Infiammazione Flashcards

1
Q
  1. Essudato infiammatorio: definizione, meccanismo di formazione e principali mediatori.
A

Definizione:
L’essudato infiammatorio è un liquido che si accumula nei tessuti o nelle cavità corporee in seguito a un processo infiammatorio. È ricco di proteine plasmatiche, leucociti, detriti cellulari e, a volte, batteri o altri agenti patogeni.

Meccanismo di formazione:
L’essudato si forma quando il processo infiammatorio altera la permeabilità dei vasi sanguigni, permettendo al liquido ricco di proteine e cellule del sangue di fuoriuscire nel tessuto interessato. Questo fenomeno avviene principalmente per:

1.	Aumento della permeabilità vascolare: Durante l’infiammazione, le cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni si contraggono o si separano, creando spazi attraverso i quali il plasma e i suoi componenti possono passare.
2.	Migrazione dei leucociti: Le cellule immunitarie, come i neutrofili e i macrofagi, migrano dal circolo sanguigno al sito dell’infiammazione per combattere l’infezione o eliminare i detriti cellulari.
3.	Edema interstiziale: L’accumulo di liquidi nel tessuto extracellulare porta alla formazione di edema, che è una componente principale dell’essudato.

Principali mediatori:

•	Citochine (es. IL-1, TNF-α): Molecole di segnalazione che stimolano la risposta infiammatoria, aumentando la permeabilità vascolare e richiamando cellule immunitarie.
•	Istamina: Rilasciata dai mastociti, provoca una dilatazione dei vasi sanguigni e un aumento della loro permeabilità.
•	Prostaglandine: Derivate dagli acidi grassi, contribuiscono a intensificare il processo infiammatorio e la vasodilatazione.
•	Bradicinina: Responsabile della vasodilatazione e dell’aumento della permeabilità vascolare, provoca anche dolore nell’area infiammata.
•	Fattori del complemento: Complesso di proteine plasmatiche che favoriscono la migrazione dei leucociti e l’eliminazione degli agenti patogeni.

L’essudato può variare nella sua composizione, essendo sieroso, purulento, emorragico o fibrinoso, a seconda della causa dell’infiammazione e del grado di danneggiamento tissutale.

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2
Q
  1. Essudato infiammatorio: definizione e principali aspetti morfologici.
A

Definizione:
L’essudato infiammatorio è un fluido che si accumula nei tessuti o nelle cavità corporee in risposta a un’infiammazione. Si distingue dal trasudato (che è un fluido povero di proteine) perché è ricco di proteine plasmatiche, cellule infiammatorie (come i leucociti) e detriti cellulari. Questo tipo di fluido si forma a causa dell’aumento della permeabilità vascolare associata all’infiammazione.

Principali aspetti morfologici:
L’essudato infiammatorio può presentarsi in varie forme, a seconda della natura e della gravità del processo infiammatorio. Le principali tipologie morfologiche sono:

1.	Essudato sieroso:
•	Composto principalmente da liquido chiaro e acquoso, con poche proteine e poche cellule.
•	È comune nelle infiammazioni lievi, come nelle vesciche o nelle ustioni di primo grado.
2.	Essudato fibrinoso:
•	Contiene una grande quantità di fibrina, una proteina che deriva dal fibrinogeno plasmatico.
•	Si presenta come un materiale denso e filamentoso, spesso osservato nelle infiammazioni più gravi o croniche, come nella pleurite fibrinosa.
3.	Essudato purulento (o suppurativo):
•	Ricco di neutrofili e detriti cellulari, con la presenza di pus (un materiale denso e giallastro).
•	È tipico delle infezioni batteriche acute, come negli ascessi o nella polmonite batterica.
4.	Essudato emorragico:
•	Contiene globuli rossi, a causa della lesione dei vasi sanguigni nell’area infiammata.
•	È tipico di infiammazioni intense o gravi, come in alcuni tipi di tumori o traumi.
5.	Essudato catarrale:
•	Ricco di muco, prodotto dalle cellule epiteliali delle vie respiratorie o del tratto gastrointestinale.
•	Comune nelle infezioni delle vie respiratorie, come il raffreddore o la bronchite.

Ogni tipo di essudato fornisce informazioni utili sulla natura e la progressione dell’infiammazione, facilitando la diagnosi e il trattamento delle patologie sottostanti.

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3
Q
  1. Segni cardinali dell’infiammazione acuta, modificazioni del microcircolo ed effetti sulle forze di Starling.
A

Segni cardinali dell’infiammazione acuta:
L’infiammazione acuta è caratterizzata da cinque segni cardinali classici, descritti per la prima volta da Celso e successivamente ampliati da Galeno:

1.	Rubor (rossore): Il rossore è causato dalla dilatazione dei piccoli vasi sanguigni (vasodilatazione) nell’area infiammata, che aumenta il flusso di sangue.
2.	Calor (calore): L’aumento di temperatura locale è dovuto all’incremento del flusso sanguigno (iperemia) e alla maggiore attività metabolica nell’area infiammata.
3.	Tumor (gonfiore): Il gonfiore è provocato dall’accumulo di liquido nell’interstizio, conseguente all’aumento della permeabilità vascolare e all’essudazione di liquido ricco di proteine.
4.	Dolor (dolore): Il dolore deriva dalla stimolazione delle terminazioni nervose da parte di mediatori chimici infiammatori (come bradicinina, prostaglandine) e dalla pressione meccanica esercitata dall’edema.
5.	Functio laesa (perdita di funzione): L’infiammazione spesso comporta una compromissione della funzione dell’area coinvolta, dovuta al dolore, al gonfiore e al danno tissutale.

Modificazioni del microcircolo nell’infiammazione acuta:
Durante l’infiammazione acuta, il microcircolo (vasi arteriosi, capillari e venule) subisce modificazioni fondamentali:

1.	Vasodilatazione:
•	Mediatori chimici come istamina, ossido nitrico e prostaglandine provocano la dilatazione delle arteriole, con conseguente aumento del flusso sanguigno locale (iperemia).
2.	Aumento della permeabilità vascolare:
•	I mediatori infiammatori (istamina, bradicinina, citochine) causano contrazione delle cellule endoteliali, aumentando la permeabilità dei capillari e delle venule. Ciò permette al plasma ricco di proteine e cellule di fuoriuscire nei tessuti, portando alla formazione di essudato.
3.	Migrazione dei leucociti:
•	Dopo l’aumento di permeabilità, i leucociti (soprattutto neutrofili) aderiscono all’endotelio (marginalizzazione), attraversano la parete vascolare (diapedesi) e migrano verso il sito dell’infiammazione guidati da segnali chimici (chemotassi).

Effetti dell’infiammazione sulle forze di Starling:
Le forze di Starling regolano il bilancio tra la filtrazione e il riassorbimento dei liquidi a livello capillare. L’infiammazione altera queste forze, favorendo l’accumulo di liquido nei tessuti.

1.	Pressione idrostatica capillare aumentata: La vasodilatazione aumenta il flusso sanguigno verso i capillari, elevando la pressione idrostatica. Questo porta a una maggiore spinta del fluido dal capillare all’interstizio.
2.	Pressione oncotica interstiziale aumentata: A causa dell’aumento della permeabilità vascolare, proteine plasmatiche come l’albumina fuoriescono nel tessuto interstiziale, aumentando la pressione oncotica interstiziale. Ciò favorisce ulteriormente il passaggio di liquido dal capillare all’interstizio.
3.	Pressione oncotica plasmatica ridotta: Con la fuoriuscita di proteine dai capillari, la pressione oncotica plasmatica (che normalmente trattiene il fluido all’interno del vaso) si riduce, contribuendo all’accumulo di liquido nei tessuti.

In sintesi, nell’infiammazione acuta, le modificazioni delle forze di Starling portano a un aumento della filtrazione del fluido capillare, con conseguente formazione di edema.

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4
Q
  1. Modificazioni vascolari nell’infiammazione acuta: caratteristiche, meccanismi, principali mediatori.
A

Le modificazioni vascolari nell’infiammazione acuta sono fondamentali per avviare la risposta infiammatoria e consentire il reclutamento delle cellule immunitarie al sito di lesione o infezione. Questi cambiamenti coinvolgono principalmente la dilatazione dei vasi sanguigni e l’aumento della loro permeabilità. Vediamo di seguito le caratteristiche, i meccanismi e i principali mediatori coinvolti.

Caratteristiche delle modificazioni vascolari

1.	Vasodilatazione:
•	Uno dei primi eventi dell’infiammazione acuta è l’aumento del diametro dei piccoli vasi sanguigni (arteriole). Questo aumenta il flusso di sangue (iperemia) verso l’area infiammata, causando rubor (rossore) e calor (calore).
2.	Aumento della permeabilità vascolare:
•	Si osserva un incremento della permeabilità delle venule post-capillari, che consente al plasma e alle proteine plasmatiche di fuoriuscire nei tessuti circostanti, formando l’essudato infiammatorio.
3.	Formazione di essudato:
•	L’aumento della permeabilità vascolare porta all’accumulo di liquido ricco di proteine e leucociti nel tessuto infiammato, provocando edema (gonfiore).
4.	Rallentamento del flusso sanguigno:
•	A causa dell’aumento della permeabilità e della fuoriuscita di liquidi, il flusso sanguigno rallenta localmente, facilitando l’adesione e la migrazione dei leucociti verso l’endotelio vascolare.

Meccanismi delle modificazioni vascolari

1.	Vasodilatazione:
•	Mediatori chimici, come l’istamina, le prostaglandine e l’ossido nitrico, agiscono sulla muscolatura liscia dei vasi, provocandone il rilassamento e favorendo la dilatazione delle arteriole.
2.	Aumento della permeabilità vascolare:
•	La contrazione delle cellule endoteliali, stimolata da mediatori come l’istamina, la bradicinina e i leucotrieni, crea spazi tra le cellule endoteliali, permettendo il passaggio di proteine plasmatiche e liquidi nei tessuti circostanti.
•	Anche il danno diretto all’endotelio (per esempio a causa di tossine batteriche o lesioni fisiche) può contribuire ad aumentare la permeabilità vascolare.
3.	Diapedesi leucocitaria (migrazione dei leucociti):
•	Le cellule immunitarie, come i neutrofili e i macrofagi, migrano dal circolo sanguigno verso il tessuto infiammato. Questo processo coinvolge fasi di adesione all’endotelio (mediata da molecole di adesione come le selectine e le integrine) e attraversamento della parete vascolare.

Principali mediatori delle modificazioni vascolari

I mediatori chimici dell’infiammazione regolano sia la vasodilatazione che l’aumento della permeabilità vascolare. Alcuni dei principali mediatori sono:

1.	Istamina:
•	Rilasciata dai mastociti, basofili e piastrine, l’istamina provoca una vasodilatazione rapida e temporanea, e aumenta la permeabilità delle venule post-capillari.
2.	Prostaglandine (PG):
•	Derivate dall’acido arachidonico attraverso l’azione delle cicloossigenasi (COX), le prostaglandine, come la PGI2 e la PGE2, inducono vasodilatazione e aumentano la sensibilità al dolore (dolor).
3.	Leucotrieni:
•	Anche essi derivati dall’acido arachidonico, i leucotrieni (es. LTC4, LTD4, LTE4) aumentano la permeabilità vascolare e partecipano alla chemotassi dei leucociti verso il sito di infiammazione.
4.	Bradicinina:
•	Una potente sostanza vasodilatatrice e permeabilizzante che provoca anche dolore locale, agisce attraverso il sistema delle chinine.
5.	Fattori del complemento (C3a, C5a):
•	Questi peptidi sono rilasciati dall’attivazione del sistema del complemento e contribuiscono ad aumentare la permeabilità vascolare e la chemotassi dei leucociti.
6.	Ossido nitrico (NO):
•	Sintetizzato dalle cellule endoteliali, l’ossido nitrico è un potente vasodilatatore che rilassa la muscolatura liscia vascolare e regola il flusso sanguigno locale.

In sintesi, durante l’infiammazione acuta, i vasi sanguigni subiscono modificazioni significative sotto l’influenza di vari mediatori chimici, con l’obiettivo di facilitare il passaggio di liquidi, proteine e cellule immunitarie dal circolo sanguigno al sito di infezione o lesione. Questi cambiamenti promuovono il reclutamento delle cellule difensive, essenziale per la risoluzione del processo infiammatorio.

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5
Q
  1. Avvio della risposta infiammatoria: componenti cellulari e molecolari.
A

L’avvio della risposta infiammatoria è un processo complesso e ben coordinato, in cui partecipano diverse componenti cellulari e molecolari che collaborano per eliminare l’agente lesivo (come un patogeno, una tossina o un trauma) e riparare i danni ai tessuti. Vediamo i principali attori cellulari e molecolari coinvolti:

Componenti cellulari

1.	Cellule sentinella (cellule residenti nei tessuti):
•	Macrofagi: Sono i principali effettori dell’immunità innata. Una volta attivati dalla presenza di patogeni o danno tissutale, rilasciano citochine e chemochine che avviano la risposta infiammatoria.
•	Mastociti: Queste cellule liberano rapidamente mediatori preformati, come istamina e fattori chemotattici, in risposta a stimoli infiammatori, causando vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare.
•	Cellule dendritiche: Queste cellule fagocitano agenti patogeni, presentano antigeni e rilasciano citochine che coordinano la risposta infiammatoria e attivano il sistema immunitario adattativo.
2.	Neutrofili:
•	Sono i primi leucociti a migrare dal sangue al sito di infezione o lesione. I neutrofili fagocitano agenti patogeni, rilasciano enzimi proteolitici e generano specie reattive dell’ossigeno per distruggere i patogeni. Rappresentano una linea di difesa immediata ma non specifica.
3.	Monociti/Macrofagi:
•	I monociti migrano nel sito infiammato dal sangue, dove si differenziano in macrofagi, che svolgono attività fagocitica e regolano la fase successiva dell’infiammazione, promuovendo la riparazione tissutale.
4.	Piastrine:
•	Le piastrine possono contribuire alla risposta infiammatoria liberando mediatori chimici come serotonina e fattori di crescita in risposta a una lesione vascolare.
5.	Cellule endoteliali:
•	Le cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni regolano il traffico leucocitario (tramite l’espressione di molecole di adesione) e partecipano all’aumento della permeabilità vascolare, consentendo il passaggio di proteine plasmatiche e cellule del sangue.
6.	Fibroblasti:
•	Queste cellule sono importanti nelle fasi successive dell’infiammazione, in cui promuovono la riparazione dei tessuti sintetizzando la matrice extracellulare e il collagene.

Componenti molecolari

1.	Mediatori chimici preformati:
•	Istamina: Liberata principalmente dai mastociti, causa vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare, facilitando l’accumulo di liquido e leucociti nel sito infiammato.
•	Serotonina: Anch’essa rilasciata dalle piastrine, ha effetti simili all’istamina e contribuisce alla risposta infiammatoria.
2.	Citochine e chemochine:
•	Interleuchina-1 (IL-1) e Tumor Necrosis Factor-alfa (TNF-α): Sono le principali citochine infiammatorie prodotte dai macrofagi e dalle cellule dendritiche. Aumentano la permeabilità vascolare, stimolano l’espressione di molecole di adesione sull’endotelio per facilitare il reclutamento dei leucociti e attivano altre cellule immunitarie.
•	Chemochine (es. IL-8): Questi mediatori chimici attirano specificamente i leucociti (in particolare i neutrofili) verso il sito di infiammazione attraverso un processo chiamato chemotassi.
3.	Prostaglandine e leucotrieni:
•	Prostaglandine (es. PGE2): Derivate dall’acido arachidonico, le prostaglandine amplificano la vasodilatazione, aumentano la sensibilità al dolore e favoriscono la febbre.
•	Leucotrieni (es. LTB4): Anch’essi derivati dall’acido arachidonico, promuovono la migrazione dei leucociti al sito dell’infiammazione e aumentano la permeabilità vascolare.
4.	Fattori del complemento:
•	Il sistema del complemento è costituito da una serie di proteine plasmatiche che, una volta attivate (ad esempio, dal legame con un patogeno), promuovono la chemotassi, l’opsonizzazione dei patogeni (marcandoli per la fagocitosi) e la formazione del complesso di attacco alla membrana (che perfora le cellule bersaglio).
5.	Bradicinina:
•	Prodotta dal sistema delle chinine, la bradicinina aumenta la permeabilità vascolare e stimola le terminazioni nervose, contribuendo al dolore infiammatorio.
6.	Specie reattive dell’ossigeno (ROS):
•	Prodotte dai neutrofili e dai macrofagi, le ROS danneggiano le membrane dei patogeni e dei tessuti, contribuendo sia all’eliminazione dell’agente infettivo che al danno tissutale associato all’infiammazione.

Sequenza degli eventi

•	Riconoscimento dell’agente lesivo: Le cellule sentinella nei tessuti riconoscono i patogeni o i danni attraverso recettori specifici, come i Toll-like receptors (TLR), che rilevano pattern molecolari associati ai patogeni (PAMPs) o al danno (DAMPs).
•	Rilascio di mediatori: Queste cellule rilasciano immediatamente mediatori infiammatori (come citochine, chemochine e prostaglandine), che richiamano leucociti e aumentano la permeabilità vascolare.
•	Reclutamento dei leucociti: I neutrofili e i monociti migrano nel sito infiammatorio attraverso la circolazione sanguigna, attratti dalle chemochine. Queste cellule fagocitano i patogeni e i detriti cellulari.
•	Risposta effettiva e risoluzione: Dopo che l’agente lesivo è stato eliminato, la risposta infiammatoria si risolve e inizia la fase di riparazione, con la partecipazione di macrofagi e fibroblasti che rimuovono i detriti e promuovono la rigenerazione tissutale.

In sintesi, l’avvio della risposta infiammatoria dipende da un coordinamento fine tra le cellule del sistema immunitario e i mediatori molecolari che orchestrano il processo. Questo sistema consente di proteggere l’organismo da agenti patogeni e lesioni, favorendo contemporaneamente la riparazione dei tessuti danneggiati.

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6
Q
  1. Risposta infiammatoria acuta: reclutamento e attivazione leucocitaria.
A

Il reclutamento e l’attivazione leucocitaria nella risposta infiammatoria acuta sono processi chiave per eliminare agenti patogeni, cellule danneggiate e detriti. Questo processo coinvolge una serie di passaggi coordinati, che consentono ai leucociti (principalmente neutrofili e monociti) di migrare dal sangue verso il sito di infiammazione. Ecco i principali eventi:

Fasi del reclutamento leucocitario

1.	Marginalizzazione e rolling (rotolamento) dei leucociti:
•	Normalmente, i leucociti circolano al centro del flusso sanguigno. Durante l’infiammazione, il flusso rallenta a causa della vasodilatazione e della fuoriuscita di liquidi, permettendo ai leucociti di spostarsi verso le pareti dei vasi sanguigni (marginalizzazione).
•	Le cellule endoteliali attivate da mediatori infiammatori (es. TNF-α, IL-1) esprimono molecole di adesione, come le selectine (P-selectina e E-selectina). Queste si legano temporaneamente ai carboidrati sulla superficie dei leucociti, permettendo loro di rotolare lentamente lungo la parete endoteliale.
2.	Adesione ferma:
•	I leucociti, una volta rallentati dal rolling, interagiscono con altre molecole di adesione endoteliali, come le integrine (ICAM-1, VCAM-1) espresse in risposta a citochine infiammatorie.
•	I recettori per le integrine presenti sui leucociti (es. LFA-1) subiscono un cambiamento conformazionale che aumenta la loro affinità per le molecole di adesione endoteliali, causando l’adesione stabile dei leucociti alla parete vascolare.
3.	Diapedesi (transmigrazione):
•	Dopo l’adesione stabile, i leucociti migrano attraverso l’endotelio dei capillari o delle venule post-capillari in un processo chiamato diapedesi. Questo passaggio avviene attraverso gli spazi intercellulari creati dalla contrazione delle cellule endoteliali o, in alcuni casi, direttamente attraverso le cellule endoteliali (transcitosi).
•	Molecole come la PECAM-1 (CD31), espressa sia sui leucociti che sull’endotelio, facilitano questo processo.
4.	Migrazione verso il sito infiammatorio (chemotassi):
•	Una volta entrati nel tessuto interstiziale, i leucociti migrano verso il sito dell’infiammazione guidati da un gradiente di chemoattrattori (chemotassi).
•	Tra i principali fattori chemotattici ci sono:
•	Chemochine (es. IL-8): Molecole secrete dai macrofagi e dalle cellule infiammatorie che guidano i neutrofili.
•	Prodotti del complemento (C5a): Attivati nel contesto dell’infiammazione.
•	Leucotrieni (es. LTB4): Derivati dell’acido arachidonico con forti proprietà chemotattiche.
•	Peptidi formilati: Rilasciati dai batteri, che stimolano la migrazione leucocitaria.

Attivazione leucocitaria

Dopo essere stati reclutati, i leucociti vengono attivati per svolgere le loro funzioni di difesa contro gli agenti patogeni. Questo avviene grazie all’interazione con segnali molecolari presenti nel sito dell’infiammazione:

1.	Riconoscimento del patogeno:
•	I leucociti (soprattutto neutrofili e macrofagi) riconoscono i microrganismi attraverso recettori di riconoscimento del pattern (PRR), come i Toll-like receptors (TLR) e i recettori scavenger, che rilevano molecole associate a patogeni (PAMPs) e danno cellulare (DAMPs).
2.	Fagocitosi:
•	Una volta attivati, i neutrofili e i macrofagi fagocitano i microrganismi o i detriti cellulari. Questo avviene grazie a recettori specifici come quelli per il complemento o per le immunoglobuline (Fc).
•	Il microrganismo fagocitato viene inglobato in una vescicola chiamata fagosoma, che si fonde con i lisosomi per formare un fagolisosoma. All’interno del fagolisosoma, l’agente infettivo viene distrutto grazie a:
•	Specie reattive dell’ossigeno (ROS): Prodotte durante il cosiddetto burst respiratorio (es. superossido, perossido di idrogeno).
•	Enzimi lisosomiali: Come le idrolasi e le proteasi.
3.	Degranulazione:
•	I neutrofili rilasciano granuli contenenti enzimi proteolitici (come elastasi e catepsine) e altre sostanze microbicide (come le defensine) nel fagolisosoma o all’esterno per attaccare i patogeni extracellulari.
4.	Formazione di trappole extracellulari dei neutrofili (NET):
•	I neutrofili possono espellere strutture formate da DNA cromatinico e proteine antimicrobiche chiamate NETs (neutrophil extracellular traps), che intrappolano e neutralizzano i patogeni.
5.	Produzione di citochine e mediatori infiammatori:
•	I leucociti attivati rilasciano mediatori chimici (come TNF-α, IL-1, IL-6) che amplificano la risposta infiammatoria e stimolano ulteriori cellule del sistema immunitario.
•	Producono anche mediatori lipidici, come prostaglandine e leucotrieni, che regolano il reclutamento di altri leucociti e la risposta vascolare.

Tipologie di leucociti coinvolti

1.	Neutrofili:
•	Sono i primi leucociti a essere reclutati e dominano nelle prime 6-24 ore dell’infiammazione acuta. Hanno una vita breve e una potente capacità fagocitica, seguita dalla degranulazione e dalla produzione di ROS per distruggere i patogeni.
2.	Monociti/Macrofagi:
•	I monociti arrivano nel sito infiammato dopo i neutrofili, entro 24-48 ore, e si differenziano in macrofagi. Questi sono più longevi e continuano il processo di fagocitosi. Inoltre, partecipano alla risoluzione dell’infiammazione e alla riparazione dei tessuti.
3.	Eosinofili, basofili e mastociti:
•	Questi leucociti sono più coinvolti in risposte infiammatorie di tipo allergico o parassitario. Gli eosinofili rilasciano granuli tossici per i parassiti, mentre i mastociti e i basofili liberano istamina e altre sostanze vasoattive.

Conclusione

Il reclutamento e l’attivazione dei leucociti sono essenziali per una risposta infiammatoria acuta efficace. Questi processi coordinati permettono alle cellule immunitarie di raggiungere rapidamente il sito di infezione o danno e di neutralizzare l’agente lesivo. Tuttavia, se non viene controllata adeguatamente, l’infiammazione acuta può danneggiare i tessuti circostanti, portando a cronicizzazione o cicatrici tissutali.

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7
Q
  1. Il sistema linfatico: ruolo nella risposta infiammatoria/immunitaria (aspetti fisiopatologici e clinici).
A

Il sistema linfatico svolge un ruolo fondamentale nella risposta infiammatoria e immunitaria. Agisce come un sistema di drenaggio e trasporto, facilitando la rimozione di liquidi, cellule e agenti patogeni dai tessuti e promuovendo la loro presentazione al sistema immunitario. Di seguito esaminiamo gli aspetti fisiopatologici e clinici del suo ruolo nella risposta immunitaria.

Aspetti fisiopatologici del sistema linfatico nella risposta infiammatoria/immunitaria

1.	Drenaggio del liquido interstiziale (linfa):
•	Durante l’infiammazione, l’aumento della permeabilità vascolare porta alla fuoriuscita di liquidi dai capillari nei tessuti. Il sistema linfatico raccoglie questo fluido in eccesso (ricco di proteine, leucociti e antigeni) e lo trasporta dai tessuti ai linfonodi.
•	Questo processo è cruciale per mantenere l’equilibrio dei fluidi e prevenire l’edema persistente.
2.	Trasporto di antigeni e cellule immunitarie:
•	Il sistema linfatico trasporta antigeni derivati da agenti patogeni, cellule danneggiate e detriti dai tessuti ai linfonodi, dove vengono presentati alle cellule immunitarie, specialmente alle cellule dendritiche e ai linfociti.
•	Le cellule dendritiche, presenti nei tessuti periferici, migrano attraverso i vasi linfatici verso i linfonodi, dove presentano gli antigeni ai linfociti T, innescando la risposta immunitaria adattativa.
3.	Attivazione della risposta immunitaria adattativa:
•	Nei linfonodi, i linfociti B e T vengono esposti agli antigeni trasportati dalla linfa. I linfociti B possono produrre anticorpi specifici contro gli antigeni, mentre i linfociti T si attivano per distruggere direttamente le cellule infette o regolare la risposta immunitaria attraverso la secrezione di citochine.
•	I linfociti attivati possono quindi uscire dai linfonodi e migrare verso il sito di infezione per eliminare l’agente patogeno.
4.	Filtraggio e protezione dai patogeni:
•	I linfonodi fungono da filtri, trattenendo antigeni e patogeni prima che possano diffondersi attraverso la circolazione. Questo riduce il rischio che un’infezione localizzata si diffonda sistemicamente.
5.	Drenaggio delle cellule immunitarie e detriti:
•	Oltre ai patogeni, il sistema linfatico drena le cellule immunitarie morte e i detriti cellulari dai siti di infiammazione. Questo aiuta a risolvere l’infiammazione e a promuovere la guarigione dei tessuti.
6.	Ruolo nella risoluzione dell’infiammazione:
•	Il sistema linfatico contribuisce alla risoluzione dell’infiammazione drenando l’essudato infiammatorio, riducendo l’edema e facilitando la clearance dei mediatori pro-infiammatori, permettendo il passaggio a una fase di riparazione e rigenerazione tissutale.

Aspetti clinici: patologie associate al sistema linfatico e infiammazione

1.	Linfangite:
•	Si verifica quando i vasi linfatici si infiammano, spesso a causa della diffusione di un’infezione batterica da una ferita o da un ascesso. Clinicamente, si manifesta come strisce rosse dolorose che si estendono dalla sede dell’infezione verso i linfonodi regionali.
•	Se non trattata, la linfangite può evolvere in infezioni sistemiche gravi, come la setticemia.
2.	Linfadenite:
•	È l’infiammazione dei linfonodi, spesso causata da infezioni locali. I linfonodi ingrossati e dolorosi, comuni in molte infezioni, indicano una risposta infiammatoria attiva e un tentativo del sistema immunitario di contenere l’infezione.
•	Può essere acuta o cronica, a seconda della durata e della natura dell’infezione.
3.	Linfostasi e linfedema:
•	Un’ostruzione o un danno ai vasi linfatici può compromettere il drenaggio della linfa, portando all’accumulo di liquido interstiziale e all’edema. Questa condizione è chiamata linfedema e può essere primario (causato da anomalie congenite del sistema linfatico) o secondario (dovuto a infezioni, traumi, chirurgia o radiazioni).
•	Clinicamente, il linfedema si manifesta con gonfiore, soprattutto agli arti, e può predisporre a infezioni ricorrenti.
4.	Malattie linfoproliferative:
•	In alcune patologie, come il linfoma o la leucemia, si verifica una proliferazione incontrollata delle cellule del sistema immunitario all’interno dei linfonodi e dei vasi linfatici, compromettendo il normale funzionamento del sistema linfatico e la risposta immunitaria.
5.	Immunodeficienze associate ai linfociti:
•	Poiché il sistema linfatico è strettamente connesso al trasporto e all’attivazione dei linfociti, condizioni che colpiscono i linfonodi o i vasi linfatici possono influenzare la capacità del corpo di generare una risposta immunitaria efficace. Ad esempio, nei pazienti con infezione da HIV, i linfonodi possono essere distrutti, riducendo la capacità di generare risposte adattative efficaci.
6.	Metastasi linfatiche nel cancro:
•	Il sistema linfatico è spesso un percorso utilizzato dalle cellule tumorali per diffondersi ad altre parti del corpo. Le cellule cancerose possono entrare nei vasi linfatici e raggiungere i linfonodi, dove possono crescere e formare metastasi. Questo processo è alla base della stadiazione dei tumori solidi e ha importanti implicazioni cliniche.

Ruolo del sistema linfatico nella clinica

•	Diagnosi delle infezioni e infiammazioni locali: Il gonfiore o l’ingrossamento dei linfonodi (linfoadenopatia) è un segno clinico importante nella diagnosi di infezioni locali o sistemiche. La palpazione di linfonodi dolenti e ingrossati può indicare una risposta immunitaria attiva.
•	Terapia del linfedema: Il trattamento del linfedema spesso include terapie fisiche come il drenaggio linfatico manuale, la compressione elastica e in casi gravi interventi chirurgici per migliorare il drenaggio linfatico.
•	Monitoraggio del cancro: La biopsia dei linfonodi (ad esempio, la biopsia del linfonodo sentinella) è una procedura diagnostica cruciale per determinare la diffusione del cancro. Un linfonodo positivo per cellule tumorali è spesso un segno che il tumore si è diffuso e richiede un trattamento sistemico.

Conclusioni

Il sistema linfatico ha un ruolo essenziale nella modulazione della risposta immunitaria e infiammatoria. Agisce non solo come un sistema di drenaggio, ma anche come un sito di attivazione e regolazione della risposta immunitaria adattativa. Le alterazioni del suo funzionamento possono portare a patologie infiammatorie, immunitarie e neoplastiche, con importanti conseguenze cliniche che vanno dal linfedema alle metastasi linfatiche nel cancro.

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  1. Il sistema del complemento: caratteristiche generali, e funzioni di riconoscimento e attivazione.
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Il sistema del complemento è una componente essenziale dell’immunità innata, con un ruolo importante anche nell’immunità adattativa. Si tratta di un sistema di proteine plasmatiche che, una volta attivate, cooperano per eliminare patogeni, cellule danneggiate o apoptotiche, e immunocomplessi. Il complemento è costituito da circa 30 proteine, presenti nel sangue in forma inattiva (precursori) e attivate in sequenza da proteasi specifiche.

Caratteristiche generali del sistema del complemento

•	Proteine circolanti: Le proteine del complemento sono prodotte principalmente dal fegato e circolano nel sangue in forma inattiva. Quando vengono attivate, agiscono come un sistema a cascata, in cui un evento attiva il successivo.
•	Modi di attivazione: Il complemento può essere attivato attraverso tre diverse vie:
•	Via classica: Attivata dalla presenza di anticorpi legati a un antigene (immunocomplessi), che reclutano la proteina C1.
•	Via alternativa: Attivata direttamente dalla superficie di patogeni senza il coinvolgimento di anticorpi.
•	Via delle lectine: Attivata dal legame di lectine a zuccheri presenti sulla superficie dei microrganismi.
•	Effetto amplificativo: Una volta attivato, il sistema amplifica rapidamente la risposta immunitaria, poiché ogni proteina del complemento attivata può attivarne molte altre in una cascata.

Funzioni del sistema del complemento

Il sistema del complemento ha tre principali funzioni: riconoscimento, attivazione e eliminazione del patogeno.

  1. Riconoscimento del patogeno

Il riconoscimento avviene in modi diversi, a seconda della via di attivazione:

•	Via classica: Il riconoscimento avviene quando l’anticorpo (IgG o IgM) si lega all’antigene sulla superficie di un patogeno, formando un immunocomplesso. Questo complesso permette il legame della proteina C1q, che inizia la cascata del complemento.
•	Via alternativa: Questa via si basa su un’attivazione spontanea della proteina C3 nel plasma, che genera C3b. Se C3b si lega a una superficie estranea (come quella di un patogeno), viene stabilizzato e avvia la cascata. Le superfici delle cellule ospiti sono normalmente protette da proteine regolatrici che inibiscono l’attivazione della via alternativa.
•	Via delle lectine: In questa via, la proteina MBL (Mannose-Binding Lectin) riconosce specifici zuccheri (mannosio) sulla superficie dei patogeni. Il legame dell’MBL attiva una cascata simile a quella della via classica.
  1. Attivazione del sistema del complemento

Una volta che il complemento è stato attivato, si verifica una serie di eventi che portano alla produzione di frammenti proteici che svolgono varie funzioni:

•	C3 convertasi: La chiave per l’attivazione del complemento è la formazione della C3 convertasi, un enzima che scinde la proteina C3 in due frammenti:
•	C3a: Un potente anafilotossina, che stimola la degranulazione dei mastociti e dei basofili, aumentando la permeabilità vascolare e favorendo l’infiammazione.
•	C3b: Un’importante molecola di opsonizzazione, che si lega alla superficie dei patogeni, rendendoli più facilmente riconoscibili e fagocitabili dai fagociti (macrofagi e neutrofili).
•	C5 convertasi: La C3b legata può formare un complesso con altre proteine del complemento, generando la C5 convertasi, che scinde C5 in C5a e C5b.
•	C5a: Un’altra potente anafilotossina e chemoattrattante, che richiama neutrofili e altre cellule immunitarie al sito di infezione.
•	C5b: Inizia la formazione del complesso di attacco alla membrana (MAC).
  1. Funzioni effettive del complemento: eliminazione del patogeno

Dopo l’attivazione, il complemento elimina i patogeni attraverso diverse meccanismi:

•	Opsonizzazione: La C3b si lega alla superficie dei patogeni e favorisce la loro fagocitosi. I fagociti, come i macrofagi, possiedono recettori per C3b (recettori CR1), che facilitano l’inglobamento del patogeno.
•	Formazione del complesso di attacco alla membrana (MAC): La C5b inizia l’assemblaggio del MAC (C5b-C6-C7-C8-C9), che forma pori nella membrana cellulare del patogeno, causando la lisi osmotica e la distruzione della cellula.
•	Chemiotassi e infiammazione: Le anafilotossine C3a e C5a promuovono l’infiammazione richiamando neutrofili, mastociti e altre cellule immunitarie al sito dell’infezione, aumentando la permeabilità vascolare e stimolando la degranulazione di mediatori infiammatori.
•	Rimozione degli immunocomplessi: C3b si lega agli immunocomplessi circolanti, rendendoli più facilmente eliminabili attraverso i recettori sui macrofagi e altre cellule fagocitiche.

Regolazione del sistema del complemento

Il complemento, pur essendo efficace, deve essere finemente regolato per evitare danni ai tessuti dell’ospite. Alcune proteine regolatrici, come il fattore H e la proteina C1-inibitore, limitano l’attivazione del complemento sulle cellule normali e ne bloccano l’attivazione in eccesso. Difetti in questi sistemi di regolazione possono portare a malattie autoimmuni, come l’angioedema ereditario o la sindrome emolitico-uremica.

Conclusioni

Il sistema del complemento è un componente chiave dell’immunità innata, con funzioni fondamentali nel riconoscimento e nell’eliminazione dei patogeni. Esso integra la risposta immunitaria, favorendo la fagocitosi, la lisi cellulare e l’infiammazione, e agisce da ponte tra l’immunità innata e adattativa.

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  1. Il sistema del complemento: caratteristiche generali e funzioni effettrici.
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Il sistema del complemento è una parte essenziale dell’immunità innata, composto da circa 30 proteine plasmatiche e di membrana, che si attivano in cascata per neutralizzare i patogeni e mediarne l’eliminazione. Il termine “complemento” deriva dalla sua funzione di “completare” l’azione degli anticorpi e delle cellule immunitarie nel distruggere patogeni o cellule anomale. Le proteine del complemento sono principalmente prodotte dal fegato e circolano nel sangue in forma inattiva.

Caratteristiche generali del sistema del complemento

1.	Modalità di attivazione: Il sistema del complemento può essere attivato da tre diverse vie:
•	Via classica: Attivata da complessi antigene-anticorpo (immunocomplessi). L’anticorpo (IgM o IgG) legato all’antigene permette il legame e l’attivazione della proteina C1.
•	Via alternativa: Attivata direttamente dalla superficie di patogeni o altre superfici estranee. Questa via può avvenire senza il coinvolgimento di anticorpi ed è costantemente in un equilibrio dinamico di attivazione e regolazione.
•	Via delle lectine: Attivata dal legame di lectine (proteine che riconoscono zuccheri specifici) come la MBL (Mannose-Binding Lectin) ai carboidrati sulla superficie dei patogeni.
2.	Attivazione a cascata: In tutte e tre le vie, l’attivazione avviene tramite la scissione sequenziale di proteine del complemento, formando complessi enzimatici che scindono altre proteine della cascata. Questo meccanismo amplifica rapidamente la risposta immunitaria.
3.	Proteine effettive: Le proteine centrali della cascata del complemento sono C3 e C5. La scissione di C3 e C5 produce frammenti che hanno ruoli chiave nell’opsonizzazione, nella chemiotassi e nella formazione del complesso di attacco alla membrana (MAC).

Funzioni effettrici del sistema del complemento

Il sistema del complemento svolge diverse funzioni essenziali, che possono essere suddivise in quattro principali azioni:

  1. Opsonizzazione• C3b, generato dalla scissione di C3, si lega covalentemente alla superficie dei patogeni, marcandoli per la fagocitosi. Questo processo, chiamato opsonizzazione, facilita il riconoscimento dei patogeni da parte di fagociti come i macrofagi e i neutrofili, che possiedono recettori specifici per il frammento C3b (recettori CR1).
    • L’opsonizzazione è cruciale per rendere i patogeni più facilmente fagocitabili e per migliorare l’efficienza della risposta immunitaria.
  2. Chemiotassi e attivazione delle cellule immunitarie• I frammenti C3a e C5a, prodotti durante l’attivazione del complemento, agiscono come anafilotossine. Queste molecole promuovono l’infiammazione:
    • Stimolano la degranulazione dei mastociti e dei basofili, rilasciando istamina e aumentando la permeabilità vascolare.
    • C5a, in particolare, agisce come potente chemoattrattante, richiamando neutrofili e altri leucociti al sito di infezione o danno tissutale.
    • Questo processo amplifica la risposta infiammatoria, favorendo la migrazione delle cellule immunitarie nei tessuti infetti.
  3. Lisi dei patogeni (complesso di attacco alla membrana - MAC)• La proteina C5b, prodotta dalla scissione di C5, inizia la formazione del complesso di attacco alla membrana (MAC). Questo complesso è costituito dalle proteine C5b, C6, C7, C8 e da più molecole di C9, che formano un poro nella membrana del patogeno.
    • La formazione del MAC porta alla lisi osmotica del patogeno, poiché il poro creato nel patogeno permette l’ingresso incontrollato di acqua e ioni, portando alla sua distruzione.
  4. Eliminazione degli immunocomplessi• La proteina C3b si lega agli immunocomplessi (aggregati di antigeni e anticorpi), favorendone la rimozione dal circolo. Gli immunocomplessi rivestiti di C3b vengono riconosciuti dai recettori presenti sulle cellule fagocitiche (come i macrofagi) o dalle cellule del fegato e della milza, dove vengono eliminati.
    • Questo processo previene l’accumulo e la deposizione di immunocomplessi nei tessuti, che potrebbe causare infiammazione e danno tissutale.

Altre funzioni del complemento

•	Promozione della memoria immunitaria: Il sistema del complemento aiuta a migliorare la risposta immunitaria adattativa facilitando la presentazione dell’antigene ai linfociti B e T, contribuendo alla creazione della memoria immunologica.
•	Protezione delle cellule dell’ospite: Il complemento ha meccanismi regolatori che proteggono le cellule dell’ospite dall’attacco. Molecole come il fattore H, il fattore I e la proteina C1-inibitore limitano l’attivazione del complemento sulle cellule sane, prevenendo l’autoaggressione.
•	Modulazione della risposta infiammatoria: Il complemento contribuisce alla risoluzione dell’infiammazione, promuovendo la clearance delle cellule apoptotiche e dei detriti cellulari dai siti infiammati.

Regolazione del complemento e patologie associate

Il sistema del complemento è finemente regolato per evitare danni ai tessuti dell’ospite. Difetti nei meccanismi regolatori o un’attivazione eccessiva possono causare malattie:

•	Angioedema ereditario: È causato da un deficit della proteina C1-inibitore, che regola la via classica. La mancanza di regolazione provoca gonfiori (edemi) nei tessuti.
•	Malattie autoimmuni: Un’attivazione inappropriata del complemento può contribuire a condizioni come il lupus eritematoso sistemico o la glomerulonefrite.
•	Deficienza di componenti del complemento: Difetti genetici in alcune proteine del complemento possono rendere gli individui più suscettibili alle infezioni, soprattutto da batteri capsulati (es. meningococco).

Conclusioni

Il sistema del complemento svolge un ruolo centrale nella difesa contro le infezioni, collaborando con altre componenti dell’immunità innata e adattativa. Attraverso l’opsonizzazione, la lisi dei patogeni e l’amplificazione della risposta infiammatoria, il complemento contribuisce alla protezione dell’organismo da infezioni e danni tissutali. Tuttavia, un’adeguata regolazione è necessaria per evitare che il complemento danneggi le cellule e i tessuti dell’ospite.

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  1. Citochine infiammatorie
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Le citochine infiammatorie sono un gruppo di proteine prodotte da diverse cellule del sistema immunitario (come macrofagi, linfociti T, mastociti, neutrofili) e da altre cellule non immunitarie (ad esempio fibroblasti ed endotelio), coinvolte nella modulazione della risposta infiammatoria. Sono molecole segnale che coordinano l’infiammazione e la comunicazione tra cellule, attivando e regolando vari aspetti della risposta immunitaria. Esistono diverse categorie di citochine con ruoli specifici nelle fasi dell’infiammazione.

Principali citochine infiammatorie

1.	TNF-α (Tumor Necrosis Factor-alfa)
•	Prodotto principalmente dai macrofagi e in misura minore dai linfociti T e altre cellule.
•	È una delle citochine chiave nella risposta infiammatoria acuta.
•	Effetti principali:
•	Induce la produzione di altre citochine infiammatorie (es. IL-1, IL-6).
•	Promuove l’adesione dei leucociti all’endotelio, facilitandone il reclutamento al sito di infiammazione.
•	Aumenta la permeabilità vascolare, favorendo l’accumulo di proteine plasmatiche e cellule immunitarie nel tessuto infiammato.
•	Può causare febbre e, in alti livelli, contribuisce alla patogenesi dello shock settico.
2.	Interleuchina-1 (IL-1)
•	Prodotta principalmente dai macrofagi, dai fibroblasti e dalle cellule endoteliali.
•	Esistono due forme principali: IL-1α e IL-1β, entrambe con attività simile.
•	Effetti principali:
•	Induce febbre (è una pirogena endogena) stimolando l’ipotalamo.
•	Promuove l’infiammazione e attiva le cellule endoteliali, aumentando l’espressione di molecole di adesione per il reclutamento di leucociti.
•	Stimola la sintesi di altre citochine (es. IL-6) e la produzione di enzimi degradativi (es. metalloproteinasi) nei tessuti danneggiati.
3.	Interleuchina-6 (IL-6)
•	Prodotta dai macrofagi, dai linfociti T e da altre cellule in risposta a TNF-α e IL-1.
•	Effetti principali:
•	Stimola la produzione di proteine della fase acuta nel fegato (es. proteina C-reattiva).
•	Contribuisce alla febbre.
•	Modula la differenziazione dei linfociti T e B, promuovendo la produzione di anticorpi e la maturazione delle plasmacellule.
•	Svolge un ruolo importante sia nell’infiammazione acuta sia cronica.
4.	Interleuchina-8 (IL-8, CXCL8)
•	Una chemochina prodotta dai macrofagi, dalle cellule endoteliali e dai fibroblasti.
•	Effetti principali:
•	È un potente attrattore per i neutrofili, stimolandone la migrazione verso il sito dell’infezione o infiammazione.
•	Induce l’adesione dei neutrofili all’endotelio e ne promuove la loro attivazione.
5.	Interleuchina-12 (IL-12)
•	Prodotta da macrofagi e cellule dendritiche.
•	Effetti principali:
•	Attiva i linfociti T helper (Th1), promuovendo la risposta immunitaria cellulare.
•	Stimola la produzione di interferone-gamma (IFN-γ) da parte dei linfociti NK e T, un potente mediatore dell’attivazione macrofagica.
6.	Interferone-gamma (IFN-γ)
•	Prodotto da linfociti T, linfociti NK e altre cellule immunitarie.
•	Effetti principali:
•	Potente attivatore dei macrofagi, che ne potenzia le capacità fagocitarie.
•	Promuove la risposta Th1, aumentando la produzione di citochine e rafforzando l’immunità cellulo-mediata contro infezioni intracellulari (virus, batteri).
•	Inibisce la risposta Th2, contribuendo a modulare l’infiammazione.
7.	Interleuchina-17 (IL-17)
•	Prodotta dai linfociti Th17, una sottopopolazione di linfociti T.
•	Effetti principali:
•	Stimola la produzione di altre citochine pro-infiammatorie (es. IL-6, TNF-α) e chemochine.
•	Recluta neutrofili e altre cellule immunitarie nel sito di infiammazione.
•	Ha un ruolo importante nelle malattie autoimmuni e infiammatorie croniche (es. artrite reumatoide, sclerosi multipla).

Ruolo delle citochine infiammatorie

Le citochine infiammatorie regolano l’equilibrio tra l’infiammazione e la risoluzione della risposta immunitaria. Durante la fase acuta dell’infiammazione, queste citochine orchestrano il reclutamento delle cellule immunitarie al sito di infezione o danno tissutale, promuovono la fagocitosi dei patogeni e modulano la riparazione tissutale. Tuttavia, un’eccessiva produzione o regolazione difettosa delle citochine può portare a danni tissutali e malattie croniche, come le malattie autoimmuni e le condizioni infiammatorie croniche (es. morbo di Crohn, artrite reumatoide).

La modulazione delle citochine infiammatorie è un obiettivo terapeutico importante, con farmaci anti-citochine (ad esempio inibitori di TNF-α o IL-6) utilizzati per trattare malattie infiammatorie croniche.

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  1. Metaboliti dell’acido arachidonico nell’infiammazione
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L’acido arachidonico è un acido grasso essenziale, composto da 20 atomi di carbonio e 4 doppi legami. È principalmente presente nei fosfolipidi delle membrane cellulari. Quando le cellule vengono attivate da stimoli infiammatori, l’acido arachidonico viene liberato da questi fosfolipidi grazie all’azione di enzimi, come la fosfolipasi A2.

La via COX è divisa in due isoforme principali:

  • COX-1: È espressa in modo costante in molti tessuti e svolge un ruolo nella protezione della mucosa gastrica, nella regolazione della funzione piastrinica e nella homeostasi renale.
  • COX-2: È indotta in risposta a stimoli infiammatori e produce prostaglandine che promuovono l’infiammazione e il dolore.

Metaboliti principali:
- Prostaglandine (PG):
- PGE2: Promuove la vasodilatazione e l’aumento della permeabilità capillare. Gioca un ruolo chiave nella febbre e nel dolore.
- PGI2 (prostaciclina): Inibisce l’aggregazione piastrinica e provoca vasodilatazione.
- TXA2 (trombossano A2): Stimola l’aggregazione piastrinica e la vasocostrizione.

La via LOX produce principalmente leucotrieni, che sono mediatori cruciali nelle reazioni infiammatorie.

  • Leucotrieni:
    • LTB4: Potente chemiotattico per i neutrofili, aumenta la risposta infiammatoria.
    • LTC4, LTD4, LTE4: Coinvolti nella broncocostrizione e nella permeabilità vascolare, giocano un ruolo chiave nelle reazioni allergiche e asmatiche.

Lipossine:
- Svolgono un ruolo anti-infiammatorio, favorendo la risoluzione dell’infiammazione e la restituzione alla normalità dei tessuti.

I metaboliti dell’acido arachidonico agiscono legandosi a recettori specifici:

  • Recettori per le prostaglandine (GPCR): Attivano risposte cellulari che portano a effetti infiammatori o protettivi.
  • Recettori per i leucotrieni: Sono coinvolti in processi infiammatori, come la migrazione di cellule immunitarie e l’aumento della permeabilità vascolare.
  1. Inizio della Risposta Infiammatoria:
    • L’acido arachidonico viene rilasciato rapidamente in risposta a danni tissutali o infezioni, innescando la produzione di mediatori infiammatori.
  2. Amplificazione della Risposta:
    • I mediatori come le prostaglandine e i leucotrieni amplificano la risposta infiammatoria reclutando ulteriori cellule del sistema immunitario e aumentando il flusso sanguigno nell’area colpita.
  3. Risoluzione dell’Infiammazione:
    • Le lipossine e altri mediatori anti-infiammatori favoriscono la risoluzione dell’infiammazione, promuovendo la riparazione dei tessuti e il ritorno alla normalità.
  • Malattie Infiammatorie Croniche: Un’eccessiva attivazione delle vie metaboliche dell’acido arachidonico è associata a malattie come artrite reumatoide, asma e malattie infiammatorie intestinali.
  • Terapie Farmacologiche:
    • FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei): Inibiscono COX, riducendo la produzione di prostaglandine e, quindi, il dolore e l’infiammazione.
    • Inibitori della LOX: Possono essere utilizzati per trattare condizioni come l’asma e altre malattie infiammatorie.

L’acido arachidonico e i suoi metaboliti sono fondamentali nella regolazione della risposta infiammatoria. Comprendere questi meccanismi è essenziale per sviluppare strategie terapeutiche mirate a gestire l’infiammazione e le sue complicazioni.

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  1. Infiammazione: i sistemi dei mediatori plasmatici (caratteristiche generali, interconnessioni).
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L’infiammazione è una risposta biologica complessa a danni tissutali, infezioni o altri stimoli nocivi, e coinvolge vari mediatori plasmatici. Questi mediatori giocano un ruolo cruciale nel modulare la risposta infiammatoria. Ecco una panoramica delle caratteristiche generali e delle interconnessioni dei principali mediatori plasmatici:

  1. Tipi di Mediatori:
    • Citochine: Proteine prodotte da cellule immunitarie, come le interleuchine e il fattore di necrosi tumorale (TNF).
    • Chinine: Peptidi che amplificano la risposta infiammatoria; esempio principale è la bradichinina.
    • Fattori della coagulazione: Coinvolti nella formazione di coaguli e nell’infiammazione; ad esempio, il fattore XII attiva il sistema della callicreina.
    • Prostaglandine e leucotrieni: Derivati da acidi grassi, mediano la vasodilatazione e l’attrazione dei globuli bianchi.
  2. Funzioni:
    • Vasodilatazione: Aumentano il flusso sanguigno e la permeabilità vascolare per facilitare l’arrivo delle cellule immunitarie.
    • Attrazione cellulare: Inducono la migrazione di neutrofili, macrofagi e linfociti nel sito di infiammazione.
    • Regolazione della coagulazione: Attivano il processo di coagulazione per prevenire emorragie e limitare la diffusione dell’infezione.
  1. Citochine e Chemochine:
    • Le citochine stimolano la produzione di chemochine, che guidano le cellule immunitarie verso il sito infiammatorio.
  2. Sistemi della Coagulazione e Fibrinolisi:
    • Il sistema della coagulazione è attivato in risposta all’infiammazione. I prodotti della coagulazione (come la trombina) possono stimolare ulteriormente la produzione di mediatori infiammatori.
  3. Via della Callicreina-Kinin:
    • La callicreina attivata genera bradichinina, che aumenta la permeabilità vascolare e la sensibilità al dolore, interagendo con le prostaglandine.
  4. Prostaglandine e Leucotrieni:
    • Entrambi derivano dall’acido arachidonico, ma hanno effetti diversi: le prostaglandine sono più associate alla vasodilatazione, mentre i leucotrieni favoriscono l’attrazione dei globuli bianchi.
  5. Feedback Regolatorio:
    • Alcuni mediatori hanno anche funzioni anti-infiammatorie, come l’interleuchina-10, che inibisce l’azione di altre citochine pro-infiammatorie.

I mediatori plasmatici dell’infiammazione sono interconnessi in una rete complessa che regola la risposta immunitaria. La comprensione di queste interazioni è fondamentale per sviluppare trattamenti mirati per le malattie infiammatorie.

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  1. Mediatori dell’infiammazione: definizione, classificazione, caratteristiche generali.
A

I mediatori dell’infiammazione sono sostanze chimiche rilasciate dalle cellule del sistema immunitario e da altre cellule in risposta a stimoli nocivi, come infezioni o lesioni. Questi mediatori orchestrano la risposta infiammatoria, influenzando vari processi biologici, come la vasodilatazione, l’attrazione cellulare e la regolazione della coagulazione.

I mediatori dell’infiammazione sono molecole che modulano l’intensità e la durata della risposta infiammatoria. Possono essere di origine cellulare (prodotta da cellule immunitarie o tessutali) o di origine plasmatiche (del plasma sanguigno).

I mediatori dell’infiammazione possono essere classificati in diverse categorie:

  1. Mediatori Preformati:
    • Istamina: Rilasciata dai mastociti, provoca vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare.
    • Serotonina: Coinvolta nella regolazione della vasodilatazione e nella coagulazione.
  2. Mediatori Sintetizzati:
    • Citochine: Proteine come le interleuchine (IL-1, IL-6) e il TNF-alfa, coinvolte nella comunicazione tra le cellule immunitarie.
    • Prostaglandine: Derivati dall’acido arachidonico, mediatori chiave della risposta infiammatoria e del dolore.
    • Leucotrieni: Anch’essi derivati dall’acido arachidonico, importanti per la chemotassi dei globuli bianchi.
  3. Mediatori Plasmatici:
    • Fattori della coagulazione: Come il fattore XII, che attiva vie infiammatorie.
    • Chinine: Come la bradichinina, che aumenta la permeabilità vascolare e provoca dolore.
  4. Mediatori di Origine Cellulare:
    • Proteine di adesione: Facilitano l’adesione e la migrazione delle cellule immunitarie.
    • Fattori di crescita: Stimolano la riparazione tissutale.
  1. Specificità:
    • Ogni mediatore ha effetti specifici e target cellulari, consentendo una risposta modulata e coordinata.
  2. Interazione:
    • I mediatori possono interagire tra loro, potenziando o inibendo le loro azioni. Questa rete di interazioni è fondamentale per la regolazione della risposta infiammatoria.
  3. Tempistica:
    • Alcuni mediatori vengono rilasciati rapidamente (preformati), mentre altri sono prodotti in risposta a stimoli (sintetizzati) e possono richiedere più tempo.
  4. Ruolo nel Ciclo dell’Infiammazione:
    • I mediatori sono coinvolti in tutte le fasi dell’infiammazione: innesco, mantenimento e risoluzione.
  5. Effetti Sistemici:
    • Alcuni mediatori, come il TNF-alfa, possono avere effetti sistemici, influenzando l’intero organismo e causando sintomi come febbre e malessere.

I mediatori dell’infiammazione sono componenti essenziali della risposta immunitaria. La loro comprensione è cruciale per sviluppare terapie efficaci contro malattie infiammatorie e immune-mediate.

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  1. PMN neutrofili nella risposta infiammatoria: caratteristiche e principali funzioni.
A

I neutrofili polimorfonucleati (PMN) sono una componente chiave della risposta immunitaria innata e svolgono un ruolo fondamentale durante l’infiammazione. Ecco una panoramica delle loro caratteristiche e delle principali funzioni.

  1. Morfologia:
    • I neutrofili hanno un nucleo segmentato (da 2 a 5 lobi) e citoplasma ricco di granuli. Questi granuli contengono enzimi e mediatori infiammatori.
  2. Produzione e Vita:
    • Sono prodotti nel midollo osseo e rappresentano la maggior parte dei globuli bianchi circolanti. La loro vita media è breve, di solito da poche ore a pochi giorni, a meno che non vengano attivati.
  3. Riconoscimento di Patogeni:
    • Possiedono recettori per il riconoscimento di pattern (PRR) che riconoscono patogeni attraverso specifiche molecole associate all’infezione.
  4. Mobilità:
    • Sono altamente mobili e possono migrare rapidamente verso i siti di infezione o infiammazione in risposta a segnali chimici (chemiotassi).
  1. Fagocitosi:
    • I neutrofili inghiottono e distruggono batteri e detriti cellulari. Questo processo è facilitato dalla formazione di pseudopodi e dalla fusione con i granuli per formare un fagosoma.
  2. Produzione di Enzimi:
    • Rilasciano enzimi lisi e proteasi dai granuli, che degradano le pareti cellulari dei patogeni.
  3. Produzione di Specie Reattive dell’Ossigeno (ROS):
    • Generano ROS durante la risposta infiammatoria, contribuendo alla morte dei patogeni. Questo processo è noto come “respiratory burst”.
  4. Secrezione di Mediatori Infiammatori:
    • Rilasciano citochine e chemochine, che amplificano la risposta infiammatoria e attraggono altre cellule immunitarie nel sito di infezione.
  5. Formazione di Trappole Extracellulari (NETs):
    • Possono espellere il loro materiale genetico e proteine antimicrobiche per formare reti extracellulari che intrappolano e uccidono i patogeni.
  6. Interazione con Altre Cellule Immunitarie:
    • Collaborano con macrofagi e linfociti, contribuendo alla modulazione della risposta immunitaria e alla risoluzione dell’infiammazione.

I neutrofili sono essenziali per la risposta infiammatoria precoce e per la difesa contro le infezioni. La loro rapida risposta e le numerose funzioni li rendono un primo punto di attacco contro agenti patogeni, ma un’attivazione eccessiva o prolungata può contribuire a danni tissutali e malattie infiammatorie croniche.

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Q
  1. Macrofagi: caratteristiche generali, ruolo nell’infiammazione/immunità, fenotipi M1 e M2.
A
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16
Q
  1. Infiammazione acuta e cronica a confronto: modificazioni tessutali e infiltrato leucocitario.
A
17
Q
  1. Infiammazione cronica: definizione, cause più comuni, caratteristiche patologiche e implicazioni cliniche.
A
18
Q
  1. Effetti sistemici dell’infiammazione: meccanismi responsabili e implicazioni clinico-patologiche.
A
19
Q
  1. Patologie associate a difetti della risposta infiammatoria
A

Patologie Associate a Difetti della Risposta Infiammatoria

Quando il meccanismo dell’infiammazione è difettoso, la risposta infiammatoria risulta meno efficiente e tende a cronicizzare. Questo perché le citochine infiammatorie rimangono attive per tempi più lunghi, con conseguenze negative per l’organismo.

Le principali patologie associate a difetti della risposta infiammatoria sono:

  • Difetti della funzione leucocitaria: Queste anomalie impediscono ai leucociti di svolgere correttamente il loro ruolo nell’infiammazione, compromettendo l’eliminazione degli agenti patogeni e la riparazione dei tessuti.
    Difetti primitivi genetici
  • LAD1 fase di adesione rallentata mutazione Integrine
  • LAD2 difficoltà nel rotolamento e adesione mutazioni sintesi recettori Selectine
  • malattia granulomatosa cronica attività degradativa meno efficiente, agente microbico sopravvive dovuta a mutazioni della componente di membrana legate al cromosoma X o autosomica recessiva
  • deficit di mieloperossidasi
  • Sindrome di Chédiak-Higashi: Difetti nel traffico intracellulare dei lisosomi compromettono la fusione fagosoma-lisosoma e la capacità di uccidere i batteri.
    Difetti secondari acquisiti
  • insufficienza midollare
  • diabete, tumori, sepsi, malnutrizione
  • Difetti del sistema complemento: patologie rare e di origine genetica, compromettono l’attività del sistema del complemento, essenziale per l’eliminazione degli agenti patogeni, l’opsonizzazione e l’attivazione della risposta infiammatoria.

Deficit di C2: aumento delle infezioni opportunistiche
Deficit di C4: associato al lupus eritematoso
Deficit di C6-9: aumentata suscettibilità alle infezioni (Neisseria)
Deficit di C1-INH: responsabile dell’angioedema ereditario. compromette la capacità di prevenire l’attivazione spontanea del sistema. C1-INH è il principale inibitore fisiologico della callicreina e del XIIa. produce edemi diffusi (particolarmente al viso, bocca e vie aeree) legati all’attivazione incontrollata del complemento e alla mancata inattivazione della bradichinina.

20
Q
  1. Esiti dell’infiammazione acuta
A

I possibili esiti dell’infiammazione acuta
Se il tessuto connettivo vascolarizzato subisce un danno, risponde con un’infiammazione acuta che può avere tre esiti:
1. Risoluzione completa (restitutio ad integrum): Questo è l’esito più favorevole, in cui l’integrità anatomica e funzionale del tessuto viene completamente ripristinata. Ad esempio, in caso di un piccolo taglio, l’infiammazione acuta porta alla guarigione della ferita senza lasciare cicatrici.
2. Guarigione per cicatrizzazione (fibrosi): Questo esito comporta la sostituzione del tessuto danneggiato con tessuto fibroso. La guarigione è compromessa perché, sebbene l’integrità anatomica non sia completamente ripristinata, il tessuto fibroso non è in grado di svolgere le funzioni del tessuto originale. Un esempio è l’ischemia del miocardio, in cui i cardiomiociti morti vengono sostituiti da tessuto fibroso che non è in grado di contrarsi, causando un deficit funzionale.
3. Progressione a infiammazione cronica: Questo esito si verifica quando l’agente lesivo persiste o interferisce con il processo di guarigione. L’infiammazione cronica è caratterizzata da una risposta continua che non si interrompe ma cambia caratteristiche, come la neoangiogenesi e la presenza di cellule macrofagiche e linfocitarie. Esempi di patologie in cui l’infiammazione cronica svolge un ruolo patogenetico significativo includono infezioni persistenti, esposizione prolungata ad agenti tossici, diabete, malattie neurodegenerative e tumori.
È importante sottolineare che la risoluzione completa non è un processo passivo che si verifica automaticamente quando cessa lo stimolo lesivo. Al contrario, è un processo attivo che richiede l’azione di mediatori che arrestano il reclutamento dei neutrofili, regolano la morte/sopravvivenza dei leucociti favorendo l’apoptosi, e attivano i macrofagi per rimuovere le cellule morte e passare da un fenotipo pro-infiammatorio a uno pro-risoluzione.

21
Q
  1. Esiti dell’infiammazione acuta: guarigione per cicatrizzazione.
A

Meccanismo della Guarigione per Cicatrizzazione

Guarigione per Cicatrizzazione
Quando un danno tissutale è prolungato, si sviluppa un’infiammazione cronica che compromette l’architettura del tessuto. Le citochine prodotte dai macrofagi e da altri leucociti (soprattutto linfociti) stimolano la proliferazione dei fibroblasti e la deposizione di fibre collagene e di altre proteine della matrice. Questo processo porta alla sostituzione del tessuto originario con tessuto fibroso, formando una cicatrice.

Ecco alcuni punti chiave sulla guarigione per cicatrizzazione:
* La cicatrizzazione è un esito possibile dell’infiammazione acuta, ma è considerata una guarigione compromessa perché l’integrità anatomica del tessuto non viene completamente ripristinata.
* Questo tipo di guarigione si verifica quando il danno è prolungato e l’infiammazione si estende nel tempo, coinvolgendo macrofagi e linfociti.
* Un esempio di ciò si verifica nell’ischemia del miocardio, dove i cardiomiociti morti, incapaci di rigenerarsi, vengono sostituiti da tessuto fibroso. Poiché il tessuto fibroso non può contrarsi come i cardiomiociti, ne risulta un difetto funzionale la cui gravità dipende dalla quantità di tessuto sostituito.
* L’infiammazione cronica, evidenziata dalla presenza di tessuto fibroso anche dopo la risoluzione del processo infiammatorio acuto, presenta anche neoangiogenesi e la presenza di cellule macrofagiche e linfocitarie.

Fase Infiammatoria:
- A seguito di un danno tissutale significativo, si verifica un’iniziale fase infiammatoria acuta, caratterizzata da vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare e reclutamento di leucociti, principalmente neutrofili.
Se l’agente lesivo persiste o il danno è esteso, l’infiammazione acuta può progredire in infiammazione cronica. In questa fase, i macrofagi diventano le cellule predominanti, sostituendo i neutrofili.
I macrofagi svolgono un ruolo cruciale sia nella rimozione dei detriti cellulari e degli agenti patogeni, sia nel rilascio di fattori di crescita che stimolano la proliferazione dei fibroblasti.

Fase Proliferativa:
I fibroblasti, cellule residenti nel tessuto connettivo, vengono attivati dalle citochine rilasciate dai macrofagi e migrano nella sede del danno.
I fibroblasti attivati iniziano a proliferare e a produrre grandi quantità di collagene e di altri componenti della matrice extracellulare, formando un tessuto di granulazione ricco di vasi sanguigni (neoangiogenesi).
Il tessuto di granulazione fornisce l’impalcatura per la formazione del tessuto cicatriziale.

Fase di Rimodellamento:
La fase di rimodellamento è un processo lento e graduale che può durare mesi o anni. Durante questa fase, il tessuto di granulazione viene gradualmente rimpiazzato da tessuto connettivo denso e poco vascolarizzato, la cicatrice.
Le fibre di collagene vengono riorganizzate e la loro disposizione diventa più compatta, aumentando la resistenza meccanica della cicatrice.
Nonostante il rimodellamento, il tessuto cicatriziale non è in grado di riprodurre completamente la struttura e la funzione del tessuto originale. Ad esempio, nel caso dell’ischemia del miocardio, la cicatrice fibrosa non è in grado di contrarsi come il tessuto muscolare cardiaco, compromettendo la funzione del cuore.