimento diventa significativo solo se si colloca in questa zona.
Secondo l’autore, le pratiche culturali di cui il bambino fa esperienza nei diversi contesti determinano diverse modalità di interazione e quindi lo sviluppo e l’apprendimento dipendono dalla partecipazione in diverse pratiche istituzionali.
Le traiettorie di sviluppo dei bambini, infatti, possono variare in base alla cultura di appartenenza proprio perché cambiano le modalità di parenting. Il primo canale di relazione e comunicazione è proprio il contatto fisico che sviluppa relazioni di attaccamento e regola lo stato interno del bambino. In base alla vicinanza fisica del genitore, il bambino potrà sviluppare maggior capacità sociale e relazionale e di regolazione emotiva e affettiva, mentre uno stile distale del genitore stimola l’autonomia e la realizzazione individuale.
COME VEDE L’APPRENDIMENTO BRUNER?
Secondo Bruner, l’apprendimento è un processo di costruzione delle competenze tramite un’interazione continua con l’adulto. L’autore parla di scaffolding ovvero un processo di scambio continuo tramite cui il bambino si sviluppa e cresce sviluppando processi di intersoggettività. Questa struttura di sostegno deve essere collocata nella zona di sviluppo prossimale del bambino e l’obiettivo è il raggiungimento della sua autonomia.
Lo scaffolding ha tre caratteristiche:
- Contingenza =deve essere sintonizzato con i bisogni del bambino; per questo il primo passo è quello di determinare il reale livello di competenza per fornire il giusto grado di aiuto.
- Fading = graduale sottrazione del sostegno per evitare di creare situazioni di dipendenza.
- Trasferimento di responsabilità mira all’autonomia del bambino.
CHE COS’È LA METODOLOGIA DI RICERCA E PERCHÉ È FONDAMENTALE SAPERLA APPLICARE CORRETTAMENTE?
La metodologia della ricerca è un assetto mentale metodologico utile nell’agire quotidiano poiché otteniamo una metodologia di lavoro e un ragionamento. Infatti, il lavoro educativo è un processo di ricerca costante poiché le prassi devono evolversi in base alle situazioni che ci troviamo ad affrontare.
Saper applicare correttamente le metodologie di ricerca ci permette di ampliare la conoscenza dei fenomeni educativi. Esistono diverse tipologie di ricerca in educazione: quella teoretico-argomentativa per sviluppare modelli o teorie, quella storica per studiare l’evoluzione di modelli educativi e quella emipirica-sperimentale per studiare un contesto.
SPIEGA LA RICERCA EMPIRICA-SPERIMENTALE
La ricerca empirica-sperimentale può avere diversi obiettivi:
- Porsi a livello descrittivo quando vogliamo rappresentare un fenomeno;
- Analizzare la complessità dei sistemi educativi
- Introdurre un’innovazione e verificarne l’efficacia
- Analizzare il funzionamento di un contesto
- Far emergere punti di vista di un gruppo.
Il processo di ricerca deve essere ben strutturato e i dati devono essere raccolti in modo sistematico.
QUAL È LA PRINCIPALE DIFFERENZA TRA LA RICERCA QUALITATIVA E QUELLA QUANTITATIVA?
RICERCA QUALITATIVA: si focalizza sui processi, sulla descrizione di eventi e approfondisce la complessità delle pratiche e dei contesti.
RICERCA QUANTITATIVA: raccolta di dati numerici e consente la generalizzazione dei risultati.
C’è stato un ampio dibattito rispetto a quale metodo prediligere, oggi si tende ad utilizzare un metodo misto in cui i due approcci vengono combinati per riuscire ad avere un quadro più ampio della situazione.
QUALI SONO I PASSAGGI DELLA RICERCA QUANTITATIVA?
- Individuare l’oggetto/il fenomeno di studio
- Fare un’analisi della letteratura esistente sia da un punto di vista storico-critico che da un punto di vista teorico
- Formulare la domanda di ricerca per sintetizzare il problema
- Formulare e descrivere le ipotesi individuando le variabili che si andranno ad analizzare
- Definire il disegno di ricerca indicando la tipologia di ricerca si vuole utilizzare e quali strumenti di rilevazione adottare
- Raccogliere i dati sul campo e analizzarli
- Interpretare i risultati per trarre delle conclusioni generalizzabili.
QUALI SONO I PASSAGGI DELLA RICERCA QUALITATIVA?
- Porsi una domanda di ricerca generale
- Selezionare i contesti/i soggetti rilevanti
- Raccogliere i dati
- Interpretare i dati raccolti
- Lavoro teorico e di concettualizzazione
- Specificare in modo più stretto le domande di ricerca e la raccolta dati
- Riassumere i risultati.
Dopo questi passaggi si può dettagliare in modo più specifico la domanda di ricerca rilanciando una fase successiva di indagine. Per questo, la ricerca qualitativa, segue una logica circolare.
CHE COS’È LA DEFINIZIONE OPERATIVA NELLA RICERCA QUANTITATIVA?
La definizione operativa è la traduzione di concetti astratti contenuti nelle ipotesi in caratteristiche direttamente osservabili.
CHE COSA SONO LE VARIABILI?
Le variabili sono aspetti osservabili dei quali vogliamo capire la relazione. Esse possono essere:
- Indipendenti: non hanno legame tra loro e quindi, anche se conosco il valore di una, non posso ipotizzare la misura dell’altra.
- Due tipi di variabile dipendente: quelle correlate ovvero che al variare dell’una cambia anche l’altra in una relazione reciproca; quelle collegate da una relazione causale ovvero che manipolando una si ha effetto sull’altra.
- Moderatrici: hanno effetto sulla relazione tra la variabile dipendente e quella indipendente.
- Intervenienti = fattori che incidono sulla variabile dipendente che non possono essere misurati.
- Controllate = variabili su cui il ricercatore riesce ad avere controllo.
CHE LOGICA SEGUE LA RICERCA QUANTITATIVA E QUALE QUELLA QUALITATIVA?
RICERCA QUANTITATIVA: segue la logica deduttiva = si parte da una o più premesse teoriche generali e, attraverso l’osservazione dei fenomeni, si deducono delle condizioni particolari che ne siano la logica conseguenza.
RICERCA QUALITATIVA: segue la logica induttiva = si procede all’osservazione di fatti, informazioni ed eventi e attraverso essi si formula un’ipotesi che spieghi i fenomeni.
QUALI SONO LE SIMILARITÀ TRA LA RICERCA QUALITATIVA E QUELLA QUANTITATIVA?
- Entrambe le ricerche raccolgono una grande quantità di dati che devono essere poi sintetizzati
- L’obiettivo è rispondere a delle domande di ricerca che sono più specifiche per quella quantitativa e più generiche per quella qualitativa.
- I metodi devono essere per entrambe le ricerca appropriati in base alla domanda di partenza
- L’approccio metodologico deve essere trasparente rispetto al disegno di ricerca seguito.
QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA LA RICERCA QUALITATIVA E QUELLA QUANTITATIVA?
- Nella ricerca quantitativa c’è una raccolta di numeri per quantificare una variabile, mentre in quella qualitativa troviamo un aspetto più narrativo.
- La quantitativa parte dai punti di vista del ricercatore ma resta distaccato dalla ricerca, mentre la qualitativa parte dai punti di vista dei partecipanti e il ricercatore è coinvolto nella ricerca.
- L’obiettivo della ricerca quantitativa è quello di generalizzare dei dati mentre quello della ricerca qualitativa è la comprensione di un contesto, per questo il primo testa delle teorie mentre nel secondo la teoria emerge dalla ricerca.
- La struttura quantitativa è rigida e i dati sono generalizzabili, la struttura qualitativa è flessibile e muta con il contesto e quindi i dati sono difficilmente generalizzabili.
CHE COS’È IL CONCEPTUAL PLAYWORLD?
È un modello pedagogico sviluppato da Marilyn Fleer che mette insieme gli aspetti del gioco e dell’immaginazione come aspetti centrali per lo sviluppo dei bambini a livello cognitivo, emotivo e sociale. Il modello si basa sul concetto di pedagogia del gioco che pone come aspetto centrale l’attività di gioco che l’insegnante fa con il bambino. L’insegnante sviluppa un processo narrativo e partecipa al gioco attivando i processi di Scaffolding portando il bambino ad una competenza maggiore. Con questo strumento viene creato uno scenario immaginario dall’adulto in cui i bambini sono invitati a interpretare viaggi immaginari.
SPIEGA IL METODO DEL CONCEPTUAL PLAYWORLD
Lo studio ha un approccio mixmethod ovvero un design prevalentemente qualitativo con l’aggiunta di tecniche quantitative.
La prima fase è un pre-test dove vengono valutate le funzioni esecutive dei bambini. Successivamente avviene l’intervento personalizzato in base alle necessità, interessi e dinamica del gruppo. Si passa ad una raccolta dati video sia dell’inizio dell’intervento che della parte finale. Nel post-test vengono valutate le funzioni esecutive dopo l’intervento. La fase finale è un’intervista strutturata agli educatori per valutare lo strumento.
QUALI SONO LE FASI DEL CONCEPTUAL PLAYWORLD?
Innanzitutto, è necessario individuare una storia coinvolgente ed emozionante per facilitare l’immedesimazione nella storia e permettere ai bambini di ampliare le possibilità di esplorazione e ragionamento. Successivamente bisogna progettare lo spazio utilizzando materiali diversi in cui il bambino può immergersi e sviluppare un certo livello di gioco simbolico.
Un passaggio fondamentale è l’entrata e l’uscita dal Conceptual PW individuando una routine chiara perché tutti i bambini e gli educatori devono entrare ed uscire insieme. È importante pianificare il concetto che verrà insegnato intenzionalmente attraverso lo strumento. Per fare questo bisogna sempre chiedersi qual è il punto di partenza dei bambini e lavorare nella loro zona di sviluppo prossimale.