Esame Diritto Bancario Finanziario 2021 Flashcards
Spiega Il sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria (DBF1)
Il sistema europeo di vigilanza finanziaria, è stato costituito all’indomani della crisi finanziario-economica del 2009. Esso è costituito da di verse entità con uno scopo duplice, ovvero esercitare una vigilanza volta alla stabilità micro e macro prudenziale. Questo sistema, abbreviato in “SEVIF” si articola di diverse entità su diversi livelli (per la precisione 8), tra le quali annoveriamo:
- > Comitato Europeo per il rischio sistemico (ESRB), che si occupa della vigilanza macroprudenziale nell’ottica di minimizzare il rischio sistemico, fornendone una definizione, con il fine ultimo di prevenire rischi sistemici che pregiudicano la stabilità finanziaria dell’unione.
- > Autorità bancaria Europea (EBA), coordina le varie autorità bancarie nazionali degli stati membri negli ambiti di vigilanza microprudenziale sulle banche elaborando progetti di norme tecniche di regolamentazione e attuazione da sottoporre alla commissione. Parallelamente ha il potere di emanare orientamenti e formulare raccomandazioni per le autorità competenti o agli istituti finanziari.
- > Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAP), che coordina le attività di vigilanza sulle assicurazioni in coordinamento con le varie autorità degli stati membri, fornendo progetti di norme tecniche di attuazione e regolamentazione.
- > Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), ha il compito principale di svolgere compiti di coordinamento delle autorità nazionali nelle attività specifiche riguardo il coordinamento della vigilanza del mercato mobiliare, anche qui elaborando progetti di norme tecniche di regolamentazione e attuazione.
- > Comitato congiunto delle autorità europee di vigilanza svolge da tramite tra i regolamenti di tre attività
- > Autorità di vigilanza degli stati membri, rappresentano le autorità nazionali presenti nei 28 stati membri.
Spiega il Meccanismo di Vigilanza Unico (DBF1)
Il meccanismo di vigilanza unico, altrimenti noto come “Single Supervisory Mechanism” o “SSM” è costituito dalla BCE assieme alle autorità nazionali di vigilanza, ed ha l’importante compito di provvedere alla vigilanza prudenziale operativa sugli enti creditizi del sistema UE, atta ad assicurare la stabilità economico finanziaria del sistema europeo sul lungo termine. Essa opera direttamente come integrazione del sistema europeo unico di vigilanza (SEVIF) e stabilisce una ripartizione di compiti tra BCE ed autorità bancarie nazionali. Questi compiti riguardano ad esempio il rilascio o la revoca delle autorizzazioni agli enti creditizi; il controllo delle partecipazioni qualificate negli enti creditizi; il controllo dei requisiti prudenziali in materia di fondi propri, liquidità, limiti ai grandi rischi; e altri. Per assolvere ai propri compiti di vigilanza quindi la BCE applica i regolamenti europei e le direttive così come recepite negli ordinamenti degli stati membri, ma opera con una competenza esclusiva in tutta l’unione per quello che riguarda gli “enti significativi”. Per enti significativi si intende genericamente tutti gli enti creditizi di maggiori dimensioni a livello di singolo stato, generalmente di dimensioni tali per rappresentare una dimensione detta “sistemica”. Per questi enti la BCE è dunque direttamente competente nello svolgere la vigilanza per tutti gli aspetti, lasciando agli enti nazionali (come la banca d’Italia) la vigilanza degli enti non rilevanti, sempre seguendo i medesimi principi. La BCE si riserva comunque di vigilare per tutti gli enti, significativi e non, per quanto riguarda la concessione /revoca di autorizzazioni e il controllo delle partecipazioni qualificate, pur lasciando curata la fase istruttoria da parte delle autorità nazionali.
Spiega Il Sistema di garanzia dei depositi (DBF2)
Il sistema di garanzia dei depositi è costituito nell’ambito del “Codice unico europeo”, con il fine specifico di tutelare i depositanti presso gli istituti di credito in caso di crisi (quindi in riferimento particolare a correntisti, libretti bancari etc). La normativa si sviluppa partendo dal concetto che sia impossibile proteggere tutti e tutto, e che quindi sia necessario mettere in campo una scelta su quali figure ed entro quali soglie proteggere. Per questo il sistema pone una distinzione tra “Depositi ammissibili e garantiti e i “depositi protetti”. I depositi ammissibili e garantiti si calcolano in maniera molto semplice, sottraendo a tutti i depositi presenti i depositi che non rientrano in tale categoria, come ad esempio i depositi delle amministrazioni pubbliche. Una volta stabilito quali depositi siano titolati ad essere ammissibili e garantiti, ed essendo in generale le risorse limitate, necessario stabilire fino a che soglia implementare la protezione, fissata dalla disciplina a 100.000€ per depositante. Dunque, a livello europeo la normativa prevede che negli stati membri siano previsti dei fondi di garanzia dei depositi, i quali vengono sottoposti al controllo dell’autorità nazionale (come la banca d’Italia). Ogni ente creditizio ha l’obbligo di associarsi ad un SGD per poter procedere alla raccolta di depositi, e in caso di necessità l’SGD interverrà liquidando fino ad un massimo di €100.000 per per depositante. In caso di necessità questo sistema integrato europeo prevede la possibilità di effettuare prestiti tra diversi sistemi nazionali, a patto che essi siano sempre rimborsati. E’ in discussione la possibilità di implementare una politica di mutualizzazione delle perdite, in modo tale che il sistema collettivamente vada a coprire eventuali disavanzi. In ogni caso questo tipo di sistemi funziona principalmente per enti medio-piccoli, se si tratta di enti medio grandi (definiti come sistemici) la situazione diventa più complessa in quanto è altamente improbabile che gli accantonamenti dei membri degli SGD riescano a coprire fallimenti di tale entità.
Spiega le fonti del DBF (DBF2)
Le principali fonti del Diritto Bancario e finanziario, specialmente per quanto riguarda l’ambito nazionale, sono due: La Costituzione e il diritto primario e secondario dell’Unione europea e delle sue istituzioni specialmente in ambito finanziario.
Per quanto riguarda la costituzione, il fulcro delle fonti rappresentato dalle nozioni di tutela del risparmio e dal principio di libertà dell’iniziativa economica, codificando poi in un successivo passaggio l’attività bancaria come “sottocategoria” dell’attività di impresa. Inoltre è sempre la costituzione a sancire la supremazia della competenza statale in materia di moneta, risparmio e mercati finanziari, lasciando alle regioni solo competenze limitate in materia (ovviamente presupponendo l’immediato intervento di Banca d’Italia e BCE qualora ne risultasse la necessità)
Il diritto primario (trattati) e secondario (direttive + regolamenti) in pratica adegua l’ordinamento interno a quello europeo, principalmente esplicitando la compatibilità e l’integrazione dell’ordinamento nazionale con quello dell’unione europea, secondo i principi di adattamento, coordinamento e cooperazione.
Ne deriva dunque che, in un ragionamento schematico, la normativa nazionale o specifica dell’unione fissa le norme generali, mentre i regolamenti interni applicati dai singoli stati fissano i dettagli.
Spiega la nozione di attività bancaria (DBF 3)
Per attività bancaria, la normativa esplicita in maniera basilare l’attività di raccolta di risparmio tra il pubblico per un conseguente esercizio del credito, il tutto svolto con un carattere d’impresa. Scendendo nel dettaglio, alcuni elementi permettono di qualificare l’attività bancaria come tale, come ad esempio la raccolta del risparmio unita ad un successivo esercizio del credito, che permette l’intermediazione finanziaria tra soggetti in surplus e soggetti in deficit, sempre con un carattere imprenditoriale;
include una riserva di attività verso le banche (o istituti di credito) che esclude altri soggetti dall’esercizio di queste funzioni;
e infine conferisce alle banche non solo la possibilità di esercitare l’attività bancaria, ma garantisce anche la possibilità per questi ultimi di esercitare ogni altra attività finanziaria che la disciplina di ciascuna preveda (ovviamente salvo ulteriore riserva prevista dalla legge).
Più nello specifico, quando si parla di ogni altra attività bancaria, si definisce l’insieme di attività ammesse al mutuo riconoscimento, ovvero tutto quelle attività svolte e autorizzate in uno stato membro di origine che possono essere svolte senza necessità di una nuova autorizzazione in qualsiasi altro stato membro grazie al passaporto unico o tramite succursale. Esse possono riguardare servizi e attività di in vestimento, attività consentite agli intermediari finanziari e altre attività come l’emissione di moneta elettronica
Spiega la nozione di raccolta del Risparmio (DBF3)
La nozione di raccolta dal risparmio, concerne, come indicato nel testo unico bancario, l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso da parte della banca. La raccolta è indirizzata al pubblico, inteso come un insieme indeterminato di soggetti, e si articola nella raccolta diretta, formata da depositi e altre forme, quali l’emissione di obbligazioni (a medio-lungo termine), titoli di deposito (breve-medio termine).
Spiega la necessità di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria (DBF4)
Pur constatando che per legge l’attività bancaria è definita come attività di impresa, va anche ribadito come essa operi in un campo molto delicato. Dunque, non è permesso in base alla libertà di iniziativa economica esercitare servizi bancari al pari di qualsiasi altra iniziativa imprenditoriale, proprio data la natura di rischio e pericolosità dell’ambito. Per tal motivo, il legislatore ha posto delle riserve di legge riguardanti l’esercizio dell’attività bancaria, rendendo l’autorizzazione una condizione necessaria per poter iscrivere una società operante in tal settore nel registro delle imprese. L’autorizzazione è strettamente subordinata alla presenza di determinate condizioni, ed è rilasciata dalla BCE su proposta istruttoria della Banca d’Italia. Il principio generale che viene seguito per autorizzare tali enti è l’Onni presente principio della “Sana e prudente gestione”, e subordina l’ente al sussistere di diverse condizioni atte a garantire la solidità economico-giuridica dell’iniziativa.
Spiega cosa sono le succursali di banche e libera prestazione dei servizi (DBF4)
Secondo il principio del passaporto unico, una banca può operare in un qualsiasi stato membro se la sua attività è stata approvata nello stato membro d’origine e dunque dalla BCE. Per operare in uno stato membro differente da quello di origine, una banca che lo desiderasse ha principalmente due possibilità distinte:
Operare tramite succursale, ovvero tramite un insediamento stabile, privo di personalità giuridica (che fa dunque capo ala compagnia del paese di origine) che effettua in tutto o in parte l’attività dell’istituto bancario. All’interno dello stato italiano, come nel resto dell’unione europea, vige dunque il principio della “Libertà di stabilimento” che garantisce agli enti di stabilirsi liberamente negli altri paesi membri secondo i criteri riportati pocanzi. Se invece la succursale è di un ente extraeuropeo o viceversa, un ente italiano intende stabilirsi furi dallo spazio comunitario, è necessaria la preventiva autorizzazione della banca d’Italia.
Per quanto riguarda invece la seconda possibilità, ovvero la libera prestazione di servizi, per essa si intende lo spazio residuale che permette ad un ente bancario di prestare i propri servizi in uno stato membro diverso da quello di origine senza stabilirvi una succursale, secondo un diritto garantito a tutti gli operatori economici dello spazio comunitario (dunque anche le banche). Anche qui, come per le succursali, le banche italiane possono secondo questo principio operare in stati extracomunitari (e viceversa le banche extracomunitarie possono farlo in suolo italiano) solo previa autorizzazione della Banca d’Italia)
Spiega le partecipazioni rilevanti in una banca (DBF4)
La questione relativa alla partecipazione di un soggetto esterno alle quote della banca in maniera consistente e rilevante (dove per rilevante includiamo il controllo e/o la possibilità di esercitare un’influenza notevole; o in alternativa attribuire una quota dei diritti di voto o del capitale del 10%) è di fondamentale importanza, in quanto vi è il concreto pericolo che un’azienda acquisti una banca col solo fine di utilizzarla come cassa propria pregiudicando gli interessi dei depositanti. Dunque la normativa al riguardo si è evoluta non tanto vietando questa tipologia di partecipazione ma regolamentandone il fenomeno nel dettaglio. Per tal motivo, una partecipazione rilevante deve essere preventivamente autorizzata, come per quanto concerne il processo di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, vi è un processo di istruttoria curato dalla banca d’Italia, che porta il caso all’attenzione della BCE che poi prende una decisione. Questa autorizzazione viene estesa anche a due ulteriori casistiche di partecipazione: riguarda anche la casistica possibile dell’acquisizione da parte di una società da parte di un’altra società che a sua volta detiene una partecipazione rilevante; E prende in considerazione anche le cosiddette “partecipazioni in concreto” che riguardano dunque quelle partecipazioni suddivise in un gruppo di soggetti che operano assieme. Successivamente all’autorizzazione, la Banca d’Italia e la BCE attuano un’azione di controllo sull’ente e la relativa partecipazione, controllo definito in modo ampio per ricomprendere e riconoscere una vasta gamma di strumenti e metodi che consentono ad una azienda di esercitare il potere di indirizzo gestionale dell’impresa bancaria. Inutile dire che queste procedure sono sviluppate per il verificare del sussistere delle condizioni di sana e prudente gestione dell’ente, che deve passare dalla solidità e serietà del soggetto acquirente (tenuto parallelamente, a garantirne il regolare esercizio secondo le norme prescritte). Per rafforzare il controllo sull’ente, sussistono poi obblighi di comunicazione, poteri informativi della banca d’Italia e in caso di violazioni esplicite anche sanzioni.
Spiega i requisiti partecipanti al capitale delle banche (art. 25 TUB) (DBF4)
Sempre nell’ottica di garantire una sana e prudente gestione della Banca, la normativa si è sviluppata in maniera tale da evitare profili problematici che potrebbero comportarne il rischio sulla base dei due suddetti principi. Dunque coloro che detengono partecipazioni rilevanti al capitare di un ente bancario, sono chiamati ad avere requisiti di onorabilità, competenza e correttezza, requisiti che vengono valutati dalla BCE che, qualora essi sussistano, autorizza la partecipazione. Sebbene i requisiti siano abbastanza stringenti, non sono presenti condanne penali per un eventuale violazione di tali termini, ma solamente delle sanzioni, come l’impossibilità di esercitare il diritto di voto, l’impugnabilità delle delibere da parte della BI nonché l’obbligo di alienazione.
Spiega i requisiti esponenti aziendali delle banche (art. 26 TUB) (DBF4)
I soggetti aziendali sono per definizione, coloro che all’interno della banca svolgo funzioni di amministrazione, direzione e controllo, e come per le partecipazioni rilevanti, essi necessitano di dimostrarsi idonei allo svolgimento dell’incarico tramite il soddisfacimento di alcuni requisiti, quali professionali, onorabilità e indipendenza; affiancati da altri prettamente lavorativi come competenza, correttezza e commitment in termini di tempo. Il MEF sentita la Banca d’Italia, è delegato a qualificare i criteri / requisiti del dettaglio, e da mandato alle banche singole di porre in essere delle Autovalutazioni di idoneità dei propri esponenti aziendali, documentandone nel dettaglio il processo Tutto il materiale prodotto in questo senso, viene poi ulteriormente controllato dalla BI (quindi BCE) che ne valuta ulteriormente l’idoneità soprattutto per quanto riguarda il limite al cumulo degli impieghi (commitment).
Spiega i diversi Tipi di banche: il processo storico e la forma spa (DBF5)
L’attuale assetto bancario-societario italiano giunge dopo un lungo processo di sviluppo storico. Gli istituti bancari italiani vedono la loro nascita per la maggior parte verso la fine dell’800, parallelamente a molti altri paesi europei, e concernevano 3 tipologie distinte di banche, ovvero banche commerciali, banche di credito cooperativo e casse di risparmio, arricchite nel corso del secolo successivo da istituti di credito di particolar natura giuridica, ovvero gli istituti di credito di diritto pubblico. In aggiunta a questa divisione formale era anche presente una segmentazione del mercato in termini di operatività temporale: gli istituti che fornivano credito a breve-medio termine (inteso come lasso di tempo minore di 18 mesi) erano definiti “Aziende di credito” mentre quelli che concedevano a lungo termine (più di 18 mesi erano definiti istituti di credito. Il primo grande scossone a questo modello avviene con la cosiddetta “europeizzazione” a seguito dell’uniformarsi delle leggi italiane a quelle comunitarie, questo processo ha portato ad una despecializzazione del sistema bancario abbandonando queste tipologie. Ulteriormente, a seguito della successiva legge Amato, il settore bancario italiano è ridotto a solamente due tipologie bancarie, ovvero come SPA e Coop-SPA.
La prima delle forme in questione, per appunto la SPA, è avvenuta in un primo, luogo trasformando le banche pubbliche in spa e fondendole tra loro con altre banche. Più nel dettaglio per quanto riguarda le casse di risparmio, categoria anch’essa confluita nella SPA, hanno seguito un processo di scorporo in due parti: un’azienda bancaria sotto forma di SPA e una Fondazione parallela che mantiene la proprietà sulle azioni della SPA, e di conseguenza anche il controllo. Le fondazioni dunque, definiti come “enti intermedi” sono a tutti gli effetti degli enti privati ma sono tenuti ad operare senza fini di lucro, con una forte vocazione territoriale che perseguono scopi di utilità sociale e come ogni fondazione hanno il divieto di distribuire gli utili, che vengono destinati al patrimonio.
[Ci sarebbe tutta la parte sull’organizzazione delle fondazioni ma non so quanto possa essere rilevante]
Spiega la forma coop-spa (DBF5)
Storicamente, le banche cooperative hanno sempre avuto un ruolo di primo piano per lo sviluppo territoriale delle comunità (vedi trentino alto Adige) raggruppando come soci-cooperatori la piccola imprenditoria dai territori di riferimento. Per questo motivo il legislatore ha mantenuto questa tipologia nell’ordinamento, suddividendola in 2 forme, ovvero le banche cooperative e le banche di credito cooperativo. Così facendo il legislatore ha posto una riserva di attività per l’esercizio dell’attività bancaria alle sole banche popolari e di credito cooperativo (ovvero, le banche popolari e di credito cooperativo sono le uniche forme societarie cooperative autorizzate ad esercitare servizi bancari), e per lo stesso motivo nella maniera opposta non si applicano i medesimi controlli che spetterebbero alle società cooperativi secondo il codice civile (In quanto, essendo enti bancarie sono sottoposti alla vigilanza dagli organi appositi, come la banca d’Italia). All’interno di questa forma societaria, troviamo un ulteriore distinzione, dettata dal TUB, ovvero tra le coop a mutualità prevalente e quelle non a mutualità prevalente, (aderenti per il primo caso alle BCC e per il secondo alle BPOP) che si esplicita nella limitazione del lucro soggettivo, ossia l’impossibilità di distribuire dividendi, riserve e liquidazioni tra i soci cooperatori e dalla limitazione del rimborso delle azioni nel caso di recesso.
Le banche appartenenti a questa forma giuridica sono poi iscritte preso il cosiddetto “Albo nazionale delle cooperative” oltre all’albo tenuto dalle BI per tutti gli enti bancari.
Spiega le Banche popolari (DBF5)
Le banche popolari sono banche della forma coop-spa a mutualità non prevalente, ciò significa che dispongono di deboli vincoli alla distribuibilità degli utili tra soci (ergo lucro soggettivo quasi normale). Rispetto alle banche di credito cooperativo ci è una generosa possibilità di svolgere l’attività rivolgendosi anche a non-soci, in quanto non è presente nessun limite. Il legislatore fissa alcuni paletti per l’esercizio di queste banche, come ad esempio il valore nominale minimo delle azioni in € 2 assieme a dei limiti dimensionali (l’attivo non può superare gli 8 mld di €) considerato il particolare modello di governance. Se questi limiti vengono superati devono essere presi dei provvedimenti, come ad esempio una sua trasformazione in normale SPA, la riduzione dell’attivo o la liquidazione in toto della società. Come prevede la forma societaria, i soci all’interno della BPOP hanno, secondo il tipico principio del voto paritario, egual potere di votazione a prescindere dal numero di azioni possedute e anche in questo caso sono fissati limiti alla quantità di azioni detenibili da ogni singolo socio. Data la necessità che una certa quota di patrimonializzazione sia garantita, dall’altro lato è possibile che ogni socio sia tenuto ad avere un numero minimo di azioni.
Spiega le Banche di credito Cooperativo (BCC)
Le banche di credito cooperativo sono un tipo di banca costituita come società cooperativa per azioni, come cooperative a mutualità prevalente, stando a significare che l’attività di erogazione del credito viene esercitata primariamente nei confronti dei soci, in aggiunta sempre secondo il TUB, vi sono forti limitazioni al lucro soggettivo, come ad esempio alla distribuzione degli utili. Gli utili hanno in generale una forte limitazione, e per normativa devono essere destinati in quota annuale del 70% come riserva legale, ulteriori utili rimanenti devono essere corrisposti a fondi mutualistici per la promozione e sviluppo della cooperazione, a vantaggio principale del territorio dove la banca è insediata. Queste caratteristiche si fanno compagne di un’altra caratteristica prevalente, ovvero il loro carattere di territorialità e localismo, soprattutto in zone di montagna (vedi casse rurali trentine e Raiffeisen). Proprio questo carattere di territorialità viene sottolineato anche dalle istruzioni in materia di vigilanza fronte dalla BI, sottolineando la centralità del rapporto coi soci e con il territorio senza venir meno alla qualità e alla professionalità delle strutture organizzative.
Come per le altre tipologie di banche, recentemente anche le BCC sono state oggetto di riforma, con l scopo principale di un loro rafforzamento sul piano nazionale, creando dei poli di riferimento. Seguendo questo principio, ogni Banca di Credito Cooperativo necessita di aderire ad un gruppo bancario cooperativo, questo come condizione per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria. La Capogruppo è una SPA bancaria a tutti gli effetti il cui capitale è detenuto almeno al 60% dagli aderenti al gruppo, in addizione esse svolge la funzione di direzioni e coordinamento alle BCC partecipanti. Qualora una BCC non voglia partecipare ad un gruppo esistono solamente le strade della trasformazione in SPA o la loro liquidazione.
La normativa pone poi grande importanza ai soci e all’assemblea, quantificata in un minimo di 500 soci, tramite l’adozione del voto capitario (ovvero medesimo valore del voto di ogni socio a prescindere dalle azioni detenute) e con la limitazione del numero di azioni onde evitare la concentrazione del capitale.
Spiega il CICR e il ministero dell’Economia e delle Finanze (DBF6)
Avendo già definito l’attività bancaria come attività d’impresa delicata per via delle sue implicazioni, e della sua necessità di essere regolamentata ai fini della sana e prudente gestione, tradizionalmente le funzioni di vigilanza e controllo in Italia si sono sempre svolte esercitando un controllo pubblico con questo duplice fine. Riguardo al caso specifico delle autorità creditizie, in aggiunta alle attività che operano all’interno del meccanismo di vigilanza unico e del sistema europeo di vigilanza finanziaria, in Italia si aggiungono due ulteriori autorità creditizie: CICR e il MEF.
Il Cicr, acronimo ci compitato interministeriale per il credito ed il risparmio è un organo collegiale di forte indirizzo politico amministrativo. Sebbene questo sia stato negli anni progressivamente depotenziato, esso emana direttive generali, seguendo la normativa europea, alla quale la banca d’Italia si adegua emanando normativa. Esso non dispone di potere di intervento diretto verso i singoli enti, ma può tuttavia svolgere compiti consultivi per il MEF qualora richiesto.
Il ministero delle finanze dall’altro lato è una diretta emanazione dell’autorità politica, in quanto facente parte del governo, e possiede poteri diretti di intervento sia come presidente del CICR sia autonomamente. Il MEF svolge una funzione soprattutto regolamentare, solitamente previa proposta della Banca d’Italia o a seguito di una consultazione con quest’ultima o con il CICR. LA funzione di vigilanza, sebbene in un passato appartenesse al MEF è stata spostata in toto alla banca d’Italia, permangono comunque alcuni provvedimenti di sua competenza residuali in termini di vigilanza (come ad esempio la disposizione della liquidazione coatta amministrativa). In casi di emergenza, può sostituire il CICR.
Spiega la Banca d’italia (DBF6)
La banca d’Italia è l’autorità tecnico amministrativa dello stato in materia bancaria, ha la forma di banca centrale costituita come istituto di diritto pubblico. Essa opera in stretta collaborazione con l’UE nel definire ed attuare la politica monetaria dell’UE su scala nazionale. Dunque, nel suo quadro di competente, tramite il governatore (che è al contempo membro direttivo o della BCE) contribuisce alla definizione della politica monetaria a livello nazionale per ciò di sua competenza, gestisce part delle riserve in valuta della BCE e del SEBC per conto del sistema europeo (principalmente le riserve auree nazionali e quelle in valuta estera) , e si occupa assieme alla BCE del sistema europeo dei pagamenti (detto TARGET) svolgendo funzioni di sorveglianza. Inoltre, sappiamo che si occupa anche di vigilanza diretta sugli enti creditizi più piccoli ai fini della stabilità del sistema, svolge l’importante compito di tesoreria per lo stato e i suoi enti territoriali e supervisiona il mercato all’ingrosso dei titoli e dei depositi interbancari.
Va ricordato che la BI è un’istituzione pubblica indipendente e autonoma, estranea al potere politico-governativo, può dunque nei suoi ambiti di operazione emettere regolamenti specifici, provvedimenti amministrativi generali e particolari. Data la sensibilità degli ambiti in cui la banca d’Italia opera, vige per le informazioni da essa trattate il Segreto d’ufficio che copre tutte le informazioni, i dati e le notizie presenti in seno all’organo. Sono esentati da questo onere per motivi di informazione solamente il MES, il presidente del CICR e gli organi giudiziari, mentre tutti i dipendenti e i sottoposti della banca c’Italia sono tenuti a tenere il massimo riserbo sulle informazioni utilizzate ed ottenute. Parallelamente anche gli enti e le amministrazioni pubbliche sono tenuti a fornire le informazioni in piena conformità con la legge. Vi è inoltre, sempre in ambito europeo un costante scambio di informazioni ad esempio con con le autorità che compongono il SEVIF, il MVU nonché con le autorità di risoluzione degli SM.
Spiega la Finalità e destinatari della vigilanza (art. 5 TUB) (DBF 6)
Secondo il TUB la vigilanza bancaria risponde ad una pluralità di scopi, dove tra i principali rileviamo l’onnipresente concetto della sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, nell’ottica della stabilità complessiva per la competitività ed efficienza del sistema finanziario (aspetti micro e macro economici, stabilità vs competitività). La Vigilanza è primariamente destinata ad una pluralità di soggetti, tra i quali rileviamo Banche, gruppi bancari, Intermediari Finanziari, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento. La vigilanza è poi declinata in diverse tipologie, integrata nel contesto del SSM, concepito in modo tale che la vigilanza sugli enti significativi resti alla BCE mentre quella sulle banche non significativa rimanga in mano agli enti nazionali (sempre però nell’ambito degli indirizzi stabiliti dalla UE) .
Spiega la Vigilanza informativa delle banche (DBF 6 )
La vigilanza informativa ha lo scopo di consentire alla BI (e di conseguenza alla BCE il monitoraggio in modo continuo dell’andamento gestionale della banca in un’ottica micro prudenziale. Il fulcro di questo tipo di vigilanza sta nell’informazione continua che la banca attraverso segnalazioni periodiche provvede alla BI, con dati ad esempio riguardo bilanci, impieghi e altre informazioni e documenti. Questo tipo di informazione si applica anche ai soggetti ai quali le banche hanno esternalizzato determinate funzioni aziendali e al loro personale. Queste informazioni in quanto rilevanti vengono trasmesse anche al revisore legale. L’organo di controllo a sua volta è tenuto a segnalare ogni minima irregolarità alla BI, che a sua volta pone in essere una tutela verso i cosiddetti “Whistleblower”, ovvero personale interno all’ente che individui e comunichi gravi irregolarità e mancanze.
Spiega la Vigilanza regolamentare delle banche (DBF6)
La Vigilanza regolamentare una disciplina prudenziale che si rifà agli accordi di Basilea, dunque una disciplina sostanzialmente armonizzata/unificata nell’UE. È una disciplina molto tecnica che mira alla stabilità degli ambiti micro prudenziali col fine di garantire il medesimo tipo di stabilità a tutto il sistema nella sua complessità. Essa tratta principalmente disposizioni in materia di Adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio e partecipazioni detenibili (si veda partecipazioni rilevanti negli enti). Su questa scia la BI possiede un certo potere di intervento per l’imitare l’esposizione degli istituti bancari nei confronti di soggetti che possono potenzialmente influenzare la gestione dell’ente tramite rapporti gestionali privilegiati o partecipazioni. In sostanza si vuole evitare che amministratori o soci influenti poco inclini alla prudenza utilizzino la banca come cassa personale ottenendo crediti “privilegiati” altrimenti non ottenibili da altri istituti. Queste disposizioni sono parte integranti del Pillar III della normativa Basilea 3. Per questo motivo anche il bilancio delle banche viene redatto secondo schemi prestabiliti che si originano dalla banca d’Italia sulla stretta base della normativa Europea.
Per fare fronte a queste eventualità, la Banca d’Italia ha a disposizione alcuni poteri molto incisivi, al limite di una compressione della libertà di iniziativa economica, che riguardano la convoca di organi ed esponenti delle banche, la possibilità per la BI di sostituirsi agli enti prendendo direttamente decisioni riguardo alla vigilanza prudenziale e disporre le rimozioni di esponenti aziendali.
Spiega la Vigilanza ispettiva delle banche (DBF6)
Questo tipo di vigilanza è tra le tre tipologie la più operativa, in quanto permette alla BI di effettuare ispezioni direttamente in Loco presso gli enti vigilati, richiedendo tutta la documentazione necessaria al verificare un corretto svolgimento delle operazioni. In questa modalità è anche prevista una stretta collaborazione tra i vari enti nazionali degli stati membri responsabili per la vigilanza, per quanto riguarda la vigilanza ispettiva delle succursali nei paesi dell’unione, come base dell’applicazione del principio del controllo del paese d’origine, detto “home country control
Spiega gli intermediari finanziari (DBF7)
La normativa italiana prevede una riserva all’esercizio dell’attività bancaria solo per gli istituti bancari, ribadendo però la possibilità per queste ultime di esercitare anche altre attività finanziarie. Riguardo questa tipologia di attività menzionata, vi sono una somma diversi soggetti specifici diversi dalle banche, spesso di derivazione comunitaria, che sono autorizzati a svolgere la cosiddetta attività finanziaria che altrimenti mancherebbe di una definizione completa. Tra questi svettano gli intermediari finanziari.
Gli intermediari finanziari sono soggetti residuali, e come le banche necessitano di una articolata procedura di autorizzazione ai fini (sempreverdi) della sana e prudente gestione dell’ente. Essi non possono esercitare attività bancaria, ovvero raccogliere risparmio ed erogare credito, possono però concedere finanziamenti con fondi propri, nella forma che preferiscono nei confronti del pubblico (alcuni esempi: Leasing, Credito ipotecario, credito ai consumatori, etc. ). La normativa scende ulteriormente nel dettaglio specificando come si tratti di attività non occasionale nei confronti di terzi svolta con carattere continuativo e di professionalità. In aggiunta alla mera concessione di finanziamenti questi enti possono effettuare una serie di diverse attività come ad esempio emettere moneta elettronica, fornire servii di investimento e altre attività connesse e strumentali. Come già precedentemente menzionato, essendo questi enti pur sempre di derivazione bancaria e operanti in un settore potenzialmente a rischio, sono soggetti ad una procedura di autorizzazione, similare a quella prevista per le banche che prevede ad esempio la necessità di determinate forme giuridiche (spa, sapa, srl, coop), un capitale minimo fissato dalla BI, la necessità della sede legale su suolo italiano, l’approvazione preventiva dei partecipanti al capitale e altri paletti che se non rispettati, portano alla mancata autorizzazione da parte della BI. Una volta autorizzati, in maniera simile alle banche questi enti vengono vigilati seguendo l’inquadramento fornito dalla normativa di Basilea III che ne dispone (ancora una volta) la sana e prudente gestione; In particolare queste direttive si focalizzano sulla gestione del rischio dell’ente, attraverso agenzie di rating e sistemi interni di valutazione. La BI ha come sempre in caso di irregolarità o inadempienze, il potere di intervenire direttamente comprimendo la libertà di impresa a favore della vigilanza.