Economia Flashcards

1
Q

Concetto di QUALITÀ di un prodotto alimentare.

A

La QUALITÀ di un prodotto alimentare può essere definita sotto vari aspetti: il gusto, quanto fa bene un prodotto (in termini di nutrienti che contiene), possibilità di ottenerlo rapidamente (mediante un servizio di consegna rapido), in base alle condizioni in cui è mantenuto (igienico-sanitarie).
Spesso il termine QUALITÀ viene confuso con il termine GENUINITÀ (che vuol dire”non alterato, autentico, puro, vero”), un prodotto alimentare può essere genuino ma non di qualità.
Secondo la definizione data dall’ ISO (organizzazione internazionale per la standardizzazione), nella norma 8402 del 1986, per “Qualità” si intende: “insieme delle proprietà e delle caratteristiche che conferiscono al prodotto la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite”. In questa definizione il termine “proprietà” indica la FUNZIONE di un prodotto e che dipende dalle caratteristiche strutturali dello stesso (si riferisce alle proprietà sensoriali, alla sicurezza ed igiene, alle proprietà nutrizionali, conservabilità e alla comodità d’ uso), un esempio di proprietà del prodotto “vino” è la socialità che ne consegue. Con il termine “caratteristiche”, invece, ci si riferisce alla STRUTTURA del prodotto, riferendosi all’ oggetto in se e non all’ interazione di esso con il soggetto (consumatore) come avviene per le proprietà, si parla quindi di dimensioni, volume, forma, meccanica, chimica, genetica, microbiologia, confezione).
In più, vi è anche il parametro della QUALITÀ DEL CONTESTO, in tal caso si prendono in considerazione i valori aggiunti che non sono materiali. Questo tipo di qualità fa riferimento a 3 diversi aspetti:
1)Etica
2)Ambiente
3)Origine

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2
Q

Cosa vuole il consumatore?

A

Il consumatore è soddisfatto di un prodotto quando la Qualità Attesa è uguale o superata dalla Qualità Percepita.
La qualità di un prodotto si basa su 4 attributi:
1)ATTRIBUTO MUST-HAVE: qualità basilare, necessaria, che comporta una soddisfazione di base.
2)ATTRIBUTO LINEARE: all’ aumentare delle performance, aumenta anche il grado di soddisfazione del consumatore.
3)ATTRIBUTO INASPETTATO: qualità aggiuntiva o inaspettata, se essa non è presente non diminuisce la qualità del prodotto, ma se è presente aumenta esponenzialmente il gradimento del prodotto da parte del consumatore.
4)INDIFFERENZA: il consumatore è indifferente al prodotto.

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3
Q

Effetto serra e Gas serra.

A

I gas serra sono i gas che permettono, stando in atmosfera, una maggiore ritenzione di calore che dal sole, ha raggiunto la superficie, è stata assorbita dai corpi e poi ri-emessa sottoforma di IR.
Vi sono differenti gas serra: la CO2 (emessa in maggiore quantità in atmosfera a causa di processi come la combustione di combustibili fossili attuata dall’ uomo), il CH4 (emesso prevalentemente nel settore zootecnico ed agricolo), PROTOSSIDO DI AZOTO (derivato principalmente dal settore agrario), gli IDROCLUOROCARBURI (HFC, oggi meglio noti come ODS, cioè “Ozone depleting substances”) e altri gas.
Per calcolare l’ azione che i diversi gas hanno, nell’ esacerbare l’ effetto serra, si sfrutta il parametro del GWP (Global Warming Potential), il quale associa calore assorbito da un gas serra in atmosfera e lo si compara a quello assorbito dalla CO2 (usata come gas serra di riferimento, e quindi con GWP pari a 1). Per alcuni gas serra, il GWP deve tenere conto anche della scala temporale. Un esempio di ciò è il CH4, il quale ha un GWP di 34 nell’ arco temporale di 100 anni (esso ha un tempo di permanenza in atmosfera di 11/12 anni). Sotto il protocollo di Kyoto, il VAPORE ACQUEO, non è da considerare, nonostante sia un gas serra molto forte (ha uno spettro di assorbimento dell’ infrarosso più profondo, con più bande rispetto alla CO2), poiché ha un tempo di permanenza in atmosfera basso (anche poche settimane) ed è estremamente dipendente dalla temperatura. Il GWP sfrutta l’ unità di misura nota come “CO2 EQUIVALENTE AL GIORNO” che è calcolata moltiplicando la massa del gas serra in esame (es. CH4) per il suo GWP, riferendosi ad un arco temporale, solitamente di 100 anni.
GWP di CH4=34; di N2O=298; HFC di vario tipo dai 1400 ai 14000.
Il settore energetico che sfrutta il petrolio, carbone e il gas naturale (combustibili fossili) rappresenta il 66% delle emissioni totali, il settore agro-zootecnico circa il restante 34%.

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4
Q

Cosa rappresenta la CURVA DI KEELING? Quali sono gli scenari futuri plausibili a seconda delle differenti emissioni?

A

La CURVA DI KEELING è la rappresentazione grafica della concentrazione di CO2 effettuata sul Monte Mauna Loa. La concentrazione di CO2 dal 9000 a.c. in poi, fino alla rivoluzione industriale, era compresa tra i 275 e i 285 ppm. A seguito della rivoluzione industriale, nel diciannovesimo secolo, la concentrazione di CO2 crebbe rapidamente, fino ad arrivare ad oggi, 2023, in cui siamo a circa 420 ppm. Questa curva ha un andamento a zig-zag (con un andamento primario in crescita) causato dalla stagionalità e dall’ azione della vegetazione (durante la stagione favorevole, primavera ed estate, vi è maggiore vegetazione e quindi più assorbimento di CO2 dall’ atmosfera per la fotosintesi, durante le stagioni avverse avviene il contrario, meno vegetazione e quindi un minore assorbimento di CO2 dall’ atmosfera).
Considerando previsioni fatte fino al 2050, possiamo osservare 3 scenari:
1)BUSSINESS AS USUAL: si considera un mantenimento della situazione attuale.
2)NET ZERO: situazione in cui mantengo la crescita di T entro i +1.5°C rispetto al periodo pre-rivoluzione industriale (ciò è possibile grazie ad una riduzione del 95% delle emissioni di CO2).
3)RAPID: situazione in cui mantengo la crescita di T entro i +2.5°C rispetto al periodo pre-rivoluzione industriale (ciò può essere ottenuto con una riduzione del 70% delle emissioni di CO2).
Affinché le emissioni siano ridotte del 95% (NET ZERO) le emissioni antropogeniche non dovranno superare le 2800 Gt, ad oggi, rispetto l’ inizio della rivoluzione industriale, ne sono state emesse 2200 Gt, ogni anno si emettono in media 42 Gt di CO2.

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5
Q

Chi contribuisce maggiormente alle emissioni di CO2 e altri gas serra?

A

Negli ultimi decenni, la Cina ha lavorato duramente per abbattere la propria impronta carbonica (soprattutto quella causata dalle centrali a carbone). In contraddizione a ciò, negli ultimi mesi (2022), secondo una nuova ricerca dell’ ONG Global Energy Monitor, Pechino ha aumentato la propria capacità di bruciare carbone di più di 40 gigawatt rispetto ai 18 mesi precedenti a giugno 2022. La Cina, inoltre finanzia la costruzione di nuove centrali a carbone in paesi come il Pakistan, Sud-Africa e Bangladesh.
Le aziende fossili possiedono riserve di 5 volte più carbonio di quanto possiamo permetterci di bruciare. Se le riserve di petrolio , gas naturale e carbone venissero lasciate improvvisamente nel sottosuolo (non fossero più estratte) si creerebbe una “bolla del carbonio” da 20000 miliardi di dollari. Se, però, la T del pianeta dovesse, entro il 2100, aumentare di +3°C rispetto ai livelli pre-rivoluzione industriale, i danni economici stimati ammonterebbero a 550000 miliardi di dollari.
Questa”bolla del carbonio” si mantiene grazie ai continui investimenti che le aziende fossili ricevono, aumentando i valori dei titoli in maniera artificiale. I governi di tutto il mondo stanno però, sempre di più investendo in fonti rinnovabili (sulla strada della transizione energetica), le energie rinnovabili divengono sempre più efficienti e le tecnologie green si diffondono. Se i governi andranno avanti su questa strada, una quota compresa tra i 2/3 e i 4/5 delle riserve di fossili perderanno valore e gli investitori non finanzieranno più le big dei fossili in buona parte.

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6
Q

Cosa descrive la SCOMPOSIZIONE DI KAYA?

A

La SCOMPOSIZIONE DI KAYA è uno dei modelli più sfruttati dall’ IPCC per descrivere e formulare ipotesi sull’ andamento delle emissioni. Questo modello scompone le emissioni totali in 4 fattori:
1)Popolazione.
2)PIL pro capite. Aumentando la popolazione a livello globale aumenta la produzione di beni e servizi, aumenta anche il PIL pro-capite, causando una crescita delle emissioni.
3)E/G (Energia consumata per unità di PIL). Si cerca di creare benessere usando meno energia. Un altro valore di questo parametro (intensità energetica) indica degli alti costi di conversione di E in PIL. Un aumento dell’ intensità energetica implica un minore quantitativo di emissioni.
4)C/E (Emissioni di CO2 per unità di energia consumata). Il valore di questo parametro dipende dalle tipologie di fonti energetiche utilizzate. L’ uso di carbone o petrolio (le 2 fonti di E con più alto livello di emissioni di CO2) implica una crescita di C/E, mentre un uso di gas naturale/E nucleare o ancora meglio, fonti rinnovabili, come l’ eolico e il solare, riducono le emissioni di CO2.

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7
Q

Responsabilità COMUNE ma DIFFERENZIATA.

A

La “ responsabilità comune ma differenziata” è uno dei principi pilastro del diritto ambientale e dello sviluppo sostenibile.
Nel rapporto stilato nel 2014, sul rapporto delle emissioni globali di CO2 da fonti energetiche, si considerano le emissioni di diverse nazioni nel periodo tra il 1990-2014.
La Cina è prima, contribuisce come nazione al 27% delle emissioni globali di GHG (circa il doppio degli USA). La Cina, però, a più di 2 miliardi di abitanti, se si considerano le emissioni pro-capite, allora esse sono 7.8 t a persona, mentre gli USA, il doppio. Quindi considerando il pro-capite, 1/4 delle emissioni totali sono rilasciate dai cittadini USA e canadesi (messi assieme).
Nasce anche una relazione tra CO2 emessa e crescita del PIL (benessere di una nazione), alcune nazioni hanno emesso di più ma sono anche cresciuti di più (USA, Canada, Europa) mentre altri hanno emesso di meno e sono cresciuti di meno (Cina).
Tenendo anche conto delle importazioni/esportazioni, le emissioni pro-capite della Cina diventano 6 t di CO2, Europa di 13 t CO2, e NordAmerica di 22 t di CO2.
L’ 1% della popolazione globale (circa 70 milioni di persone) ha emissioni medie di 100 t di CO2 pro-capite, essi sono responsabili del 15% delle emissioni complessive.

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8
Q

Quali sono i maggiori colpevoli di emissioni nel globo? Come suddividere le responsabilità?

A

A livello storico, ci sono diverse nazioni che hanno un diverso peso in termini di emissioni, ma il più, per contrastare la crisi climatica e ridurre le emissioni di GHG, deve essere fatto adesso.
I RESPONSABILI:
-Il 10% (i più grossi GHG emitters): causano il 45% delle emissioni totali a livello globale, per lo più aziende e settori produttivi (come i “big oil”). Risiedono per lo più in Nord-America, Europa e Cina.
-il 40%: responsabili del 42% delle emissioni, presenti soprattutto in Cina.
-il 50%: responsabili del 13% delle emissioni, qua contribuiscono paesi poveri e numerosi come l’ India.
I paesi del sud del mondo, che nella maggiorparte dei casi emettono di meno, ma in alcuni casi sono in crescita poiché in via di sviluppo, soffriranno di modifiche più radicali del clima nel futuro prossimo, a causa dei cambiamenti climatici. Questi cambiamenti climatici andranno a colpire diversi settori di queste nazioni, soprattutto quello sanitario (potenzialmente aumentando la mortalità), così come vedremo una potenziale diminuzione del PIL (sempre per questi paesi), mentre in altri, potrebbe anche aumentare.

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9
Q

Quali sono gli INTERVENTI attuabili nei confronti dell’ incremento delle emissioni di CO2.

A

Si deve ridurre le emissioni, per fare ciò si può agire in diversi modi:
1) Mobilità (settore dei trasporti e decarbonizzazione): si stima che entro il 2050, avverrà una rivoluzione del settore dei trasporti; esso, ora come ora è dominato dai combustibili fossili, si ha l’ intenzione di entrare nella fase di transizione in cui si hanno prima macchine ibride e poi elettriche, l’ E elettrica, in tal caso verrà prevalentemente generata da fonti rinnovabili (meno importanti saranno i biocarburanti e quelli a H).
La DECARBONIZZAZIONE del settore dei trasporti può avvenire con: -riduzione (non viaggio più o di meno); -variazione dei mezzi usati (bici, a piedi, mezzi pubblici); -miglioramento tecnologici (sfrutto mezzi individuali come auto elettriche). In tutti questi scenari vi devono comunque essere strumenti di pianificazione, regolazione, economici, informatici e tecnologici.
2)Incrementare l’ assorbimento: rimozione della CO2 dall’ atmosfera. Questo può essere fatto in diversi modi, in modo naturale con la FORESTAZIONE (pianto più alberi, cosicché essi assorbano più CO2). Vi sono alcune zone del mondo in cui i vegetali fissano il C della CO2 con una efficacia minore. In queste zone, forse, converrà sfruttarli per la costituzione di BIOCARBURANTI. O può essere fatto in maniera artificiale, attraverso il “C capture and storage” prelevare la CO2 dall’ atmosfera e stoccarla sottoterra (per ora è una tecnica molto costosa).
3)Variazione della legislazione.

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10
Q

Cosa bisogna fare per non superare i +1.5°C di T media globale atmosferica rispetto al periodo pre-rivoluzione industriale?

A

Il problema del riscaldamento globale è riassumibile in “gestire l’ inevitabile (adattarsi) ed evitare l’ ingestibile (mitigare)”.
Per evitare l’ aumento di + 1.5°C rispetto al periodo pre-rivoluzione industriale sarebbe necessario eliminare 1 Tt di CO2 dall’ atmosfera (questo implicherebbe spendere da 0 a 300 dollari per tonnellata). Bisogna ragionare sulla transizione alla GREEN ECONOMY. La risposta alla crisi climatica, che è ormai diventato un problema politico, verrà probabilmente dal basso e non dai governi.

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11
Q

Cos’è l’ IMPRONTA CARBONICA?

A

È un indicatore ambientale che misura l’ impatto delle attività umane sull’ ambiente (in particolare sul clima globale). Tale indicatore esprime quantitativamente gli effetti prodotti sul clima da parte dei cosiddetti gas serra generati dalle varie attività umane, nelle quali si utilizzano grandi quantità di combustibili che bruciano e producono CO2.
L’ impronta carbonica considera tutti i gas serra (li riporta come CO2eq) e tiene in considerazione l’ intero ciclo di vita di un prodotto/servizio.

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12
Q

Impronta carbonica dei diversi settori.

A

1)Settore dei TRASPORTI: se si comparano le emissioni in g di CO2eq/km, osserveremo come le autovetture che sfruttano il bi-fuel (metano-benzina) emettano di più delle auto a diesel (seconde per emissioni) e benzina (terze per emissioni). Le ibride sono le penultime mentre le elettriche sono le ultime (quelle che emettono di meno). Nel settore della mobilità bisogna considerare anche l’ uso del veicolo (in termini spaziali e temporali) e il tipo di veicolo (un aereo in media consuma molto di più che un autovettura, ma l’ aereo trasporta contemporaneamente più persone/cose) e anche il fatto che non viene emessa solo CO2 in atmosfera, ma anche PM, NOx, idrocarburi e CO.
2)Settore FINANZIARIO: investire in azioni “pulire” fa risparmiare CO2.
3)Settore AGRO-ALIMENTARE: la dieta incide notevolmente sulla nostra impronta carbonica. Gli amanti della carne emettono il doppio della CO2 di vegetariani/vegani. Ad esempio, da 1 kg di carne bovina vengono emessi 34 kg di CO2, mentre 1 kg di lenticchie ne emette 0.1 kg di CO2. Anche i diversi tipi di carne hanno, tra loro, un impatto differente: 1 kg di pollo emette 3.6-4.6 kg di CO2, 1 kg di carne di maiale emette 6.3-11.2 kg di CO2, 1 kg di carne bovina emette 28.1-34.6 kg di CO2.
Il settore agroalimentare contribuisce al 35% sul totale delle emissioni di CO2.

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13
Q

Norme ISO 14064.

A

Le norme ISO 14064 sono un insieme di norme che hanno lo scopo principale di apportare garanzia e trust ai processi di rendicontazione e monitoraggio di GHG in relazione alle dichiarazioni di emissione da parte delle organizzazioni e dei progetti di riduzione delle stesse. Tale norma è utile poiché:
1)permette di progettare e gestire gli inventari di GHG a livello di organizzazione.
2)gestire i progetti di riduzione/aumento delle rimozioni.
3)creare linee guida per organismi che svolgono attività di verifica e validazione.
Secondo la norma 14064-1, La contabilità inventariale di GHG viene fatta nell’ ambito di 3 diverse aree di emissioni:
1)SCOPE1: EMISSIONI DIRETTE DI GHG, dovute all’ utilizzo di combustibili fossili e all’ emissione in atmosfera di qualsiasi gas ad effetto serra (ne sono degli esempi le emissioni dirette da impianti di riscaldamento, derivate dal consumo di carburante di veicoli aziendali, ecc…).
2)SCOPE2: EMISSIONI INDIRETTE DI GHG DERIVATE DALLA GENERAZIONE DI ELETTRICITÀ, CALIRE E VAPORE (IMPORTATI E CONSUMATI), qui in particolare è l’ importatore che è direttamente responsabile delle emissioni generate dal fornitore per la produzione dell’ energia richiesta.
3)SCOPE 3: EMISSIONI INDIRETTE DOVUTE ALL’ ATTIVITÀ DELL’ AZIENDA. Questa categoria include le fonti emissive che non sono sotto lo stretto controllo dell’ azienda, ma che sono comunque correlate alle attività aziendali (ad esempio le emissioni di CO2 causate dal trasporto dei dipendenti).
Lo scopo di queste attività è quello di mappare le aree di emissioni delle aziende, così che possano rilevare le proprie criticità e agire di conseguenza nei loro confronti per rientrare negli obbiettivi di riduzione delle emissioni di GHG.

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14
Q

TRANSIZIONE ECOLOGICA

A

La transizione ecologica è un sinonimo per “transizione energetica” (che implica un cambiamento a livello di consumi, cioè le nostre spese, e di produzione).
Per studiare ciò si sfrutta la curva di KUZNETZ, la quale descrive l’ andamento della disuguaglianza in rapporto al tasso di sviluppo. Nella curva potremo osservare 3 punti di interesse: il primo (A) in cui la società è povera e inquina poco, le attività economiche di questa società si basano sull’ agricoltura e i consumi sono prevalentemente alimentari di sussistenza; il secondo punto (B) mostra un incremento della ricchezza pro-capite rispetto al punto primo, e un aumento esponenziale dell’ inquinamento, ciò è dovuto alla diffusione nel territorio delle attività industriali, le quali degradano l’ ambiente. Il terzo punto (C) mostra un reddito pro-capite ancora più elevato con un minore livello di inquinamento, qui la società è disposta a scambiare parte della propria crescita economica per ottenere un miglioramento ambientale. Ciò mostra come, in generale, le classi sociali a reddito più basso sono esposte alla maggiore quantità di inquinamento ambientale rispetto alle classi più ricche (i ceti più benestanti possono permettersi di spostarsi in aree meno inquinate). Tutto ciò conta fino a che si parla di inquinamento LOCALE, nel caso di inquinamento GLOBALE la percezione è molto diversa (poiché l’ inversione della curva non avviene fino a che l’ effetto non è percepito da tutti).

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15
Q

Concetto del DECOUPLING.

A

Il DECOUPLING o “disaccoppiamento” è il termine utilizzato per lo spostamento di attività strategiche verso altri paesi (ad esempio lo spostamento di attività in India o Cina). Con il DECOUPLING si aumenta il benessere riducendo l’ impatto sull’ ambiente LOCALE (si sposta solo il problema). Per uscire da questa mentalità bisogna accettare una perdita di consumo (se il consumo è accoppiabile alla salvaguardia dell’ ambiente). Questo fa da preludio per il concetto della DECRESCITA FELICE (conciliare lo sviluppo economico con la sostenibilità ambientale), che comprende:
1)innescare con anticipo la nascita di una coscienza ambientale.
2)adottare e diffondere diverse tecnologie di produzione e consumo a minore impatto ambientale.
3)i modelli di consumo sostenibile devono essere appannaggio di tutti.
4)accettare una perdita di consumo.

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16
Q

Cosa afferma il PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA?

A

L’ E indica l’ attitudine a compiere un lavoro, essa è misurata in: calorie, Joule, watt/h).
Il primo principio della termodinamica afferma che l’ E non si crea e non si distrugge ma si trasforma, il che vuol dire che l’ E dell’ universo è costante.
In economia riscontriamo 5 tipologie di Energie: meccanica, termica, chimica, nucleare ed elettromagnetica, le quali si trasformano tra di loro.
Forme di E:
1)MECCANICA: energia di movimento (cinetica) e di posizione (potenziale), ne sono esempi l’ acqua di una cascata, il vento, veicoli in movimento, acqua bloccata da una diga.
2)CHIMICA: l’ E dei legami che tengono unite le molecole, ad esempio la digestione dei cibi e la combustione.
3)TERMICA: determinata dal movimento delle molecole di un corpo, ne è un esempio l’ E geotermica.
4)RADIANTE: emissione di radiazione da corpo eccitati, si propaga nello spazio tramite onde, ne sono esempi luce, onde radio, raggi X.
5)NUCLEARE: quando un nucleo atomico si divide (fissione) o 2 molecole di idrogeno si fondono (fusione) viene rilasciata E nucleare.
6)ELETTRICA: forma virtuosa di E. È determinata dalla presenza o spostamento di cariche elettriche. Può essere continuamente trasportata e distribuita, è facilmente convertibile ma non si può accumulare come tale.

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17
Q

RENDIMENTO e SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA.

A

La seconda legge della termodinamica implica che, nella scala universale, quindi dal micro al macro, l’ ENTROPIA, ovvero il disordine, tende ad aumentare. Questo si può in: tutto il LAVORO può essere convertito in calore ma non tutto il CALORE può essere convertito in lavoro (ergo, appena avviene una trasformazione fisica, una parte dell’ E verrà inevitabilmente persa).
Viene quindi in aiuto il parametro del RENDIMENTO (e), calcolato come L/Q. In questo caso L sarebbe il calore iniziale, mentre la quantità di calore che si perde durante il processo di trasformazione fisica è calcolato come 1-(Q1/Q2), qui di e=1-(Q1/Q2). Ciò implica che il rendimento dipende dal rapporto tra calore iniziale e calore disperso, maggiore è il calore iniziale e minore è quello disperso, più il rendimento sarà vicino a 1 (ma mai a 1!).
Il rendimento delle centrali idroelettriche varia dal 80-88%, quello delle centrali termoelettriche dal 33-40%, le centrali nucleari dal 25-35%, motore a diesel del 35%, motore a benzina 25%, pannello fotovoltaico varia dall’ 8 al 25%.

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18
Q

Potere calorifico.

A

Il POTERE CALORIFICO rappresenta la quantità di E, sottoforma di calore, prodotta per unità di massa o volume di un combustibile bruciato (sotto P e V costante, quando i prodotti di combustione sono raffreddati a 25°C).
Si identifica il potere calorifico Superiore o Inferiore a seconda che il calore latente del vapore acqueo contenuti nei fumi della combustione sia utilizzato o meno a fini energetici.
Il potere calorifico è direttamente relazionato al contenuto di H: un basso valore del rapporto molare H/C comporta un potere calorifico più basso (es. CH4 ha più H che C, quindi ha un potere calorifico maggiore della CO2).

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19
Q

FONTI NON RINNOVABILI.

A

Le fonti non rinnovabili sono le fonti energetiche che si costituiscono nell’ ordine dei milioni di anni, esse sono le fonti fossili ed il nucleare.
I combustibili fossili sono derivati dalla trasformazione della sostanza organica in forme più stabili e ricche di carbonio.
I combustibili fossili sono:
1)Carbone: 1 kg di carbone produce circa 33Mj di potere calorifico, ma emette 3.66 kg di CO2.
2)Petrolio: da cui ricavo la benzina, che emette, per 1 kg, 3.08 kg di CO2.
3)Gas naturale: come il CH4, che per 1 kg emette 2.74 kg di CO2, esso ha, inoltre, un potere calorifico elevato, permette la produzione di 141 MJ di E per kg usato.

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20
Q

Fonti RINNOVABILI.

A

Le fonti energetiche RINNOVABILI, sono quelle non soggette ad un esaurimento, che, cioè presentano un tempo di rigenerazione uguale o superiore al tempo di consumo.
Sicuramente queste fonti rinnovabili presentano dei problemi come l’ intermittenza (non sempre splende il sole e non sempre soffia il vento), necessità di materiali per batterie ed accumulatori, non programmabilità, inoltre vi sono dei lati ambigui come quello del BIOCARBURANTE (la produzione di biocarburante avviene sfruttando alberi, i quali devono essere coltivati, per fare questo bisogna abbattere delle foreste, il che potrebbe causare una perdita netta di assorbimento di CO2 dall’ atmosfera).
Le fonti rinnovabili sono:
1) Idroelettrica
2)Mareomotrice
3)Fotovoltaica
4)Eolica
5)Termica
6)Geotermoelettrica
L’ unità di misura “tep” (tonnellata equivalente di petrolio) misura l’ E rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo (1 tep=42J), più spesso si usa il mega-tep 10^6 tep.
In Italia, il settore elettrico è coperto per il 34.1% da fonti rinnovabili (9.7Mtep sui 28.5Mtep totali); il settore termico è coperto per il 20% da E rinnovabili (11.2 Mtep su 56.7 Mtep totali); il settore dei trasporti è coperto solo al 6.5% da E rinnovabili (2 Mtep sui 30.7 Mtep totali).

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21
Q

Differenza tra RISORSA e RISERVA.

A

La RISORSA è una risorsa naturale nella sua totalità (può essere stimata).
La RISERVA rappresenta una parte della risorsa, quella parte che può essere al momento utilizzata grazie alle condizioni economiche e alle conoscenze tecnologiche attuali. Il concetto di risorsa è quindi dinamico, poiché le condizioni economiche e le conoscenze tecnologiche possono variare nel tempo.
Si riconoscono le RISERVE:
1)PROVATE: già scoperte, ben quantificate e pronte ad essere sfruttate.
2)PROBABILI: già scoperte e probabilmente economicamente sfruttabili.
3)POSSIBILI: non ancora scoperte ma con elevata probabilità di esistenza.

22
Q

Cosa afferma la dichiarazione di Stoccolma del 1972?

A

La conferenza di Stoccolma del 1972 nasce dalla sempre maggiore cooperazione tra gli stati, con essa si vuole ribadire l’ importanza della tutela dell’ ambiente. Tale conferenza si tenne nel periodo tra il 5 e il 16 giugno del 1972, parteciparono 112 stati (quasi tutti quelli appartenenti alle Nazioni Unite) oltre a varie agenzie specializzate ONU ed altre organizzazioni internazionali. Alla fine della seduta, si costituì una DICHIARAZIONE dei principi, dal valore giuridico non vincolante, ma che rappresentano un punto di riferimento per gli accordi multilaterali successivi in materia. La dichiarazione sottolinea la necessità di protezione “dell’ ambiente in cui l’ essere umano vive” e non dell’ ambiente di per se, pertanto la dichiarazione mantiene una visione antropocentrica. In questa dichiarazione emerge anche la disparità di rilevanza data alla tutela ambientale tra paesi sviluppati e in via di sviluppo, in particolare quelli in via di sviluppo danno più peso allo sviluppo economico della propria nazione rispetto che ai temi di tutela ambientale.
Tra i vari principi enunciati nella dichiarazione emerge anche io concetto di SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE. Tale dichiarazione ha 26 principi.

23
Q

Cosa implica uno SVILUPPO SOSTENIBILE?

A

Lo sviluppo sostenibile implica il processo di massimizzazione dei benefici netti a livello economico, considerando il vincolo dei servizi e della qualità delle risorse naturali nel tempo.
Lo sviluppo sostenibile necessita di LIMITI. Nel libro “the limits of growth”, si indicano 5 parametri fondamentali da tenere in considerazione quando si parla di “sviluppo sostenibile”: inquinamento, agricoltura, risorse naturali, popolazione e industria.
Se l’ attuale tasso di crescita della popolazione continua ad aumentare, assieme all’ industrializzazione, inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse naturali, allora i limiti allo sviluppo su questo pianeta sono posti in un momento imprecisato nei prossimi 100 anni, il risultato sarà un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e delle capacità industriali. È possibile raggiungere una situazione di stabilità economica ed ecologica nel futuro prossimo, ma ciò solo quando i tassi di sviluppo verranno modificati.
Negli anni 70 vennero, attraverso dei modelli, generati a computer 3 grafici, che descrivono 3 possibili scenari:
1)Standard run: considera i parametri attuali senza alcuna modifica, in tale modello si predice un overshooting intorno al 2030, in cui si sarebbe manifestata una riduzione delle risorse rinnovabili e alimentari, oltre che ad un aumento dell’ inquinamento.
2)Comprhensive technologies: si considera la costituzione di nuove tecnologie che aumentano la resa delle attività umane. Il collasso viene rimandato al 2050.
3)Mondo stabilizzato: sostenibile. Il processo di stabilizzazione doveva essere fatto tempo fa, bisogna agire subito prima che si manifestino situazioni drammatiche.

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Q

Concetto di LIMITE.

A

Qual’è il Limite di una risorsa? Per quanto tempo può durare ed essere sfruttata? Per rispondere a queste domande si sfrutta l’ indice statico R/C, dove R sta per riserva e C per consumo attuale. Tale indice statico R/C ci dà un idea dell’ intervallo di tempo in cui la risorsa durerà rispetto ad un suo consumo costante.
Viene anche sfruttato l’ indice: EXPONENTIAL RESERVE INDEX, calcolato come ln[(r×s)+1]/r. In tal caso “s” è il rapporto R/C, mentre “r” è il tasso di crescita dell’ uso. Questo indice è usato per il calcolo dell’ intervallo di tempo restante per lo sfruttamento di una risorsa ad un tasso di crescita costante rispetto al suo consumo (e quindi in base alla popolazione).

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Q

COP 21 e COP26.

A

Cop21 del 2015: gli obbiettivi posti furono quelli della neutralità carbonica entro il 2050, limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e perseguire gli sforzi per limitarlo a 1.5°C, riduzione delle emissioni di gas serra, aumentare l’ adattamento agli effetti dannosi del cambiamento climatico, adeguare i flussi finanziari in modo che possano essere combinati con emissioni ridotte di gas serra.
Questo accordo non diventerà vincolante fino a che almeno 55 paesi, producenti il 55% delle emissioni globali di GHG, non lo avranno ratificato. Ogni paese ratificante tale accordo sarà tenuto a fissare un obbiettivo di riduzione delle emissioni, ma il quantitativo di riduzione sarà volontario. Il sistema si basa sul concetto di NAME AND SHAME, in cui si crea una lista di paesi inadempienti, ovvero che non hanno raggiunto gli obbiettivi prefissati, così da incoraggiarli ad attuare il piano sul clima.
La COP26, tenutasi nel 2021, ha come obbiettivi chiave per il 2030, La riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 40%, rispetto al 1990, una quota di almeno il 32% di energia rinnovabile, miglioramento di almeno il 32.5% dell’ efficienza energetica.
In questo incontro si distinguono anche i CONDITIONAL NDC (cioè i piani dei paesi poveri che sono condizionati dai paesi ricchi) dai UNCONDITIONAL NDC (cioè i piani dei paesi ricchi, non condizionati da nessuno se non loro stessi).

26
Q

GREEN DEAL EUROPEO.

A

Nel settembre del 2020, l’ Europa, costituisce il GREEN DEAL EUROPEO, un piano che dirige l’ Europa verso la costruzione di una società a impatto climatico pari a 0. Per fare ciò la commissione europea ha fissato degli obbiettivi da raggiungere entro il 2030:
1)la neutralità carbonica entro il 2050.
2)55% di riduzione delle emissioni di GHG, rispetto al 1990, entro il 2030.
3)Conseguente aumento dell’ E rinnovabile e dell’ efficienza energetica.

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Q

Cosa descrive il CONCETTO DEI 3 PILASTRI?

A

Il concetto dei 3 pilastri (“triple bottom line”) fu ideato da Elkington, esso si manifesta a livello aziendale, basandosi su: Pianeta, Profitto, Persone. Questo concetto è rappresentato attraverso un diagramma di Venn.
In tale diagramma abbiamo le sfere economiche, ambientali e sociali. Ognuna di queste, di eguale valore rispetto alle altre, presenta dei punti cardine (es. Ambientale= Biodiversità, Clima, Acqua, Risorse naturali; Economica= Lavoro, Investimenti; Sociale= Salute e sicurezza, Coesione della comunità). Tal sfere si intersecano tra di loro, costituendo i valori di equità sociale, sostenibilità economica e un ambiente salutare. L’unione massima di queste 3 sfere porta allo SVILUPPO SOSTENIBILE.
Una rappresentazione alternativa di questo concetto è quella a matrioska, in cui la sfera ambientale ingloba quella sociale, la quale ingloba quella economica.
Vi è poi chi sostiene che vi debba essere anche la sfera CULTURALE, questa andrebbe, nel modello a matrioska, a contenere le altre 3 sfere.

28
Q

Capitale Naturale ed Artificiale e le DALY RULES.

A

Herman Daly è un economista statunitense, il quale andò a coniare e porre l’ accento sulle differenze che vi sono tra il capitale naturale (le risorse che la natura mette “a disposizione”) e quello artificiale (beni e servizi che l’ uomo costituisce a partire dal materiale (vivente/non vivente) che la natura costituisce) oltre che il rapporto che vi è tra queste 2 entità.
Nel rapporto tra queste 2 entità osserviamo la costituzione di una SOSTENIBILITA’ FORTE o DEBOLE. La sostenibilità debole la si ha quando è messa l’ enfasi sul capitale umano come mezzo di raccolta di capitale naturale (cosa non realizzabile a lungo termine), un esempio di ciò lo si ha quando, a seguito di un forte decremento del pescato, l’ uomo decide di aumentare il capitale umano (es. pescherecci) per aumentare il prodotto (pesci) che andrà a ricavare, questo però a lungo termine causerà una diminuzione delle popolazioni di pesci, il che avrà come conseguenza una pesca futura non fruttuosa. La sostenibilità forte, invece, la si ha quando al capitale umano viene dato un freno, dall’ uomo stesso, prima che gli effetti distruttivi di una mala condotta si manifestino, ad esempio, l’ uomo decide di consumare meno pesce, così venga dato il tempo alle popolazioni di pesci di aumentare nuovamente di numero, cosicchè in futuro la pesca rimanga sostenibile (si evita la sovrappesca).
In questo contesto si considera il concetto di IRREVERSIBILITA’ e di limite che viene imposto dal capitale naturale e non da quello umano. Inoltre il capitale naturale svolge un attività multi servizio che difficilmente può essere svolta dal capitale artificiale.

Daly sviluppa, in sintesi, il suo pensiero atraverso le 3 regole:
1)Il tasso di uso delle risorse rinnovabili non deve eccedere il loro tasso di rigenerazione.
2)Il tasso di uso delle risorse non rinnovabili non deve eccedere il tasso al quale le risorse rinnovabili sostitutive sono sviluppate.
3)Il tasso di emissioni inquinanti non deve eccedere la corrispondente capacità assimilativa dell’ambiente.

29
Q

CRESCITA’ ANTI-ECONOMICA

A

Questo concetto fu ideato da Herman Daly. Viene rappresentato con un grafico in cui sono rappresentati i concetti di UTILITA’ (benessere) e DISUTILITA’ (costi ed inquinamento). Nel grafico, l’ asse delle ascisse indica il grado di produzione e di consumo, la cosidetta CRESCITA) che aumenta man mano che ci si sposta da sx verso dx, nell’ asse delle ordinate, invece, vi è il grado utilità/disutilità. Il termine marginale adoperato indica il decremento/aumento delle utilità/disutilità.
Vi è una prima parte del grafico in cui ad un incremento della crescita delle utilità vi è un incremento della crescita delle disutilità che, però, sono inferiori rispetto alle utilità (vi è un guadagno netto), questa parte del grafico mostra la CRESCITA ECONOMICA, e si manifesta fino al raggiungimento del “limite economico”. Oltre a tale limite si ha la parte del grafico della CRESCITA ANTI-ECONOMICA, in cui vi è un guadagno negativo, poichè le disutilità superano le utilità, quindi per ogni piccolo step di crescita corrisponde uno svantaggio di costi/inquinamento superiore.
Secondo Daly molte società odierne si ritrovano in questa condizione anti-economica. Vi possono poi essere delle condizioni che alterano questi andamenti, come delle catastrofi naturali o la scoperta di nuove tecnologie (le quali possono agire sia positivamente che negativamente, dipende dai casi).

30
Q

Concetto di EROEI

A

L’ EROEI è un indice di sostenibilità che va a calcolare quello che è il rapporto tra l’ E che ho usato per ricavare delle risorse con l’ E che ho ottenuto tramite lo sfruttamento delle risorse stesse.
Ad esempio, per ottenere la benzina dovrò prima estrarre il petrolio, trasportarlo e trasformarlo, ciò implica una spesa energetica (dipendente ad esempio dal peso del trasportato, consumo del veicolo, distanza e potere calorifico del combustibile). Di conseguenza il mio EROI diminuisce (il che non è buono) man mano che la distanza del materiale da trasportare aumenta. In sostanza l’ EROEI è l’ indice che misura la resa energetica di una risorsa (Eout/Ein, ovvero E ottenuta/E investita), posso esprimere il tutto anche in relazione dell’ E netta, la quale si ottiene facendo (E out - E in).
Per ottenere l’ E netta (in %) devo fare il rapporto tra E netta/E out = E out - E in / E out = 1 - (1/EROEI).
Una fonte energetica con un valore di EROEI inferiore a 1 è in perdita dal punto di vista energetico.

31
Q

EROEI e Petrolio

A

All’ inizio del secolo scorso l’ EROEI del petrolio si avvicinava ad un valore percentuale del 100%, di conseguenza i costi energetici per l’ estrazione e della lavorazione di questo combustibile fossile sono stati enormemente superati dai quantitativi di E ricavati. Dall’ inizio del secolo scorso ad oggi si assiste ad un decremento delle riserve di petrolio, il che vuol dire che diviene più difficoltoso e più dispendioso in termini energetici andare ad estrarlo (l’ EROEI si sta abbassando), inoltre si calcola che nel 2030 inizierà una discesa drastica in termini di estraibilità del petrolio dai giacimenti, poichè esso sta diminuendo in quantità, di conseguenza l’ EROEI accelererà la sua decrescita (arriverà a 0).
In generale non conviene sfruttare una risorsa con un EROEI inferiore a 3, se esso è < di 3 allora è definito un pozzo energetico.

Appena trovata una riserva di petrolio si assiste alla FASE DI ESPANSIONE RAPIDA (Inizialmente, dopo la prima fase di esplorazione, la risorsa è abbondante e bastano modesti investimenti
per estrarla. In questa fase, la crescita della produzione è esponenziale), segue la FASE DI INIZIO ESAURIMENTO (Le riserve “facili”, ovvero quelle meno costose, sono quelle estratte per prime. Con l’esaurimento di
queste, comincia a essere necessario sfruttare risorse più difficili e ciò richiede investimenti sempre maggiori. La produzione
continua a crescere, ma non più esponenzialmente come nella prima fase), segue il PICCO DI HUBBERT (Il punto di produzione massima, oltre il quale la produzione può soltanto diminuire) e poi il DECLINO (A un certo punto, il graduale esaurimento rende talmente elevati gli investimenti necessari che questi non
sono più sostenibili. La produzione raggiunge un massimo (il picco di Hubbert) e poi comincia a declinare); si ha infine il DECLINO FINALE (In questa fase non si fanno più investimenti significativi. La produzione continua, ma il declino procede fino a
che non diventa talmente ridotta da cessare completamente).

32
Q

Riserve ed EROEI

A

Il consumo e la quantità di una risorsa non rinnovabile può essere rappresentata attraverso una curva sigmoide in un grafico, con alle ascisse il tempo e alle ordinate la quantità, mentre può essere rappresentata come una curva a campana se alle ordinate mettiamo il consumo e alle ascisse il tempo.
Per la curva di quantità della risorsa presente nella riserva, osserviamo una quantità Q0, ovvero quella iniziale, in cui la riserva è intatta, inizia il processo di estrazione da parte dell’ uomo della risorsa (in questa fase la quantità diminuisce lentamente, poichè le tecnologie utilizzate non sono all’ avanguardia), con l’ incremento dell’ efficacia ed efficienza tecnologica la quantità di risorsa estratta per unità di tempo aumenta, fino a che non raggiunge un valore massimo (punto di flesso della sigmoide) da questo punto in poi osserviamo un decremento della quantità di risorsa estratta per unità di tempo (poichè si sta esaurendo), ciò fino a che la risorsa nella riserva non si esaurisce.
Per la curva dei consumi osserviamo il raggiungimento del punto di flesso (apice della curva) che rappresenta il punto in cui la risorsa è massima, i consumi diminuiscono qualora la risorsa diviene più scarsa e di conseguenza il suo prezzo nel mercato diminuisce.
Del totale della risorsa possiamo estrarre solo una componente (la riserva), il cui quantitativo dipende essenzialmente dal capitale (e quindi da fattori economici) che siamo disposti ad investire nell’ estrazione della risorsa (in termini economici si intende le tecnologie da sviluppare, comprare e mantenere per l’ estrazione, trasporto e lavorazione).
La curva sigmoide (delle quantità) si può quindi scomporre in 3 curve sigmoidi, in un nuovo grafico, con alle ascisse la quantità della risorsa e alle ordinate la probabilità di estrazione: la curva sigmoide più a dx rappresenta la quantità totale di risorsa, una curva spostata più a sx indica la quantità di risorsa tecnicamente estraibile (tecnologie) e una curva sigmoide ancora più a sx indica la quantità di risorsa economicamente estraibile (ci sono gli investimenti necessari, conviene economicamente?).
In base alla % di probabilità di estrazione avrò le RISERVE CERTE (> del 90%); RISERVE PROBABILI (>50%); RISERVE POSSIBILI (<50%).

33
Q

Limiti del modello di Hubbert

A

Il modello di Hubbert è statico e impreciso perché non considera: 1)combustibili fossili non convenzionali;
2)il progresso tecnologico;
3)la necessità di modellizzare il legame prezzo-domanda-investimenti;
4)l’incertezza dall’ammontare delle risorse petrolifere.
È inoltre estremamente difficile prevedere il picco perché bisogna considerare numerosi parametri. Rimane l’incognita dell’EROEI che significa anche sostenibilità! Siamo tutti certi nel dire che il picco si raggiungerà e lì sarà necessaria la transizione energetica epocale, così come l’EROEI sarà sempre più basso per il petrolio e non verrà più utilizzato.

34
Q

Quanto petrolio rimane nel sottosuolo?

A

Il fatto che non sappiamo quanto petrolio ci sta sottoterra comporta molte incertezze nella determinazione del picco. Gli americani hanno stimato circa 7-8 teraBarili di petrolio (7-8 * 10^12, un barile contiene 159 litri). Di tutti questi litri, si dice che di recuperabili ce ne siano circa 4.5 teraBarili, ma che a livello di riserve ce ne siano solo 2 (quello che realmente ad oggi riesco a recuperare). Se considero anche le riserve non convenzionali si stima che il picco di Hubbert potrebbe essere raggiunto nel 2060.
Ma in base ad altri studi, anche se andiamo a considerare il petrolio non convenzionale, il picco si sposta verso destra solo di poco
rispetto al non considerarlo, non c’è un cambiamento significativo della data del picco. Questo deve essere un monito sul futuro del
pianeta: se si cambia il tipo di combustibile utilizzato, cambiano i picchi. Ma al di là della data, è comunque questione di qualche
decina di anni quindi dobbiamo iniziare a preoccuparci, anzi è già tardi.
Tra gli anni ’60 e ’70 venivano scoperti un sacco di giacimenti nuovi di petrolio, e a questo è conseguita una produzione sempre maggiore di petrolio. A metà degli anni ’80 le nuove scoperte non riescono più a tenere il passo con la produzione (la produzione continua a salire ma i nuovi giacimenti scarseggiano. Il futuro sembrerebbe seguire questo trend. Questo è quello che pensano i pessimisti. Gli ottimisti dicono invece che lo sviluppo inevitabile di nuove tecnologie ci aiuterà nello stare al passo con la richiesta.

35
Q

Tutta la BENZINA è uguale? Emette allo stesso modo?

A

La Benzina, di per se, causa un quantitativo di emissioni uguale, la differenza è la storia della benzina. La benzina può essere stata estratta da un giacimento raggiunto molto facilmente e attraverso metodi più semplici e meno dispendiosi in termini energetici (in tal caso si parla di PETROLIO DA ESTRAZIONE PRIMARIA), in alternativa il processo di estrazione del petrolio è stato difficiotoso e quindi dispendioso in termini energetici, di conseguenza il quantitativo delle emissioni sarà più alto, nonostante il prodotto finale (la benzina) sia il medesimo.
Diversi valori di emissioni sono associati a diversi approcci di estrazione: Petrolio da estrazione primaria (Alaska 2.74kg di CO2 emessa per L di benzina prodotta), Petrolio da iniezione di vapore (in cui la CO2 è catturata è sfruttata per migliorare il tasso di estrazione, qua si ha un valore di 3.22 kg/L), Sabbie bituminose da iniezione di vapore (3.38 kg/L), Diesel da carbone (6.12 kg/L), ecc…
2.34 è il valore di kg di CO2 emessa dalla combustione di 1 L di benzina, avendo questo dato posso calcolarmi l’ EROEI derivati dalle diverse storie di produzione delle benzine (approssimando la CO2 a quantitativo di E), ad esempio per il Petrolio da estrazione primaria calcolo la differenza tra 2.74 e 2.34, ottenendo 0.40 (E ottenuta in surplus).

36
Q

Cosa descrive la filosofia delle 6 RE?

A

La filosofia delle 6 RE permette di mettere in discussione e di ripensare la funzionalità dei prodotti che, fino a quel momento, potevano essere limitati nelle loro potenzialità di essere. Si basa, questa filosofia, sui 6 pilastri RE:
1)RE-THINK: il prodotto potrebbe essere usato in maniera differente, più efficiente (così da diminuire i costi energetici e delle risorse naturali).
2)REDUCE: riduzione del consumo energetico e del quantitativo di materiali sfruttati lungo l’ intero ciclo di vita.
3)REPLACE: rimpiazzare alcune sostanze con delle altre, durante la produzione del prodotto, che siano più environmentally friendly.
4)RECYCLE: alcuni materiali costituenti i prodotti potrebbero essere riutilizzati, inoltre i prodotti stessi dovrebbero essere costituiti per facilitare il loro futuro disassemblamento per facilitare i processi di riciclo.
5)REUSE: il design del prodotto dovrebbe essere pensato per il riutilizzo dello stesso.
6)REPAIR: costruire il prodotto in modo tale che sia facile da riparare, cosicchè sia più difficile doverlo sostituire.

37
Q

Su cosa si basa l’ ECONOMIA CIRCOLARE?

A

Il concetto di ECONOMIA CIRCOLARE, sviluppato da Ellen MacArthur si basa sul principio dell’ allungamento, per quanto possibile, della vita di un prodotto, oltre che all’ allontanamento temporale dell’ effettivo fine vita di un prodotto. L’ economia circolare (basata sui principi dell’ ecodesign, ovvero le 6 RE), si discosta dal concetto di economia lineare (la quale implica una fine vita del prodotto precoce e una singola funzionalità del prodotto, il che causa un maggiore dispendio di E e di materiali per la loro produzione). L’ economia circolare tende a muoversi verso lo “0 WASTE”, situazione concretamente non realizzabile al 100%, ma a cui bisogna tendere. A livello industriale, ciò potrebbe essere manifesto nella trasformazione di quello che per un azienda è un rifiuto, in una risorsa per un altra azienda. In ultima analisi, l’ economia circolare rifugge il concetto di “obsolescenza programmata”.

38
Q

LCA, quali sono i principi?

A

il Life Cycle Assessment (LCA) è quel processo di analisi di prodotti/servizi basato sull’ LCT (Life Cycle Thinking) ovverò l’ approccio di calcolo della sostenibilità ambientale, economica e sociale di prodotti e servizi, tecnologie e sistemi, tenendo in considerazione TUTTE LE FASI DEL CICLO DI VITA (from the cradle to the grave), cioè l’ estrazione delle materie prime, produzione, l’ uso, distribuzione e fine vita.
L’ approccio LCT ha, quindi, come obbiettivo, quello di ridurre il quantitativo di E e di risorse sfruttate per la produzione di un prodotto/servizio e, nel mentre, aumentare la sua efficienza funzionale, cosicchè la sfera ambientale si incontri con anche quella economico-sociale.

Per dare vita ad uno studio LCA fatto bene devo considerare 3 tappe chiave:
1)Azioni Preliminari: faccio tutto il necessario per comprendere al meglio il percorso che devo seguire.
2)Identificazione: identifico quelli che sono gli hotspot (i punti critici del ciclo di vita), in cui, magari, si manifestano i maggiori quantitativi di emissioni.
3)Comparazione:comparo i risultati ottenuti sulla base di alcuni criteri, per scegliere la migliore alternativa (quella che impatta di meno).

39
Q

Scopo dell’ LCA.

A

LCA è lo step evolutivo successivo rispetto agli approcci sfruttati per contrastare i fenomeni inquinanti causati da, ad esempio, la produzione industriale. In principio si ricorreva al metodo: “pipe and chimney solution” in cui si cercava o di abbassare il quantitativo di sostanze inquinanti nell’ ambiente o si delocalizzava il problema (tale approccio guarda solo allo step finale del processo); si sviluppa, successivamente, il metodo “end of pipe solution” con il quale si agisce tramite la riduzione del quantitativo di inquinanti rilasciati in ambiente attraverso l’ applicazione di FILTRI (capaci di abbattere un quantitativo significativo di polveri, di anche il 95%); segue l’ approccio del “clean process solution” nel quale si va a diminuire il quantitativo di inquinanti emessi andando a migliorare lungo tutti gli step della lavorazione e non solo sugli ultimi. Infine si sviluppa il concetto dell’ LCA. Esso è governato dall’ ISO (standardizzazione internazionale) e si compone di 4 fasi:
1)Definizione dell’ obbiettivo e del contenuto.
2)Analisi ed inventario: cioè la raccolta dati.
3)Valutazione dell’ impatto ambientale.
4)Interpretazione (da applicare a tutte le fasi precedenti).
Le caratteristiche utilissime degli LCA è che le varie fasi possono essere rivisitate e sono reversibili, ciò per apportare correzioni, senza che ciò implichi delle variazioni sostanziali nel metodo; Nell’ LCA vado a misurare i quantitativi di E sfruttata ed emissioni emesse durante ogni fase. Nell’ LCA ho degli input (materie prime ed energia, parallelamente al ciclo di vita del prodotto, caratterizzato da acquisizione delle materie prime, la fabbricazione, l’uso, il riutilizzo e la manutenzione, il riciclaggio e la gestione dei rifiuti) e degli output come le emissioni, rifiuti solidi, acque reflue ecc… .
Gli LCA inglobano 3 sfere: economia, ambiente e società.

40
Q

ISO 14040, PRIMA FASE, dell’ LCA: GOAL AND SCOPE.

A

Per iniziare uno studio LCA il primo passo è fissare il GOAL AND SCOPE, ovvero bisogna rispondere alle domande: qual’ è il prodotto che devo studiare? Qual’ è la sua applicazione? In che campo viene applicato? A chi è indirizzato? Devo quindi ben definire dei CONFINI alla mia analisi. Visto che, però, l’ LCA è uno studio iterativo, posso in qualsiasi momento applicare delle modifiche (ad esempio modifico dei parametri input per ottenere risultati di output differenti, in tal caso si parla di ANALISI DI SENSITIVITA’).
L’ OBBIETTIVO dell’ LCA è definito in base a :
1)Applicazione prevista e motivazione dello studio: in cui viene descritta la motivazione a favore del portare avanti uno studio del genere, assieme all’ applicazione dei risultati che, sempre attraverso questo studio, verranno ottenuti.
2)Destinatario: in tal caso un LCA può essere costituito come proposta interna ad una azienda, può essere richiesto dall’ esterno dell’ azienda, o, ancora può essere richiesta come strumento per il successivo confronto con altri dati.

41
Q

Punti cardine della fase GOAL AND SCOPE di un LCA.

A

I punti cardine che costituiscono la fase di GOAL AND SCOPE di un LCA sono 4:
1)CAMPO DI APPLICAZIONE: il quale viene definito in base a FUNZIONE, UNITA’ FUNZIONALE e FLUSSO DI RIFERIMENTO. L’ unità funzionale è quella usata come riferimento, che verrà sfruttata come agente normalizzante (lo standard di riferimento). Per capire quale questa unità funzionale sia la migliore devo rispondere a domande come: che prodotto sto studiando? Che funzione ha questo prodotto? Per quanto tempo deve soddisfare questa funzione?
L’unità funzionale definisce quanta quantità di funzione del prodotto serve per causare un impatto ambientale identificabile, per fare ciò all’ unità funzionale verranno confrontati tutti i dati in ingresso ed in uscita del mio LCA. Le unità funzionali, in un singolo studio LCA possono essere più di una.
2)CONFINI INIZIALI DEL SISTEMA: questi “confini” non sono fissi, anzi sono mutevoli a seconda della nostra necessità di modificare i parametri di input e output. I confini permettono di dare uno scheletro al nostro studio LCA, essi considerano: l’ inclusione/esclusione di processi che prima avevo/non avevo incluso; descrizioni delle categorie (inputs e outputs); descrizioni delle assunzioni iniziali e delle limitazioni; descrizione delle scelte di allocazione; scelta della metodologia di valutazione dell’ impatto; stabilire l’ inclusione di FLUSSI ELEMENTARI (flussi di energia o materia non rifiniti in nessun processo tecnico, ma che entrano/escono direttamente nel/dal sistema) e NON ELEMENTARI (= flussi di energia o materia che sono rifiniti attraverso processi tecnici).
3)QUALITA’ DEI DATI: mi devo chiedere cosa devo farne dei miei dati.
4)REPORT AND CRITICAL REVIEW: può essere fatta dallo stesso ente o da un ente terzo e ha lo scopo di assicurare la qualità dello studio.

42
Q

ISO 14040, SECONDA FASE di un LCA: INVENTORY

A

La seconda fase di un LCA è l’ inventario, il quale consiste nella descrizione di tutto il materiale e i flussi energetici che entrano all’ interno dei confini dello studio di LCA.
L’ inventario si costituisce attraverso la TABELLA D’ INVENTARIO, la quale mostra le emissioni associate all’ unità funzionale e gli usi delle risorse. L’ affidabilità dei risultati è derivata dall’ affidabilità dei dati.
L’ inventario si costituisce di 5 punti chiave:
1)CONFINI DI SISTEMA.
2)DIAGRAMMA DI FLUSSO.
3)RACCOLTA DEI DATI.
4)PROCEDURE DI ALLOCAZIONE.
5)ELABORAZIONE DEI DATI.

43
Q

Quali sono i 5 punti chiave dell’ inventario?

A

1)CONFINI DI SISTEMA: in questo punto si definisce quantitativamente e qualitativamente l’ unità funzionale e le categorie di dati ad esse associate, Vengono inoltre stabilite alcune ipotesi ed assunzioni sugli elementi precedentemente descritti.
2)DIAGRAMMA DI FLUSSO: in tali diagrammi si identificano le “boxes” ovvero la sequenza dei processi e le “frecce” cioè i flussi di materiali che collegano tra loro le boxes. Questi diagrammi di flusso si costruiscono nel seguente modo: A)produzione principale, B)produzione secondaria (anche nota come co-prodotto), C)produzione di materiali ausiliari, D)produzione di E, E)consumo di E, F)trasporti, G)Trattamento dei rifiuti.
3)RACCOLTA DATI: I dati possono essere di diversa qualità a seconda dell’ affidabilità dei database da cui provengono, a seconda delle stime con cui sono stati calcolati, a seconda degli studi condotti, e quindi dalla letteratura e dalle modellizzazioni. Ci saranno 2 tipologie di dati, quelli relativi agli input (trasporto, materiali ed E) e quelli relativi agli output (prodotti e gas rilasciati in aria, suolo e acqua). I dati presentano i parametri di: A)AFFIDABILITA’ (accuratezza, precisione e credibilità), B)ACCESSIBILITA’ (comunicazione dei dati, se essi sono opensource), C)RILEVANZA (che può essere generale o specifica).
4)PROCEDURE DI ALLOCAZIONE: per “allocazione” si intende l’ associare un certo impatto ad un prodotto/processo con la maggiore responsabilità del suddetto. Il modo più comune usato nel processo di allocazione per definire il livello di “colpa” è quello che sfrutta il parametro del volume, massa o importanza economica del prodotto. Il processo di allocazione si costituisce di 3 step: definire i prodotti e i co-prodotti, definire gli input e gli output da affiancare a prodotti e/o co-prodotti, definire le regole di allocazione da seguire. Di solito si considera solo il prodotto principale.
5)ELABORAZIONE DEI DATI: In questa parte dell’inventario i dati raccolti relativi al ciclo produttivo sono trasformati in una tabella d’impatti ambientali causati
dall’unità funzionale in studio, la TABELLA DELL’INVENTARIO.

44
Q

ISO 14040, FASE 3 di un LCA: VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI

A

In questa fase, di costruzione di un LCA, vengono ad essere aggiunti ai vari input e output gli effetti che si manifestano in termini ambientali, sia quantitativamente che qualitativamente, in altre parole misuro l’ effetto di tutto ciò che è presente a livello dell’ inventario. Ci sono 3 ELEMENTI CHIAVE che devono essere tenuti obbligatoriamente in considerazione quando si fa la valutazione degli impatti:
1)Selezione della categoria d’ impatto: dipende dal metodo di valutazione d’ impatto che vado a scegliere (spesso dipende dal tipo di software utilizzato).
2)Classificazione: i dati dell’inventario vengono suddivisi in varie categorie d’ impatto, riconducibili a 3 vaste aree (deterioramento degli ecosistemi, impatto sulla salute umana, esaurimento di risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili).
3)Caratterizzazione: processo di quantificazione degli impatti ambientali, per fare ciò si usano dei caratteri ambientali specifici (per l’ effetto serra sfrutto il GWP, per l’ assottigliamento dello strato di ozono atmosferico uso ODP (ozone depleting potential), per l’ acidificazione uso AP (acidification potential), per l’ eutrofizzazione uso l’ NP (nutrification potential). Per ognuna di queste categorie andrò ad utiizzare un unità funzionale specifica (CO2 come standard per effetto serra, SO2 per l’ acidificazione, il fosfato per l’ eutrofizzazione e i CFC per l’ assottigliamento dell’ ozono).
Vi sono poi 3 elementi opzionali che possono o meno essere aggiunti a questa fase dell’ LCA: normalizzazione, raggruppamento e pesatura.

45
Q

Quali sono le 2 fondamentali macrocategorie per classificare gli impatti ambientali?

A

1)METODI ORIENTATI AL PROBLEMA: hanno lo scopo di semplificare i complessi flussi in poche aree di interesse ambientale. Essi sono ad esempio: eutrofizzazione, acidificazione, global warming.
2)METODI ORIENTATI AL DANNO: rappresentano la conseguenza degli effetti. Ne sono esempi: riduzione della biodiversità, riduzione della salute umana, effetto sui monumenti, effetto sugli oceani, ecc … .

46
Q

In cosa consistono i 3 elementi opzionali della fase di valutazione dei danni di un LCA?

A

1)NORMALIZZAZIONE: vado a dividere i risultati della fase di caratterizzazione per delle unità neutre, i fattore di normalizzazione, in questo modo potrò successivamente fare dei paragoni (esempio divido le emissioni totali di una persona in un anno per un area geografica di riferimento, qui le emissioni totali sono date dall’ inventario e fase di caratterizzazione e uso come riferimento l’ area geografica; i fattori di normalizzazione che ne derivano sono i valori di riferimento di una specifica area).
2)RAGGRUPPAMENTO: processo del raggruppamento di diversi tipi d’ impatto in delle categorie d’ impatto per similarità (è altamente soggettivo): es. alta priorità: global warming, uso dell’ acqua, uso dei combustibili fossili, effetti sulla salute umana; media priorità: eutrofizzazione, uso del suolo; bassa priorità: qualità dell’ aria, acidificazione, ecc … .
3)PESATURA: i valori d’ impatto vengono pesati quantitativamente e qualitativamente tra di loro, così da rendere decision friendly le azioni da intraprendere. Ad ogni impatto viene assegnato un peso diverso, l’ assegnazione è soggettiva. Vi sono vari metodi di pesatura: A)Expert panel method (in cui un gruppo di esperti discutono e trovano degli accordi sul valore da apporre alle diverse categorie d’ impatto); B)Monetization method (qui viene fatta una stima sulla disponibilità a pagare, quindi nei confronti di fattori economici); C)Distance to target method.

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Q

ISO14040 fase di INTERPRETAZIONE di un LCA.

A

In questa fase vengono interpretati I risultati delle due fasi precedenti, “analisi dell’inventario” e “valutazione dell’impatto”, secondo gli obiettivi e il campo d’applicazione definito all’inizio. Le conclusioni dell’interpretazione dei risultati vengono registrate, cosi da consentire l’ identificazione degli stadi dell’LCA con il maggiore impatto ambientale, e quindi possono o devono essere migliorati. Nel caso in cui lo scopo dello studio sia quello di confrontare due prodotti, i risultati possono determinare quale ha un comportamento ambientale migliore.

48
Q

Come si genera E elettrica e termica dalle biomasse legnose di una SRF?

A

Le biomasse legnose sono considerate una fonte di E rinnovabile. Grazie allo sfruttamento delle SRF (short rotation forests) posso coltivare piante legnose (es. pioppi in un pioppeto), le quali si rigenereranno in tempi relativamente brevi a seguito della loro potatura, per generare cippato (trucioli di legno) che verranno sfruttati, come biomasse, per produrre E elettrica e termica.
In questo contesto dovrò tenere in considerazione i costi energetici associati al mantenimento della SRF, ad esempio i costi in carburante per il trasporto delle biomasse dalla SRF all’ impianto di loro lavorazione, insieme alle loro emissioni, il costo del mantenimento della SRF e l’ E associata al funzionamento dei macchinari.

49
Q

Cosa si intende per BIOMASSE?

A

Per BIOMASSE s’ intende: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura
(comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti
industriali ed urbani”.
Vi sono quindi diverse categorie di biocombustibili solidi:
1)Derivanti dal SETTORE AGRICOLO (filari e siepi, potature in colture legnose, colture energetiche specializzate (short rotation forestry).
2)Derivanti dal SETTORE FORESTALE (utilizzazione dei cedui, conversione dei cedui, residui degli interventi nelle fustaie, residui degli
interventi in popolamenti specializzati), particolarmente disponibile visto che negli ultimi 50 anni la superficie boschiva italiana è quasi raddoppiata e quindi ve ne è di materia prima da utilizzare. Ad oggi l’ Italia, è ricoperta dal 39% della sua superficie da terreno boschivo.
3)Derivanti dal SETTORE CIVILE (componente legnosa di bancali, rifiuti legnosi specializzati).
4)Derivanti dal SETTORE INDUSTRIALE (residui della lavorazione del legno).
5)Derivanti dal SETTORE URBANO (residui degli interventi (potature e abbattimenti).
Vi è, inoltre, una differenza in diverse tipologie di biomasse solide legnose: LEGNA DA ARDERE (25-50 cm pezzatura. 2000-3200 kcal/kg. 100-120 euro/t), PELLET (Umidità < 10-12%. 3800-4600 kcal/kg. 130-230 euro/t), CIPPATO (Umidità < 20-60%. 2000-3700 kcal/kg. 65-95 euro/t).
In generale le emissioni derivate dalla produzione di E sfruttando le biomasse solide NON sono nulle, però bisogna considerare come unità funzionale di riferimento le “EMISSIONI EVITATE” ovvero quelle che non vengono prodotte se si andasse a sfruttare qualche altro metodo di produzione di E.

50
Q

Da cosa dipende la QUALITA’ della biomassa?

A

A seconda di diversi parametri associati alla biomassa legnosa, andrò ad ottenere diversi valori di potere calorifico.
1)UMIDITA’: Una eccessiva presenza di acqua nel materiale impedisce la sua ignizione e ne diminuisce il potere calorifico, inoltre, se vi è un maggior quantitativo di acqua nel materiale, più esso sarà pesante da trasportare e quindi saranno ad esso associabili maggiori consumi energetici nella fase di trasporto.
2)CONCENTRAZIONE DI ELEMENTI MINERALI: La presenza di elementi minerali influenza la combustione in 2 modi, provoca le
corrosioni all’impianto operativo e produce emissioni di ossido di azoto, anidride solforosa e acido cloridrico.
3)CONTENUTO IN CENERI: Un alto contenuto di ceneri diminuisce il potere calorifico e determina perdite di calore. Le ceneri
derivate dalle biomasse, diversamente dalle ceneri del carbone, hanno un punto di fusione relativamente basso, con
conseguenti problematiche per il sistema di combustione.

51
Q

Come funziona un impianto di TELERISCALDAMENTO a BIOMASSE?

A

Questi impianti sono costituiti da:
1)Una centrale termica, dove viene prodotto il calore.
2)Una rete di distribuzione e trasporto.
L’ acqua viene riscaldata a livello della centrale e, attraverso un sistema di tubazioni sotterranee, viaggia sino alle abitazioni dell’ utenza, dove scambia calore con l’ acqua dell’ impianto interno (es, delle abitazioni) per poi vedere scendere la propria T man mano si allontana dalla centrale. In seguito torna verso la centrale dove subisce un ri-riscaldamento per ricominciare il ciclo.
Il teleriscaldamento a biomasse porta diversi vantaggi:
ECONOMICI e SOCIALI:
1. I comuni conseguono l’autonomia energetica;
2. La produzione locale di cippato assicura un extra reddito;
3. L’uso della risorsa locale favorisce la coesione sociale;
4. Nascono nuove opportunità occupazionali nell’indotto della filiera;
5. Il prezzo dell’energia è inferiore.
VANTAGGI AMBIENTALI.
1. Il bilancio di CO2 è nullo;
2. Presenza di un camino unico e fumi a impatto zero;
3. Diminuzione dei combustibili fossili e del loro trasporto;
4. Manutenzione dei boschi e sua valorizzazione economica.
Per capire dove costruire una centrale di teleriscaldamento è necessario effettuare diverse tipologie di valutazioni. Bisogna capire il grado di costi-benefici, quanto colui che ci investe ci guadagnerà a lungo termine, se la popolazione locale accetta il progetto di costruzione e come l’ E prodotta verrà ad essere distribuita sotto forma di calore all’ utenza. Vi sono inoltre 2 tipologie di distanze che devono essere per forza considerate:
1)La distanza dal prelievo della risorsa: solitamente con un massimo di 60-80 km dalla centrale.
2)La distanza delle reti: qua si parla di un massimo di 25 km dalla centrale.

52
Q

Quali sono le valutazioni da fare se si vuole costruire ed investire in una centrale di telerilevamento?

A

1)ANALISI DELLA DOMANDA LOCALE: bisogna in tal caso evitare sia la SOTTOSTIMA DELLE UTENZE (si raggiunge una massima potenza per un certo quantitativo di abitazioni/strutture che però risulta essere inferiore a quella reale necessaria) sia la SOVRASTIMA DELLE UTENZE (produco più di quanto riesco a vendere).
2)ACCETTABILITA’ SOCIALE (Bisogna avere il consenso per: posa della rete, allacciamenti, presenza della
centrale, approvvigionamento della biomassa. La posizione ideale delle centraline di teleriscaldamento è vicino alle arterie di
trasporto e ad una distanza conveniente dall’abitato).
3)VALUTAZIONE DEL VALORE STRATEGICO DELLA RETE: Il costo della rete rappresenta un onere che assorbe dal 50% al 80% del costo
dell’impianto. Si consiglia un intervento congiunto con le PA per ripartire i costi per gli altri servizi, come acquedotti, fibre ottiche…
(perché nel momento in cui faccio lo scavo per la mia rete ha senso far passare altre cose in quel terreno, così da dividere i costi dello
scavo).
4)Devo anche considerare gli inquinanti che possono essere rilasciati in ambiente, come le polveri, le quali possono essere notevolmente diminuite sfruttando dei FILTRI.