Dizionarietto Di Sanscrito Per Filosofi Flashcards
भक्ति
Partecipazione tra devoto e divinità->Devozione. Secondo il culto vaishnava ci sono 9 caratteristiche della devozione (shravana, kirtana, smarana, japa, padasevana, archana, vandana adorazione, dasya schiavitù, sakhya amicizia e atmanivedhana totale offerta di se). La devozione può essere spontanea o coltivata. La Bhakti si configura come rapporto di partecipazione amorosa con la divinità personale. Nella Bhagavadgita è l’armonizzazione di un percorso devozionale -> Bhaktimarga di diversi percorsi salvifici: karmamarga, jnanamarga, yogamarga. Si configura come profondo coinvolgimento tra devoto e divinità secondo i paradigmi mitici: Hanuman-Rama (schiavo-padrone), Arjuna-Krishna (amico-amico), Yashoda-Rama (padre-figlio), Radha-Krishna (amante-amato), Hiranyakarshipu-Vishnu (odiatore-odiato).
ब्रह्मन्
Assoluto, forza che sostenta il mondo. Principio macrocosmico al di là del tempo e dello spazio. Può essere con attributi -> saguna o senza attributi -> nirguna. Il brahman è la sola realtà, il mondo non è né reale né irreale, quindi non possono essere messi in rapporto -> il mondo è riconducibile al brahman ma non viceversa. Gaudapada postula che nulla nasca, il mondo non è, bensì appare in un limbo tra realtà del brahman ed assoluta irrealtà. Brahman -> consapevolezza ineffabile, non può essere descritto con strumenti linguistici, al più può essere descritto con mezzi apofatici (neti/neti), attraverso la negazione, per cui è sat perchè non asat, cit perchè non acit, ananda perchè non duhkhasvarupa. Dio -> Ishvara= assoluto con attributi, distinto da nirguna brahman= assoluto senza attributi. L’assoluto è reale, il mondo irreale -> Vivekachudamani
दैव
Ciò che è di pertinenza dei deva (celesti) = Destino, fato. Deriva dalla radice Div = giocare ai dadi e si riconduce all’omonimo sostantivo che si traduce con la “luce diurna”, “giorno”, “cielo” (da cui Dev = celeste). Destino -> dipendente dal volere dei celesti ma anche legato ad un esito casuale ed imperscrutabile.
दर्शन
Visione, punto di vista, prospettiva. Dalla radice Drish = vedere. In ambito vedico è la visione di un dio, di un maestro, di un luogo sacro, con l’avvento del vedanta (che sistematizza le scuole in una struttura gerarchica) passa a significare “punto di vista”, “visione del mondo”. La dottrina delle scuole viene affrontata per livelli gerarchici: 1- argomentazione del discepolo (shishya), 2- argomentazione di chi è prossimo al maestro (achariadeshiya), 3- del maestro (acharya) -> conclusione definitiva (siddhanta)
देव
essere luminoso, risplendente. Si pongono su un piano inferiore rispetto al signore supremo Ishvara (saguna Brahman). Nei veda si contrappongono agli Asura. I Deva vedici si considerano figli della stessa madre: Aditi (illimitata). Gli Aditya aumenteranno nel tempo fino a includere Vishnu (che nel passaggio all’hinduismo sarà destinato al ruolo di Ishvara). Resteranno estromessi dalla lista degli Aditya deva di tutto rispetto come Soma, Rudra e Vayu, mentre saranno presenti ad esempio Mitra, Varuna, Indra.
धर्म
Dalla radice Dhr -> porre, tenere, mantenere. E il sostegno dell’ordine universale e sociale, per estensione: uso, pratica, norma, dovere. In ambito sacerdotale è uno dei 4 fini dell’uomo (kama, artha, dharma, moksha). Si articola in varie forme: dovere comune (di tutti) e personale, dovere del proprio gruppo sociale (varna) e del proprio stadio della vita (ashrama). Il Sanatana Dharma corrisponde a ciò che in Occidente viene chiamato hinduismo. In ambito buddhista il termine pali Dhamma si riferisce all’ordine cosmico, la legge naturale e al contenuto della dottrina di Buddha. Nel contesto sacerdotale Dharma e Adharma indicano merito e demerito, secondo la dottrina jaina, dharma è il principio di moto contrapposto alla stasi (adharma).
ध्वनि
dalla radice Dhvan = suonare, riecheggiare, per traslazione: significare, sottointendere. In estetica lo Dhvani è la risonanza ultimo di senso alla quale lo spettatore può pervenire attraverso la riflessione che provoca in lui il termine presente nel testo recitato. Sul piano fonetico lo Sphota (esplosione di senso) viene manifestato da suoni (dhvani) disposti in sequenza da formare una frase -> unica entità linguistica Reale. Per Patanjali lo sphota è il linguaggio (shabda) di cui lo dhvani non è che una caratteristica. Il processo di comunicazione linguistica prevede 3 stadi: 1- esplosione di significato nella mente del parlante (sphota); 2- costruzione nella mente del parlante di una sequenza di significati associati ad un suono sequenziale ideale (dhvani); 3- stadio verbale (Nada). Nell’ascoltatore, se la comunicazione è stata efficace, si riprodurrà la stessa esplosione di senso. Lo Sphota è la causa soggiacente dello dhvani, ma non dipende interamente da esso. La ripetizione sequenziale dei fonemi fino la termine della frase serve solo a corroborare il significato, come la ripetizione dei Mantra serve a mandare a memoria un insegnamento vedico.
गुण
filo, corda, fune, per estensione qualità, attributo. Secondo il Samkhya sono le 3 qualità della Prakriti (materia): Sattva (principio luminoso), Rajas (principio dinamico), Tamas (principio inerziale). Dalla rottura del loro equilibrio si manifesta l’universo fisico. Non sono qualità della prakriti ma suoi costituenti. Quando i guna si trovano in equilibrio l’universo è immanifesto. Secondo il Vaisheshika la qualità non può essere caratterizzata da ulteriori qualità. il Vaisheshikasutra contempla 17 qualità.
Secondo il Nyaya le qualità vengono divise in manifeste e non manifeste. Secondo il Kevaladvaita gli attributi sono alla base della distinzione tra saguna e nirguna brahman. Il Vishishtadvaita concepisce dio come dotato di infinite qualità, per cui può essere solo saguna. Per la scuola dualista di Madhva i 3 guna sono governati dai 3 aspetti di Lakshmi: Shri, Bhu e Durga.
ईश्वर
Signore, divinità suprema, principio divino che sovrasta il mondo umano e celeste. Governa uomini e deva in quanto soggetti al fato (daiva). Mentre Ishvara può trasgredire le leggi del karman, garantendo le liberazione ai propri devoti con la sua grazia (Prasada). Deva -> Sorvegliano il buon andamento dell’universo, Ishvara -> unica e suprema divinità che però può essere diversamente rappresentata in base al culto di appartenenza dei devoti (Shaiva, Vaishnava, Shakta)
कारण
causa, ciò che porta qualcosa ad effetto, “effettuante”. Dalla radice Kri -> fare. Secondo il Kevaladvaita ogni processo causale presuppone un agente (Kartr). Per la produzione di un effetto a partire da una causa materiale serve una causa strumentale, che presuppone l’attività di un agente (soggetto). L’agente deve preesistere alla manifestazione dell’effetto. Il Samkhya sposa la teoria dell’effetto preesistente nella causa, da cui il Vedanta si differenzia postulando la teoria della causa preesistente nell’effetto. Prendendo ad esempio un vaso d’argilla, per il Samkhya l’effetto vaso è costituito dalla sostanza preesistente al suo manifestarsi. Per il Vedanta è invece una manifestazione apparente di un elemento appartenente a Maya (illusione cosmica) -> ogni cosa eccetto brahman è mera apparenza, prodotto di avidya.
कर्मन्
azione sempre dalla radice Kri. In origine atto rituale i cui frutti devono essere assicurati oltre la morte. Nelle upanishad si divide in Prarabdha -> azioni meritorie e demeritorie che avranno un risultato nella vita attuale. Sanchita -> risultati delle azioni latenti e passate che non potranno manifestarsi nella vita presente ma solo in quelle future. Agamin -> azioni presenti che avranno ripercussioni solo nelle vite future. Per i jaina il karman ha effetti positivi o negativi in base alla qualità morale dell’azione compiuta. In ogni esistenza si produce karman che si consumerà nelle esistenze successive e si consuma karman accumulato in quelle precedenti. Per eseguire l’arresto dell’afflusso di nuovo karman, bisogna agire sulle cause, questo “arresto” deve essere accompagnato dall’eliminazione del karman accumulato. Per il Vaisheshika è impermanente, si esaurisce per una susseguente congiunzione o per esaurimento della propria sostanza. Secondo la Purvamimamsa il karman è l’atto rituale. L’esecuzione di riti obbligatori e l’astensione da quelli facoltativi e proibiti purifica il portato karmico diminuendo il carico di demerito e evitando il nuovo accumulo. sEcondo il Kevaladvaita la liberazione si ottiene quando sorge la comprensione che atman e brahman sono la stessa cosa. La liberazione può avvenire alla morte oppure in casi eccezionali in vita -> Jivanmukta. Secondo il Vishishtadvaita Ishvara è libero dal karman e la liberazione avviene attraverso un’azione congiunta di gnosi e azione. I jiva possono essere Nitya -> eterni liberi dal karman e dalla prakrti, Mukta -> liberati o Baddha -> vincolati al samsara. La schiavitù è causata da avidya, la liebrazione si ottiene attraverso la devozione. Per il vyakarana il karman è la funzione di caso dell’accusativo -> complemento oggetto e moto a luogo.
लिंग
segno aniconico di Shiva, rappresenta la distinzione tra genere maschile e femminile. Rappresenta il legame che intercorre tra divino, umano e universo, sintesi tra microcosmo e macrocosmo. Particolarmente venerabili sono i linga che si formano in natura senza intervento umano. Ogni linga comprende il basamento di Brahma, la parte mediana di Vishnu e la parte sommitale di Shiva. I linga sono normalmente inseriti in un piedistallo che rappresenta la yoni della Shakti. Non rappresentano fertilità, ma il culmine della potenza virile adoperata per fini ascetici.
मंत्र
strumento per pensare -> formula meditativa. Si affianca ai rituali tantrici come parte imprescindibile del rito stesso, non consiste nella funzione linguistica, stilistica o metrica, ma esclusivamente in quella fonetica. Un errore di pronuncia è più grave di un errore di esecuzione del rituale. La relazione tra tra parola e significato ha portato la Purvamimamsa a elaborare una teologia atea -> il rito ha valore assoluto, in funzione della sua corretta esecuzione, i destinatari dell’offerta esistono in quanto finzione conveniente. Secondo Frits Staal l’evoluzione del linguaggio è partita dalla lingua rituale desemantizzata e solo secondariamente comunicativa -> rito prelinguistico. Il rituale genera i mantra, i mantra generano il linguaggio alle cui parole viene assegnato uni significato. In realtà si osserva una progressiva desemantizzazione nel passaggio dalla sfera vedica a quella tantrica. Un mantra è come un organismo paragonabile ad un vegetale -> il bija è il frutto, il nome del deva il germoglio. I mantra sono di 4 tipi: Perfetti, Da perfezionare (tramite japa e homa), Pienamente perfetti (ricevuti da un guru), Ostili.
माया
illusione cosmica. Nel Kevaladvaita la dualità è Maya, la non dualità è reale. é l’inesplicabilità della relazione tra atman e mondo, poter di Ishvara. Per Shankara è una sovrapposizione erronea delle proprietà di un oggetto al suo soggetto -> Avidya, nescienza -> si sradica tramite Vidya. Maya vela la realtà e proietta un illusione, generando avidya. Maya è un ammissione di inesplicabilità, serve a spiegare la contraddittorietà del mondo. Si spiega anche come Shakti di Ishvara, non è né sostanza né causa materiale ma una sua funzione. Viene definita come caratteristica di Ishvara e avidya caratteristica dell’individuo. La maya aiuta Ishvara a manifestare dissolvere ciclicamente il mondo, il brahman è Ishvara quando associato a Maya.
मोक्ष
liberazione, affrancamento dal ciclo delle rinascite. La prospettiva soteriologica è comune al pensiero upanishadico e buddhista, ma mentre il primo riconosce il sé (atman), il secondo no. le speculazioni in questo ambito più antiche risalgono al culto Shaiva dei pashupata, che concepiscono moksha come fine del disagio. Si chiama anche Kaivalya -> isolamento del purusha dalla prakriti. Il mukta non farà più ritorno all’esistenza al momento della morte o direttamente in vita (Jivnmukta). La Bhagavadgita predica 3 discipline salvifiche: azione, conoscenza e devozione. Nello Yogadarshana, kaivalya è il culmine della coltivazione delle 8 membra della disciplina. Per ili Samkhya è il discernimento tra purusha (inerte, cosciente, maschile) e prakriti (attivo, incosciente femminile). Per il vedanta non duale la liberazione si ottiene tramite la conoscenza della reale natura del sé (atman = brahman). Nel vedanta dualistico la salvezza si ottiene solo al favore (prasada) di dio. per le scuole teistiche è in genere una progressiva assimilazione a dio senza mai completa unificazione.
नादी
canale, sia grossolano in cui circolano i fluidi, che sottile in cui circola il prana. In corrispondenza della colonna vertebrale si trova la nadi più importante -> sushumna e tutte le altre nadi hanno origine dalla zona de coccige, risalendo fino al sahasrarapadma alla sommità del capo. Ai lati di sushumna ci sono Ida a sinistra e Pingala a destra. Lo yogin ha come scopo il risveglio di Kundalini che risiede assopita nel muladhara chakra. Ida e pingala si attorcigliano attorno a sushumna, punto di arrivo del cammino mistico in cui Shiva (Pingala) e Shakti (Ida) sublimano e si neutralizzano.
निर्वाण
cessazione, estinzione del soffio, per il buddhismo antico è il fine ultimo del percorso soteriologico che consente di spezzare il ciclo di rinascite -> sinonimo di moksha. Il cammino verso l’estinzione è graduale: si parte da un livello in cui si è ancora vincolati al samsara per arrivare all’estinzione suprema che avviene al momento della morte. Entrare nel nirvana significa entrare nel flusso dell’esistenza, risvegliarsi alla realtà soggiacente l’apparenza. Con il Mahayana (grande veicolo), capace di portare alla liberazione un gran numero di esseri, trionfa la figura del Bodhisattva -> in grado di accostarsi al Nirvana ma che sceglie di rimanere nel mondo per aiutare quanti più esseri ad avvicinarsi alla liberazione. Nel Mahayana sia il monaco che il laico possono conseguire la perfezione. Nel Madhyamika, via di mezzo predicata da Buddha, il nirvana stesso è compresente nel samsara. La concezione di vacuità (shunyata) si applica sia alla trasmigrazione (samsara) che all’estinzione (samsara).
निर्विकल्पक/सविकल्पक
dicotomia tra “privo di modificazioni mentali” e “accompagnato da modificazioni mentali”. Si applica a 2 tipi di percezione: la percezione preverbale del “questo” e la percezione verbale del giudizio discriminante. Secondo la purvamimamsa la conoscenza è indeterminata, il soggetto conosce l’oggetto come esistente, successivamente sorge l’interpretazione dell’oggetto alla luce delle conoscenze pregresse e si esprime in giudizi. Secondo il Kevaladvaita la distinzione è tra consapevolezza priva di costruzioni mentali che porta all’esperienza diretta, intuitiva del brahman e la consapevolezza accompagnata da costruzioni mentali che da luogo alle funzioni (vritti) conoscitive dell’organo interno si può fare il parallelismo tra sonno (nirvikalpaka) veglia (savikalpaka)
ॐ
sillaba sacra della tradizione sacerdotale. La Chandogya Upanishad identifica il brahman con la sillaba Om. Dopo aver covato i mondi Prajapati generò le tre sillabe Bhuh (terra), Svaha (spazio intermedio) e Svar (cielo), spremendo queste ultime ottenne la sillaba Om, che tiene insieme l’universo. La Mundaka Upanishad inserisce la sillaba sacra nella meditazione ritualizzata Upasana. L’origine della sillaba Om come termine dell’oblazione alla divinità, in cui la si invita a prendere parte al sacrificio, la vede affiancata ad altre “concorrenti meno fortunate” tracui la stessa Svaha. Continuamente ripetuta certificava il buon andamento del sacrificio
पाशुपत
Seguace di Pashupati. Scuola che si rifà alla figura di Shiva come signore degli animali legati al laccio. Particolare importanza ha ili precetto per cui l’adepto debba vivere sotto mentite spoglie tra la gente comune e si dedica a pratiche disdicevoli, attirando su di sé l’ira della comunità. Questo attua trasferimento del karman dall’adepto a chi lo rimprovera, affrettando il suo cammino di purificazione.
प्रकृति
principio oggettuale, condizione primordiale. Secondo il Samkhya è la seconda entità ultimo: il principio femminile, attivo ed incosciente -> per estensione Natura. A fasi alterne manifesta e riassorbe il mondo a seconda che i suoi principi costituenti siano in equilibrio o squilibrati (guna). La schiavitù nel samkhya consiste nell’erronea attribuzione al purusha di un rapporto con la prakriti. La liberazione consiste nel riconoscimento cha tale coinvolgimento sia illusorio. La gnosi avviene in uno spazio puramente mentale -> metafora della danza in cui la danzatrice (prakriti) interpreta un ruolo e al termine di esso si ritira dietro il sipario. La prakriti ha bisogno del purusha per essere esperita, il purusha ha bisogno della prakriti per ottenere la discriminazione che porta alla liberazione. I guna sono i costituenti della prakriti, non le sue qualità. La scuola è ateistica, non concepisce dio. Nella Bhagavadgita c’è un binomio analogo: quello del campo (kshetra) e del conoscitore di campo (Kshetrsajna). Nei purana il fondamento della realtà è chiamato indifferentemente brahman o prakriti. Nel kevaladvaita maya è equivalente a prakriti o più precisamente al binomio “Nome e Forma”. Nell’ayurveda la prakriti è la costituzione del paziente (distribuzione dei dosha)
प्रमाण
Mezzi di conoscenza valida. I materialisti riconoscono la sola percezione. Il Samkhya ne ammette 3: percezione, inferenza (pratyaksha) e testimonianza autorevole (Shabda). Lo yogadarshana presuppone 5 modificazioni mentali che danno vita alla conoscenza: conoscenza autentica, conoscenza erronea, costruzione mentale, sonno e memoria. Secondo il Nyaya c’è una differenza sostanziale tra i mezzi di conoscenza valida e l’oggetto della conoscenza (sé, atman). Il Kevaladvaita riconosce la percezione, l’inferenza, la testimonianza verbale (shabda) come pramana principali, tutti i pramana sono validi fino a che non si realizza la verità ultima (fino a che avidya è in vigore). Nel vyakarana shabda è il fondamento degli altri pramana, in quanto unica a non essere soggetta a errore.
पुरुष
maschio, principio soggettuale cosciente. Nei purana è l’uomo cosmico, talvolta identificato con Prajapati, personificazione del sacrificio (ha smembrato sé stesso per generare il mondo). Il purusha è chiamato anche demiurgo o Hiranyagarbha. Nel Samkhya è uno dei 2 principi fondamentali del sistema, del tutto indipendente, non coinvolto nella prakriti. E un soggetto cosciente. Esistono una moltitudine di purusha, ma uno solo di essi è illimitato (dio) -> questo solo le scuole seriori non ateistiche.
शक्ति
potenza (personificata e impersonale). per il Nyaya è la capacità della parola di veicolare un significato -> potenza discendente da Dio. Secondo le scuole Shaiva esistono 5 potenze specifiche: anandashakti, kriyashakti, jnanashakti, chicchakti (coscienza), icchashakti (volontà). Secondo le scuole shakta la relazione la relazione tra Shiva e Shakti è la stessa che intercorre tra un cadavere e la scintilla vitale (senza I Shiva diventa shava = cadavere). La trimurti svolge le sue funzioni in quanto obbedisce alla Shakti. Shiva è nirguna brahman, Shakti saguna brahman.