Esame Diritto Bancario Finanziario 2021 Flashcards

1
Q

Spiega Il sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria (DBF1)

A

Il sistema europeo di vigilanza finanziaria, è stato costituito all’indomani della crisi finanziario-economica del 2009. Esso è costituito da di verse entità con uno scopo duplice, ovvero esercitare una vigilanza volta alla stabilità micro e macro prudenziale. Questo sistema, abbreviato in “SEVIF” si articola di diverse entità su diversi livelli (per la precisione 8), tra le quali annoveriamo:

  • > Comitato Europeo per il rischio sistemico (ESRB), che si occupa della vigilanza macroprudenziale nell’ottica di minimizzare il rischio sistemico, fornendone una definizione, con il fine ultimo di prevenire rischi sistemici che pregiudicano la stabilità finanziaria dell’unione.
  • > Autorità bancaria Europea (EBA), coordina le varie autorità bancarie nazionali degli stati membri negli ambiti di vigilanza microprudenziale sulle banche elaborando progetti di norme tecniche di regolamentazione e attuazione da sottoporre alla commissione. Parallelamente ha il potere di emanare orientamenti e formulare raccomandazioni per le autorità competenti o agli istituti finanziari.
  • > Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAP), che coordina le attività di vigilanza sulle assicurazioni in coordinamento con le varie autorità degli stati membri, fornendo progetti di norme tecniche di attuazione e regolamentazione.
  • > Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), ha il compito principale di svolgere compiti di coordinamento delle autorità nazionali nelle attività specifiche riguardo il coordinamento della vigilanza del mercato mobiliare, anche qui elaborando progetti di norme tecniche di regolamentazione e attuazione.
  • > Comitato congiunto delle autorità europee di vigilanza svolge da tramite tra i regolamenti di tre attività
  • > Autorità di vigilanza degli stati membri, rappresentano le autorità nazionali presenti nei 28 stati membri.
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2
Q

Spiega il Meccanismo di Vigilanza Unico (DBF1)

A

Il meccanismo di vigilanza unico, altrimenti noto come “Single Supervisory Mechanism” o “SSM” è costituito dalla BCE assieme alle autorità nazionali di vigilanza, ed ha l’importante compito di provvedere alla vigilanza prudenziale operativa sugli enti creditizi del sistema UE, atta ad assicurare la stabilità economico finanziaria del sistema europeo sul lungo termine. Essa opera direttamente come integrazione del sistema europeo unico di vigilanza (SEVIF) e stabilisce una ripartizione di compiti tra BCE ed autorità bancarie nazionali. Questi compiti riguardano ad esempio il rilascio o la revoca delle autorizzazioni agli enti creditizi; il controllo delle partecipazioni qualificate negli enti creditizi; il controllo dei requisiti prudenziali in materia di fondi propri, liquidità, limiti ai grandi rischi; e altri. Per assolvere ai propri compiti di vigilanza quindi la BCE applica i regolamenti europei e le direttive così come recepite negli ordinamenti degli stati membri, ma opera con una competenza esclusiva in tutta l’unione per quello che riguarda gli “enti significativi”. Per enti significativi si intende genericamente tutti gli enti creditizi di maggiori dimensioni a livello di singolo stato, generalmente di dimensioni tali per rappresentare una dimensione detta “sistemica”. Per questi enti la BCE è dunque direttamente competente nello svolgere la vigilanza per tutti gli aspetti, lasciando agli enti nazionali (come la banca d’Italia) la vigilanza degli enti non rilevanti, sempre seguendo i medesimi principi. La BCE si riserva comunque di vigilare per tutti gli enti, significativi e non, per quanto riguarda la concessione /revoca di autorizzazioni e il controllo delle partecipazioni qualificate, pur lasciando curata la fase istruttoria da parte delle autorità nazionali.

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3
Q

Spiega Il Sistema di garanzia dei depositi (DBF2)

A

Il sistema di garanzia dei depositi è costituito nell’ambito del “Codice unico europeo”, con il fine specifico di tutelare i depositanti presso gli istituti di credito in caso di crisi (quindi in riferimento particolare a correntisti, libretti bancari etc). La normativa si sviluppa partendo dal concetto che sia impossibile proteggere tutti e tutto, e che quindi sia necessario mettere in campo una scelta su quali figure ed entro quali soglie proteggere. Per questo il sistema pone una distinzione tra “Depositi ammissibili e garantiti e i “depositi protetti”. I depositi ammissibili e garantiti si calcolano in maniera molto semplice, sottraendo a tutti i depositi presenti i depositi che non rientrano in tale categoria, come ad esempio i depositi delle amministrazioni pubbliche. Una volta stabilito quali depositi siano titolati ad essere ammissibili e garantiti, ed essendo in generale le risorse limitate, necessario stabilire fino a che soglia implementare la protezione, fissata dalla disciplina a 100.000€ per depositante. Dunque, a livello europeo la normativa prevede che negli stati membri siano previsti dei fondi di garanzia dei depositi, i quali vengono sottoposti al controllo dell’autorità nazionale (come la banca d’Italia). Ogni ente creditizio ha l’obbligo di associarsi ad un SGD per poter procedere alla raccolta di depositi, e in caso di necessità l’SGD interverrà liquidando fino ad un massimo di €100.000 per per depositante. In caso di necessità questo sistema integrato europeo prevede la possibilità di effettuare prestiti tra diversi sistemi nazionali, a patto che essi siano sempre rimborsati. E’ in discussione la possibilità di implementare una politica di mutualizzazione delle perdite, in modo tale che il sistema collettivamente vada a coprire eventuali disavanzi. In ogni caso questo tipo di sistemi funziona principalmente per enti medio-piccoli, se si tratta di enti medio grandi (definiti come sistemici) la situazione diventa più complessa in quanto è altamente improbabile che gli accantonamenti dei membri degli SGD riescano a coprire fallimenti di tale entità.

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4
Q

Spiega le fonti del DBF (DBF2)

A

Le principali fonti del Diritto Bancario e finanziario, specialmente per quanto riguarda l’ambito nazionale, sono due: La Costituzione e il diritto primario e secondario dell’Unione europea e delle sue istituzioni specialmente in ambito finanziario.
Per quanto riguarda la costituzione, il fulcro delle fonti rappresentato dalle nozioni di tutela del risparmio e dal principio di libertà dell’iniziativa economica, codificando poi in un successivo passaggio l’attività bancaria come “sottocategoria” dell’attività di impresa. Inoltre è sempre la costituzione a sancire la supremazia della competenza statale in materia di moneta, risparmio e mercati finanziari, lasciando alle regioni solo competenze limitate in materia (ovviamente presupponendo l’immediato intervento di Banca d’Italia e BCE qualora ne risultasse la necessità)
Il diritto primario (trattati) e secondario (direttive + regolamenti) in pratica adegua l’ordinamento interno a quello europeo, principalmente esplicitando la compatibilità e l’integrazione dell’ordinamento nazionale con quello dell’unione europea, secondo i principi di adattamento, coordinamento e cooperazione.
Ne deriva dunque che, in un ragionamento schematico, la normativa nazionale o specifica dell’unione fissa le norme generali, mentre i regolamenti interni applicati dai singoli stati fissano i dettagli.

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5
Q

Spiega la nozione di attività bancaria (DBF 3)

A

Per attività bancaria, la normativa esplicita in maniera basilare l’attività di raccolta di risparmio tra il pubblico per un conseguente esercizio del credito, il tutto svolto con un carattere d’impresa. Scendendo nel dettaglio, alcuni elementi permettono di qualificare l’attività bancaria come tale, come ad esempio la raccolta del risparmio unita ad un successivo esercizio del credito, che permette l’intermediazione finanziaria tra soggetti in surplus e soggetti in deficit, sempre con un carattere imprenditoriale;
include una riserva di attività verso le banche (o istituti di credito) che esclude altri soggetti dall’esercizio di queste funzioni;
e infine conferisce alle banche non solo la possibilità di esercitare l’attività bancaria, ma garantisce anche la possibilità per questi ultimi di esercitare ogni altra attività finanziaria che la disciplina di ciascuna preveda (ovviamente salvo ulteriore riserva prevista dalla legge).

Più nello specifico, quando si parla di ogni altra attività bancaria, si definisce l’insieme di attività ammesse al mutuo riconoscimento, ovvero tutto quelle attività svolte e autorizzate in uno stato membro di origine che possono essere svolte senza necessità di una nuova autorizzazione in qualsiasi altro stato membro grazie al passaporto unico o tramite succursale. Esse possono riguardare servizi e attività di in vestimento, attività consentite agli intermediari finanziari e altre attività come l’emissione di moneta elettronica

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6
Q

Spiega la nozione di raccolta del Risparmio (DBF3)

A

La nozione di raccolta dal risparmio, concerne, come indicato nel testo unico bancario, l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso da parte della banca. La raccolta è indirizzata al pubblico, inteso come un insieme indeterminato di soggetti, e si articola nella raccolta diretta, formata da depositi e altre forme, quali l’emissione di obbligazioni (a medio-lungo termine), titoli di deposito (breve-medio termine).

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7
Q

Spiega la necessità di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria (DBF4)

A

Pur constatando che per legge l’attività bancaria è definita come attività di impresa, va anche ribadito come essa operi in un campo molto delicato. Dunque, non è permesso in base alla libertà di iniziativa economica esercitare servizi bancari al pari di qualsiasi altra iniziativa imprenditoriale, proprio data la natura di rischio e pericolosità dell’ambito. Per tal motivo, il legislatore ha posto delle riserve di legge riguardanti l’esercizio dell’attività bancaria, rendendo l’autorizzazione una condizione necessaria per poter iscrivere una società operante in tal settore nel registro delle imprese. L’autorizzazione è strettamente subordinata alla presenza di determinate condizioni, ed è rilasciata dalla BCE su proposta istruttoria della Banca d’Italia. Il principio generale che viene seguito per autorizzare tali enti è l’Onni presente principio della “Sana e prudente gestione”, e subordina l’ente al sussistere di diverse condizioni atte a garantire la solidità economico-giuridica dell’iniziativa.

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8
Q

Spiega cosa sono le succursali di banche e libera prestazione dei servizi (DBF4)

A

Secondo il principio del passaporto unico, una banca può operare in un qualsiasi stato membro se la sua attività è stata approvata nello stato membro d’origine e dunque dalla BCE. Per operare in uno stato membro differente da quello di origine, una banca che lo desiderasse ha principalmente due possibilità distinte:
Operare tramite succursale, ovvero tramite un insediamento stabile, privo di personalità giuridica (che fa dunque capo ala compagnia del paese di origine) che effettua in tutto o in parte l’attività dell’istituto bancario. All’interno dello stato italiano, come nel resto dell’unione europea, vige dunque il principio della “Libertà di stabilimento” che garantisce agli enti di stabilirsi liberamente negli altri paesi membri secondo i criteri riportati pocanzi. Se invece la succursale è di un ente extraeuropeo o viceversa, un ente italiano intende stabilirsi furi dallo spazio comunitario, è necessaria la preventiva autorizzazione della banca d’Italia.
Per quanto riguarda invece la seconda possibilità, ovvero la libera prestazione di servizi, per essa si intende lo spazio residuale che permette ad un ente bancario di prestare i propri servizi in uno stato membro diverso da quello di origine senza stabilirvi una succursale, secondo un diritto garantito a tutti gli operatori economici dello spazio comunitario (dunque anche le banche). Anche qui, come per le succursali, le banche italiane possono secondo questo principio operare in stati extracomunitari (e viceversa le banche extracomunitarie possono farlo in suolo italiano) solo previa autorizzazione della Banca d’Italia)

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9
Q

Spiega le partecipazioni rilevanti in una banca (DBF4)

A

La questione relativa alla partecipazione di un soggetto esterno alle quote della banca in maniera consistente e rilevante (dove per rilevante includiamo il controllo e/o la possibilità di esercitare un’influenza notevole; o in alternativa attribuire una quota dei diritti di voto o del capitale del 10%) è di fondamentale importanza, in quanto vi è il concreto pericolo che un’azienda acquisti una banca col solo fine di utilizzarla come cassa propria pregiudicando gli interessi dei depositanti. Dunque la normativa al riguardo si è evoluta non tanto vietando questa tipologia di partecipazione ma regolamentandone il fenomeno nel dettaglio. Per tal motivo, una partecipazione rilevante deve essere preventivamente autorizzata, come per quanto concerne il processo di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, vi è un processo di istruttoria curato dalla banca d’Italia, che porta il caso all’attenzione della BCE che poi prende una decisione. Questa autorizzazione viene estesa anche a due ulteriori casistiche di partecipazione: riguarda anche la casistica possibile dell’acquisizione da parte di una società da parte di un’altra società che a sua volta detiene una partecipazione rilevante; E prende in considerazione anche le cosiddette “partecipazioni in concreto” che riguardano dunque quelle partecipazioni suddivise in un gruppo di soggetti che operano assieme. Successivamente all’autorizzazione, la Banca d’Italia e la BCE attuano un’azione di controllo sull’ente e la relativa partecipazione, controllo definito in modo ampio per ricomprendere e riconoscere una vasta gamma di strumenti e metodi che consentono ad una azienda di esercitare il potere di indirizzo gestionale dell’impresa bancaria. Inutile dire che queste procedure sono sviluppate per il verificare del sussistere delle condizioni di sana e prudente gestione dell’ente, che deve passare dalla solidità e serietà del soggetto acquirente (tenuto parallelamente, a garantirne il regolare esercizio secondo le norme prescritte). Per rafforzare il controllo sull’ente, sussistono poi obblighi di comunicazione, poteri informativi della banca d’Italia e in caso di violazioni esplicite anche sanzioni.

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10
Q

Spiega i requisiti partecipanti al capitale delle banche (art. 25 TUB) (DBF4)

A

Sempre nell’ottica di garantire una sana e prudente gestione della Banca, la normativa si è sviluppata in maniera tale da evitare profili problematici che potrebbero comportarne il rischio sulla base dei due suddetti principi. Dunque coloro che detengono partecipazioni rilevanti al capitare di un ente bancario, sono chiamati ad avere requisiti di onorabilità, competenza e correttezza, requisiti che vengono valutati dalla BCE che, qualora essi sussistano, autorizza la partecipazione. Sebbene i requisiti siano abbastanza stringenti, non sono presenti condanne penali per un eventuale violazione di tali termini, ma solamente delle sanzioni, come l’impossibilità di esercitare il diritto di voto, l’impugnabilità delle delibere da parte della BI nonché l’obbligo di alienazione.

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11
Q

Spiega i requisiti esponenti aziendali delle banche (art. 26 TUB) (DBF4)

A

I soggetti aziendali sono per definizione, coloro che all’interno della banca svolgo funzioni di amministrazione, direzione e controllo, e come per le partecipazioni rilevanti, essi necessitano di dimostrarsi idonei allo svolgimento dell’incarico tramite il soddisfacimento di alcuni requisiti, quali professionali, onorabilità e indipendenza; affiancati da altri prettamente lavorativi come competenza, correttezza e commitment in termini di tempo. Il MEF sentita la Banca d’Italia, è delegato a qualificare i criteri / requisiti del dettaglio, e da mandato alle banche singole di porre in essere delle Autovalutazioni di idoneità dei propri esponenti aziendali, documentandone nel dettaglio il processo Tutto il materiale prodotto in questo senso, viene poi ulteriormente controllato dalla BI (quindi BCE) che ne valuta ulteriormente l’idoneità soprattutto per quanto riguarda il limite al cumulo degli impieghi (commitment).

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12
Q

Spiega i diversi Tipi di banche: il processo storico e la forma spa (DBF5)

A

L’attuale assetto bancario-societario italiano giunge dopo un lungo processo di sviluppo storico. Gli istituti bancari italiani vedono la loro nascita per la maggior parte verso la fine dell’800, parallelamente a molti altri paesi europei, e concernevano 3 tipologie distinte di banche, ovvero banche commerciali, banche di credito cooperativo e casse di risparmio, arricchite nel corso del secolo successivo da istituti di credito di particolar natura giuridica, ovvero gli istituti di credito di diritto pubblico. In aggiunta a questa divisione formale era anche presente una segmentazione del mercato in termini di operatività temporale: gli istituti che fornivano credito a breve-medio termine (inteso come lasso di tempo minore di 18 mesi) erano definiti “Aziende di credito” mentre quelli che concedevano a lungo termine (più di 18 mesi erano definiti istituti di credito. Il primo grande scossone a questo modello avviene con la cosiddetta “europeizzazione” a seguito dell’uniformarsi delle leggi italiane a quelle comunitarie, questo processo ha portato ad una despecializzazione del sistema bancario abbandonando queste tipologie. Ulteriormente, a seguito della successiva legge Amato, il settore bancario italiano è ridotto a solamente due tipologie bancarie, ovvero come SPA e Coop-SPA.
La prima delle forme in questione, per appunto la SPA, è avvenuta in un primo, luogo trasformando le banche pubbliche in spa e fondendole tra loro con altre banche. Più nel dettaglio per quanto riguarda le casse di risparmio, categoria anch’essa confluita nella SPA, hanno seguito un processo di scorporo in due parti: un’azienda bancaria sotto forma di SPA e una Fondazione parallela che mantiene la proprietà sulle azioni della SPA, e di conseguenza anche il controllo. Le fondazioni dunque, definiti come “enti intermedi” sono a tutti gli effetti degli enti privati ma sono tenuti ad operare senza fini di lucro, con una forte vocazione territoriale che perseguono scopi di utilità sociale e come ogni fondazione hanno il divieto di distribuire gli utili, che vengono destinati al patrimonio.
[Ci sarebbe tutta la parte sull’organizzazione delle fondazioni ma non so quanto possa essere rilevante]

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13
Q

Spiega la forma coop-spa (DBF5)

A

Storicamente, le banche cooperative hanno sempre avuto un ruolo di primo piano per lo sviluppo territoriale delle comunità (vedi trentino alto Adige) raggruppando come soci-cooperatori la piccola imprenditoria dai territori di riferimento. Per questo motivo il legislatore ha mantenuto questa tipologia nell’ordinamento, suddividendola in 2 forme, ovvero le banche cooperative e le banche di credito cooperativo. Così facendo il legislatore ha posto una riserva di attività per l’esercizio dell’attività bancaria alle sole banche popolari e di credito cooperativo (ovvero, le banche popolari e di credito cooperativo sono le uniche forme societarie cooperative autorizzate ad esercitare servizi bancari), e per lo stesso motivo nella maniera opposta non si applicano i medesimi controlli che spetterebbero alle società cooperativi secondo il codice civile (In quanto, essendo enti bancarie sono sottoposti alla vigilanza dagli organi appositi, come la banca d’Italia). All’interno di questa forma societaria, troviamo un ulteriore distinzione, dettata dal TUB, ovvero tra le coop a mutualità prevalente e quelle non a mutualità prevalente, (aderenti per il primo caso alle BCC e per il secondo alle BPOP) che si esplicita nella limitazione del lucro soggettivo, ossia l’impossibilità di distribuire dividendi, riserve e liquidazioni tra i soci cooperatori e dalla limitazione del rimborso delle azioni nel caso di recesso.
Le banche appartenenti a questa forma giuridica sono poi iscritte preso il cosiddetto “Albo nazionale delle cooperative” oltre all’albo tenuto dalle BI per tutti gli enti bancari.

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14
Q

Spiega le Banche popolari (DBF5)

A

Le banche popolari sono banche della forma coop-spa a mutualità non prevalente, ciò significa che dispongono di deboli vincoli alla distribuibilità degli utili tra soci (ergo lucro soggettivo quasi normale). Rispetto alle banche di credito cooperativo ci è una generosa possibilità di svolgere l’attività rivolgendosi anche a non-soci, in quanto non è presente nessun limite. Il legislatore fissa alcuni paletti per l’esercizio di queste banche, come ad esempio il valore nominale minimo delle azioni in € 2 assieme a dei limiti dimensionali (l’attivo non può superare gli 8 mld di €) considerato il particolare modello di governance. Se questi limiti vengono superati devono essere presi dei provvedimenti, come ad esempio una sua trasformazione in normale SPA, la riduzione dell’attivo o la liquidazione in toto della società. Come prevede la forma societaria, i soci all’interno della BPOP hanno, secondo il tipico principio del voto paritario, egual potere di votazione a prescindere dal numero di azioni possedute e anche in questo caso sono fissati limiti alla quantità di azioni detenibili da ogni singolo socio. Data la necessità che una certa quota di patrimonializzazione sia garantita, dall’altro lato è possibile che ogni socio sia tenuto ad avere un numero minimo di azioni.

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15
Q

Spiega le Banche di credito Cooperativo (BCC)

A

Le banche di credito cooperativo sono un tipo di banca costituita come società cooperativa per azioni, come cooperative a mutualità prevalente, stando a significare che l’attività di erogazione del credito viene esercitata primariamente nei confronti dei soci, in aggiunta sempre secondo il TUB, vi sono forti limitazioni al lucro soggettivo, come ad esempio alla distribuzione degli utili. Gli utili hanno in generale una forte limitazione, e per normativa devono essere destinati in quota annuale del 70% come riserva legale, ulteriori utili rimanenti devono essere corrisposti a fondi mutualistici per la promozione e sviluppo della cooperazione, a vantaggio principale del territorio dove la banca è insediata. Queste caratteristiche si fanno compagne di un’altra caratteristica prevalente, ovvero il loro carattere di territorialità e localismo, soprattutto in zone di montagna (vedi casse rurali trentine e Raiffeisen). Proprio questo carattere di territorialità viene sottolineato anche dalle istruzioni in materia di vigilanza fronte dalla BI, sottolineando la centralità del rapporto coi soci e con il territorio senza venir meno alla qualità e alla professionalità delle strutture organizzative.
Come per le altre tipologie di banche, recentemente anche le BCC sono state oggetto di riforma, con l scopo principale di un loro rafforzamento sul piano nazionale, creando dei poli di riferimento. Seguendo questo principio, ogni Banca di Credito Cooperativo necessita di aderire ad un gruppo bancario cooperativo, questo come condizione per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria. La Capogruppo è una SPA bancaria a tutti gli effetti il cui capitale è detenuto almeno al 60% dagli aderenti al gruppo, in addizione esse svolge la funzione di direzioni e coordinamento alle BCC partecipanti. Qualora una BCC non voglia partecipare ad un gruppo esistono solamente le strade della trasformazione in SPA o la loro liquidazione.
La normativa pone poi grande importanza ai soci e all’assemblea, quantificata in un minimo di 500 soci, tramite l’adozione del voto capitario (ovvero medesimo valore del voto di ogni socio a prescindere dalle azioni detenute) e con la limitazione del numero di azioni onde evitare la concentrazione del capitale.

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16
Q

Spiega il CICR e il ministero dell’Economia e delle Finanze (DBF6)

A

Avendo già definito l’attività bancaria come attività d’impresa delicata per via delle sue implicazioni, e della sua necessità di essere regolamentata ai fini della sana e prudente gestione, tradizionalmente le funzioni di vigilanza e controllo in Italia si sono sempre svolte esercitando un controllo pubblico con questo duplice fine. Riguardo al caso specifico delle autorità creditizie, in aggiunta alle attività che operano all’interno del meccanismo di vigilanza unico e del sistema europeo di vigilanza finanziaria, in Italia si aggiungono due ulteriori autorità creditizie: CICR e il MEF.
Il Cicr, acronimo ci compitato interministeriale per il credito ed il risparmio è un organo collegiale di forte indirizzo politico amministrativo. Sebbene questo sia stato negli anni progressivamente depotenziato, esso emana direttive generali, seguendo la normativa europea, alla quale la banca d’Italia si adegua emanando normativa. Esso non dispone di potere di intervento diretto verso i singoli enti, ma può tuttavia svolgere compiti consultivi per il MEF qualora richiesto.
Il ministero delle finanze dall’altro lato è una diretta emanazione dell’autorità politica, in quanto facente parte del governo, e possiede poteri diretti di intervento sia come presidente del CICR sia autonomamente. Il MEF svolge una funzione soprattutto regolamentare, solitamente previa proposta della Banca d’Italia o a seguito di una consultazione con quest’ultima o con il CICR. LA funzione di vigilanza, sebbene in un passato appartenesse al MEF è stata spostata in toto alla banca d’Italia, permangono comunque alcuni provvedimenti di sua competenza residuali in termini di vigilanza (come ad esempio la disposizione della liquidazione coatta amministrativa). In casi di emergenza, può sostituire il CICR.

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17
Q

Spiega la Banca d’italia (DBF6)

A

La banca d’Italia è l’autorità tecnico amministrativa dello stato in materia bancaria, ha la forma di banca centrale costituita come istituto di diritto pubblico. Essa opera in stretta collaborazione con l’UE nel definire ed attuare la politica monetaria dell’UE su scala nazionale. Dunque, nel suo quadro di competente, tramite il governatore (che è al contempo membro direttivo o della BCE) contribuisce alla definizione della politica monetaria a livello nazionale per ciò di sua competenza, gestisce part delle riserve in valuta della BCE e del SEBC per conto del sistema europeo (principalmente le riserve auree nazionali e quelle in valuta estera) , e si occupa assieme alla BCE del sistema europeo dei pagamenti (detto TARGET) svolgendo funzioni di sorveglianza. Inoltre, sappiamo che si occupa anche di vigilanza diretta sugli enti creditizi più piccoli ai fini della stabilità del sistema, svolge l’importante compito di tesoreria per lo stato e i suoi enti territoriali e supervisiona il mercato all’ingrosso dei titoli e dei depositi interbancari.
Va ricordato che la BI è un’istituzione pubblica indipendente e autonoma, estranea al potere politico-governativo, può dunque nei suoi ambiti di operazione emettere regolamenti specifici, provvedimenti amministrativi generali e particolari. Data la sensibilità degli ambiti in cui la banca d’Italia opera, vige per le informazioni da essa trattate il Segreto d’ufficio che copre tutte le informazioni, i dati e le notizie presenti in seno all’organo. Sono esentati da questo onere per motivi di informazione solamente il MES, il presidente del CICR e gli organi giudiziari, mentre tutti i dipendenti e i sottoposti della banca c’Italia sono tenuti a tenere il massimo riserbo sulle informazioni utilizzate ed ottenute. Parallelamente anche gli enti e le amministrazioni pubbliche sono tenuti a fornire le informazioni in piena conformità con la legge. Vi è inoltre, sempre in ambito europeo un costante scambio di informazioni ad esempio con con le autorità che compongono il SEVIF, il MVU nonché con le autorità di risoluzione degli SM.

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18
Q

Spiega la Finalità e destinatari della vigilanza (art. 5 TUB) (DBF 6)

A

Secondo il TUB la vigilanza bancaria risponde ad una pluralità di scopi, dove tra i principali rileviamo l’onnipresente concetto della sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, nell’ottica della stabilità complessiva per la competitività ed efficienza del sistema finanziario (aspetti micro e macro economici, stabilità vs competitività). La Vigilanza è primariamente destinata ad una pluralità di soggetti, tra i quali rileviamo Banche, gruppi bancari, Intermediari Finanziari, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento. La vigilanza è poi declinata in diverse tipologie, integrata nel contesto del SSM, concepito in modo tale che la vigilanza sugli enti significativi resti alla BCE mentre quella sulle banche non significativa rimanga in mano agli enti nazionali (sempre però nell’ambito degli indirizzi stabiliti dalla UE) .

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19
Q

Spiega la Vigilanza informativa delle banche (DBF 6 )

A

La vigilanza informativa ha lo scopo di consentire alla BI (e di conseguenza alla BCE il monitoraggio in modo continuo dell’andamento gestionale della banca in un’ottica micro prudenziale. Il fulcro di questo tipo di vigilanza sta nell’informazione continua che la banca attraverso segnalazioni periodiche provvede alla BI, con dati ad esempio riguardo bilanci, impieghi e altre informazioni e documenti. Questo tipo di informazione si applica anche ai soggetti ai quali le banche hanno esternalizzato determinate funzioni aziendali e al loro personale. Queste informazioni in quanto rilevanti vengono trasmesse anche al revisore legale. L’organo di controllo a sua volta è tenuto a segnalare ogni minima irregolarità alla BI, che a sua volta pone in essere una tutela verso i cosiddetti “Whistleblower”, ovvero personale interno all’ente che individui e comunichi gravi irregolarità e mancanze.

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20
Q

Spiega la Vigilanza regolamentare delle banche (DBF6)

A

La Vigilanza regolamentare una disciplina prudenziale che si rifà agli accordi di Basilea, dunque una disciplina sostanzialmente armonizzata/unificata nell’UE. È una disciplina molto tecnica che mira alla stabilità degli ambiti micro prudenziali col fine di garantire il medesimo tipo di stabilità a tutto il sistema nella sua complessità. Essa tratta principalmente disposizioni in materia di Adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio e partecipazioni detenibili (si veda partecipazioni rilevanti negli enti). Su questa scia la BI possiede un certo potere di intervento per l’imitare l’esposizione degli istituti bancari nei confronti di soggetti che possono potenzialmente influenzare la gestione dell’ente tramite rapporti gestionali privilegiati o partecipazioni. In sostanza si vuole evitare che amministratori o soci influenti poco inclini alla prudenza utilizzino la banca come cassa personale ottenendo crediti “privilegiati” altrimenti non ottenibili da altri istituti. Queste disposizioni sono parte integranti del Pillar III della normativa Basilea 3. Per questo motivo anche il bilancio delle banche viene redatto secondo schemi prestabiliti che si originano dalla banca d’Italia sulla stretta base della normativa Europea.
Per fare fronte a queste eventualità, la Banca d’Italia ha a disposizione alcuni poteri molto incisivi, al limite di una compressione della libertà di iniziativa economica, che riguardano la convoca di organi ed esponenti delle banche, la possibilità per la BI di sostituirsi agli enti prendendo direttamente decisioni riguardo alla vigilanza prudenziale e disporre le rimozioni di esponenti aziendali.

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21
Q

Spiega la Vigilanza ispettiva delle banche (DBF6)

A

Questo tipo di vigilanza è tra le tre tipologie la più operativa, in quanto permette alla BI di effettuare ispezioni direttamente in Loco presso gli enti vigilati, richiedendo tutta la documentazione necessaria al verificare un corretto svolgimento delle operazioni. In questa modalità è anche prevista una stretta collaborazione tra i vari enti nazionali degli stati membri responsabili per la vigilanza, per quanto riguarda la vigilanza ispettiva delle succursali nei paesi dell’unione, come base dell’applicazione del principio del controllo del paese d’origine, detto “home country control

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22
Q

Spiega gli intermediari finanziari (DBF7)

A

La normativa italiana prevede una riserva all’esercizio dell’attività bancaria solo per gli istituti bancari, ribadendo però la possibilità per queste ultime di esercitare anche altre attività finanziarie. Riguardo questa tipologia di attività menzionata, vi sono una somma diversi soggetti specifici diversi dalle banche, spesso di derivazione comunitaria, che sono autorizzati a svolgere la cosiddetta attività finanziaria che altrimenti mancherebbe di una definizione completa. Tra questi svettano gli intermediari finanziari.
Gli intermediari finanziari sono soggetti residuali, e come le banche necessitano di una articolata procedura di autorizzazione ai fini (sempreverdi) della sana e prudente gestione dell’ente. Essi non possono esercitare attività bancaria, ovvero raccogliere risparmio ed erogare credito, possono però concedere finanziamenti con fondi propri, nella forma che preferiscono nei confronti del pubblico (alcuni esempi: Leasing, Credito ipotecario, credito ai consumatori, etc. ). La normativa scende ulteriormente nel dettaglio specificando come si tratti di attività non occasionale nei confronti di terzi svolta con carattere continuativo e di professionalità. In aggiunta alla mera concessione di finanziamenti questi enti possono effettuare una serie di diverse attività come ad esempio emettere moneta elettronica, fornire servii di investimento e altre attività connesse e strumentali. Come già precedentemente menzionato, essendo questi enti pur sempre di derivazione bancaria e operanti in un settore potenzialmente a rischio, sono soggetti ad una procedura di autorizzazione, similare a quella prevista per le banche che prevede ad esempio la necessità di determinate forme giuridiche (spa, sapa, srl, coop), un capitale minimo fissato dalla BI, la necessità della sede legale su suolo italiano, l’approvazione preventiva dei partecipanti al capitale e altri paletti che se non rispettati, portano alla mancata autorizzazione da parte della BI. Una volta autorizzati, in maniera simile alle banche questi enti vengono vigilati seguendo l’inquadramento fornito dalla normativa di Basilea III che ne dispone (ancora una volta) la sana e prudente gestione; In particolare queste direttive si focalizzano sulla gestione del rischio dell’ente, attraverso agenzie di rating e sistemi interni di valutazione. La BI ha come sempre in caso di irregolarità o inadempienze, il potere di intervenire direttamente comprimendo la libertà di impresa a favore della vigilanza.

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Spiega i confidi (DBF6)

A

I confidi sono dei particolari enti mutualistici, principalmente consorzi di garanzia collettiva del credito (fidi), creati da piccoli imprenditori con il fine di diminuire il costo del credito tramite garanzia collettiva (Essenzialmente, coprendo la posizione di un socio in caso di insolvenza). Possono essere organizzati in diverse forme, come Spa, soc. Coop e soc. consortili, e solitamente vi partecipano principalmente PMI e professionisti, anche se è possibile la partecipazione di enti pubblici d imprese maggiori in via diretta. Le risorse che lo compongono sono raccolte per la maggior parte tra i suoi partecipanti per venir poi utilizzate mutualmente a diminuire il rischio complessivo del credito. Esistono poi anche confidi di secondo livello, che si occupano di fornire garanzia a loro volta sui confidi più piccoli (una sorta di riassicurazione). Nel dettaglio organizzativo, i confidi si distinguono in due macrocategorie, a seconda della loro dimensione: Grandi confidi e confidi di dimensioni minori. In entrambi i casi si iscrivono ad un albo o ad un elenco tenuto dalla Banca d’italia, ma i confidi di dimensioni maggiori esercitano si attività di prestazione di garanzie collettive alle imprese associate ma anche altri servizi accessori, come la stipulazione di contratti con banche assegnatarie di fondi pubblici a garanzia dei soci, assieme alla non indifferente possibilità di erogare finanziamenti nella misura che ritengono. I confidi di dimensioni minori invece sono tenuti a volgere solamente l’attività per cui sono nati, ovvero la garanzia sui crediti dei suoi soci, e date le piccole dimensioni, non necessitano dell’autorizzazione della Banca d’Italia, che tuttavia ne rimane responsabile della vigilanza.

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Q

Spiega il Microcredito (DBF7)

A

Il microcredito si sostanzia per questo ente di concedere piccoli finanziamenti a determinati soggetti per determinate attività specifiche anche senza garanzie reali, non necessità di autorizzazione della BI in quanto questi enti sono autorizzati unicamente a svolgere l’attività in questione. Si sostanzia di due tipologie distinte di microcredito, quello imprenditoriale e quello sociale. Il microcredito imprenditoriale come intuibile si rivolge alle imprese, in qualsiasi forma, concedendo piccoli prestiti per un massimo di 40,000€ anche in assenza di garanzie reali, finalizzati allo sviluppo di progetti ed iniziative imprenditoriali o all’inserimento nel mercato del lavoro, con un attenzione specifica rivolta alle microimprese, definite come quelle imprese con meno di 10 addetti e 2 milioni di € di fatturato.
Il microcredito sociale invece permette di erogare credito direttamente a persone bisognose, sottoforma di finanziamenti massimi di € 10.000 per favorire l’inclusione sociale.
Come ogni altro ente del settore, per poter operare gli enti del microcredito devono soddisfare alcuni requisiti come quello sulla forma societaria (spa, sapa, srl, coop), la necessità di un sufficiente capitale, programma di attività stabilito e requisiti onorabilità soci e requisiti onorabilità e professionalità esponenti aziendali.

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Q

Spiega gli istituti di moneta elettronica (DBF7)

A

Gli istituti di moneta Elettronica (altrementi noti come IMEL) sono soggetti di derivazione Comunitaria che si occupano di gestire i surrogati elettronici della moneta metallica e delle banconote. Secondo la legislazione vigente è prevista una riserva di attività nell’emissione di moneta elettronica, attività che viene riservata ai soli IMEL e alle banche. Più nello specifico, definiamo la moneta elettronica come un valore monetario memorizzato su supporto elettronico rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente, emesso e utilizzato per svolgere operazioni di pagamento verso terzi e accettato come tale da soggetti diversi da coloro che lo emettono. La moneta elettronica prevede due fasi di funzionamento, la prima con il versamento della somma sulla carta, al seconda invece con la messa a disposizione del pagamento al soggetto utilizzante. Anche questi istituti sono soggetti a determinate condizioni per l’autorizzazione, come ad esempio avere la propria sede su suolo italiano, avere come forma societaria la SPA, SRL, SAPA o cooperativa, un capitale sociale adeguato, idoneità dei requisiti degli esponenti aziendali etc.

26
Q

Spiega gli istituti di Pagamento (DBF7)

A

Diffusi principalmente nel nord Europa, secondo il sistema del passaporto unico europeo, sono stati introdotti negli ordinamenti giuridici dei vari stati, è stato creato dunque un mercato unico dei servizi di pagamento a livello europeo la cui operatività è oggetto di riserva di disciplina. Questi istituti, diversi dalle banche e dagli istituiti di moneta elettronica, si occupano di servizi di pagamento, intesi come i metodi e le operazioni di vario genere che permettono di effettuare un pagamento o più in generale di estinguere obbligazioni pecuniarie (ad esempio sistema SEPA). La sostanziale differenza con gli altri istituti si sostanzia nel fatto che non dispongono di fondi propri, ma che ricevono fondi da parte dei clienti utilizzati direttamente per eseguire pagamenti in loro conto. Anche in questo caso è possibile per questi enti svolgere operazioni diverse da quelle per cui sono nate, come ad esempio concedere piccoli crediti (in stretta relazione con i servizi di pagamento) e la prestazione di servizi connessi a queste operazioni come la prestazione di garanzie per l’esecuzione di operazioni di pagamento ed altre. Come gli altri enti operanti in questo settore, necessitano di un’autorizzazione da parte della Banca d’Italia subordinata al sussistere di determinate condizioni, per poi venire iscritti ad un apposito albo. In alternativa, qualora siano stati registrati in un paese membro diverso dell’Italia possono operare tramite succursale o in libera prestazione di servizi, secondo il meccanismo del passaporto unico. La banca d’Italia si occupa poi di esercitare una vigilanza di tipo informativo, regolamentare ed ispettiva su questi istituti.

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Q

Spiega il deposito bancario (DBF8)

A

Il deposito bancario è una tipica forma di raccolta del risparmio che avviene tra un terzo e l’ente di bancario, in cui un soggetto depositante deposita una somma di denaro presso la banca e quest’ultima si impegna a restituirla nella stessa specie monetaria, restituzione che può avvenire a vista ma con preavviso convenuto; oppure alla scadenza del termine convenuto al momento del versamento. In questa ultima casistica, il depositante viene remunerato sulla base di interessi in relazione alla somma e al periodo. Vi sono inoltre due tipologie di deposito bancario: la prima detta ordinario, prevede il mero conferimento di denaro a titolo di deposito che viene poi restituito al termine del periodo o quando richiesto (senza la possibilità di effettuare movimenti); la seconda tipologia, identificata come deposito a risparmio non prevede una scadenza, ma la banca si premura di annotare tutti i movimenti occorsi alla somma depositata assieme al saldo.

28
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Spiega i certificati di deposito e/o buoni fruttiferi (DBF8)

A

I buoni fruttiferi o certificati di deposito sono una forma molto semplice di deposito, generalmente a breve scadenza (intesa come inferiore ai 5 anni) e presentano lo stesso schema del deposito con l’eccezione che non è previsto nessun movimento durante la loro vita utile, ottenendo solamente il loro rimborso alla fine del periodo previsto

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Q

Spiega il contratto di pronti contro termine (DBF8)

A

Il contratto di pronti contro termine è una speciale operazione con la quale la banca vende al cliente una determinata somma di strumenti finanziari accompagnati da un prezzo, impegnandosi a riacquistarli dallo stesso ad un prezzo maggiore di quello originale. Sono operazioni generalmente svolte a breve termine (tra il mese e l’anno), che permettono alle banche di ottenere liquidità rapidamente, con un vantaggio reciproco per banca (che acquista liquidità in rapidità) e cliente che acquista obbligazioni con la garanzia di un successivo riacquisto ad un prezzo superiore.

30
Q

Spiega le obbligazioni Bancarie (DBF8)

A

Come delle aziende (e in quanto legittimamente tali) le banche possono emettere obbligazioni per finanziarsi sul lungo periodo, e la normativa indica tali emissioni come una forma di raccolta del risparmio. Esse possono emettere obbligazioni quali titoli di debito con rimborso a scadenza e pagamento di interessi durante il la durata, per diverse tipologie come ad esempio le Normali, le garantite e le subordinate. L’emissione di obbligazioni è secondo legge (TUB) sottoposta al regime di prospetto informativo, che la banca deve dunque proporre e farsi approvare dalla CONSOB.

31
Q

Spiega il mutuo Bancario (DBF8)

A

Il mutuo bancario è un a forma di finanziamento sotto forma di contratto con la quale la banca consegna ad una parte una determinata quantità di denaro (o di cose fungibili), mentre l’altra parte si impegna a restituire la somma a seguito di un periodo di tempo, nella medesima quantità e con l’aggiunta degli interessi in precedenza pattuiti. La definizione fa subentrare il termine “Mutuo” quando si riferisce al negozio effettuato da una banca avente oggetto del denaro. La data o le date plurime concordate per la restituzione della somma sono fissate a vantaggio di entrambe le parti (il contraente potrebbe avere interesse a rateizzare i pagamenti), in quanto la banca ha la necessità di trarre guadagno dal contratto (tramite gli interessi).

32
Q

Spiega l’apertura di credito bancaria

A

L’apertura di credito è il contratto tramite il quale una banca si obbliga a tenere a disposizione di un cliente una determinata somma di denaro per un lasso di tempo stabilito o indeterminato. Questa somma diviene poi a disposizione del cliente in un’unica volta o in più volte, a patto che in questo secondo caso la disponibilità della somma sia ripristinata con successivi pagamenti. Queste particolari concessioni di credito possono essere garantite oppure allo scoperto, e qualora la garanzia fornita dovesse essere insufficiente, la banca è tenuta a richiedere un supplemento di garanzia o una sua sostituzione. La controprestazione su cui la banca esercita del lucro si sostanzia in una commissione detta “Onnicomprensiva” pagata direttamente in favore alla banca e un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate. Qualora il cliente si ritrovi ad utilizzare una somma maggiore rispetto a quella disposizione si parla di “Sconfinamento”, in tal caso è prevista una commissione specifica (Istruttoria) a suo carico con misura fissa e un tasso di interesse debitore proporzionale all’ammontare dello sconfinamento.

33
Q

Spiega lo sconto (DBF9)

A

Lo sconto è un contratto con in quale la banca, dedotto l’interesse su una somma, anticipa al cliente un l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto mediante la sua cessione salvo buon fine del credito, tramite il quale la banca diviene creditrice del debitore. Questo avviene quando le condizioni del credito non sono di norma deteriorate, altrimenti la banca può rivalersi sul detentore originale del credito.

34
Q

Spiega gli strumenti finanziari (DBF9)

A

La nozione di strumento finanziario è di derivazione comunitaria, ed è più la basilare per il diritto mobiliare. Essa include un certo numero tassativo di strumenti specifici, anche se in maniera aperta, cioè ulteriormente espandibile nel tempo, ad esempio il MEF può in qualsiasi momento individuare nuovi strumenti derivati da includere nella lista. Questo è un compromesso necessario, data la rapidità di evoluzione dei mercati finanziari, fra rigidità e flessibilità. La nozione di strumento finanziario si suddivide dunque in due gruppi, gli strumenti definiti normali e quelli derivati. A questo primo gruppo, ovvero gli strumenti normali, appartengono a loro volta 3 sottocategorie, quantificabili come :
• Valori Mobiliari ( Impiegabili nei mercati di capitali, come ad esempio Azioni obbligazioni, titoli di debito e annessi);
• Strumenti del mercato monetario, intesi come valori normalmente scambiati su questo tipo di mercato (scambio di attività finanziaria a breve scadenza a basso rischio e alta liquidità, come BOT e Commercial Papers)
• Quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio (come ad esempio OICR o SGR)
La seconda grande categoria si riferisce come accennato in precedenza agli strumenti finanziari derivati, ossia quella tipologia di strumenti che derivano il loro valore da un’attività finanziaria sottostante, sono dunque prodotti finanziari molto complessi e vengono spesso utilizzati dagli operatori per finalità speculative, di copertura dei rischi e arbitraggio. La loro trasferibilità può non essere presente anche se questi prodotti sono normalmente negoziati su mercati regolamentati, inoltre non sono rappresentati come titoli di massa ma bensì come contratti bilaterali.

35
Q

Spiega la negoziazione per conto proprio e l‘esecuzione degli ordini per conto dei clienti

A

La negoziazione per contro proprio viene definita tramite il TUF come attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari operata direttamente da un intermediario per conto di un cliente sul cosiddetto mercato secondario, e avviene secondo la “contropartita diretta”, che per l’appunto significa che la controparte della vendita o acquisto dell’intermediario è direttamente il cliente finale. Un intermediario potrà dunque, seguente questa nozione, acquistare titoli sul mercato e rivenderli ad un cliente o viceversa.
L’esecuzione di ordini per conto dei clienti si riferisce alla possibilità per un intermediario di acquistare o vendere strumenti finanziari sul mercato per conto del cliente ricercando una controparte valida per le operazioni richieste. La differenza con la negoziazione per conto proprio sta nel fatto che non acquista personalmente dal / vende al cliente ma si limita a cercare per lui una controparte, limitandosi al ruolo di intermediazione sui diversi mercati.

36
Q

Spiega l’assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente nonché il collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente (DBF9)

A

Questi servizi sono servizi in cui l’intermediario sottoscrive o colloca strumenti finanziari per conto di un emittente che richiede tali servizi, è un servizio molto importante nel caso, ad esempio, di quotazioni in borsa di emittenti o di aumenti di capitale di emittenti quotate. La principale differenza dalla esecuzione di ordini per conto del cliente sta nel fatto che in questo ultimo caso si tratta di un’offerta al pubblico, e non di negoziazioni di singoli ordini di acquisto/vendita da parte di un cliente.

37
Q

Spiega la Gestione di Portafogli (DBF9)

A

Per gestione di portafoglio si intende una tipologia di gestione di una somma o di un patrimonio che il cliente conferisce ad un intermediario (detto per l’appunto, portafoglio di investimento) e che l’intermediario si occupa di investire per suo conto su base discrezionale ed individualizzata ( ovvero con un margine di libertà elevato e con un rapporto personale tra intermediario e cliente), in strumenti e prodotti finanziari. Essa si distingue dalla gestione collettiva del risparmio perché in questo caso la gestione del portfolio si occupa di gestire i clienti individualmente, mentre gli organismi di gestione collettiva del risparmio (OICR / SGR) operano per conto di una massa indistinta di investitori.

38
Q

Spiega la ricezione e trasmissione di ordini

A

In questa attività, l’intermediario si occupa di mettere in contatto due o più investitori, per rendere possibile la conclusione di un’operazione tra di loro (quindi una mediazione). Ad esempio l’intermediario riceve un ordine di acquisto o vendita da un cliente e non lo esegue direttamente ma si limita a trasmettere tale “volontà” ad un soggetto terzo per la sua esecuzione.

39
Q

Spiega la ricezione e trasmissione di ordini (DBF9)

A

In questa attività, l’intermediario si occupa di mettere in contatto due o più investitori, per rendere possibile la conclusione di un’operazione tra di loro (quindi una mediazione). Ad esempio l’intermediario riceve un ordine di acquisto o vendita da un cliente e non lo esegue direttamente ma si limita a trasmettere tale “volontà” ad un soggetto terzo per la sua esecuzione.

40
Q

Spiega la consulenza in materia di investimenti (DBF9)

A

Si intende la prestazione di raccomandazioni personalizzate nei confronti di un cliente dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riferendosi alla consulenza fornita dall’intermediario in favore del cliente. Le caratteristiche di questa consulenza sono la raccomandazione (di investimento in strumenti finanziari) e la personalizzazione al cliente, sulla base di una profilatura.

41
Q

Spiega l’autorizzazione alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento

A

L’autorizzazione si esercita nei confronti delle società di intermediazione mobiliare, enti di diversa natura rispetto alle banche e dagli intermediari. In questo caso vengono autorizzate dalla CONSOB sentita la banca d’Italia (e non Viceversa, come avviene per le banche), a seguito di un procedimento di istruttoria dove devono venir rispettate una serie di caratteristiche, quali la forma di società di capitali con specifica ragione sociale; la denominazione in forma specifica che ne segnali la natura, la sede locale da collocarsi in maniera mandatoria nel territorio della repubblica. Per questi motivi, esse si differenziano dalle imprese di investimento costituite in altri stati membri.
Dunque, una volta appurata la sussistenza dei requisiti minimi, la CONSOB sentita la BI disciplina l’intera procedura autorizzativa, assieme ad eventuali ipotesi di decadenza, mancato inizio o interruzione di servizi. All’autorizzazione, deve seguire un programma iniziale con le operazioni previste e le procedure adottate e una relazione sulla struttura organizzativa al fine di un controllo di serietà dell’iniziativa imprenditoriale. Una volta autorizzate le SIM vengono iscritte ad un albo dove la CONSOB ne indica l’avvenuta iscrizione, valida anche per i servizi esteri.

42
Q

Spiega i requisiti degli esponenti aziendali (art. 13 TUF) (DBF10)

A

Considerata, come per le banche la delicatezza del settore, al fine di garantire una sana e prudente gestione dell’ente, nonché la correttezza nello svolgimento delle sue attività, sono previsti dei requisiti che gli esponenti aziendali devono rispettare, Questi requisiti sono fissati dal MEF seguendo le norme di principio fornite dal TUF. Questi requisiti di idoneità riguardano i membri dei consigli di amministrazione e di gestione, del collegio sindacale e consiglio di sorveglianza. La norma esplicita dunque 3 requisiti fondamentali, ovvero la professionalità, l’onorabilità e indipendenza, seguiti da competenza e correttezza, stabilendo come criterio di ragionevolezza atto a espletare efficacemente l’impiego un limite al cumulo di impieghi. Spetta poi agli organi di amministrazioni e controllo valutare l’idoneità, secondo questi parametri, dei propri esponenti aziendali; diviene dunque obbligatorio un processo interno di autovalutazione con successiva analisi e motivazione dei risultati. In caso di carenze nei criteri sopra menzionate, vi sono misure specifiche volte a superarle, e come ultima ratio vi è la decadenza dall’incarico.

43
Q

Spiega i requisiti dei titolari di partecipazioni qualificate (artt. 14-17 TUF)

A

Per partecipazione qualificata, si intende chiunque a qualsiasi titolo possegga all’interno di una SIM una partecipazione che ne comporti il controllo o la possibilità di esercitare un influenza notevole sulla società, o detenendo almeno il 10% del capitale. Quando si conferma a seguito di una acquisizione, il verificarsi di una partecipazione qualificata, è richiesta una preventiva comunicazione alla BI, anche per casistiche dove vi è il raggiungimento di determinate soglie di acquisto o controllo.
Come per quanto riguarda gli esponenti aziendali, in maniera del tutto analoga, anche i detentori e titolari di partecipazioni qualificate devono rispettare una serie di requisiti sempre orientati ad una sana e prudente gestione dell’impresa. I requisiti che troviamo sono ancora una volta di Onorabilità con criteri di competenza e correttezza. Il MEF viene delegato a specificare il contenuto di questi requisiti, che in caso di violazione prevede siano implementate sanzioni specifiche (come da ART. 16 TUF) come, ad esempio, l’impossibilità di esercitare il diritto di voto. La BI, valutando l’operato dell’impresa, può negare l’acquisizione di una partecipazione quando non venga garantita una sana e prudente gestione dell’intermediario, prendendo in esame una serie di criteri atti a valutare la “Serietà” del soggetto volente partecipare al capitale dell’intermediario.

44
Q

Spiega le Finalità e destinatari della vigilanza nel TUF (art. 5 TUF) (DBF10)

A

La vigilanza sull’intermediario opera con un duplice scopo, da un lato garantire il controllo sul singolo ente per garantirne la stabilità, dall’altro effettuare un controllo sull’interezza del sistema finanziario nell’ottica di garantirne la stabilità complessiva. La vigilanza sugli intermediari è disciplinata dal TUF e ricomprende tutte le tipologie di questi ultimi, ovvero SIM, SICAV/SICAF, SGR e Banche. Il TUF procede quindi a fissare alcuni principi di ordine generale in relazione al profilo della finalità e dei destinatari della vigilanza; in un primo luogo viene sottolineato l’obiettivo della salvaguardai della fiducia nel sistema finanziario, tema ricorrente nella retorica regolativa comunitaria riferita al fattore specifico della necessaria fiducia tra operatori di un mercato. Proseguendo gli obiettivi si articolano passano per la tutela degli investitori e la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario a livello micro (singolo intermediario) e macro (intero sistema), garantendone però al contempo la competitività (concorrenza e principio di imprenditorialità) e l’osservanza delle disposizioni in materia finanziaria con le relative leggi e norme.
Il risultato è che la norma esplicita una pluralità di obiettivi (talvolta anche contraddittori) la somma dei quali dovrebbe garantire una corretta funzionalità del mercato finanziario-mobiliare in termine di efficiente allocazione delle risorse.
L’articolo 5 del TUF, competente per la materia della vigilanza, prosegue nello specificare una suddivisione di competenze tra BI e CONSOB prevedendo un criterio funzionale di ripartizione di competenze, fissando rispettivamente :
Alla BI le competenze per stabilità finanziaria e patrimoniale degli intermediari ( sempre al fine della sana e prudente gestione degli stessi);
Mentre alla CONSOB la competenza per la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli intermediari in primis per la tutela dei clienti.
In ogni caso, onde evitare possibili dubbi interpretativi relativi alla precisa suddivisione di competenze, è previsto che le due autorità operino in stretto coordinamento.

45
Q

Spiega la nozione di gestione collettiva del risparmio (DBF11)

A

La nozione di gestione collettiva del risparmio si qualifica nel servizio di gestione degli Organismi di investimento collettivo del risparmio (e relativi rischi), rivolta ad una pluralità di investitori. Questo fattore di riferimento per l’appunto, alla pluralità di investitori, la differenzia dalla gestione di portafoglio, che invece offre prestazioni individuali. La nozione di Organismo di investimento collettivo del risparmio si riferisce ad un patrimonio raccolto tra una pluralità di investitori tramite l’emissione di quote (per quanto riguarda i fondi comuni e le SGR) o azioni (per quanto riguarda le SICAV/F). Questo patrimonio viene gestito investendolo in attività varie sempre nell’interesse degli investitori ma in totale autonomia da essi, con politica di investimento generale predeterminata, onde assicurare all’investitore la certezza di un determinato asset.
Il TUF poi specifica anche la differenza tra OICR, quantificandoli in Aperti, chiusi ,contrattuali e istituzionali. Per OICR Aperti si intendono quegli organismi di gestione collettiva del risparmio dove i partecipanti possono richiedere il rimborso delle quote sul patrimonio secondo le modalità e con la frequenza prevista dallo statuto; mentre quello chiuso prevede limitazioni al rimborso prima della scadenza. Proseguendo gli OICR contrattuali sono organismi altrimenti noti come “Fondi comuni di investimento”, mentre quelli istituzionali sono quelli costituiti sotto forma spa di SICAV e SICAF.

46
Q

Spiega l’autorizzazione delle Società di gestione collettiva del risparmio, SGR (DBF11)

A

Le SGR, costituite come società per azioni (con relativi soci) prestano il servizio di gestione del risparmio principalmente tramite l’istituzione di fondi comuni di investimento, dove i risparmiatori conferiscono il loro denaro e in cambio ricevono quote che ne incorporano la partecipazione al fondo. La loro autorizzazione, come molti altri enti operanti nel settore è eseguita dalla Banca d’Italia sentito parere della CONSOB (dove BI disciplina la procedura autorizzativa così come eventuali ipotesi di scadenza), e sempre nell’ottica di garantire una sana e prudente gestione, è sottoposta ad una serie di condizioni al fine di tutelare i risparmiatori/investitori. Esempi di questi requisiti sono la necessità della forma di capitale per azioni, la sede legale su suolo della repubblica, che il capitale versato non sia di ammontare inferiore a quello determinato in via generale dalla banca d’Italia; che i soggetti titolari di funzioni amministrative, di direzione e controllo siano idonei come anche i titolari di partecipazioni qualificate; etc. Una volta appurata la sussistenza dei queste condizioni determinate, vi è la necessita per queste di essere iscritte ad un apposito albo.

47
Q

Spiega lo schema di operatività delle a Società di gestione collettiva del risparmio (DBF11)

A

Lo schema di operatività di una SGR prevede 3 distinti centri di imputazione d’interesse, corrispondente a SGR come istitutrice e gestrice del fondo, fondo di investimento e come depositario.
Prima ipotesi, SGR come istitutrice e gestrice del fondo : per una SGR, quella di costituire e gestire un fondo rientra tra le attività autorizzate, in ogni caso la SGR ha l’obbligo di base di agire nell’interesse dei partecipanti al fondo, assumendo verso questi gli obblighi e le responsabilità del mandatario.
Seconda ipotesi, Fondo comune di investimento, dove il fondo rappresenta un patrimonio derivante dalla somma dei denari investiti dagli investitori che ricevono quote del fondo che possono essere nominati e o al portatore, e dove questo fondo rimane indipendente e autonomo rispetto al capitale/patrimonio della SGR che ne ha in carico la gestione. Questo porta ovviamente con sé alcuni vantaggi, essendo distinto dal capitale della SGR non è aggredibile dai creditori ( e allo stesso modo i creditori dei singoli investitori possono rifarsi solo sulle loro quote) e può essere utilizzato efficacemente al fine di massimizzare il Rate of return. L’attività del depositario è autorizzata da BI sentita CONSOB.
Terza ipotesi, come depositario: accanto alla SGR e al fondo vi è una terza figura, per l’appunto il depositario, a cui sono affidati i beni del fondo comune di investimento, in pratica una custodia /amministrazione degli assets degli OICR, con operazioni specifiche come accertare la legittimità delle operazioni di vendita, emissione riacquisto, rimborso e annullamento delle quote del fondo; accertare la correttezza del calcolo del valore delle parti dell’OICR e altri. Ovviamente il depositario opera nell’interesse dei partecipanti al fondo evitando per quanto possibile conflitti di interesse.

48
Q

Spiega la società di investimento a capitale variabile e fisso (DBF11)

A

SICAV/F sono società di investimento abilitate al pari delle SGR a prestare servizi di gestione collettiva del risparmio, ma che si differenziano in alcuni sostanziali dettagli dalle SGR. Innanzitutto, questi particolari organismi si costituiscono in forma di SPA, con capitale variabile o fisso, alla quale gli investitori non conferiscono capitale direttamente, ma tramite l’acquisto di azioni dell’azienda, utilizzando come base operativa di investimento il capitale sociale dell’azienda. LA raccolta di denaro non avviene dunque tramite un Fondo ma tramite la vendita delle azioni dell’azienda. Si distinguono in SICAV e SICAV; le prime a capitale Variabile rientrano nella forma degli OICR aperti, dove il capitale varia continuamente in relazione all’entrata/uscita di nuovi soci che vogliono investire le loro disponibilità nell’azienda (ricevendo in cambio azioni; nel secondo caso, delle SICAF rientrano nella forma di OICR a capitale chiuso che però operano in maniera analoga semplicemente senza variazioni continue nelle quote dei capitali aziendali, acquistati dagli investitori che li incorporano nel loro investimento. Come sempre, per operare queste particolari società devono avere una serie di requisiti, che se sussistenti Banca d’Italia provvede a confermare per iscrivere le società in un apposito albo.
È inoltre possibile per le SICAV/SICAF dare in gestione il loro patrimonio ad un gestore esterno, previa applicazione di particolari regole. È poi possibile per queste società costituire particolari comparti di investimento, per ognuno dei quali può essere emessa una particolare categoria di azioni. Ulteriore differenza con le SGR sta nel fatto che le SGR come ulteriori attività possono offrire anche servizi di gestione di portafogli, mentre non è possibile per le SICAV/F.

49
Q

Spiega le regole di comportamento per SGR, SICAV e SICAF (DBF11)

A

Queste tre categorie di società prestano il servizio di gestione collettiva del risparmio tramite OICR (nel caso delle SGR il fondo, mentre nel caso delle SICAV/F sono le società stesse). Come stabilito dal TUF, data la delicatezza del settore in cui operano, vengono stabilite regole comuni alle tre tipologie di operatori nell’ottica di una corretta gestione dei patrimoni loro affidati dai risparmiatori / investitori. Queste norme seguono principi di operatività secondo criteri di buona gestione e riduzione al minimo dei conflitti interessi, mettendo in atto procedure che permettano di tutelare i partecipanti in relazione alla normativa e alle direttive europee, con una parità di trattamento fra gli investitori che esercitano il diritto di voto.

50
Q

Spiega l’adeguatezza (DBF12)

A

Nell’ambito dello svolgimento dei servizi e delle attività di investimento, il concetto di adeguatezza è molto importante per le materie relative soprattutto alla consulenza in materia di investimenti e alla gestione di portafogli. Questi due servizi vengono universalmente considerati come delicati e complessi; quindi, necessitano di una disciplina di protezione maggiore. Uno dei cardini dell’adeguatezza si basa quindi su un’attenta profilatura del cliente secondo l’adeguatezza dei servizi e degli investimenti proposti, l’intermediario deve profilare il cliente a cui li propone per verificare che questi ultimi siano adeguati e adatti sulla base di diverse informazioni fornite dal cliente stesso (come ad esempio la propensione al rischio). Questa operazione di profilatura viene dunque essere svolta sulla base di tutte le informazioni disponibili e secondo il miglior interesse del cliente. Essa, dunque, deve corrispondere agli obiettivi di investimento del cliente, includendo la sua tolleranza al rischio; deve essere di natura tale che il cliente sia in grado di sopportare finanziariamente rischi connessi all’investimento; e di natura tale che il cliente con le conoscenze in suo possesso possa comprenderne i rischi. In caso di mancanza di informazioni sufficienti, che i clienti sono comunque tenuti a fornire, l’intermediario deve astenersi da prestare i servizi, in maniera analoga se dalla profilatura risultasse l’inidoneità dell’adeguatezza del cliente. Ovviamente tutte queste supposizioni si basano sul principio del ragionevole affidamento dell’intermediario sulla base delle informazioni fornite, che si suppongono corrette; questa valutazione ha inoltre validità annuale.

51
Q

Spiega l’appropriatezza (DBF12)

A

Il principio di Appropriatezza è relativo agli altri servizi di investimento, esuli dalla consulenza e gestione portafogli, e portano a presso un grado di protezione più leggero rispetto a quello dell’adeguatezza dato il minor coinvolgimento dell’intermediario e minor inclusività dei servizi. Rientrano in questa categoria la negoziazione in conto proprio, la sottoscrizione/collocamenti di strumenti finanziari, la ricezione e trasmissione di ordini e altri, e sono classificati come diversi dalla consulenza in materia di investimenti e gestione dei portafogli. Per questa categoria sono richieste info su conoscenza ed esperienza riguardo al tipo specifico di strumento o di servizio proposto o chiesto. L’intermediario in questo caso si limita ad avvertire il cliente riguardo alla presenza o meno dell’appropriatezza, e in questo caso il cliente può decidere di procedere anche se l’appropriatezza non è presente (mentre nell’adeguatezza no) e quindi procedere anche previo parere negativo. Se il cliente è reticente, l’intermediario si limita ad avvertire.

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Q

Spiega la mera esecuzione di ordini (DBF12)

A

La mera esecuzione di ordini, come suggerisce il nome, vede il cliente in una posizione attiva, in quanto egli stesso può richiedere un’operazione. L’intermediario può eseguire le operazioni richieste senza procedere all’esame di appropriatezza se sono soddisfatte tutte le condizioni previste, a patto che non siano coinvolti strumenti finanziari complessi e che sia in primo luogo il cliente ad attivarsi e non l’intermediario, che dal lato suo si preoccupa di informare il cliente che l’investitore non è protetto come nel caso dell’appropriatezza.

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Q

Spiega le regole di condotta dei soggetti abilitati: criteri generali (art. 21 TUF) (DBF12)

A

Le regole di condotta degli intermediari, nella loro prestazione dei servizi di investimento, caratterizzano la disciplina prevista dall’ordinamento a tutela dei risparmiatori / investitori, andando ad incidere sulla dimensione contrattuale del rapporto tra ente e risparmiatore con regole relative alla trasparenza e alla correttezza dei comportamenti degli intermediari nei confronti dei soci. In questo sistema, la CONSOB è competente per quanto riguarda la correttezza dei comportamenti, mentre il TUF specifica dei criteri generali relativi alla prestazione di servizi e attività di investimento, criteri propri anche del codice civile che l’intermediario deve applicare su tutte le prestazioni dei servizi e delle attività nei confronti di ogni tipo di cliente. Generalmente queste si riferiscono a comportamenti volti alla diligenza, correttezza e trasparenza in relazione si al miglior interesse del cliente sia all’integrità del mercato nel suo complesso. Sulla scia di questo l’intermediario deve impegnarsi di ottenere dal cliente e fornire al cliente tutte le informazioni necessarie alla prestazione (adeguatezza e appropriatezza), con anche una comunicazione pubblicitaria e il materiale ad essa relativo basata su informazioni corrette e chiare, non fuorvianti. Ulteriore importante tassello riguardante le regole di condotta di questi enti riguarda i conflitti di interessi, , che si riconoscono come possibilità ma devono essere affrontati in modo di evitare conseguenze per i clienti, in primo luogo dotandosi di una struttura organizzativa che sia ragionevolmente in grado di evitarli. In ogni caso, se sono presenti e non eliminabili, e si è fatto tutto il possibile per ridurli, si è tenuti ad informare i clienti. Queste norme hanno carattere di previsione generale di “Comportamento professionale”

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Spiega la Best Execution

A

Con la deregolamentazione dei mercati imposta dalla direttiva MIFID, sono stati previsti altri siti di negoziazione oltre ai mercati regolamentati, basandosi sul presupposto che un mercato sia più efficiente se più liquido in termini di concentrazione di scambi. La pluralità dei mercati può però andare ad aumentare la competizione tra questi ultimi ma porta con sé il rischio di diminuire la liquidità. Dunque, la Direttiva interviene a protezione dell’investitore con la regola della “Best Execution”. Questa regola si sostanzia nella possibilità che l’intermediario ha di eseguire l’operazione nel mercato (tra i mercati ai quali ha accesso) dove il cliente ottenga condizioni più vantaggiose. La disciplina prevede una procedura intesa a garantire una strategia di esecuzione degli ordini di best esecutino che li intermediari devono adottare.

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Spiega la consulenza in materia di investimenti: la bipartizione della consulenza in materia di investimenti (DBF12)

A

La direttiva MIFID ha previsto una bipartizione in due ambiti distintiti per i servizi di consulenza in materia di investimenti, articolandosi in consulenza non-indipendente e in consulenza indipendente.
Nel primo caso, la consulenza non-indipendente (quella più tradizionale se volgiamo), la quale offerta dall’intermediario può includere i suoi strumenti finanziari e in aggiunta a questo servizio detiene somme di denaro o strumenti di pertinenza dei clienti. Esso incassa in aggiunta una commissione dal soggetto venditore dello strumento al fine di piazzarlo agli investitori.
La consulenza indipendente si definisce in questa maniera perché il soggetto che la presta non detiene somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, inoltre in questo caso l’intermediario non incassa commissione da soggetti terzi piazzando i suoi strumenti ne piazza tantomeno strumenti propri ma si limita a fornire una consulenza all’investitore, e viene remunerato da quest’ultimo solo per questo. Per questo, la consulenza indipendente viene detta anche “consulenza Fee-Only”, dove il consulente viene remunerato unicamente per il servizio di consulenza prestato.
Per entrambe le tipologie di questa consulenza, venendo giudicate come servizi delicati, vi sono diversi presidi a tutela dell’investitore, basati sull’informazione e la trasparenza da e per il cliente e del mercato da cui gli strumenti finanziari derivano, dettando poi norme particolari per il servizio di consulenza indipendenze, atti a garantire un’effettiva libertà di scelta fra prodotti. Vi è poi una limitazione degli incentivi (inducements) ovvero incentivi per gli intermediari da parte dei venditori di prodotti finanziari atti a far preferire il loro prodotto rispetto ad un altro. Queste normative sono atte a plasmare che il comportamento dall’intermediari in relazione alla separazione trasparenza dei 2 tipi di consulenza affinché sia adeguatamente informato e protetto.
Gli elementi di appropriata diversificazione degli strumenti finanziari offerti devono essere rispettati dal impresa al fine di ottenere la qualifica di consulente indipendente. Qualora l’intermediario non adempisse a questi obblighi, esso cessa di essere qualificato come indipendente.

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Spiega la Consulenza in materia di investimenti :Offerenti il servizio di consulenza finanziaria (DBF12)

A

Il servizio di consulenza finanziaria (indipendente e non) è sottoposto ad una riserva di attività per i soli soggetti abilitati. Esiste però una deroga per i cosiddetti consulenti finanziari, che possono fornire il servizio di consulenza finanziaria ma solo limitatamente a valori mobiliari, quote di organi di investimento collettivo, senza detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti.
Possono essere di due tipologie: Persone fisiche o società di consulenza finanziaria. Le persone fisiche devono possedere dei requisiti di professionalità onorabilità, indipendenza e patrimonialità, e vengono iscritte ad un apposito albo tenuto da uno specifico organismo.
Dall’altra parte le società di consulenza, caratterizzate dalla forma SPA / SRL che prestano consulenza finanziaria indipendente devono presentare requisiti di patrimonialità ed indipendenza, e a loro volta devono essere iscritte ad un albo tenuto da un organismo specifico.

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Spiega l’Offerta furi sede (artt. 30 TUF) (DBF12)

A

Si tratta della promozione e del collegamento di servizi di investimento in contesti differenti dalla sede tipica dove questi solitamente avvengono (e per sede si intende stabile organizzazione di mezzi e persone), in relazione ad una esclusività del rapporto tra intermediario e consulente fuorisede, che riserva la sua attività totalmente e unicamente nell’interesse di un solo soggetto intermediario. Gli intermediari che operano in questo ambito devono iscriversi ad un albo dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuorisede, e strutturano un rapporto di controllo degli intermediari sui consulenti al fine della protezione degli investitori