PDC Flashcards

1
Q

⁃ Metacomunicazione (approccio psicologico)

A

È la comunicazione che ha come oggetto la comunicazione stessa. La metacomunicazione è costituita da atti comunicativi che hanno come oggetto altri atti comunicativi e ha luogo quando a seguito di un determinato commento l’emittente si rende conto che il destinatario non ha interpretato in tal senso il messaggio e chiarisce, con un’altra comunicazione, il contenuto del precedente enunciato. Bateson ha osservato che in ogni atto comunicativo l’individuo procede su due livelli distinti e interdipendenti: livello di notizia, dove vengono manifestati i contenuti e livello di comando, dove vengono indicate all’interlocutore le modalità di come intendere le cose. Questo profilo di comunicazione si articola su un livello di contenuti e su un livello metacomunicativo, dove l’oggetto della comunicazione è la cornice in base alla quale intendere e interpretare il messaggio stesso. La comunicazione finisce così con il mantenere, modificare e rinnovare i legami fra i soggetti.

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2
Q

⁃ Atti linguistici (approccio pragmatico)

A

Il punto di vista pragmatico pone in evidenza la comunicazione come azione e come fare. In questo senso Austin propone la teoria degli atti linguistici, che ribadisce che “dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa”, individuando tre tipi di azioni che si compiono quando si parla:
• Atti locutori: azioni che si compiono per il fatto stesso di parlare
• Atti illocutori: azioni che si compiono attraverso il parlare e corrispondono alle intenzioni comunicative.
• Atti perlocutori: produzione di determinati effetti da parte del parlante sul sistema di credenze, sentimenti, emozioni dell’interlocutore. Austin dice che esistono inoltre:
• Atti linguistici diretti: la forza illocutoria è conforme ed è corrispondente al significato letterale dell’enunciato
• Atti linguistici indiretti: la forza illocutoria deriva non dal significato dell’enunciato, ma dai modi non verbali in cui è manifestato.

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3
Q

⁃ Enunciato e frase

A

In pragmatica si distingue tra: - Frase: espressione linguistica astratta esaminata sul piano grammaticale; può essere semplice o complessa - Enunciato: uso concreto della frase in un contesto reale; frammento di testo scritto/orale

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4
Q

⁃ Modello lineare (approccio matematico)

A

Lo studio della comunicazione è stato reso possibile dal concetto di informazione. L’informazione è: - Espansiva: l’informazione genera altra informazione - Comprimibile: sia a livello sintattico che semantico - Facilmente trasportabile e trasmissibile
Informare significa eliminare le ambiguità. Secondo Shannon, la comunicazione va considerata come la trasmissione di informazioni. Il modello proposto da Shannon consiste nel passaggio di un segnale o messaggio da una fonte A (emittente) attraverso un trasmettitore lungo un canale più o meno disturbato da un rumore a un destinatario B (ricevente) grazie ad un recettore. Elementi: - Fonte: entità che crea il messaggio - Trasmettitore: dispositivo che trasforma il messaggio in segnale fisico (voce) - Canale: mezzo che trasferisce il messaggio (cavo telefonico) - Rumore: elementi che interferiscono alla trasmissione del segnale - Recettore: converte il segnale e lo rende comprensibile (cornetta telefonica) - Destinatario: entità a cui è rivolto il messaggio

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5
Q

⁃ Funzioni della comunicazione

A

Funzione proposizionale. Le conoscenze non rimangono a uno stato vago, ma sono raccolte e organizzate sotto forma di preposizioni. Funzione proposizionale significa inoltre riconoscere la rilevanza del linguaggio, che consente di organizzare e comunicare il pensiero, passando dai sensi al significato, o preposizioni. Il linguaggio inoltre è caratterizzato dalla composizionalità, ossia dal fatto di essere costituito ricorsivamente da unità componibili. Questa composizionalità comporta una serie di proprietà uguali: sistematicità (struttura sintattica), produttività
(comprensione degli enunciati), possibilità di dislocazione (differenti referenze spaziali o temporali). Si evidenzia che la proposizionalità della comunicazione è specie-specifica, ovvero esclusiva della specie umana. Funzione relazionale. La comunicazione è la radice della società intrinseca e, in quanto tale, essa partecipa a: generare e sviluppare una relazione, mantenere e rinnovare la relazione, cambiare la relazione, restaurare una relazione, estinguere una relazione. Funzione espressiva. La comunicazione è alla base della creatività umana nelle sue diverse forme, la quale si fonda su alcuni aspetti come la novità, la sensibilità soggettiva, la comprensibilità e la partecipazione.

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6
Q

⁃ Avvicendamento dei turni

A

La conversazione, nonostante le apparenze, è una interazione molto ordinata. A riguardo è stato osservato un sistema a gestione locale che consente l’alternanza fluida dei turni. Ogni parlante è responsabile della costruzione del turno, inteso come unità minima di parole compresa tra due possibili segnali di intesa fra i partecipanti. Il punto di rilevanza transizionale segna il momento in cui è possibile che si verifichi uno scambio del turno fra parlante e ascoltatore. Tale passaggio è regolato dalla minimizzazione della pausa fra i turni (gap) nell’ordine dei decimi di secondo, nella cultura Occidentale, al fine di rendere più fluida la conversazione. I PRT sono regolati da una serie di regole che consentono uno spazio di negoziazione fra i parlanti: - Conservazione del turno - Cessione del turno. - Richiesta del turno. - Rifiuto del turno.

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7
Q

⁃ Relazione simmetrica e complementare

A

Bateson, resosi conto dell’importanza degli scambi comunicativi nel costruire e regolare le relazioni, ha individuato due modelli di relazione: - simmetrica: si fonda sull’uguaglianza dei rapporti e si instaurano forme di competizione comunicativa - complementare: si basa sulla differenza dei rapporti e si ha una posizione di dominanza da parte di qualcuno

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8
Q

⁃ La comunicazione assertiva

A

La comunicazione assertiva è un modo di comunicare in maniera diretta e chiara, è l’abilità di dare messaggi anche duri o sfidanti in modo non offensivo per l’interlocutore; è anche la capacità (che si apprende) di creare le condizioni perché’ gli altri possano esprimersi in modo chiaro, onesto e diretto nelle conversazioni. Tutti devono sapere che cosa succede e che cosa gli altri pensano veramente e tutti devono poter esprimere le loro opinioni senza timore e con dovuto rispetto.

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9
Q

⁃ Differenze comunicazione verbale e non verbale

A

La comunicazione verbale è nata solo in tempi recenti su una piattaforma di comunicazione non verbale, che supporta il linguaggio. Quest’ultimo e la comunicazione non verbale hanno seguito percorsi evolutivi diversi: - Digitale vs analogico. La potenza e l’adattabilità del linguaggio sono connesse con la sua convenzionalità e arbitrarietà, che assegnano a una lingua un valorò digitale per la presenza (o assenza) di tratti che caratterizzano le sue varie componenti. Per contro, negli aspetti non verbali prevale un valore analogico in quanto presentano variazioni continue e graduate in modo proporzionale a ciò che intendono esprimere. - Denotativo vs connotativo. Il primo si rifà al linguaggio in quanto ha una funzione semantica che esprime il “che cosa viene detto”. Il secondo si rifà al codice non verbale in quanto ha la funzione espressiva e riguarda le modalità con cui le informazioni e contenuti sono veicolati (“il come viene detto”)
- Arbitrario vs motivato. Il segno linguistico è arbitrario in quanto regolato da un rapporto di semplice contiguità; per contro elementi della CNV hanno un valore motivato e iconico nell’esprimere un certo evento e trattengono in sé degli aspetti della realtà che intendono evocare.

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10
Q

La comunicazione non verbale

A

La comunicazione non verbale comprende quei processi comunicativi che vanno dalla qualità della voce alla mimica facciale, dai gesti allo sguardo, dall’abbigliamento al trucco. All’interno della comunicazione non verbale troviamo: il sistema vocale con la voce e il silenzio, il sistema cinesico con la mimica facciale e i movimenti del corpo, i sistemi prossemico e aptico con la distanza e il contatto fisico, e il sistema cronemico, ovvero il modo in cui gli individui percepiscono e usano il tempo per scandire le varie attività. In generale, la CNV fornisce una rappresentazione spaziale e motoria, ma non proposizionale, esclusiva del linguaggio.
I gesti iconici e lessicali, definiti anche illustratori, accompagnano l’azione del parlare e variano per forma, estensione spaziale e durata e sono in stretta relazione con quello che si dice. Esiste una certa interdipendenza fra gesto e parola. Importante è il rapporto fra i gesti iconici e le parole. Essi costituiscono una parte integrante del discorso e il linguaggio va considerato come un sistema integrato di gesti e parole. I gesti iconici costituiscono un dispositivo comunicativo importante, in grado di generare un loro significato autonomo. Fra i gesti iconici ed eloquio si crea una compensazione e un’interdipendenza simmetrica. I gesti iconici accompagnano gli scambi comunicativi in modo sincronizzato ed aggiungono porzioni rilevanti di significato per la definizione del percorso di senso dell’enunciato.

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11
Q

⁃ Sistema cinesico (sorriso)

A

Il sorriso è uno dei segnali fondamentali del sistema cinesico e può sembrare che sia un’espressione relativa a situazioni piacevoli e di gioia. In realtà, il sorriso è un’espressione ambigua; infatti, si può sorridere perché si è felici o contenti, oppure perché si è dubbiosi o paurosi. Ekman ha individuato diversi tipi di sorriso: - Sorriso autentico - Sorriso miserabile - Sorriso finto - Sorriso sociale - Sorriso di disgusto - Sorriso ecoico
Il sorriso va inteso come un “promotore dell’affinità relazionale” perché è coinvolto in condizioni di empatia, collaborazione, armonia con gli altri individui e aiuta nelle relazioni sociali. Infine, a livello fisico, il sorriso produce endorfine e dà benessere al proprio corpo.

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12
Q

⁃ Sistema prossemico e aptico

A

La prossemica è la disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione, sia verbale sia non verbale. La distanza è un bisogno psicologico e fisico. Si distingue tra: - Territorio domestico - Territorio pubblico Si distinguono diversi tipi di distanza: - Zona intima - Zona personale - Zona sociale - Zona pubblica
In generale vi è il principio secondo cui tanto più spazio ha a disposizione una persona, tanto più gode di una posizione sociale elevata. La violazione del proprio spazio suscita consistenti reazioni di difesa, in quanto percepito come una forma di intrusione, invasione e minaccia. Si notano rilevanti differenze culturali per quanto concerne la prossemica.
L’aptica concerne le azioni di contatto corporeo nei confronti degli altri. Si è soliti distinguere le sequenze di contatto reciproco dai contatti individuali. Le prime sono formate da due o più azioni di contatto compiute in modo reciproco nel corso della medesima interazione. Il contatto individuale è unidirezionale ed è rivolto da un soggetto ad un altro. Per entrambi i tipi di contatto vi sono regioni del corpo non vulnerabili come le mani, le braccia, la schiena ecc. In ogni caso il toccare l’altro è un atto comunicativo non verbale primario che influenza la natura e la qualità della relazione e che esprime diversi atteggiamenti interpersonali. Fra essi, riguarda i rapporti amorosi.

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13
Q

⁃ Sistema visivo

A

Lo sguardo è uno dei più potenti segnali non verbali. - Durata dello sguardo. Esistono profonde differenze culturali nella durata dello sguardo. - Fissazione oculare. È uno sguardo che non può essere ignorato e può assumere diversi valori in base alla situazione
- Sguardo e genere. In media, le donne guardano di più e più a lungo - Sguardo e immagine personale - Sguardo e conversazione. Nelle culture occidentali, lo sguardo durante la comunicazione è importantissimo e serve per inviare e raccogliere informazioni, ed è anche efficace per gestire i turni dei parlanti.
Lo sguardo è un potente segnale non verbale. Negli scambi comunicativi il contatto oculare aumenta l’attivazione del sistema nervoso ed è fondamentale per qualsiasi rapporto interpersonale. Dopo che si è stabilita l’interazione, il contatto oculare trasmette in modo immediato informazioni sulla situazione relazionale in atto. Unica fra i primati, l’orbita dell’occhio umano si è evoluta per mostrare la sclera (o il bianco), in base alla quale siamo in grado di discernere la direzione dello sguardo altrui a distanza senza possibilità di camuffamento (come negli altri primati).

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14
Q

⁃ Ekman ed espressione delle emozioni

A

Nell’ambito della psicologia delle espressioni facciali, la domanda centrale concerne il significato di tali espressioni. Ekman propose la “teoria dei programmi affettivi” secondo la quale tutte le espressioni facciali si manifestano solo con le emozioni cosiddette di “base” (gioia, rabbia, paura, tristezza, disgusto, sorpresa) intese come manifestazione immediata delle emozioni che un individuo prova. Inoltre, conducendo degli studi, Ekman affermò il “principio dell’universalità”, secondo il quale le emozioni di base hanno le stesse espressioni facciali in tutte le culture, salvo poi dichiarare che in realtà esistono alcune differenze culturali perché le emozioni sono frutto di alcune “regole” apprese nei primi anni di vita in seguito a diverse esperienze di apprendimento nelle diverse società. Ekman distinse le espressioni in genuine (involontarie) e false (volontarie): le prime fanno riferimento ad esperienze veramente “sentite” dall’individuo, le altre si riferiscono alla manifestazione di simulazione e finzione.

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15
Q

⁃ Discomunicazione

A

criptica e indecifrabile. È dire qualcosa per dire qualcos’altro. In questi casi si ha una condizione di opacità intenzionale, poiché l’intenzione comunicativa del parlante è diversa dall’intenzione espressiva. La discomunicazione, però, non è considerata solo come un limite ma anche come un’opportunità, perché aumenta i gradi di libertà tra i partecipanti. È il fondamento della comunicazione intrigante. Secondo Kursch, la comunicazione scadente ha dei vantaggi: - Riduce o esclude le domande e le obiezioni - Consente di negare quanto si è detto - Permette di nascondere che non sappiamo - È una tecnica per conservare il potere - Si può dire una cosa e il suo contrario - Aiuta a evitare il confronto e l’ansia - È una tecnica per mascherare il proprio vero intento - Incoraggia la creatività
Esistono forme di discomunicazione specifiche:
- La comunicazione ironica - La comunicazione seduttiva - La comunicazione menzognera
- La comunicazione patologica - La comunicazione persuasiva

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16
Q

⁃ Comunicazione menzognera

A

La menzogna è la trasmissione intenzionale di conoscenze ritenute non vere al destinatario in modo che quest’ultimo assuma credenze false sulla realtà dei fatti. Si differenzia dalla finzione (in queste situazioni il parlante non ha intenzione di ingannare bensì di smascherare) e dall’errore (diciamo il falso per ignoranza). Lo scopo della comunicazione ingannevole è che il destinatario abbia una rappresentazione fuorviante della situazione. Per dire una menzogna è necessario che si realizzino tre condizioni nello stesso tempo: la falsità del contenuto di quanto è detto, la consapevolezza di tale falsità e l’intenzione di ingannare. Esistono numerose strategie menzognere: - Menzogna per omissione - Menzogna per commissione - Falsificazione - Falsa conferma - Occultamento
Esistono diversi tipi di menzogne: - Menzogne preparate - Menzogne impreparate - Menzogne cooperative - Menzogne non cooperative
In base ai soli indizi vocali è possibile distinguere fra i mentitori ingenui e quelli abili. I mentitori abili mantengono lo stesso profilo vocale che hanno quando sono sinceri, per cui non è possibile discriminare quando dicono il vero o il falso.

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17
Q

⁃ Modalità linguistiche della menzogna

A

I mentitori adottano particolari stili linguistici. Lo stile dell’ambiguità e prolissità prevede l’uso di frasi lunghe e contorte con scarsi riferimenti sulle informazioni principali per rendere meno visibile la menzogna, disorientando il destinatario e qualora fosse scoperto può sempre dire di essersi sbagliato. La seconda strategia linguistica è quella dell’assertività e dell’evitamento ellittico, specialmente quando il mentitore si trova di fronte ad un destinatario sospettoso. Il mentitore dice il minimo necessario. Le frasi sono brevi e incomplete, pause frequenti e lunghe. Una terza strategia è quella dell’impersonalizzazione attraverso un limitato numero di autoriferimenti, un ricorso frequente a terze persone e un elevato uso di forme impersonali . Il mentitore cerca in questo modo di evitare di assumersi la responsabilità di quanto dice.

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18
Q

⁃ Comunicazione seduttiva

A

La seduzione ha lo scopo di raggiungere una relazione intima con il partner e può essere guidata da sentimenti forti quali l’innamoramento o dall’esigenza di provare la propria competenza interattiva. La seduzione è accompagnata da un processo comunicativo specifico che chiamiamo comunicazione seduttiva. Si parla di danza della seduzione perché la seduzione, appunto, avviene come un passo a due, un movimento armonico, che si sviluppa in una dinamica di gesti e sguardi che si rispondono e corrispondono e portano il contatto ad evolversi .
La seduzione costituisce un importante processo di avvicinamento tra le persone e l’esito sperato è quello di una drastica riduzione della distanza psicologica tra due individui. La seduzione è dunque una sequenza strategica di mosse il cui scopo è quello di attrarre un’altra persona, anche sessualmente. Per certi aspetti, può essere vista come un imbroglio ed è sinonimo di amore passionale. L’eccezionalità della seduzione consiste in un formidabile salto di status. Questo passaggio dall’essere uno qualsiasi a essere unico per l’altro e viceversa è la manifestazione dell’attrazione reciproca sotto la spinta del desiderio sessuale nella ricerca dell’altra metà. Nella seduzione i messaggi del corpo contano più delle parole. In particolare, bisogna prestare particolare attenzione allo sguardo, alla mimica facciale, ai gesti e alla voce.

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19
Q

⁃ Dilemma della seduzione

A

Alla base del sistema di vicinanza fisica e psicologica degli individui vi è il cosiddetto dilemma del porcospino: i porcospini, durante la stagione invernale nella tana, se stanno troppo vicini si pungono l’un l’altro, se stanno troppo lontani, non si scaldano a vicenda. La seduzione costituisce un importante processo di avvicinamento tra le persone e l’esito sperato è quello di una drastica riduzione della distanza psicologica tra due individui.

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20
Q

⁃ Comunicazione ironica

A

Il significato etimologico di ironia è finzione, copertura. La comunicazione ironica rappresenta una pratica conversazionale diffusa che evita di sbilanciarsi sul vero e falso delle cose. Salvaguarda i rapporti interpersonali lasciando ampi spazi di libertà di interpretazione del significato all’interlocutore. L’ironia è una maschera comunicativa complessa, poiché mostra ciò che apparentemente nasconde. Siamo in presenza di un’inversione pragmatica: avere la consapevolezza e la competenza di articolare un dato contesto per l’uso di una frase che a livello linguistico, con le parole, veicola un certo significato, ma che, sul piano relazionale, fa trapelare un’intenzione comunicativa antitetica. Il contrasto insito nella frase è generato dalla disparità fra piano linguistico e piano pragmatico. Ci sono diversi tipi di ironia: - Ironia sarcastica. Disprezzare il partner attraverso parole d’elogio. Si vuole condannare l’altro senza scomporsi, umiliandolo con il sarcasmo e, nello stesso tempo, si vuole evitare il ricorso a forme comunicative di offesa esplicita; - Ironia bonaria. Elogiare il partner facondo ricordo a frasi di critica: in questo modo è possibile stemperare l’euforia dell’elogio diretto che può essere fonte di imbarazzo; - Ironia socratica. Modo di comunicare che risulta elegante, conveniente per mettere in dubbio delle certezze attraverso interrogativo garbati; - Ironia scherzosa. Si avvicina alla battuta di spirito e serve a sdrammatizzare una situazione tesa o conflittuale; - Ironia ecoica. L’ironista fa un commento che funge da eco a quanto detto o fatti in precedenza dall’interlocutore, e che in modo implicito pone in evidenza il proprio atteggiamento critico o umoristico rispetto ad esso. L’ironia è l’arte di esser chiaro senza essere evidente.
Sul piano psicologico la comunicazione ironica assolve distinte funzioni: - Comunicazione ironica come rispetto delle convenzioni
- Comunicazione ironica come confine di riservatezza - Comunicazione ironica come ambiguità relazionale

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21
Q

⁃ Comunicazione patologica e teoria del doppio legame

A

La comunicazione paradossale può assumere un ruolo centrale nella manifestazione di patologie psichiatriche molto gravi come la schizofrenia, patologia che Bateson e colleghi (1956) hanno definito come modello specifico di comunicazione patologica. Infatti, questo gruppo di studiosi ha proposto una teoria che tenta di spiegare la particolarità della comunicazione paradossale alla base della schizofrenia conosciuta come “teoria del doppio legame”. Hanno tentato di identificare le caratteristiche essenziali del doppio legame: - due o più persone sono coinvolte in una relazione intensa - esperienza ripetuta - in un contesto come questo viene dato un messaggio strutturato in maniera tale che: A) viene asserito qualcosa B) viene asserito qualcosa sulla propria asserzione e C) tali asserzioni si escludano a vicenda. Il significato del messaggio è perciò indefinibile, infatti, se si tratta di un’ingiunzione l’interlocutore deve disattendere per poterla soddisfare (ad es. “Ti ordino di non obbedirmi”), se si tratta di una definizione del Sé, la persona di cui è stata data la definizione conferma la definizione solo se non segue l’indicazione ( ad es. “Sii spontaneo”)
Viene impedito al destinatario del messaggio di uscire dallo schema definito dal messaggio stesso o metacomunicando su di esso o chiudendosi in sé stesso. Qualsiasi tentativo fato dal destinatario in tale direzione viene classificato con le tradizionali etichette usate per definire comportamenti ritenuti non convenzionali.

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22
Q

⁃ Messaggio unilaterale/ bilaterale (Hovland)

A

A proposito della comunicazione persuasiva, Hovland elaborò un modello di comunicazione estremamente stilizzato composto da un ricevente esposto a un messaggio proveniente da una fonte. Egli si chiese se fosse stato conveniente presentare messaggi unilaterali, che insistono solo sulla tesi che si vuole fare accettare, oppure fossero stati meglio i bilaterali, che esplicitano l’esistenza di tesi alternative. La seconda opzione si rivelò vincente.

23
Q

⁃ Palo alto

A

L’importanza della relazione che intercorre tra gli interlocutori è stata al centro dell’analisi effettuate dagli esponenti della scuola di Palo Alto. Gli autori mettono in risalto come ogni comunicazione abbia un aspetto di contenuto e uno di relazione. La relazione non fa parte del contenuto del messaggio, ma si evidenzia nel modo in cui il contenuto del messaggio viene trasmesso. La distinzione tra l’aspetto di contenuto e l’aspetto di relazione acquista rilevanza nell’analisi di alcune situazioni conflittuali: è il caso di comunicazioni in cui i conflitti di contenuto sono, di fatto, dei pretesti e mascherano conflitti relazionali. ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE DELLA SCUOLA DI PALO ALTO: 1. L’impossibilità di non comunicare. Il comportamento è comunicazione; non è possibile non avere un comportamento, quindi è impossibile non comunicare. 2. Livelli comunicativi di contenuto e di relazione. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto (una notizia, una informazione, un dato…) e di relazione (un comando, un’istruzione, un avvenimento…) di modo che il secondo classifica il primo. L’inefficacia della comunicazione può dipendere da una cattiva trasmissione delle informazioni e dei contenuti (mancanza di chiarezza di espressione, insufficienza delle informazioni trasmesse). 3. La punteggiatura della sequenza di eventi. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti. La punteggiatura organizza gli eventi comportamentali ed è vitale per le interazioni in corso. Il disaccordo su come punteggiare la sequenza di eventi è alla base di innumerevoli problemi comunicativi, fonte di fraintendimenti e di potenziali conflitti. 4. Comunicazione numerica e analogica. Il linguaggio digitale (verbale) ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia, ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, ; il linguaggio analogico (il linguaggio non verbale) invece non ha alcuna sintassi adeguata a definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni. 5. Interazione complementare e simmetrica. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza (da una parte rapporti paritetici, dall’altra rapporti fondati su autorità/subordinazione).

24
Q

⁃ Teorie sulla nascita del linguaggio (continuità e discontinuità)

A

Sono due teorie sulla nascita del linguaggio: - Teoria della discontinuità. Chomsky individua nella grammatica universale una dotazione biologica innata, capace di elaborare all’infinito simboli astratti. Per questa ragione, egli si oppone ad una spiegazione evoluzionistica del linguaggio. C’è inoltre l’ipotesi del salto linguistico, secondo la quale la comparsa del linguaggio sarebbe avvenuta all’improvviso come una mutazione genica unica. - Teoria della continuità. Jackendoff parla di continuità evolutiva nella comparsa del linguaggio. Quindi, il linguaggio sarebbe un insieme di sistemi più semplici (teoria gradualistica).

25
Q

⁃ Teoria motoria

A

Secondo questa teoria, avanzata da Condillac, il linguaggio sarebbe sorto come evoluzione dei sistemi gestuali e mimici di comunicazione impiegati dagli ominidi per integrare fra loro. È stata dedicata anche particolare attenzione alla lingua dei segni impiegata dai sordomuti come caso di linguaggio sintattico completo basato solo su segni. Il sistema vocale, dunque, comparso relativamente tardi, avrebbe sostituito il sistema gestuale di comunicazione.

26
Q

⁃ Teoria della mente

A

Premack e Woodruff proposero la Theory of Mind come capacità di leggere la mente dei consimili (mindreading), nonché di interpretare e prevedere il loro comportamento. Gli studiosi hanno focalizzato l’attenzione su alcuni fenomeni fondamentali come la comprensione dello sguardo e dell’attenzione dei consimili, la consapevolezza di sé e la condotta ingannevole. Sembra però che i primati non umani ragionino sui comportamenti degli altri, non sui loro stati mentali (teoria del comportamento). Secondo l’ipotesi di Povinelli, scimpanzè e umani condividono numerosi modelli di condotta ma usano percorsi diversi per comprenderli (ipotesi della reinterpretazione). L’assenza di metarappresentazione e teoria della mente comporta come conseguenza il fatto che la comunicazione dei primati non umani sia sostanzialmente relazionale e non proposizionale, molto efficace per avanzare e condividere bisogni. Entra in gioco il concetto di nicchia ecologica, secondo cui la comunicazione animale risulta efficace e funzionale per il proprio habitat. Questa è la ragione per cui i primati non umani non hanno saputo e non sono in grado di elaborare forme di cultura, avendo una comunicazione rappresentazionale semplice. La comunicazione animale ha quindi carattere imperativo, in quanto rivolta all’azione e non alla teoria.

27
Q

⁃ Comunicazione di gruppo

A

All’interno dei gruppi, la comunicazione può svilupparsi attraverso i naturali canali basati sul confronto faccia a faccia o attraverso le differenti tecnologie per la comunicazione e tra queste modalità, un ruolo centrale è occupato dalla comunicazione mediata dal computer. Ha i vantaggi della velocità e della simultaneità, ma non può sfruttare i feedback uditivi e visivi della comunicazione faccia a faccia. Questo tipo di comunicazione, inoltre, sembra produrre effetti differenziati sull’efficienza del gruppo a seconda del tipo particolare di mezzo utilizzato per la gestione della comunicazione stessa.

28
Q

⁃ Ingroup e outgroup

A

Poiché ogni individuo è parte di un gruppo, la categorizzazione sociale conduce alla distinzione basilare tra il noi (ingroup) e il loro (outgroup). Il primo è il gruppo di appartenenza sociale, le cui relazioni con l’outgroup possono essere qualificate da indifferenza o sensi di ostilità e superiorità.

29
Q

⁃ Strutture della comunicazione di gruppo

A

Uno dei primi ad occuparsi di reti di comunicazione sull’attività dei gruppi è stato Leavitt, con un esperimento classico in cui venivano osservati gruppi costituiti da 5 partecipanti seduti attorno ad un tavolo separati da divisori di legno, i partecipanti possono comunicare tra loro scambiandosi messaggi attraverso fessure praticate nei divisori, le quali possono essere chiude dallo sperimentatore. Questo esperimento fece individuare alcune reti di comunicazioni tipiche: - La struttura comunicazionale a croce → tutte le comunicazioni passano attraverso un singolo individuo che si colloca al centro della rete.
- La comunicazione a Y → il ruolo privilegiato è quello del partecipante che occupa la giuntura dei bracci, quella più svantaggiata è la posizione alla base. - La struttura lineare → metti in evidenza il fatto che ogni partecipante può comunicare soltanto con chi lo segue e lo precede. - La forma pentagonale → garantisce un flusso circolare della comunicazione, è la forma più complessa perché le connessioni avvengono tra partecipanti e coloro che occupano la posizione opposta.
Risultati= la struttura centralizzata faceva meno errori di quella disposte secondo una struttura decentralizzata, ma i partecipanti disposte secondo la struttura circolare maggiore soddisfazione (perché si ritenevano ugualmente partecipanti al raggiungimento dell’obiettivo) mentre i gruppi delle strutture centralizzate manifestavano gradi differenti di soddisfazione.

30
Q

⁃ Leadership

A

Ci sono tratti di personalità che predispongono una persona a essere leader? I risultati delle centinaia di ricerche su questo tema non hanno permesso di individuare un profilo di personalità univoco. Si è costatato che: - Le caratteristiche di personalità hanno scarsa rilevanza - Le persone con certi tratti da leader non sono sempre leader in tutte le situazioni - Se cambiano le condizioni di contesto, nel gruppo può emergere un altro leader - La persona che emerge come leader è colui/colei che dimostra di essere più attrezzato per consentire al gruppo di raggiungere gli obiettivi che in quel momento percepisce come primari
La gestione degli affari di un gruppo da parte del leader è caratterizzata da uno stile di leadership e ne esistono di due diversi tipi: 1. Leader orientati al compito con una leadership interessata alle prestazioni del gruppo e al mantenimento della sua capacità competitiva; 2. Leader orientati alle persone con una leadership orientata al coordinamento delle dinamiche emotive, a prestare attenzione ai bisogni e ai problemi dei componenti del gruppo. I migliori risultati sono ottenuti dalla prima leadership. Le azioni individuali devono essere sviluppate secondo un principio di cooperazione, ma esistono due tendenze motivazionali opposte: 1. La motivazione degli individui a perseguire un interesse personale 2. La motivazione a perseguire gli interessi collettivi. Il leader può favorire la distribuzione equa del trattamento dei partecipanti al gruppo: ciò comunica una informazione relazionale rispetto alla posizione di ciascuno all’interno del gruppo.

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⁃ Groupthink

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Lo scambio di informazioni crea le condizioni che innescano un fenomeno comunicativo particolare noto come il pensiero di gruppo (groupthink). Il groupthink conduce i membri del gruppo alla illusione di invincibilità, a una rappresentazione stereotipata degli altri gruppi, a forme di autocensura e alla percezione illusoria di unanimità. Il groupthink risulta meno efficiente di quello individuale, poiché non tiene in debito conto i vincoli, le informazioni e le condizioni contestuali che provengono dall’esterno. Inoltre, tende a stabilire confini che diventano rigidi e impenetrabili.

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⁃ Influenza della maggioranza e della minoranza

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L’influenza sull’individuo può essere di due tipi: - Influenza maggioritaria. Secondo il funzionalismo, l’influenza prodotta dalla maggioranza genera una condizione di livellamento e omogeneizzazione del gruppo. - Influenza minoritaria. In opposizione alla prospettiva funzionalista, è emersa quella interazionista. Quando la minoranza è dotata di consistenza sincronica e diacronica e quando fa riferimento ad argomentazioni dotate di forza e di qualità, non può non influenzare il pensiero e il corso delle decisioni di gruppo. Siamo di fronte ad una minoranza attiva che non è caratterizzata da forme di devianza passiva e acritica ma è in grado di mettere in discussione le convinzioni dominanti del gruppo. Gli effetti prodotti dalla minoranza puntano all’innovazione dei sistemi di credenze attraverso un processo di conversione.

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esperimento di Ash

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L’esperimento di Asch è stato un esperimento di psicologia sociale condotto dallo psicologo polacco Asch. L’assunto di base del suo esperimento consisteva nel fatto che l’essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente a
modificare le azioni e, in una certa misura, anche i giudizi e le percezioni visive di una persona. L’esperimento si focalizzava sulla possibilità di influire sulle percezioni e sulle valutazioni di dati oggettivi, senza ricorrere a false informazioni sulla realtà o a distorsioni oggettive palesi. Il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in un’ampia serie di casi iniziava regolarmente a rispondere anche lui in maniera scorretta, conformandosi alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che aveva risposto prima di lui. In sintesi, pur sapendo soggettivamente quale fosse la “vera” risposta giusta, il soggetto sperimentale decideva, consapevolmente e pur sulla base di un dato oggettivo, di assumere la posizione esplicitata dalla maggioranza. Solo una piccola percentuale si sottraeva alla pressione del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di “dover” dire.

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⁃ Coesione di gruppo e inerzia sociale

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La coesione di gruppo è la forza con cui gli individui stanno in relazione tra loro in gruppo, ovvero l’insieme delle attrazioni interpersonali che si manifestano e si sviluppano tra i membri del gruppo del gruppo e il gruppo medesimo. Questa forza sembra essere maggiore nei gruppi virtuali. Ma può succedere che l’utilizzo di un mezzo virtuale impedisca la conversazione o discussione tra i membri. Tale condizione può determinare un fenomeno noto come inerzia sociale o disimpegno del gruppo (social loafing): gli individui sviluppano minor impegno quando svolgono un’attività in gruppo rispetto a quando lavorano singolarmente, sentendosi privi di motivazione e ritendendo che il contributo non possa essere apprezzato.

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⁃ Pettegolezzo

A

I gruppi vivono di comunicazione e il loro bisogno di comunicazione è così forte che avviene anche quando gli scambi non sono necessari; il pettegolezzo è una manifestazione di questo bisogno vitale. Se non vi è nulla di importante di cui parlare, alcuni membri di un gruppo spesso parlano di altri membri di un gruppo in termini positivi o negativi. È una pratica universale, si ritrova, anche se in forme diverse, in tutte le culture. Il pettegolezzo inoltre contribuisce a orientare l’influenza sociale, a manipolare e a manovrare le relazioni in base a credenze non verificate né spesso verificabili. Secondo Dunbar, l’80% delle nostre conversazioni ordinarie sarebbe costituito dal pettegolezzo, che è una pratica comunicativa universale con funzione sociale; regola e orienta l’influenza sociale, manovra le relazioni in base a credenza non verificate; si forma in fretta ed è contagioso. In generale, il pettegolezzo concerne gli aspetti personali e privai dei soggetti di cui si parla, con particolare interesse alla sfera sessuale. Si osserva una caratteristica di asimmetria sociale nel pettegolezzo, perché i bersagli sono soprattutto personali pubblici e persone che occupano una posizione sociale superiore. In ogni caso esso svolge un’azione di conferma e di rafforzamento dell’assetto dei valori presso una data comunità. Il pettegolezzo, infatti, implica il riferimento a norme e a standard di funzionamento che sono trasgrediti per quanto riguarda sia la sfera privata che quella pubblica. Contemporaneamente esso costituisce un indicatore di invidia sociale in quanto i pettegoli di solito non sono nelle condizioni di fare ciò che il bersaglio del pettegolezzo è in grado di fare.

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⁃ Comunicazione persuasiva e i suoi fattori

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La comunicazione persuasiva ha lo scopo di modificare uno stato mentale altrui. Essa è basilare all’interno di un gruppo. In particolare, la persuasione mira a cambiare gli atteggiamenti, ovvero le disposizioni interne. Il risultato persuasivo è dato dall’incrocio di diversi fattori, quali: la credibilità, il livello di attenzione e simpatia della fonte, la struttura e lo stile del messaggio, le strategie di richiesta, le disposizioni del destinatario, le sue caratteristiche ed altri fattori contestuali.
La credibilità percepita della fonte consiste nel grado di competenza e di fiducia che le sono riconosciute da parte del destinatario. Per quanto riguarda la struttura del messaggio, essa concerne gli argomenti e le conclusioni. Hanno più efficacia persuasiva gli argomenti in ordine crescente e la presenza di raccomandazioni. Nello stile del messaggio, una prima questione riguarda l’alternativa fra l’argomentazione unilaterale e l’argomentazione bilaterale. Nel primo caso si prendono in considerazione sono gli argomenti pro, nel secondo caso anche quelli contro. Si è verificato che l’argomentazione bilaterale è più efficace sul piano persuasivo. Un secondo problema riguarda la discrepanza fra la posizione della fonte e quella del destinatario. Un terzo aspetto concerne il livello di efficacia persuasiva degli argomenti sostenuti dalla descrizione di un esempio o da dati statistici. Un posto a parte meritano i cosiddetti appelli alla paura, una tecnica di comunicazione abbastanza diffusa che serve ad alimentare il consenso.
Uno dei principali fattori della comunicazione persuasiva è la fonte, la quale si caratterizza per: - Credibilità: consiste nel grado di competenze e fiducia che sono riconosciuti dal destinatario alla fonte. Le fonti credibili producono cambiamenti di atteggiamento e comportamento che sono più rilevanti di quelle poco credibili. - Attrazione fisica e simpatia: l’aspetto fisico delle persone e la loro gradevolezza induce l’interlocutore ad essere influenzato positivamente. La persona ispira fiducia ed è efficace se ha anche capacità comunicative e sociali sviluppate. - Posizione e ruolo: la posizione di ruolo e il potere della fonte possono indurre cambiamenti di atteggiamento. La persona ispira rispetto o timore perché la si percepisce in grado di dare ricompense o punizioni. La possibilità da parte della fonte di controllare il destinatario favorisce l’adesione alle richieste della fonte.
Il destinatario costituisce il bersaglio cui è destinata la comunicazione persuasiva. - Le disposizioni stabili del destinatario. Per quanto concerne il primo aspetto, l’influenzabilità riguarda la facilità (o meno) con cui uno si lascia persuadere in generale. L’autostima del ricevente è stata oggetto di studio in relazione alla comunicazione persuasiva, ma con risultati contrapposti. Questi dati pongono in evidenza che è impossibile individuare tratti permanenti del ricevente correlati in modo sistematico con l’efficacia persuasiva. - Le caratteristiche momentanee del destinatario. Fra le disposizioni momentanee del ricevente è stata studiata soprattutto la resistenza alla comunicazione persuasiva. McGuire ha elaborato la teoria dell’immunizzazione facendo ricorso ad una metafora biologica: i soggetti con il trattamento di confutazione resistevano assai meglio alle pressioni del messaggio persuasivo.
La comunicazione persuasiva, inoltre, è profondamente influenzata da fattori contestuali. Per esempio, l’esposizione in gruppo aumenta il grado di coinvolgimento e aumenta il numero dei pensieri rilevanti. Parimenti, i soggetti sono più influenzabili se il messaggio proviene da un altro membro del gruppo. Egualmente degno di interesse è lo studio della persistenza degli effetti della comunicazione persuasiva. Per essere persuasivo, il messaggio deve precedere di poco il momento della decisione e del passaggio all’azione.

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⁃ Armi/leve della persuasione

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Per armi della persuasione si intendono tutte quelle competenze che permettono ad un individuo di essere più convincenti e persuasivi nelle proposte e di ottenere dagli altri aiuto, collaborazione, adesione. Esse sono: - Reciprocità: dare per primi qualcosa di personale e inatteso aumenta la probabilità che le richieste (anche implicite) siano soddisfatte - Impegno e coerenza: se si prendono dei piccoli impegni si è poi più disposti a prendere impegni più importanti - Riprova sociale e consenso: quando si è incerti nella scelta, si guarda che cosa fanno gli altri e poi ci si regola - Simpatia: la gente preferisce dire di sì a chi gli sta simpatico - Autorità e autorevolezza: le persone tendono a seguire il parere dell’esperto o della persona più competente o percepita come tale - Scarsità: le persone desiderano di più le cose che sono limitate

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⁃ Modello euristico-sistematico

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È di Eagly e Chaiken: prevede due processi di natura diversa attraverso i quali un individuo può arrivare alla conclusione di accettare o meno la tesi veicolata in una comunicazione persuasiva. Il primo processo è quello sistematico e prevede un’ elaborazione approfondita dei contenuti informativi del messaggio indicata come percorso centrale del modello visto sopra, il secondo modello, quello euristico: consiste nel raggiungimento di un’ opinione finale attraverso la semplice applicazione di un’ euristica, ovvero una regola di decisione (es <>)→le persone hanno appreso certe informazioni come valide.

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⁃ Colpo basso e piede nella porta

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(Cialdini) Due delle possibili strategie della comunicazione persuasiva sono: Colpo basso. Si verifica quando, una volta che si è raggiunto un accordo tramite una serie di condizioni, se ne ritirano le basi sostituendole con condizioni peggiori. E poiché le precedenti erano già state accettate, lo dovranno essere anche quelle successive. Piede nella porta. Si verifica quando viene effettuata prima una piccola richiesta alla vittima, che l’accetterà, per poi procedere con una seconda più onerosa.

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⁃ Conflitti

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Il conflitto è un fenomeno che prevede tutte le forme di vita sociale, può finire per invilupparsi in circoli viziosi di ostilità e competizione distruttiva. All’origine di un conflitto si trovano tra elementi: 1. La presenza di una o più risorse scarse. 2. La presenza di più parti portatrici di interessi divergenti su come suddividere le risorse. 3. La sussistenza di ambiguità circa i criteri in base ai quali è giusto suddividere le risorse.

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⁃ Conflitti cognitivi ed emotivi

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Una prima distinzione tra conflitti è quella tra conflitti emotivi, che solitamente degenerano, e conflitti cognitivi, che possono essere opportunità di crescita. All’interno dei cognitivi, distinguiamo quelli come “gioco a somma zero” dove o si vince o si perde, e quelli come “gioco a somma variabile”, dove entrambi le parti possono avere benefici. Per transitare dal primo tipo al secondo è necessario negoziare.

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⁃ Strategie di gestione del conflitto

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Le strategie per la gestione dei conflitti sono divisibili in tre categorie: - Strategie comunicative contenitive. - Strategie negoziali. - Strategie comunicative generative (si basano sull’approccio empatico, sull’ascolto attivo e la formulazione di domande, al fine di creare un clima mite tra le parti facilitante creatività e problem-solving, che possono condurre all’individuazione delle migliori soluzioni integrative).

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⁃ Strategie comunicative contenitive

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(Grit) Le strategie comunicative contenitive sono strategie comunicative utili a contrastare e a contenere la tendenza a costruire interpretazioni disfunzionali del conflitto. Una strategia comunicativa disfunzionale è quella che spinge a interpretare i comportamenti di difesa della controparte come comportamenti di attacco innescando così un’escalation del conflitto: si crea così una spirale di reciprocità negativa in cui nessuna delle parti ha intenzione di produrre escalation ma di “fare giustizia”. La strategia che può contrastare questi circoli viziosi è la tecnica della “plateale iniziativa conciliatoria: una delle parti più coraggiosa decide di interrompere la spirale delle ostilità compiendo un gesto di riconciliazione. È una tecnica vantaggiosa per entrambi le parti perché si argina il fenomeno.

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⁃ Strategie negoziali: modello dei due interessi

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Pruitt e Rubin hanno proposto un modello motivazionale denominato “Modello dei due interessi o dual concern model”. Secondo loro, le motivazioni fondamentali sono due: l’ottenimento del più elevato rendimento per sé e la massimizzazione dei rendimenti della controparte. Da ciò si originano cinque strategie negoziali: contesa, concessione, inazione, integrazione e compromesso. Contesa: quando è alta la motivazione a massimizzare i propri benefici ed è bassa la motivazione a contribuire ai rendimenti della controparte Concessione: quando è bassa la motivazione a massimizzare i propri rendimenti ed è alta la motivazione a favorire il raggiungimento dei migliori risultati per la controparte Inazione: quando è bassa sia la motivazione a massimizzare i propri risultati che la motivazione a contribuire ai tornaconti dell’altro Integrativa: quando è elevata sia la motivazione a massimizzare i propri rendimenti che la motivazione ad aiutare la controparte a ottenere il più possibile dalla trattativa
Compromissoria: quando è presente ma modesta sia la motivazione a ottenere i migliori rendimenti per sé sia quella a far ottenere il meglio alla controparte

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⁃ Comunicazione emotiva/intelligenza emotiva

A

I negoziatori, con i loro sguardi, la loro voce, la loro gestualità, immettono nella trattativa una quantità di messaggi emotivi ben superiore rispetto ai messaggi espliciti relativi a proposte e controproposte negoziali. Al fine di ottenere le più ampie concessioni dalla controparte, appare utile esprimere emozioni negative piuttosto che positive, ma a due condizioni: che queste emozioni siano orientate esplicitamente verso le proposte negoziali e che la controparte non sia resa particolarmente suscettibile dalla presenza di osservatori. Numerosi possono essere i vantaggi dell’adottare uno stile comunicativo prevalentemente emotivo: il negoziatore viene ritenuto più genuino, sincero e trasparente, e la controparte si sente così chiamata a rispondere alimentando così il processo negoziale.
Due psicologi americani hanno definito l’intelligenza emotiva come la capacità appresa di percepire, comprendere ed esprimere i nostri sentimenti in modo accurato e di controllare le emozioni in modo che siano nostre alleate. Successivamente molti autori hanno esteso il concetto alla comprensione delle reazioni emotive degli altri e alla capacità di gestire lo stress adattandosi.

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⁃ Comunicazione come discorso e l’etnometodologia

A

La comunicazione è discorso, ovvero “discorrere”, in quanto in essa si passa da un argomento all’altro in modo casuale. Le origini dello studio sul discorso hanno inizio nel 1978, con il Discourse Processes. Si è spostata l’attenzione dallo studio della frase a quello del discorso, e questo ha consentito di capire meglio tutta una serie di fenomeni. Questo segna il passaggio dalla grammatica del testo all’elaborazione del testo. Attorno agli anni 70, un gruppo di sociologi svilupparono un’analisi a cui diedero il nome di etnometodologia, ovvero l’insieme delle pratiche comunicative che i membri di una società usano per agire al suo interno, e delle tecniche a cui essi fanno ricorso per interpretare il loro mondo sociale. Essa esamina la capacità degli individui di produrre e interpretare l’interazione comunicativa in base a comuni schemi socioculturali. Siamo in presenza della conoscenza tacita, intesa come l’insieme delle conoscenze ricavate in modo progressivo dalle pratiche quotidiane e dai procedimenti seguiti per raggiungere un certo risultato. L’etnometodologia si affida a due caratteristiche delle pratiche comunicative: l’indessicalità e la riflessività. Per la prima, le attività pratiche sono legate in modo inestricabile al contesto di uso e di conseguenza il loro significato è strettamente dipendente dalle condizioni contestuali. Con il concetto di riflessività si intende invece superare la distinzione tra il fare società e lo spiegare la società. Le due cose sono connesse, poiché le attività per mezzo delle quali producono situazioni organizzate nella vita quotidiana sono identiche ai metodi usati dalla stesse persone per renderle spiegabili e comprensibili. Lo studio del discorso ha dato origine alla psicologia del discorso, intesa come analisi sistematica dei processi psicologici sottesi all’attività discorsiva degli esseri umani. Essa opera il passaggio dallo studio del linguaggio come sistema astratto di simboli a quello del discorso inteso come dispositivo sociale universale. Il discorso è concepito come azione sociale.

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⁃ Rema e tema

A

Ogni discorso è il prodotto dell’enunciazione, ossia l’esposizione manifesta della propria intenzione comunicativa adottando un definito punto di vista. Essa prevede diversi aspetti, quali: enunciatore, destinatario, enunciazione, enunciato e contesto di enunciazione. Negli anni 30, la Scuola di Praga aveva proceduto alla distinzione fra tema e rema; il primo è ciò che si dice nell’enunciato, il secondo è ciò che si dice del tema. La loro distinzione rimanda al rapporto tra enunciazione e assunzione di prospettiva insita in ogni enunciato.

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⁃ Comunicazione d’impresa

A

La comunicazione di impresa consiste negli strumenti di comunicazione che un’organizzazione impiega per creare e mantenere relazioni con i suoi pubblici (stakeholders), coi quali può sia fornire sia acquisire informazioni. La gamma dei pubblici di un’impresa può ridursi a due macrocategorie : pubblici interni ed esterni. Conseguentemente la
comunicazione di impresa può suddividersi in due macroaree: interna ed esterna. Tuttavia, quella esterna è una macroarea molto variegata, che raccoglie al suo interno due grandi aree : comunicazione istituzionale o relazioni pubbliche e comunicazione commerciale.

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⁃ Comunicazione organizzativa interna ed esterna

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La comunicazione organizzativa è insieme di processi strategici e operativi, di scambio e di condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle diverse reti di collocazione nell’ambiente. Essa riguarda i membri interni, i collaboratori interno/esterni e tutti i soggetti esterni interessati o coinvolti nella vita dell’organizzazione, compresi i clienti effettivi o potenziali. Viene usata per definire e condividere la missione, la cultura, i valori. Viene impiegata per sviluppare la qualità dei prodotti e dei servizi. Inoltre, favorisce la visibilità all’interno e all’esterno di tutta l’organizzazione.
La comunicazione organizzativa interna è quella diretta a tutti i pubblici interni o a parti di essi segmentate per renderne omogenee esigenze e necessità. Gli strumenti possono essere diretti (basati sul rapporto interpersonale) o indiretti (basati sulla mediazione della scrittura e delle nuove tecnologie). I messaggi potranno riguardare la vision dell’impresa, la sua mission e qualunque informazione o relazione utile ad accrescere l’efficienza del personale. Una gestione ottimale della comunicazione interna prevede quattro step fondamentali: 1. Ascolto: raccolta di dati utili a definire gli obiettivi e politiche comunicative 2. Progettazione: pianificazione della strategia comunicativa e degli strumenti 3. Attuazione: realizzazione delle iniziative comunicative 4. Ascolto: misurazione e verifica del raggiungimento dei risultati.
Vi sono delle problematiche tra comunicazione esterna e interna: è il caso dell’”employer branding”, cioè della comunicazione rivolta a promuovere l’impresa come datore di lavoro presso i potenziali talenti per attrarli e poi trattenerli nel corso del tempo, con la creazione di nuovi ruoli organizzativi e profili professionali.

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⁃ Effetto frame e teoria del prospetto

A

L’”effetto framing”, dall’inglese “frame” (cornice), si riferisce a un fenomeno che si osserva quando le persone rispondono in modo diverso a differenti formulazioni di uno stesso problema. Ciò è spiegabile grazie alla “teoria del prospetto”di Kahneman e Tversky, secondo cui le persone preferiscono le opzioni con esito certo quando tali opzioni sono descritte in termini positivi, mentre preferiscono le opzioni con esito incerto quando le stesse sono formulate in termini negativi. Si può dire che le persone manifestano un’avversione al rischio quando le opzioni sono presentate in termini di guadagno, mentre manifestano una propensione al rischio quando le stesse opzioni sono presentate in termini di perdita.

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⁃ Effetto affect

A

Nel processo di costruzione di valori e preferenze, recenti ricerche hanno incorporato la dimensione dell’affetto come componente chiave. Il concetto di “affect” è stato definito come una sensazione legata all’attributo da valutare e che gli dà senso. Secondo questa prospettiva, affect ed emozioni agiscono come informazione nel processo di comprensione del messaggio, in aggiunta alle informazioni cognitive presenti.

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Q

⁃ La comunicazione del rischio

A

La comunicazione del rischio non è una pratica semplice: spesso si osservano errori nel trasferimento del messaggio che producono scontentezza sia nel mittente (esperti) sia nel ricevente (pubblico). Gli esperti sono scontenti perché lamentano una mancanza di comprensione di quali sono i veri pericoli e il rischio ad essi associato; il pubblico sperimenta una mancanza di informazione. Gli errori nel trasferimento corretto del messaggio si devono alle differenze nella rappresentazione mentale del rischio tra esperti e pubblico. La nostra mente codifica le informazioni riguardanti i pericoli e l’incertezza in un modo intuitivo. Questo modo non è sbagliato in sé , esso è nella maggior parte dei casi un meccanismo efficace ma l’errore nella comunicazione del messaggio è tra il mittente e il ricevente, perché al mittente spetta il compito di ascoltare il messaggio

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⁃ Immagini del rischio

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Le reazioni emozionali spontanee verso uno stimolo sono spesso veicolate da immagini, che sembrano essere i veicoli privilegiati con cui la nostra mente associa le emozioni agli stimoli. Per questo motivo, le informazioni relative al rischio hanno un impatto sul nostro comportamento solo se riescono a creare nella nostra mente delle immagini cariche di emotività. E quando si parla di immagini, bisogna necessariamente parlare di mass media, i principali diffusori di immagini visive. Il loro ruolo, infatti, dovrebbe essere quello di informare.

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⁃ Negative assimetry

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Il ruolo dei mass media dovrebbe essere quello di informare. Spesso, tuttavia, accade che le notizie vengano gonfiate per attirare l’attenzione del pubblico. In questo processo svolge un ruolo fondamentale il modo in cui la nostra mente elabora le informazioni negative, che hanno più peso rispetto alle informazioni positive. Questo fenomeno è chiamato negative assimetry.