dizionario italiano Flashcards

(35 cards)

1
Q

prosapia

A

[dal lat. prosapia], lett. - [complesso delle persone che si riconoscono discendenti da un antenato comune: discendere da illustre p.] ≈ casa, casata, casato, ceppo, clan, dinastia, discendenza, genealogia, genìa, gente, lignaggio, progenie, sangue, schiatta, stirpe

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2
Q

causudico

A

1 Chi difendeva qlcu. in giudizio senza essere avvocato
2 spreg. Avvocatucolo, leguleio; estens. persona cavillosa

bruciando gli argomenti causidici col fuoco di risposte sferzanti

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3
Q

pania

A

1 Materia appiccicosa ricavata dalle bacche del vischio, usata per catturare piccoli uccelli SIN vischio
2 fig. Lusinga, allettamento finalizzato all’inganno: cadere nella p.

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4
Q

mussola

A

essuto molto leggero in armatura tela e a trama molto rada (simile alla garza da medicazione). Fu introdotta in Europa dall’Asia nel XVII secolo, Il suo nome deriva dalla città di Mosul sulle rive del Tigri dove gli europei la incontrarono la prima volta ma ha la sua origine nella città di Dacca in Bangladesh.
Originariamente era prodotto con cotone, poi con la lana e il lino. Viene utilizzato per l’arredamento nei tendaggi, nella biancheria da letto, nella biancheria intima e per l’abbigliamento femminile come le camicette. La mussola veniva anche utilizzata come fondo per le Thangka, pitture religiose su tela con provenienza da paesi Buddhisti come Tibet, Bhutan e Nepal.

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5
Q

atarassìa

A

[dal gr. ἀταραξία «imperturbabilità», comp. di ἀ- priv. e tema di ταράσσω «turbare» (cfr. τάραξις «confusione, sconvolgimento»)]. – Nella filosofia di Democrito e in quella delle scuole postaristoteliche (epicurea, stoica, scettica), lo stato di indifferente serenità del saggio, che ha raggiunto il dominio delle proprie passioni ed è imperturbabile di fronte alle vicende del mondo.

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6
Q

biżżèffe

A

[dall’arabo bizzāf, dial. bizzēf «molto»]. – Nella locuzione a bizzeffe, in grande quantità

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7
Q

rictus

A

[dal lat. class. rictus -us «apertura della bocca»]. – In medicina, contrazione spasmodica dei muscoli facciali periorali, per cui la bocca assume un atteggiamento simile al riso: rictus tetanico, lo stiramento spastico dell’apertura orale che lascia scoperti i denti e le gengive e fa acquistare al malato un aspetto analogo a quello del riso sardonico. Per estens., nell’uso letter. o elevato, smorfia molto pronunciata, ghigno

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8
Q

tregènda

A

lat. *transienda «passaggio, via di transito» (der. di transire «passare»), attraverso un dialetto settentr.]. – Convegno notturno di diavoli, […] le espressioni fig. un’atmosfera, un’aria, un ambiente da tregenda, allucinante, che incute terrore; una notte da tregenda, cupa, tempestosa, tragica.

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9
Q

buran buriana

A

Il buran, (in russo: буран?) è un vento di aria gelida, spesso molto forte, caratteristico delle steppe della pianura sarmatica, ad ovest degli Urali.
Esso è spesso accompagnato da bufere di neve congelata durante la quale i fiocchi caduti a terra vengono sollevati di nuovo e, mescolandosi alla neve che cade, azzerano quasi la visibilità; in questo caso assume il nome di пурга, purga.

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10
Q

dormire della grossa o della quarta

A

un’espressione che affonda le radici nel terreno plurisecolare delle attività agricole, che ha dato vita a tante locuzioni figurate la cui trasparenza, con l’avvento della meccanizzazione nelle campagne e l’affermarsi della civiltà industriale, è andata inevitabilmente perdendosi. L’aggettivo grossa sottintendeva un tempo il sostantivo dormita e si riferiva a uno dei periodi di letargo in cui cadevano, durante l’allevamento, le larve dei bachi da seta. La grossa era la fase finale di riposo della larva, al termine di un ciclo di crescita che durava trenta-quaranta giorni e che prevedeva quattro dormite in coincidenza con le quattro mute della pelle e le cinque età attraversate dal baco in fieri. Durante i periodi di veglia, e dunque di attività, le larve (i bigatti) dovevano essere nutrite abbondantemente e con continuità di foglie di gelso, facendo attenzione che fossero sempre fresche e non bagnate. In origine, le quattro dormite erano definite della prima, della seconda, della terza e della quarta o della grossa, proprio perché il quarto periodo di inattività era particolarmente lungo e dava l’idea agli allevatori di essere fatto di un sonno pesante.

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11
Q

asìndeto

A

[dal lat. tardo asyndĕton, gr. ἀσύνδετον, comp. di -ἀ priv. e συνδέω «legare insieme»]. – Figura sintattica che consiste nella mancanza della congiunzione fra due o più termini in stretta coordinazione; per es.: veni, vidi, vici (Cesare); Ardon gli sguardi, fuma La bocca, agita l’ardua Testa, vola la spuma (Foscolo). Può essere un fatto stilistico, cui si ricorre per enfasi o per maggiore efficacia, come negli esempî citati, ma si trova anche in locuz. comuni, come nel fr. bon gré mal gré o nell’ital. detto fatto

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12
Q

eterotopia

A

Eterotopia è un termine coniato dal filosofo francese Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano».
Eterotopico è, per esempio, lo specchio, in cui ci vediamo dove non siamo, in uno spazio irreale che si apre virtualmente dietro la superficie ma che, al contempo, è un posto assolutamente reale, connesso a tutto lo spazio che lo circonda. Un altro esempio di eterotopo è il cimitero, unione/separazione simbolica della città dei vivi e dei morti, «l’altra città in cui ogni famiglia possiede la sua nera dimora». Come sono eterotopie teatri, cinema, treni, giardini, collegi, camere d’albergo, manicomi, prigioni…

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13
Q

coprolagnia

A

Espressione patologica di ricerca dell’eccitamento erotico attraverso la manipolazione e l’insudiciamento di sé o di altri con materiale fecale

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14
Q

ghirba

A

dall’arabo qirba «otre di pelle». 1. Otre di pelle usato da tribù dell’Africa per trasportare l’acqua: la parola, portata in Italia dai soldati italiani della guerra d’Africa del 1895-96 e di quella libica del 1911-13, è rimasta nell’uso di reparti militari, soprattutto alpini, per indicare l’otre di pelle per il rifornimento di acqua, e presso i campeggiatori, per indicare il recipiente di tela impermeabilizzata (o di materiale plastico) che generalmente viene appeso ad alberi o tende per mantenere fresca l’acqua da bere. 2. fig. La pelle, come metafora della vita, in frasi del gergo militare: riportare a casa la ghirba, salvare la pelle; lasciarci la ghirba, rimetterci la vita.

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15
Q

essere un vecchio bacucco

A

Si vuole che il detto alluda al profeta Abacuc, senza tuttavia precisare a quale dei due profeti di questo nome si riferisca. Mancano dati certi sulla longevtà di entrambi, ma in ogni caso vissero ambedue in epoche così lontane da poter giustificare il detto, se non con la durata della loro vita, almeno con la distanza del loro tempo da nostro.

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16
Q

favonio

A

fohn zefiro vento

17
Q

psittacismo

A

Tendenza a ripetere come un pappagallo ciò che si è sentito; tendenza a usare parole vuote o che non si comprendono dal greco psittakós pappagallo.
L’immagine del pappagallo che ripete le parole: lo può fare con bravura sorprendente, ma certo non comprende il significato di ciò che dice.

Lo psittacismo è quindi la tendenza a ripetere parole o idee di altri senza alcuna comprensione.

Quando certe parole non sono colte nella loro essenza profonda e concreta, il ragionamento che le impieghi finisce per essere uno psittacismo, una voce vuota come quella del pappagallo.

Quindi all’esame, per superficialità, gli psittacismi più dotti vengono premiati con voti alti; i titoli dei giornali e le discussioni degli opinionisti sono ricchi di psittacismi, reiterati per comodità e mancanza di fantasia; e l’inchiesta scomoda trova ostacolo nell’ossequioso psittacismo dei politici, rinserrati dietro formule di circostanza. Una parola importante, perché se anche è poco conosciuta, descrive un fenomeno consueto in maniera callida e tagliente.

18
Q

epigramma

A

iscrizione poetica encomiastica o dedicatoria o, più spesso, funeraria. Più comunemente viene inteso come epigramma un componimento poetico di vario carattere che si contraddistingue per la sua brevità e icasticità.

19
Q

icàstico

A

[dal gr. εἰκαστικός eikastikós «rappresentativo», der. di εἰκάζω eikázō «rappresentare» Che descrive, rappresenta o ritrae nei tratti essenziali, caratterizzato da particolare evidenza ed essenzialità e quindi in modo efficace e spesso asciutto, tagliente: stile i.; espressioni i.; una descrizione icastica. ◆ Avv. icasticaménte, in modo realistico; con immediatezza, con efficacia rappresentativa: descrivere icasticamente.

20
Q

àgape

A

[dal lat. tardo agăpe, gr. ἀγάπη «amore»]. – 1. Convito fraterno presso gli antichi cristiani. 2. estens. Convito intimo fra amici: si riunirono tutti in una fraterna a. finale. 3. letter. Affetto, amore.

21
Q

lotta senza quartiere

A

Questo modo di dire deriva dal fatto che nell’antico linguaggio militare, la persona sfidata ad un duello aveva la possibilità di ritirarsi in cambio di una somma di denaro. Questa somma veniva chiamata “quartiere” dal momento che corrispondeva alla quarta parte della paga di un militare. In questo caso lo sfidante poteva scegliere se accettare la somma di denaro o rifiutarla, preferendo il duello.

22
Q

epitàffio

A

comp. di ἐπί «sopra» e τάϕος «tomba»]. – 1. Iscrizione sepolcrale, spesso in forma di breve componimento in versi, che per lo più contiene anche le lodi del defunto 2. Presso gli antichi Greci, discorso pronunciato da un oratore pubblico per celebrare gli eroi che erano morti per la patria

23
Q

cloche

A
  1. Cappello tondo da donna, con le tese molto incurvate e volte verso il basso. 2. a. Negli aeroplani, barra di comando del timone di profondità e degli alettoni. b. Negli autoveicoli, cambio a cloche, cambio la cui leva di manovra è situata sul pavimento della vettura di fianco al posto di guida, in posizione, quindi, analoga a quella della cloche degli aeroplani; si contrappone a cambio al volante. 3. Nel servizio di mensa e di ristorante, coperchio, copripiatti, per lo più metallico, in forma di campana tonda od ovale, a cupola o a tronco di cono, che si pone sopra il vassoio o il piatto di portata per mantenere calda la vivanda.
24
Q

bitta

A

Bassa e robusta colonnetta, generalm. di ghisa, terminata con un collarino o con una testa a fungo, che si dispone lungo il bordo delle calate dei porti (e anche sui ponti delle navi) per legarvi le catene o i cavi di ormeggio

25
birro
Nel Medioevo e in età rinascimentale, guardia che tutela l'ordine pubblico SIN sbirro
26
manutèngolo
Chi tiene mano a malviventi, aiutandoli in azioni illecite o delittuose senza avervi parte determinante: sono stati arrestati i rapinatori e i loro m. Per estens., chi favoreggia altri nel compimento di attività o imprese giudicate comunque condannabili moralmente o idealmente
27
screziare
Cospargere, coprire di colori fra loro diversi screziato: variopinto, di colori diversi Dall'idea di diversità--> screzio--> differenza quindi dissapore contrasto
28
ranno
Soluzione o miscuglio di cenere di legno e acqua bollente, usati, soprattutto nel passato, come detergente per lavare i panni
29
flatus vocis
locuz. lat. (propr. «emissione di voce»). – Espressione tradizionalmente attribuita al filosofo Roscellino di Compiègne (morto intorno al 1120), massimo rappresentante del nominalismo medievale, secondo il quale i concetti universali non hanno alcuna realtà oggettiva e sono soltanto semplici nomi (cioè, appunto, dei flatus vocis). È talora ripetuta nel linguaggio comune, riferita in senso polemico a discorsi privi di consistenza o a promesse che non hanno seguito.
30
cavìcchio
Legnetto rotondo e appuntito a un’estremità, che si pianta nel muro o su un’asse per appenderci roba: staccò da un c. il cappello e la cappa (Manzoni) avere un c. per ogni buco, aver pronta una scusa per ogni circostanza, o contro ogni accusa; aguzzarsi il c. sul ginocchio, agire a proprio danno; ha il c., di persona a cui tutto riesce bene
31
bellüino
[dal lat. bel(l)uinus, der. di belua «belva»]. – Di belva, bestiale: natura b.; istinti belluini
32
grifagno
[dal provenz. grifanh, di origine germ.; cfr. l’ant. alto-ted. grīfan «afferrare»], letter. – 1. Rapace; è attributo generico degli uccelli di rapina, con artigli e becco adunco: l’altro fu bene sparvier grifagno Ad artigliar ben lui (Dante). Per estens., tipico degli uccelli rapaci, detto del becco, degli artigli, degli occhi 2. fig. Riferito agli occhi di una persona, simili a quelli di un uccello di rapina, quindi fieri, minacciosi, o vividi: Cesare armato con li occhi g. (Dante); pupilla g. (Pascoli); facendo lampeggiar or il bianco, ora il nero di due occhi g. (Manzoni)
33
turlupinare
rlupiner, prob. connesso con il nome della setta dei turlupins (v. turlupini), che passò a indicare «chi scherza sulle cose di religione, o che ama fare beffe di cattivo gusto»; Turlupin fu poi nome d’arte di un attore fr. di farse, Henry Legrande († 1634), noto anche come Belleville]
34
turlupini
Nome degli appartenenti a una setta ereticale medievale che nella seconda metà del 14° secolo si diffuse spec. nella Savoia, nel Delfinato e nei dintorni di Parigi. La principale ideologa della setta era la parigina Jeanne Dabenton (o Daubenton o Daubentonne o Dabentonne), che predicava la povertà, il girare completamente nudi, la riduzione di tutti i doveri religiosi ad una semplice preghiera silenziosa, ed il concetto che non era peccaminoso soddisfare le proprie passioni e i desideri dei sensi per i “santi” (cioè i seguaci di queste idee), quindi che non c’era nulla di cui vergognarsi degli atti sessuali. Alcuni autori cattolici riportarono che essi, convinti di questi concetti, si lasciavano andare ai più scatenati e vergognosi eccessi sessuali. Il 4 luglio 1372 la setta fu condannata e i suoi seguaci scomunicati da Papa Gregorio XI (1370-1378): la Dabenton, con altri suoi seguaci, fu bruciata nello stesso 1372 in Place de Grève, a Parigi, per ordine del re francese Carlo V (1364-1380).
35
letto di Procuste
Nella mitologia greca classica, Procuste, dal termine greco Προκρούστης, Prokroustês, che significa "lo stiratore"; Procrustes in latino) è il soprannome di un brigante greco di nome Damaste (o anche Polipèmone) che, appostato sul monte Coridallo, nell'Attica, lungo la via sacra tra Eleusi e Atene, aggrediva i viandanti e li straziava battendoli con un martello su di un'incudine a forma di letto scavata nella roccia o metallica. I malcapitati venivano infatti stirati a forza se troppo corti, o amputati qualora sporgessero dal letto. Ulteriori interpretazioni del mito (che divennero predominanti) affermavano invece che Damaste possedesse due letti, uno molto corto e uno molto lungo: egli tormentava e uccideva i viandanti stirando quelli di bassa statura sul letto lungo e amputando le membra di quelli di alta statura avanzanti dal letto corto. Damaste fu sconfitto e ucciso da Teseo che lo incontrò mentre si recava ad Atene da Trezene; egli lo costrinse allo stesso supplizio che imponeva alle sue vittime. Con la locuzione letto di Procuste o "letto di Damaste", derivata da questo mito, si indica il tentativo di ridurre le persone a un solo modello, un solo modo di pensare e di agire, o più genericamente una situazione difficile e intollerabile o una condizione di spirito tormentosa.