A.C.E Flashcards

1
Q

Cos’è e a cosa serve il RITO DI PASSAGGIO?

A

Il rito di passaggio è il valicamento di una fase liminare della vita. In vicinanza del rito di passaggio si è nella fase di VULNERABILITÀ, cioè non si è più qualcosa di passato, ma non si è ancora qualcosa che si potrà essere in futuro.
Secondo Gennep, il passaggio, nella comunità, di individui, da uno stato all’ altro, comporta una perdita di equilibrio, il quale può essere ristabilito attraverso la manifestazione esplicita di tale transizione, appunto attraverso il rito di passaggio.
Il rito di passaggio, in molte culture, indica il misurarsi con quello che si è, per divenire quello che si vuole essere. Si effettua un passaggio di STATUS (il quale deve essere sancito dalla comunità di appartenenza).
Il rito di passaggio si divide in 3 fasi: separazione, margine e aggregazione. La SEPARAZIONE indica il distacco da quella che è la condizione del se precedente, il MARGINE indica la fase liminare, non sì è qualcosa di definito, mentre l’ AGGREGAZIONE indica quello che si è diventato, accettato dalla società.
Il rito di passaggio non è da intendersi solamente con il passaggio dalla fanciullezza e adolescenza alla fase adulta della vita, bensì come il tramite tra 2 condizioni socialmente riconosciute.
Alcuni esempi i riti di passaggio:
1)Circoncisione (rimozione dei parte della pelle esterna del pene, sancisce il passaggio dall’ adolescenza all’ età adulta del maschio).
2)Mutilazione genitale femminile (serie di pratiche atte alla rimozione di parti della vagina esterna, come le grandi labbra o la clitoride, sancisce il passaggio all’ età adulta della donna) o l’ infibulazione, in cui la maggior parte dell’ apertura vaginale è cucita, con il passaggio per il sangue mestruale.
3)vari riti di passaggio possono essere osservati anche nella contemporaneità.
4)il pellegrinaggio musulmano (haj). L’ individuo si porta sino al confine sacro che circonda (idealmente) la Mecca, indossando un abito bianco tradizionale (fase dell’ Ihram, che pone il pellegrino in una fase liminare tra il mondo profano e quello sacro). Lo stato di Irham impone al pellegrino di non consumare certi cibi, l’ astensione dai rapporti sessuali ecc. Questo stato culmina con quello di “margine” attraverso il sacrificio di “Id al Kabir” (la grande festa) di un capro maschio. Dopo questa fase, il pellegrino potrà avvicinarsi e toccare il simbolo sacro per eccellenza, la Kaba, così da aggregarsi alla comunità dei credenti.
Spesso dei riti di passaggio sono dei RITI D’ INIZIAZIONE, che servono a ufficializzare l’ individuo in posizioni adeguate alla sua età sociale. Spesso questi riti d’ iniziazione vengono compiuti per il passaggio dell’ individuo all’ interno di “società segrete” (e con ciò si intende che sono note, ma i processi e le azioni da esse compiute sono tenute segrete). Un esempio di società segreta è quella Sande (appartenente alla popolazione Mende della Sierra Leone). Tale società Sande è composta da sole donne, le quali celebrano le proprie feste con i loro riti. In particolare, questa società segreta, per anni si è scontrata contro l’influenza musulmana del luogo. Le adepte Sande si vestivano all’ occidentale e comportavano all’ occidentale così da sfidare apertamente il potere maschilista musulmano.

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2
Q

Cos’è l’ ANTROPOLOGIA?

A

È la scienza che studia l’ essere umano da un punto di vista culturale. L’ antropologia studia le culture antiche, ma anche quelle moderne, sia in luoghi lontani che in ambienti comuni.
L’ antropologia occidentale del passato, che si sviluppava in un periodo in cui le società Europee e Nord-Americane dominavano il mondo, aveva come principio il pensiero secondo il quale le culture di altre parti del mondo, come quelle africane, fossero inferiori, non sviluppate (ancora bloccate ad una fase primitiva dell’ evoluzione umana), in effetti, questa scienza contribuiva allo sviluppo del razzismo culturale. Ad oggi, l’ antropologia moderna, ha come principio l’ uguaglianza dell’ essere umano (qualunque sia la sua provenienza).

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3
Q

Cos’è una CULTURA?

A

La prima definizione di “cultura” la diede Taylor, nel 1871: insieme di conoscenze, credenze, arte, morale, diritto, costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’ uomo in quanto membro della società.
Successivamente la cultura viene intesa come “complesso di modelli”: il come camminiamo, il come parliamo, come ci accoppiamo, sono azioni CULTURALMENTE DETERMINATE. L’ essere umano, facente parte di una società, di una cultura, persegue i propri obbiettivi adattandosi sia all’ ambiente naturale che a quello sociale che li circonda. La cultura è quindi un complesso di modelli selezionati e tramandati nel tempo, da generazione in generazione, con acquisizione di elementi appartenenti a culture diverse e incorporazione di essi nella propria (certe culture possono essere più aperte mentre altre più chiuse, nei confronti dello scambio di elementi culturali), a volte i modelli culturali possono venire imposti con la violenza (es. Colonialismo).
La cultura è dinamica, cambia nel tempo. Nella stessa società (o cultura) vi possono essere più modi di vedere il mondo (ciò può essere dovuto al potere, alla posizione sociale, alla ricchezza), il che indica che la cultura è STRATIFICATA.
La cultura è OLISTICA, il che vuol dire che i modelli culturali non sono isolati da cultura a cultura, sono modelli ripetibili benché più o meno diversificati (simbolismo, religione, società).

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4
Q

Ruolo dell’ ETNOGRAFIA all’ interno dell’ Antropologia.

A

L’ ETNOGRAFIA è il principale strumento antropologico.
È la raccolta di informazioni e dati attraverso l’ osservazione e l’ ascolto della vita quotidiana delle persone con cui si vive (mangiando con loro, lavorando con loro, partecipando alle loro attività culturali e religiose). Attraverso la partecipazione a tali attività (osservazione partecipante) si riescono a cogliere informazioni che altrimenti non sarebbero venute fuori attraverso una semplice conversazione (per fare questo occorre immedesimarsi in loro, “vedere il loro mondo con i loro occhi”; alla fine però bisogna distaccarsi e ritornare al proprio mondo).
L’ ETNOGRAFIA è quindi una “interpretazione di interpretazioni”.
Di solito l’ antropologo che decide di studiare una determinata cultura, deve prima di tutto guadagnarsi la fiducia degli individui a capo della comunità, a seguito iniziare a praticare i riti quotidiani e non che le persone del luogo attuano, potenzialmente impararne la lingua, dormire con loro, seguire la loro alimentazione ecc… . Durante questo atto di partecipazione alla quotidianità della cultura si associa l’ osservazione dell’ antropologo.
Il primo antropologo che si discosto da quel metodo antropologico da tavolino (in cui gli antropologo non avevano contatti diretti con le persone della diversa cultura ma si basavano sui resoconto di esploratori o missionari) o da veranda (in cui gli antropologo osservavano ma non partecipavano alla vita quotidiana della cultura studiata) e costruire il metodo dell’ OSSERVAZIONE PARTECIPANTE fu Malinovsky.
Importante è che ciò che avviene nello spazio e nel tempo sia CONTESTUALIZZATO alla cultura. Allo stesso tempo però il contestualizzare non deve portare al RELATIVISMO CULTURALE ASSOLUTO (giustificare pratiche culturali come l’ infibulazione o il matrimonio di ragazzini, come “fa parte della loro cultura” quindi è giusto così), nonostante il relativismo (per avere uno sguardo non etnocentrico) sia fondamentale nell’ antropologia. Spesso siamo portati a pensare che pratiche di altre culture siano primitive o inferiori alle nostre (ETNOCENTRISMO), da questi pensieri si svilupparono sistemi di dominio di popoli “superiori” nei confronti di popoli “inferiori” (es. Colonialismo, nazismo).

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5
Q

Concetti di RAZZA e di RAZZISMO.

A

La “razza” come concetto biologico non esiste, mentre come struttura sociale si. Il concetto biologico di razza indica l’ essere umano come unica specie, ma suddivide esso in vari gruppi (razze) a seconda di loro caratteristiche fisiche,contesti). Il razzismo biologico non ha alcun fondamento scientifico, il materiale genetico umano è uguale per tutti (eccetto micro-variazioni, che, col tempo, si sono costituite a causa della migrazione dei popoli in differenti zone del mondo e di conseguenza della loro cultura (questo concetto fu usato nelle varie epoche per supportare varie forme ideologiche che avevano il fine di dominare sulle altre culture, come il colonialismo, l’ imperialismo e il nazismo, ed è ancora oggi presente in diverse condizioni). Il razzismo biologico si fa forte del concetto di AREE CULTURALI, cioè l’ immaginare una equivalenza diretta tra una determinata area e un determinato modello culturale (i modelli culturali non sono fissi in un luogo, si spostano, trasformano ed interagiscono nel tempo).
Il Razzismo culturale è verso l’ altra cultura, evidenziare le differenze culturali come un male, poiché ritenute, a prescindere, inferiori alle nostre. Il razzismo SOCIALE si può manifestare anche all’ interno di stessi “gruppi” di persone, un esempio di ciò è il razzismo dell’ APARTHAID e quello post APARTHAID. Durante il periodo dell’ APARTHAID, in sud-africa, vi era una sistematica discriminazione tra neri e bianchi (istituzionalizzata), post-aparthaid, molti neri iniziano a occupare cariche importanti nella società, posti “sottratti” ai bianchi, quindi nel gruppo di neri si crea una forma di razzismo di status e sociale, oltre che economico, e lo stesso vale per i bianchi.

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6
Q

Tendenza di vedere i popoli appartenenti ad altre culture come PRIMITIVI.

A

La società occidentale moderna pensa di essere il culmine di un percorso, il punto di arrivo, di conseguenza, quando vede popoli ancora legati a tradizioni, metodi di vita e usanze del passato, li tende a descrivere come PRIMITIVI. Popolazioni come gli Inuit o gli aborigeni (cacciatori-raccoglitori), una volta entrati in contatto con il mondo moderno, hanno scelto, chi più e chi meno, di abbracciarlo entro una certa misura (quanto ritenevano opportuno). Successivamente, nella società occidentale, con l’ avanzare della modernità nelle città, si tendeva a indicare i contadini, come primitivi, questo fu anche una delle cause che portò allo spopolamento delle campagne; lo stesso discorso vale per i pastori, i quali praticano il nomadismo (persone che si spostano sono difficili da controllare per i governi, inoltre il concetto attuale di identità è legato ai luoghi fissi), così come, in Europa, i ROM.

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7
Q

Visione di Bell Hooks sul razzismo.

A

Scrittrice, la quale pone il focus dei suoi scritti sulla INTERSEZIONALITÀ (cioè l’ intersezione di più forme di oppressione che agiscono contemporaneamente) di RAZZA, di CLASSE e di GENERE, che agiscono come strutture di oppressione. Questa INTERSEZIONALITÀ si può manifestare ad esempio: sarà più facile costruirsi una strada nella società per un uomo bianco rispetto ad una donna bianca, e sarà, allo stesso tempo più facile per una donna bianca rispetto che per una donna nera.
Secondo Bell Hooks l’ educazione deve essere PRATICA DELLA LIBERTÀ (come avveniva nelle scuole segregate per neri, degli USA, dove veniva insegnato come comportarsi nel contesto in cui si viveva all’ epoca, diventando un luogo di contestazione dell’ autorità bianca) e non una educazione come FORMA DI DOMINIO (come avveniva inizialmente nelle scuole miste, de-segregate, dove gli insegnanti bianchi applicavano forme di dominio sugli studenti neri).
Quindi, la CLASSE è un luogo dove si riconosce la presenza reciproca (studente-studente e studente-insegnante), bisogna eliminare la concezione che solo chi insegna possa mutare la dinamica della classe. Diventare educatori vuol dire riconoscere che si può essere portatori di Bias legati a sessismo, razzismo, ecc…, deve quindi svuotarsi del se (come se fosse libero da pregiudizi).

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8
Q

Come si manifestano le STRUTTURE che impediscono, nella società, l’ autorealizzazione di alcune persone rispetto ad altre?

A

Un esempio in questo senso è il “politicamente corretto” portato avanti dal conservatorismo, il quale ha intenzione di riportare ordine nel caos (un ordine da loro idealizzato, appartenente al passato), quindi si tende ad andare contro a prescindere a cose come “la teoria gender”, “famiglie non tradizionali”.
Riconoscere una società fondata sulla diversità implica riconoscere un cambio negli equilibri del potere.
Tali strutture quali il genere, la razza, la classe sociale mettono in difficoltà alcune persone nell’ autorealizzarsi rispetto ad altre, all’ interno della società.

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9
Q

MULTICULTURALISMO nella società ed in classe.

A

Per fare si che si possa sviluppare un ambiente multiculturale, in una classe, bisogna porre allo stesso livello tutti gli studenti, dando loro gli strumenti per comprendere i concetti, per sviluppare un proprio pensiero critico. Per fare ciò bisogna però DE-STANDARDIZZARE L’ APPRENDIMENTO, cioè riconoscere che le modalità di costruzione di un pensiero (attuate nella scuola moderna) sono fondate su strutture di oppressione (ad esempio il patriarcato e il razzismo sono concetti stratificati e normalizzati).
L’ educatore deve quindi mettere in gioco la voce di tutti, la classe deve diventare una comunità. Non si può insegnare italiano se metà della classe (figli di immigrati da altri paesi o immigrati loro stessi) non lo comprende, non si può “buttare tutto sotto il tappeto”, questo crea, in quegli studenti che non parlano l’ italiano, un senso di alienazione.
Bisogna quindi modificare i sistemi su cui si fonda la relazione tra noi e gli altri, riconoscere il pregiudizio su cui si basa il nostro modo di pensare.

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10
Q

Goffredo Fofi.

A

Uno dei “maestri” di Freire. Autore di “la vocazione minoritaria”, scritto che tratta la “questione meridionale”. L’ autore andò ad insegnare personalmente ai braccianti del sud (Sicilia) la pedagogia. In questo modo egli gli diede gli strumenti culturali per potersi creare una propria “strada”, cosa che altrimenti non avrebbero potuto fare, vivendo nell’ ambiente rurale siciliano dell’ epoca.

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11
Q

Le virtù dell’ EDUCATORE secondo Freire.

A

Freire aveva l’ intenzione di trasformare la società attraverso gli educatori.
Secondo Freire, la nostra visione del mondo (il nostro spazio culturale) è costruito attorno a strutture di dominio. Per cambiare la situazione, in primo luogo c’è bisogno di molto tempo, poiché lo slegarsi da queste intrinseche relazioni di dominio è difficile, dobbiamo avere fiducia nei gruppi di persone oppressi da questo dominio. L’ educatore deve creare una classe-comunità, dove tutti vengono ascoltati.
L’ educatore in questo senso deve ascoltare il discente, deve sopprimere la tensione tra il silenzio del discente e la sua parola. I discenti devono essere messi nelle condizioni di porre domande, senza la paura (costituitasi con i metodi di insegnamento dei decenni precedenti) della reazione dei compagni o dell’ insegnante, mettere a proprio agio tutti gli studenti, ma allo stesso tempo “metterli scomodi” così da avviare il loro processo di crescita attraverso la partecipazione.
L’ educatore deve conoscere il contesto da cui proviene l’ educando. L’ educatore deve creare una inter-relazione tra educazione e cambiamento attivo sociale.

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12
Q

Differenza tra popoli che usavano la scrittura e quelli che tramandavano le conoscenze oralmente.

A

Le società possono essere:
-con oralità primaria (basate sul tramandare oralmente le conoscenze) non più esistenti.
-con oralità ristretta (presente ma non predominante), come la nostra.
-con oralità diffusa (dove la comunicazione non passa prevalentemente per forma scritta). In queste società sono molto importanti i GESTI.
Nelle culture orali viene ricordato quello che è più importante per il “presente”, nelle società che sfruttano la scrittura, viene ricordato tutto il possibile (anche l’ “inutile”).
L’ oralità è il processo di tramandare conoscenze e storie, tramite la ripetizione nel tempo, aiutandosi con le CATENE MNEMONICHE. Il processo per ricordare tutte le informazioni a memoria si basa sulla ripetizione sul ritorno di formule identiche, cosicché i racconti si discostino il meno possibile da dei modelli prestabiliti (essi cambieranno molto lentamente nel tempo).
Nella società moderna, prevale la scrittura, ad oggi forse si sta regredendo all’ “oralità” grazie a social media come Tik tok e alla TV (benché presentanti anche immagini).

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13
Q

Idee di tempo e di spazio.

A

Il TEMPO e lo SPAZIO sono concetti culturalmente orientati. La cultura, quindi, andrebbe ad avere un effetto della percezione da parte dell’ individuo del tempo e dello spazio (nel senso che influenzerebbero le valenze simboliche, affettive e percettive temporali e spaziali).
TEMPO: per Nielsson, le società “primitive” assumevano il tempo non in maniera fluida bensì PUNTIFORME, legata cioè all’ avvenimento di eventi fisiologici o naturali (es. 2 raccolti fa, per identificare un tempo di 2 anni fa, “un sonno” per identificare una giornata ecc…). Le società contadine iniziarono a rappresentare il tempo attraverso il ciclo agricolo (la mietitura, la vendemmia, ecc) e il tempo giornaliero era diviso in base a delle attività sociali o stati naturali (dopo colazione, a notte fonda, dopo la pennichella ecc). Nella società odierna abbiamo istituzionalizzato che il tempo sia misurabile, nell’ ottica della produttività. Nonostante ciò però, ancora oggi nella nostra società basata sul concetto temporale di produttività, riusciamo a collegare il tempo con eventi significativi della nostra esistenza.
In certe culture il tempo cronometrico è stato “addomesticato” con la concezione temporale che vigeva precedentemente: ad esempio, i Baluchi, agricoltori del Pakistan meridionale, oltre ad utilizzare il tempo cronometrico, continuano a basarsi su quello che è un sistema di misurazione temporale tradizionale, come quello della visualizzazione del ciclo solare giornaliero (l’ alba, il mezzogiorno, il tramonto) e persino un sistema di scandimento temporale attraverso il passaggio dell’ acqua in dei canali artificiali).
SPAZIO: l’ idea che lo spazio sia un concetto solo geometrico è fallace, concetti diversi di spazio esistono in diverse culture, come uno spazio non fisico ma spirituale (es. Santo sepolcro), o gli si può attribuire un significato sociale (es. Spazi rituali, spazi di purezza, spazi di genere). Lo spazio per essere vissuto deve essere “addomesticato”. Essere nello spazio implica l’ essere in un luogo di tranquillità e sicurezza, che si contrappone ad una idea di spazio inospitale, sconosciuto e pericoloso. Spesso, in molte culture, lo spazio al di fuori del proprio villaggio, quindi bosco, foreste, deserti, vengono rappresentati come luoghi pericolosi, in cui gli spiriti possono fare del male a chi ci passa.
Secondo Hallpike, molte culture non riuscirebbero a correlare il concetto di spazio a quello del tempo. A questa conclusione si arrivò tramite un suo esperimento fatto su una cultura “primitiva”, per cui due macchinine giocattolo facevano un percorso in stile gara di corsa, una macchinina stava nella corsia più larga mentre un altra in quella più corta (questo perché una andava più veloce rispetto all’ altra. I soggetti pensavano che le 2 macchinine percorressero la stessa distanza. La teoria di Hallpike sembra essere smentita da Forth, che osservo le gare di caselli effettuate dal popolo Rindi: essi, a seconda della velocità e grandezza del cavallo, per rendere la gara equa, aggiungevano delle distanze extra alle diverse corsie, dimostrando di comprendere l’ interconnessione che vi è tra spazio e tempo.

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14
Q

Come comprendere i SISTEMI DI PENSIERO DELLE ALTRE CULTURE?

A

Il modo con cui pensiamo e ragioniamo, e quindi la nostra visione del mondo, è culturalmente orientata. Per SISTEMI DI PENSIERO, gli antropologi intendono le “attività speculative” dei popoli rispetto al mondo che li circonda.
I sistemi di pensiero TRADIZIONALI spiegano gli eventi e i processi naturali attraverso i concetti religiosi e le divinità, mentre il pensiero SCIENTIFICO occidentale lo fa partendo dalle forze fisiche. Questi 2 sistemi hanno degli obbiettivi comuni (che vengono raggiunti in modo diverso):
-oltrepassare il senso comune (Cioè il nostro “fermarsi alle apparenze”).
-ricercare l’ unità dei principi e delle cause.
-semplificare al di là della complessità dei fenomeni.
-cogliere le regolarità oltre le anomalie dei fenomeni.
-superare il disordine per un principio ordinatore.
Ai primi occidentali che interagivano con culture a sistema di pensiero tradizionale africane, i loro dei ed antenati dovevano apparire capricciosi e irrazionali, questo fatto che sembra all’uomo comune fonte di una primitività, per gli antropologi esperti di culture africane è facilmente spiegabile: tutte le azioni e i pensieri degli agenti divini sono finalizzati all’individuazione dell’ unità dei principi, dell’ ordine e della regolarità del mondo e cioè gli stessi obbiettivi perseguiti dal pensiero scientifico moderno.
Per andare a oltrepassare il “senso comune” e comprendere concetti “più grandi” spesso vengono in nostro aiuto le ANALOGIE ESPLICATIVE: es. “il cervello è come un computer”, usata nel mondo occidentale, che va a mettere in relazione una “cosa” con un altra per spiegarne la complessità. Nelle culture tradizionali, ciò viene fatto usando caratteristiche del “Mondo sociale” per creare le analogie (es. AIDS come punizione per i giovani camerunensi quando loro si sottrae vano ai doveri imposti dal capo della loro comunità; i giovani camerunensi, infatti, ricercando una maggiore autonomia, si spostavano dalle aree rurali a quelle di città, dove avevano rapporti sessuali con i residenti e contraevano l’ AIDS; nel loro villaggio il poter avere rapporti con le donne viene permesso dal capo; allo stesso tempo i giovani ritengono che l’ AIDS sia un torto che il capo villaggio fa loro per avere ricercato più libertà). Di conseguenza la spiegazione di fenomeni viene ritrovata come il volere di un dio a seguito del disequilibrio di una condizione sociale.
Per molto tempo gli occidentali, quando si approcciavano per la prima volta ad altre culture, e queste raccontavano loro dei loro miti, leggende o rituali con annessi significati, gli occidentali, ritenendo loro non dotati della conoscenza del PRINCIPIO ARISTOTELICO DI NON CONTRADDIZIONE, del PRINCIPIO DI IDENTITÀ pensavano che quello che gli veniva raccontato, per i “primitivi” avesse un significato letterale e non metaforico, e il PRINCIPIO DI CAUSALITÀ.

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15
Q

Sistemi di pensiero CHIUSI ed APERTI.

A

Un sistema di pensiero CHIUSO indica la mancata consapevolezza che esistano alternative esplicative alla propria visione del mondo, al contrario un sistema di pensiero APERTO, accetta il fatto che possano esserci alternative alla propria visione del mondo. Quindi il sistema di pensiero TRADIZIONALE è un sistema di pensiero chiuso, poiché per dar senso agli eventi e ai fenomeni, lo sciamano o il mago non è in grado di scorgere altre alternative di interpretazione. Il sistema di pensiero SCIENTIFICO, invece, è aperto, poiché lo scienziato è consapevole di alternative alla propria ipotesi e teorie, che possono essere abbandonate qualora le evidenze lo impongano.
Avere un sistema di pensiero APERTO comporta:
-accettare la rappresentazione dicotomica della realtà.
-non tenere conto delle analogie esplicative.
Si rappresenta quindi lo scontro tra razionalità e irrazionalità.
Esempio: “noi Bororo siamo arara rossi”. Quando i Bororo dissero questa frase agli occidentali la prima volta che gli incontrarono, questi ultimi pensarono che i Bororo si ritenessero veramente degli uccelli tropicali. In realtà era una metafora per identificare la situazione maschile all’ interno della loro cultura. Per loro gli arara rossi erano uccelli domestici, venerati, poiché ritenuti progenie del dio AROE, così come loro stessi. I Bororo, durante un rituale, per convincere il dio AROE a discendere sulla Terra, si ricoprivano di piume di arara. Questi uccelli venivano trattati dalle donne del villaggio come dei “bambini”, venivano nutriti, vezzeggiati ed anche ereditati, ma solo dalle DONNE. La società Bororo si basa sulla residenza matilocale, di conseguenza il marito deve andare a vivere dalla parte del villaggio (UXORILOCALE) della famiglia della moglie. Quindi la frase “noi maschi Bororo siamo arara rossi” va ad indicare la condizione maschile per la quale essi sono “accuditi” dalle mogli come i pappagalli. È una frase ironica sottoforma di metafora.

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16
Q

MAGIA come sistema di pensiero.

A

La MAGIA è intesa come insieme di gesti, atti, formule usate per influire sul corso degli eventi e sulla natura delle cose.
La magia, secondo Frazer, è il primo stadio dei metodi che permettono all’ uomo di spiegare i fenomeni fisici e naturali, seguirà la religione e poi la scienza.
La magia, secondo Malinowski, invece, ha delle finalità pratiche, serve a rispondere a delle situazioni generatrici di ansie (cerca quindi di rassicurare l’ individuo messo di fronte all’ incertezza). Al contrario la religione è meno pratica (serve a spiegare il senso della vita).
La magia INDICATIVA (che si basa sulla legge della SOMIGLIANZA) è, ad esempio, quella che nell’ atto di essere applicata, va a rassomigliare l’ obbiettivo della magia: ad esempio un oggetto o una persona X che assomigliano ad un altro oggetto o un altra persona Y, allora il destino di X avrà un impatto su Y. Un esempio di questo tipo di magia è il VUDÚ, con una bambola che rassomiglia una persona, se infilzata, la persona rappresentata sarà colpita da dolore e sofferenza.
Un altro tipo di MAGIA è quella CONTAGIOSA (basata sulla legge del contagio) in questo caso oggetti di o associati ad una persona possono avere un effetto sulla medesima. Un esempio di ciò è sfruttare ciocche di capelli unghie, sangue o persino la placenta per dei riti che avranno un effetto sul possessore di quelle parti del corpo (possono essere anche oggetti appartenenti alla persona).
La magia, secondo De Martino, si innesta come realtà nelle persone quando esse cadono nella “perdita della presenza” cioè la consapevolezza di esserci nel mondo, che si costruisce per fuggire all’ idea e all’ angoscia di “non esserci”, che viene a mancare quando le certezze che precedentemente si possedevano spariscono, crollano, nulla ha più un senso, quindi la magia prende senso.

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17
Q

MITO e MITEMA.

A

Il MITO è un racconto sull’ origine del mondo e dell’ universo (COSMOGONIE), della società, dei riti e delle tecniche, la distinzione dei sessi, lotte tra divinità o spiriti dal cui esito dipendono le sorti del mondo e dell’ umanità (TEOGONIE) ecc… .Il mito spesso è legato al RITO (il quale vivifica il mito, attraverso dei rituali). Racconta la realtà attraverso storie non reali.
Caratteristiche del Mito:
-ignora spazio e tempo
-i personaggi del mito abitano spazi impossibili da frequentare (cielo, fiumi,le stelle, la luna ecc)
-antropomorfizzazione della natura o naturalizzazione dell’ uomo.
-disegna una situazione originaria.
Molti miti vedono l’ origine del mondo come un processo di separazione da un ordine originario. In origine il mondo è in equilibrio, poi, l’ equilibrio viene spezzato e i suoi elementi costituenti vengono divisi e frammentati (non più in armonia). A volte questo ordine originario viene separato da un TRICKSTER (entità che agisce al di là dei principi culturalmente condivisi di bene e male, è un essere preculturale, aiuta l’ uomo ma gli porta anche sventura).
Il MITO è quindi un racconto con entità sovrannaturali, in cui la logica e la ragione vengono sospese. Per l’ antropologo Radcliffe-Brown, la presenza, nei miti, di animali in contrapposizione e lotta tra loro, rappresentavano le relazioni sociali umane (con le loro contraddizioni, complementarietà e funzioni). L’ antropologo Levi-Strauss sosteneva che il mito avesse una funzione filosofica e psicologica, in particolare, i miti, aiutavano le persone a gestire le profonde contraddizioni esistenti (tra vita e morte, tra bene e male) attraverso la costituzione di un mediatore tra queste parti (una soluzione). Inoltre egli sosteneva l’ importanza di osservare nello specifico le differenze tra i singoli MITEMI presenti nel mito. Teorie più recenti pongono il mito come qualcosa che ha la funzione di trasmettere conoscenze ed informazioni relative a strategie di sussistenza e utili a gestire le crisi economiche (i miti sono quindi depositari di conoscenza utili per la sopravvivenza, ma anche per la salvaguardia dell’ ambiente).
Il MITEMA sono dei temi ricorrenti nelle diverse società che vengono ripresi costantemente nei miti poiché importanti e rilevanti (ad esempio il sole e la luna).

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18
Q

“Big men” e “big women”

A

Gli individui identificati in questo modo sono coloro che, in diverse culture, acquisiscono potere politico, sociale e decisionale a seguito di una serie di favori, di aiuti e di prestiti fatti nei confronti degli altri. Il potere per queste persone viene conquistato attraverso la GENEROSITÀ.
In particolare, la ricchezza dei big man/woman non deve eccedere di troppo quella degli altri membri della comunità, però il big man/woman è colui/colei che deve dimostrare di dare agli altri di più di quanto gli venga dato, anche con l’ organizzazione di banchetti, raduni o feste. Solo così facendo i membri della comunità lo accettano come colui/colei capace di avere un certo potere decisionale sui periodi di semina, sulle rotte di spedizione/spostamenti e altre questioni.
Per loro più si elargisce più prestigio acquisiscono.

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19
Q

Concetto di ETNIA.

A

Un ETNIA indica un gruppo di individui che condividono la medesima identità (derivante da motivazioni linguistiche, religiose, storiche o geografiche).
In molti casi i gruppi etnici si scontrano fra loro, ad esempio, la Cina, presenta un gruppo etnico dominante (HAN, 94% della popolazione cinese totale), e altri 54 gruppi etnici minoritari (che in totale contano circa 67 milioni di persone). Le politiche del governo cinese sono quelle di limitazione della crescita e diffusione delle etnie non Han: un esempio emblematico di ciò è il Tibet; i tibetani hanno subito l’ invasione della Cina e ora devono sottostare ai dettami degli Han, in realtà essi stanno subendo un tentativo di ETNOCIDIO (l’ annientamento di un gruppo etnico da parte di un altro). Un altro esempio di etnia è quella diasporica dei ROMA (o rom), presenti in Europa e negli USA, chiamati zingari in modo dispregiativo, che si spostano costantemente e subiscono la marginalizzazione da parte della società.
Il concetto di etnia viene quindi, spesso, sfruttato a scopo politico, per enfatizzare le differenze reali, o immaginarie, tra gruppi di individui, dimenticando quelli che sono gli elementi che invece accomunano questi gruppi. Si crea lo scontro etnico, che porta a guerre, guerre civili, o fenomeni di annientamento della etnie d’ opposizione (come è successo nei Balcani, dove, negli anni 90’, nel nome della pulizia etnica, si sono verificati stupri di massa, deportazioni, massacri, fosse comuni).

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Genere e SESSISMO.

A

Il SESSISMO si basa sulla discrimazione in base al sesso di appartenenza dell’ individuo. In molte culture è presente il PATRIARCATO, sistema di disequilibrio di potere tra i sessi, dove sono i maschi a detenere la maggior parte del potere politico, sociale, economico. Vi sono diversi modelli di società patriarcale che si manifestano nelle diverse culture, alcuni sono più violenti e repressivi, nei confronti delle donne, rispetto ad altri: i più violenti prevedono l’ uccisione della donna in determinate circostanze, senza che il resto della comunità possa dire nulla, un esempio di ciò è il DELITTO D’ ONORE, usato anche in Italia fino a qualche decennio fa, per cui l’ assassinio di una donna che tradisce il marito o che non rispetta i vincoli matrimoniali, viene accettato. Altre forme di patriarcato sono meno violente fisicamente, come l’ impedire alle ragazze di frequentare la scuola o di comportarsi in certe maniere e di obbedire all’ uomo.
Il contrario del patriarcato e il matriarcato: non si ritiene che sia mai esistita una società matriarcale.

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Q

Concetto di PARENTELA.

A

La parentela è intesa come l’ intreccio di relazioni che un individuo ha con membri più o meno stretti della “famiglia” o ancora meglio dei consanguinei o sulla base del matrimonio (alleanza).
La CONSANGUINEITÀ è intesa come una relazione biologica tra 2 individui, mentre l’ ALLEANZA indica l’ entrata in relazione di due individui grazie all’ unione di due loro consanguinei.
Il come la parentela viene intesa non è universale nelle diverse culture: per noi occidentali i nonni da parte materna e paterna sono sempre “NONNI” ma per altre culture i nonni materni possono essere identificati in maniera diversa dai nonni paterni.
La PARENTELA, dagli antropologi, viene rappresentata attraverso un diagramma, con differenti simboli che indicano diversi significati (es. Il triangolo è per identificare un maschio e il cerchio per identificare una femmina, poi vi sono i simboli per identificare i diversi gradi di relazione, come un = per identificare il matrimonio, una / pe identificare un individuo deceduto ecc). Viene identificato come un simbolo colorato l’ “EGO” cioè il punto di riferimento che si tiene conto (un individuo) dal quale poi l’ antropologo inizia a costruire il diagramma di parentela. Gli individui, in relazione all’ ego vengono identificati con delle sigle (es. M per mother, F per father, B per brother, Z per sister ecc).
La parentela si divide e si appoggia in 3 concetti fondamentali: la DISCENDENZA, la CONDIVISIONE e il MATRIMONIO. Nelle diverse culture questi pilastri vengono esplicitati differentemente portando a costruzioni di significato di parentela differenti.
Ad esempio per gli Inuit dell’ Alaska del nord, un parente è colui che si comporta in un certo modo, qualora il comportamento del fa!ingoiare dovesse cambiare allora è possibile che esso smetta di essere un parente (es. X era mio cugino). Un altro esempio è quello di definizione di “madre” per i Navajo, per loro la madre è sia quella biologica che le sue eventuali sorelle (cioè quelle che per noi vengono identificate come zie). In Europa, per molti secoli, vigeva l’ idea che la procreazione fosse frutto di una attiva azione maschile e di una passiva azione femminile (era l’ uomo che metteva il seme nella donna), il che fu successivamente smentito scientificamente dalla genetica che affermava come il corredo cromosomico derivasse a metà sia dalla madre che dal padre.

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DISCENDENZA e CONSANGUINEITÀ.

A

Tutte le società, in modo differente, si sono adoperate a escogitare regole e sistemi in base ai quali assegnare la PROLE ad un gruppo di individui piuttosto che ad un altro. Così si costituirono i GRUPPI DI DISCENDENZA.
I GRUPPI DI DISCENDENZA sono un insieme di individui i quali discendono da un antenato comune, da questo fatto essi sono socialmente legittimati ad avere certi diritti e a trasmetterli ai loro discendenti.
I GRUPPI DI DISCENDENZA si dividono in 3 tipi principali:
1) PATRLINEARE: La discendenza è stabilita esclusivamente attraverso individui di sesso maschile.
2)MATRILINEARE: La discendenza viene stabilita esclusivamente attraverso individui di sesso femminile.
3)COGNATICA: La discendenza è stabilita sia su individui di sesso maschile che femminile (quest’ultima non è, come i due tipi precedenti, UNILATERALE, poiché non segue nessuna linea prestabilita).
In alcuni casi vi può essere una DISCENDENZA DOPPIA, per cui alcune prerogative dell’ individuo sono acquisite per via patrilineare ed altre per via matrilineare.
Nella società occidentale odierna non si parla più di linee di discendenza, si preferisce parlare pertanto di società BILATERALI.

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GRUPPO CORPORATO, LIGNAGGIO, CLAN e PARENTADO.

A

1)GRUPPO CORPORATO: gruppo di individui, fondati sul principio di discendenza, i quali condividono diritti, privilegi, forme di cooperazione economica, politica e rituale. Non tutti i gruppi di discendenza possono per forza essere gruppi corporati, alcuni infatti possono non condividere, in maniera comune, regole o responsabilità giuridiche o rituali.
2)LIGNAGGIO: indica insieme di individui che possono tracciare la loro discendenza da un antenato comune. Se tale discendenza è ricostruita attraverso gli antenati maschili avremo un patrilignaggio, alternativamente, se il tutto è ricostruito sfruttando gli antenati femminili, avremo un matrilignaggio.
3)CLAN: Insieme di individui che possiedono un sentimento di appartenenza comune ad una determinata discendenza. Spesso in questo caso l’ antenati “comune” è una figura mitica.
4)PARENTADO: Individui che hanno relazioni strette con i propri consanguinei, facenti parte del lignaggio, clan o gruppo corporato. Il PARENTADO è sempre egocentrato, cioè lo si costruisce basandosi su ego e quelle che sono le relazioni con individui più vicini a lui, che rivestono un ruolo concreto nella vita, per lui. Un individuo, a sua volta può fare parte diversi parentadi. Il PARENTADO esiste solo in funzione dell’ individuo vivente, morto ego il PARENTADO si dissolve.

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RESIDENZA e VICINATO.

A

La RESIDENZA va ad indicare la prossimità spaziale degli individui legati da un certo grado di parentela. La maggiore o minore vicinanza tra gli individui può determinare un maggiore o minore grado di coesione.
Una nuova coppia, nelle diverse culture, tenderà a stabilirsi a diverse distanze da altri membri della propria discendenza o famiglia; riscontreremo:
1)PATRILOCALITÀ: una coppia va a vivere con o vicino ai parenti del marito.
2)MATRILOCALITÀ: una coppia va a vivere con o vicino ai parenti della moglie.
3)AMBILOCALITÁ: una coppia può scegliere se andare a vivere con o vicino ai parenti di uno o dell’ altro coniuge.
4)NEOLOCALITÀ: una coppia si stabilisce in un luogo diverso da quello dei genitori di entrambi i coniugi.
5)NATOLICALITÀ: marito e moglie continuano a vivere ciascuno con i propri parenti.
6)AVUNCOLOCALITÀ:una coppia va a stabilirsi vicino alla residenza del fratello della madre dello sposo. (Presente solo in alcune società matrilineare).
Per VICINATO si intende la vicinanza di gruppi abitativi che possono non essere interrelati tra loro. Gli individui non interrelati del vicinato possono, successivamente, entrare in relazione per dare vita a nuovi rami di un diagramma della parentela.

25
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MATRIMONIO, FAMIGLIA e GRUPPO DOMESTICO.

A

Il MATRIMONIO è una unione, socialmente riconosciuta, attraverso la quale un individuo entra in relazione di alleanza con altri individui. Le forme di MATRIMONIO più tipiche sono:
1)MONOGAMICO (tra 2 individui).
2)POLIGINICO (tra un uomo e più donne).
3)POLIANDRICO (tra una donna e più uomini).
La funzione del matrimonio è quella di disciplinare, culturalmente e socialmente, la RIPRODUZIONE umana e di definire l’appartenenza della PROLE ad uno o ad entrambi i gruppi dei genitori.
Le tecnologie e tecniche moderne come la fecondazione in vitro, la banca dello sperma o l’ utero in affitto, hanno modificato quelli che erano i principi di controllo della riproduzione umana.
La FAMIGLIA è l’ unità minima di produzione e riproduzione. La famiglia è così definita NUCLEARE. La famiglia nucleare esiste quasi sempre nel contesto della famiglia estesa, costituita dagli individui discendenti di almeno 3 generazioni, i quali, assieme ad altri elementi vanno a costituire un GRUPPO DOMESTICO.

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MATRIMONIO COL FANTASMA (Nuer del Sudan).

A

I Nuer del Sudan sono un popolo di allevatori e agricoltori, la cui società si basa sulla discendenza patrilineare. Per un uomo, avere dei figli ha un valore enorme, tanto che è ritenuto fondamentale che persino un uomo deceduto prima del matrimonio e prima della creazione di prole ne abbia. Di conseguenza un uomo, del gruppo di discendenza del defunto, contrae legalmente matrimonio con una donna a nome dello scomparso, cosicché i figli che nasceranno da tale unione saranno considerati a tutti gli effetti figli del defunto.

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MATRIMONIO TRA DONNE (Igbo della Nigeria).

A

Per le donne Igbo, l’avere figli è un fattore determinante per il pieno raggiungimento della propria identità sociale. Quando si riscontrano casi di STERILITÀ, allora possono essere intraprese 2 strade per ovviare al problema:
1)Il marito è sterile: la donna ha, con il volere del marito, rapporti extra-coniugale con un altro uomo. I figli che nascono da questo rapporto sono comunque considerati a tutti gli effetti i figli della coppia sposata.
2)la moglie è sterile: in questo caso la donna può divorziare. In quanto sterile, la donna, per gli Igbo, viene considerata come un uomo e quindi può contrarre matrimonio con un altra donna, sceglie inoltre un uomo a sua discrezione che abbia un rapporto con sua moglie. I figli che ne nascono sono figli legittimi della donna-marito e appartenenti al gruppo di discendenza di quest’ ultima.

28
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INCESTO

A

Vi sono 2 principi fondamentali: ESOGAMIA ed ENDOGAMIA. L’ ESOGAMIA indica l’ unione matrimoniale di un individuo con altri individui all’ esterno del proprio gruppo, mentre l’ ENDOGAMIA, indica l’ unione matrimoniale di un individuo con altri individui all’’ interno del proprio gruppo.
Questi concetti sono fondamentali nell’ ottica della presenza di alcuni individui “consentiti” e “proibiti” da sposare.
L’ INCESTO è vietato, a grado differente, nelle diverse culture e società e viene definito come: atto di unione sessuale o matrimoniale tra determinati individui.
Per distinguere, al di fuori del nucleo famigliare, gli individui consentiti e quelli proibiti da sposare è utile distinguere i CUGINI INCROCIATI da quelli PARALLELI.
I cugini INCROCIATI sono i figli/e dei fratelli di sesso differente, mentre i cugini PARALLELI sono i figli/e di fratelli dello stesso sesso.

29
Q

PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ.

A

L’esogamia può essere vista come un meccanismo per instaurare relazioni di co-operazione e di alleanza tra gruppi diversi. Di conseguenza, in molte culture, avviene, secondo il PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ, lo SCAMBIO DELLE DONNE.
Lo scambio delle donne può assumere forme ALLARGATE E DIFFERITE, per cui una generazione del gruppo A cede una donna ad un gruppo B, il quale ne cede una al gruppo C, la quale ne cede una al gruppo A.

30
Q

PATRILINEARITÀ e sovrapposizione con PATRILOCALITÀ.

A

Si pensa che, in molte culture patrilocali e patrilineari, i figli maschi restino con i genitori affinché svolgano lavori condivisi e tramite cooperazione per attività intense e continuative, mentre le figlie femmine andranno a vivere con i genitori del loro futuro marito (saranno quindi le donne a lasciare il loro gruppo d’ origine).
Un esempio di questo fenomeno di agglomerazione di discendenza maschile e di allontanamento femminile dal nucleo d’origine sono i Tibetani del Nepal:
Essi attuano Poliandria Adelfica. In particolare vi è matrimonio tra una donna e più uomini (tra loro fratelli), e quindi una forma di matrimonio POLIANDRICO. Una volta sposatasi la donna va a vivere con i mariti-fratelli, i quali coltivano un appezzamento di terra e condividono la gestione della proprietà e della casa. I figli della donna sono trattati allo stesso modo dai “padri” e vengono ritenuti tali dai bambini in egual modo.
Questo tipo di matrimonio POLIANDRICO fraterno nasce per far fronte sia a necessità ambientali che economico-politiche. In particolare, queste società vivono ad oltre 4000 m di quota, la terra è scarsa poiché è difficile da dissodare a causa del gelo e quindi utile lavorare la terra che è stata ereditata dai propri discendenti. Inoltre, il fatto che i fratelli lavorino lo stesso pezzo di terra evita scontri e conflitti tra le parti. Gli eredi della terra sono i figli della donna che ha sposato i fratelli.

31
Q

Controllo della DISCENDENZA e COMPENSAZIONE MATRIMONIALE.

A

In una società patrilineare viene spesso enfatizzata l’ importanza di avere eredi di sesso maschile, sia perché gli viene attribuito un ruolo sociale più importante ma anche perché sono ritenuti dotati di capacità superiori intellettive e fisiche. Vi è quindi una “superiorità” dell’ uomo nei confronti della donna. Sono infatti le società a discendenza patrilineare quelle che più spesso presentano un sistema patriarcale più violenti e stringente nei confronti della donna.
Affinché si abbiano eredi maschi è utile CONTROLLARE LA PROGENITURA. Di conseguenza è funzionale creare, all’ interno delle società, dei sistemi di scambio delle donne (mogli, per la procreazione). Un elemento di questo sistemi di scambio delle mogli è la COMPENSAZIONE MATRIMONIALE, ovvero il fenomeno per cui alla famiglia della sposa, la famiglia dello sposo, dona dei beni. In alcune società questo scambio sancisce l’ appartenenza della parola al gruppo di discendenza dello sposo, ma allo stesso tempo non implica un controllo totale sulla donna.

32
Q

AVUNCOLATO nella discendenza matrilineare.

A

Nelle società a discendenza matrilineare, la discendenza e l’ autorità sono trasmesse secondo 2 linee differenti: la discendenza per via femminile, ma l’ autorità, come succede nelle società con discendenza patrilineare, per via maschile.
L’ autorità nelle società a discendenza matrilineare viene data al FRATELLO di una donna, e la mette in atto nei confronti della sorella (la moglie), del marito della sorella, e dei figli. L’ avuncolo, quindi, lo zio materno, provvede al sostentamento della famiglia della propria sorella, esercita sul figlio maschio di quest’ultima autorità, trasmette a quest’ultimo i beni e le conoscenze e le eventuali cariche politiche e rituali.

33
Q

Tipi di residenza nelle società a discendenza matrilineare.

A

Spesso si possono creare dei conflitti tra il marito della moglie e suo padre o suo zio. In una società a discendenza matrilineare e patrilocale, osserviamo che i figli maschi rimangono nella residenza principale del nucleo famigliare e importano femmine da altre residenze di altri nuclei famigliari. Le donne, del nucleo famigliare di un gruppo, sono invece costrette a spostarsi nella residenza del nucleo famigliare del marito. Come potranno, in questo caso, i fratelli controllare le proprie sorelle ora che sono andate a vivere lontane da loro?
Per ovviare a questo tipo di problematiche, le diverse culture hanno escogitato diverse strategie. Per gli Ndembu dello Zambia, sono tutti gli uomini uniti per via matrilineare, presenti nello stesso villaggio, a comandare. Per mantenere un potere superiore rispetto agli altri villaggi devono fare si che i figli delle proprie sorelle (presenti in altri villaggi) vengano a stare nel loro villaggio e, allo stesso tempo, devono impedire ai figli delle donne del proprio villaggio di muoversi presso gli altri villaggi. È ovvio che tale ragionamento porta spesso a scontri e conflitti tra i villaggi.
Altri modelli di residenza, in discendenza matrilineare, sono quelli matrilocali (dove il problema del controllo dei figli maschi della sorella rimane) e quelli avuncolocali (qua gli uomini marito, insieme alla moglie, vanno a vivere con o vicino al gruppo della moglie). Un modello alternativo a quest’ultimo, che non necessita lo spostamento degli uomini dal proprio gruppo di appartenenza è quello UXORILOCALE. Un esempio di ciò è applicato dai Bororo del Manto Grosso (in Brasile): il loro villaggio è diviso in due, ogni metà abitata da un clan a discendenza matrilineare. Sposandosi gli uomini vanno a vivere nella metà del villaggio del clan della moglie (ma cmq nello stesso villaggio).

34
Q

Condizione delle donne nelle società a discendenza matrilineare.

A

Matrilinearità non significa matriarcato. In alcune società l’ autorità del marito è maggiore di quella del fratello della moglie e viceversa in altre società. In entrambi i casi la donna non possiede le stesse libertà dell’uomo. Le condizioni della donna sembrano essere migliori laddove l’ autorità del marito e di suo fratello sono alla pari (ma questi 2 individui devono appartenere a 2 linee di discendenza differenti). L’autorità e libertà della donna sembra essere minore nelle società con ENDOGAMIA patrilineare (società arabo-islamica).

35
Q

Io e l’ altro: concetto identitario.

A

L’ appartenenza di un individuo (l’ “io”) ad un gruppo è resa possibile dalla condivisione, anche parziale, di determinati modelli culturali. L’ “io” in questo modo fa parte di un “Se collettivo” o “Noi”; facendo ciò si va a tracciare un CONFINE con l”altro”. Il “Se” individuale e il “Se” collettivo, va ad identificare il concetto di IDENTITÀ. Il concetto identitario di acuisce laddove vi è una ambiente maggiormente conflittuale e concorrenziale, il che amplifica il peso e la presenza del CONFINE tra il “se collettivo” e l’ “altro”.
Nell’ epoca moderna, e soprattutto nel mondo Occidentale, l’ incontro con l” altro” è sempre più frequente. Questo incontro, però, può dare vita alla costruzione di barriere, distinzioni, differenze ed esclusioni, sia a livello personale che a livello di individuo, fino ai gruppi e all’ intera cultura.

36
Q

Concetto di IDENTITÀ nelle pratiche di cannibalismo dei TUPINAMBA.

A

I TUPINAMBA sono indios brasiliani, i quali praticavano il cannibalismo dei prigionieri di guerra. Alcuni prigionieri di guerra venivano cannibalizzati, ma non subito: prima questi venivano assimilati nel contesto della comunità imprigionante, gli veniva dato una moglie, lo si accoglieva nella quotidianità della giornata e gli si faceva costruire una famiglia (questa “prigionia” poteva durare anche anni). Ad un certo punto il prigioniero subiva un rituale che culminava con la sua uccisione e la susseguente cannibalizzazione del suo corpo da parte della comunità. La comunità assimilava il prigioniero, per i guerrieri era un onore essere “assimilato” dai guerrieri nemici, i quali ne assorbivano l’ identità, e anche perché sapevano, che i guerrieri del proprio villaggio gli avrebbero probabilmente assimilati a loro volta. I 2 villaggi rivali, assimilandosi l uno con l altro venivano legati sul piano della “sostanza umana” incorporata.

37
Q

Il CORPO come identità individuale, collettiva e culturale.

A

Il CORPO serve all’ individuo per conoscere il mondo (conoscenza incorporata). Tale conoscenza incorporata del mondo si esplica nella sua forma più eclatante con le REAZIONI ISTINTIVE che il nostro corpo ha nei confronti di stimoli esterni, siano essi di natura fisica o culturale (fisica= chiudiamo istintivamente gli occhi se improvvisamente siamo accecati da troppa luce; culturale= ostentiamo o nascondiamo il nostro corpo a seconda delle situazioni e contesti culturali). La “conoscenza incorporata”, in tutte le sue forme, per Bourdieu, va a costituire l’ HABITUS, ovvero l’ insieme degli atteggiamenti psico-fisici che l’ uomo mette in atto per “stare al mondo”.
L’ HABITUS è un concetto culturalmente orientato, il corpo è culturalmente DISCIPLINATO. La società di una determinata cultura cerca di imprimere nel corpo i “segni” della propria presenza (es. Tatuaggi, pitture, scarificazioni, deformazioni craniche, perforazioni, Circoncisione, infibulazioni), che sarebbero manifestazioni di ANTROPOPOIESI (la fabbricazione dell’ umano da parte della società).
Il CORPO può anche essere un veicolo di messaggi identitari individuali e sociali.
Il CORPO può essere terreno di confronto politico e ideologico (es. Cultura arabo-musulmana, con il velo che nasconde parti del corpo per differenti motivi ideologici).

38
Q

Medicina moderna e medicina “alternativa”.

A

Il corpo può essere anche soggetto al disagio individuale e sociale che scaturisce a seguito di varie situazioni. Lo stress che si manifesta da questi contesti può essere deleterio a livello fisico e mentale.
Diverse culture hanno un concetto diverso di disagio fisico e mentale, per alcune il “stare bene” (in SALUTE) o lo “stare male” (in MALATTIA), viene identificato in maniera differente da altre.
Molte culture che sfruttano forme di medicina non moderna sfruttano derivati da piante e animali e forme rituali per scacciare gli “spiriti” ritenuti la causa delle malattie fisiche e dei disturbi psichici. A queste forme di medicina alternativa, si contrappone quella Occidentale moderna, in questa, ancora oggi, prevale il PARADIGMA BIOMEDICO, ovvero l’ idea che lo stato di malattia fisica sia riconducibile a cause di tipo organiche e quindi la cura debba dipendere dall’ assunzione di farmaci o nel concentrare il trattamento solo sulla parte del corpo malata (senza tenere conto degli equilibri complessivi). Nel “paradigma biomedico” è anche insito il concetto di “medicalizzazione del paziente”: una volta diagnosticata una malattia, il paziente a stare in ospedale, e si distacca da quella che è la sfera sociale di appartenenza (l’ individuo-paziente viene de-socializzato, cosa che per molte altre culture è un concetto inconcepibile).

39
Q

Concetto di FEMMINILE e MASCHILE nelle diverse culture.

A

Anche nelle nostre società post-industriali possiamo osservare dei potenti confini tra il maschile e il femminile: colori, modelli di consumo, aspettative, emozioni, sentimenti e atteggiamenti che vengono considerati “da uomini” o “da donne”. Nell’ epoca moderna, soprattutto in occidente, l’ emersione di identità omosessuali o transgender hanno innescato un nuovo modo di intendere le differenze sessuali e di genere.
Nelle altre culture, secondo Heritier, sia esse con sistemi di pensiero chiuso o aperto, la differenza femmina/maschio è una costante. Vi è, quindi, una universalità culturale dell’ opposizione maschile/femminile, ciò però non implica che le diverse culture manifestino le RELAZIONI tra i sessi allo stesso modo. Un esempio eclatante lo troviamo tra gli Inuit: pe loro l’ identità sessuale di un individuo non è legata al sesso anatomico, ma all’ identità sessuale dell’ ANIMA NOME REINCARNATA, la quale viene assegnata alla nascita sulla base di particolari “segni” leggibili dagli sciamani. Quando arriva la pubertà, però, l’ individuo deve entrare nei ruoli del suo sesso anatomico, ma la sua identità sarà sempre associata alla sua anima nome. Un ragazzo Inuit con un anima-nome femminile sarà allevato e cresciuto come una femmina fino alla pubertà, ora dovrà entrare a ricoprire i ruoli maschili, ma mantiene la sua identità femminile.

40
Q

SESSO e GENERE.

A

Il SESSO è l’ identità sessuale anatomica dell’ individuo, mentre il GENERE è l’ identità sessuale “socialmente costruita” dall’’ individuo. Sino a poco tempo fa, ma ancora oggi in realtà, in Occidente, vengono educati i ragazzi e le ragazze a comportarsi in maniera diversa a seconda del loro genere (che è costruito culturalmente). Secondo il concetto presente anche in Occidente ancora oggi in certi contesti, la donna, come identità sessuale e coincidente forzatamente con il suo genere, ha la finalità di PROCREAZIONE. Non è difficile comprendere, allora, che con l’ avvento di pratiche come l’ aborto e anticoncezionali abbiano subito una forte ondata di sdegno da certi gruppi di persone, proprio perché il ruolo sessuale e di genere imposto della donna verrebbe minato.
Molte culture hanno costituito dei veri e propri SPAZI DI GENERE: club esclusivamente maschili presenti ancora oggi in Inghilterra, il gineceo della Grecia antica, il matroneo nelle chiese cristiane d’ origine, le toilette per uomini e per donne, ecc… .
In molte culture, l’ attenzione si pone sulla Donna: in particolare alcune culture si concentrano su aspetti della personalità femminile come la modestia, la verginità e l’ onore, tutti parametri connessi all’ ostentazione del corpo e del comportamento in pubblico. Per alcune culture l’ ostentazione del corpo femminile in pubblico non è un problema, mentre per altre culture il corpo della donna deve essere “celato” il più possibile dagli sguardi degli individui dell’ altro sesso. Un esempio di ciò sono le varie forme del “velo” nel mondo mussulmano. L’ occidente vede il velo come una forma di repressione ed esclusione femminile da parte degli uomini mussulmani, il significato del velo in realtà non unitario e in certi casi viene rivendicato come uno strumento femminista contro il patriarcato. Il velo islamico, nel mondo mussulmano viene identificato come “HIJAB” (esso potrebbe, per alcuni, essere rappresentativo di uno “stato mentale” che si esprime su comportamenti imperniati sull’ autocontrollo, la modestia e l’ evitare gli sguardi altrui). Il velo si presenta sotto varie forme, da quello che copre i capelli, da quello che lascia libero, nel volto solo gli occhi, a il burqa integrale. Il velo, come già detto può assumere anche un significato di rivendicazione femminista nei confronti della veduta del mondo maschilista musulmano (hijab segnala agli uomini che si devono rivolgere a me solo per parlare alla mia anima)

41
Q

SENTIMENTI ed EMOZIONI nella diverse culture.

A

I SENTIMENTI sono la manifestazione di un particolare “stato d’ animo”, come, ad esempio, “l’essere innamorato”, sono perciò identificabili come durature e meno intense. Le EMOZIONI sono invece meno durature e più intense, e vanno a sommarsi durante la giornata, costituendo un sentimento, uno stato d’ animo.
Le diverse culture esprimono gli stati d’ animo in maniera differente, in base ai diversi modelli culturali.
Un esempio eclatante della manifestazione delle emozioni e sentimenti, in maniera diversa da quella che noi Occidentali riteniamo tipica, è quella degli Ilongot delle Filippine: questi in occasione dell’ uccisione di un loro parente sottolineano apertamente il loro stato “rabbioso” e di “pesantezza del cuore”, denominato LIGET, un cattivo sentimento, che porterebbe l’ individuo a “uccidere un nemico e tagliargli la testa”.
Un altro esempio è quello applicato da popolazioni nord-africano e dell’ Europa mediterranea, è il PIANTO RITUALE, cioè la manifestazione di estremo ed esplicito sconforto da parte degli individui cari al defunto, tramite un modello prestabilito per mostrare socialmente il dolore che si prova alla morte del proprio caro.

42
Q

SISTEMA CASTALE e TOTEMISMO

A

Il termine CASTA, è traducibile con “casata”. In India, il sistema CASTALE VARNA, divide la società in 4 caste: sacerdoti, guerrieri, artigiani e commercianti, agricoltori (oltre ai “fuori casta” o “intoccabili”, i PARIA). I diversi VARNA (gruppi di casta) si suddividono in ulteriori categorie (JAT e sotto-JAT), ognuna corrispondente ad un gruppo occupazionale: vasai, fabbri, barbiere, muratori, ecc… . Le unioni matrimoniali possono avvenire solo tra individui della stessa casta e JAT, con, a volte, nei casi più estremi, un sistema di evitamento sociale di individui appartenenti a caste o jat differenti.
Questi Varna e Jat, sono divisi gerarchicamente in base alla purezza rituale, che non implica direttamente più o meno potere: i sacerdoti infatti sono gerarchicamente superiori, per purezza rituale, rispetto alla casta di guerrieri, alla quale appartiene anche il Raja, cioè il sovrano, il quale però detiene più potere.
La società CASTALE indiana avrebbe delle similitudini in opposizione con il TOTEMISMO, la tendenza, presente in alcune culture, di associare agli individui o a gruppi di individui nomi di animali o piante. Le società che applicano il TOTEMISMO in Australia, costringono gli individui con un tipo di totem a sposare individui con un altro tipo di totem (opposto del sistema CASTALE, dove solo matrimonio tra individui della stessa casta possono avvenire). Inoltre il sistema del TOTEMISMO pone la specie totem all’ individuo al gruppo, in base a caratteristiche proprie (associazione culturale in base alla natura), mentre il sistema di caste è l’ opposto, l’ individuo appartiene sin dalla nascita ad una casta (associazione naturale che va ad influenzare su base culturale).

43
Q

CLASSI SOCIALI.

A

Il sistema di CLASSI SOCIALI si basa su tradizioni, filosofia, politica ed economia Europea. Il sistema di CLASSI sociali vide come maggiore critico Karl Marx, il quale identifico la “lotta tra classi” come lo scontro tra gruppi di individui che perseguono fini economici e politici differenti, all’ interno di una stessa società. Sempre secondo Marx, dallo scontro tra commercianti sempre più ricchi (borghesi) e aristocrazia, ne uscì vincitrice la borghesia, la quale, anche grazie alle rivoluzioni industriali fini per assoggettare economicamente e politicamente, una nuova classe sociale (il proletariato), la quale, un giorno, scontrandosi con la borghesia e vincendo, avrebbe creato una società di eguali.
Nella società capitalistica odierna, l’ appartenenza di classe non è ascritta (come per le caste), nulla impedisce ad un proletario di divenire borghese e viceversa.

44
Q

GUERRA ETNICA tra HUTU e TUTSI.

A

Nella seconda metà del Novecento, in Rwanda, si verificò uno scontro etnico tra HUTU e TUTSI, che costó la vita a 2 milioni di persone. Lo scontro etnico è dovuto ad uno strascico di epoca coloniale, che portò la divisione di una stessa comunità, che alla fine scaturì in un reciproco ETNOCIDIO.
In Rwanda, prima dell’ arrivo dei colonizzatori, vigeva un sistema politico basato sulla suddivisione di 3 gruppi di individui: Pastori, prevalentemente TUTSI, gli agricoltori, prevalentemente HUTU, infine i cacciatori-raccoglitori TWA.
Con l’ arrivo dei colonizzatori, prima tedeschi poi belgi, si creò, da parte dei colonizzatori, una gerarchia razziale, per cui i TUTSI acquisivano ruoli politici più importanti e di conseguenza ottenevano una maggiore ricchezza, mentre gli HUTU venivano considerati ancora più inferiori e di conseguenza tagliati fuori. Inoltre, i colonizzatori, per distinguere gli HUTU dai TUTSI, crearono un sistema di identificazione con una tessera che identificava il “gruppo etnico” in base al numero di capi da bestiame (se ne possedevano più di dieci si era TUTSI sennò hutu). Vi erano però TUTSI con meno capi di bestiame e hutu con più di 10 e quindi, il tutto risulto in uno scambio identitario.
Negli anni 50’, con l’ indipendenza del Rwanda dai colonizzatori, l’ odio degli hutu per i TUTSI p, creato dai colonizzatori, si manifestò in tutta la sua violenza e si creò quindi questa guerra etnica sanguinosa, per la quale si veniva risparmiati o meno, da una fazione o dall’ altra, in base alla voce riportata sul cartellino “gruppo etnico”.

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Il potere della PAROLA.

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In culture che possedevano una oralità primaria o, in certi casi, diffusa, le PAROLE non hanno una vera e propria esistenza visiva (se immaginiamo un oggetto o un evento, noi occidentali, ad oralità ristretta, inevitabilmente immagineremo anche la parola scritta, mentre le altre culture a diversa oralità immagineranno certi eventi o oggetti).
La parola è un potere, poiché “nomina” delle cose, e nominare le cose vuol dire esporle, classificarle e mostrarle agli altri; nelle culture con religioni Abramiche, la “parola” ha anche un significato religioso (es. Dio crea il mondo attraverso degli atti verbali, oppure, nel vangelo di Giovanni, dove viene citato “all’ inizio era il Verbo”).

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Differenza del PENSIERO derivato da società a prevalenza orale e scritta.

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Nelle società ad oralità diffusa, la PAROLA è strettamente associata ad una esperienza (qualcosa di concreto, di vissuto), se il rapporto tra esperienza e parola, col tempo viene meno, allora è molto probabile che quella parola verrà persa, dimenticata. Al contrario per le società ad oralità ristretta (dove la scrittura è prevalente) la PAROLA è legata più all’ astratto.
Questo concetto può essere rappresentabile attraverso l’ esperimento di Lurija: egli mostro delle figure geometriche a individui letterati e illetterati dell’ Uzbekistan, un cerchio e un triangolo, e chiedeva ai soggetti quello che vedevano. I letterati davano le risposte “corrette”, cioè “delle figure geometriche” mentre gli illetterati vedevano degli strumenti, come “asce, seghe e setacci” utili per la loro vita quotidiana e le collegavano a delle esperienze.
Questo esperimento dimostrò come i diversi gruppi di individui non pensassero in modo giusto o sbagliato, bensì dimostrò come essi pensavano con schemi cognitivi diversi (i letterati in modo astratto e gli illetterati in modo concreto).
Il fissare le parole in un testo scritto da la possibilità di ri-argomentare quanto riportato, di ritornare sull’ argomento e modificare le premesse e le conclusioni (da più libertà dell’ oralità), tranne quando quello che è scritto diviene sacro, come nel caso del Corano per i mussulmani.
Nonostante la netta distinzione tra cultura orale e scritta, vi sono alcune culture che sfruttano la scrittura ma danno comunque un notevole peso all’ oralità.

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MEDIA e cultura.

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I vari MEDIA, e soprattutto la televisione, sono facilmente ottenibili e utilizzabili, anche in paesi del terzo mondo, di conseguenza sono degli strumenti capaci di INFLUENZARE comportamenti, valori, attività di consumo, idee politiche e religiose e gusti, insomma… possono modificare una cultura.
I media, assieme alle enormi attività migratorie dei popoli, hanno creato un contesto di “IMMAGINAZIONE DA SPOSTAMENTO” (definito così da Apparirai), per cui le immagini, i video dei media danno a chi li osserva un ideale di come un paese è. Di conseguenza grandi spostamenti migratorii si hanno sia per cause politiche, per guerre e crisi umanitarie, ma anche per il desiderio degli individui di raggiungere quei paesi (per lo più occidentali) che, attraverso la televisione, vengono dipinti come più liberi, tolleranti, tecnologicamente avanzati, civili e ricchi.

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Percezione del MONDO nelle diverse culture.

A

L’ ambiente stesso in cui una determinata cultura vive, andrà ad influenzare la stessa nel modo con il quale la percepisce.
Un esempio di ciò sono gli Inuit, che da migliaia di anni vivono in regioni circondate da neve e ghiaccio. Essi hanno ben 40 termini differenti per identificare diversi “tipi” di neve (questo perché, nel tempo, hanno elaborato una conoscenza molto dettagliata dell’ ambiente in cui vivono).
La differenza con molte altre culture con quella Occidentale è il tipo di pensiero: quella Occidentale ha un pensiero aperto scientifico astratto, capace di categorizzare il mondo in maniera più complessa e di identificare più accuratamente pensieri logico-formali. Molte altre culture, invece, hanno un sistema di pensiero chiuso tradizionale concreto, fanno cioè uso dell’ esperienza del vissuto per categorizzare ed identificare gli elementi del mondo (ciò non vuol dire che tali culture non siano capaci di attività speculative).
Fu lo psicologo Vygotskiy a distinguere tra PROCESSI COGNITIVI ELEMENTARI e FUNZIONALI: quelli ELEMENTARI, sono universali nell’ umano, formalmente identici in tutti quegli individui che non presentano patologie o disturbi particolari, e sono l’ astrazione, categorizzazione, induzione (passare dallo specifico al generale), deduzione. Quelli FUNZIONALI sono, invece, il prodotto del contesto culturale, nel quale il soggetto attiva i processi cognitivi elementari, essi sono sfruttati per la risoluzione dei vari problemi che si manifestano nei vari contesti culturali.

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Dai PROTOTIPI agli SCHEMI.

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I PROTOTIPI sono un modo di organizzare la percezione del mondo circostante, tramite l’ individuazione di particolari aspetti della realtà, ma non riescono però a concettualizzare la realtà in too, per questo servono gli SCHEMI.
Per Kant lo SCHEMA è l’ insieme di regole concettuali che la nostra immaginazione sfrutta per delineare la “figura generale” di un concetto (es. “cane”, lo schema c’è lo presenta come un “quadrupede”, senza per forza andare a prendere come esempio una razza particolare o un singolo cane con cui abbiamo avuto una esperienza diretta, quindi un PROTOTIPO, lo schema, in questo caso è la possibilità che noi abbiamo di pensare al concetto di “cane”).
L’ attività schematica è universale, c’è l hanno tutti gli esseri umani, ma essa non è omogenea tra le culture, è, quindi,culturalmente orientata.
Un esempio di questo orientamento culturale degli schemi è la parola “scrivere”. Lo schema del “scrivere” è diverso per gli italiani e per i giapponesi (tradotto “kaku”). Per gli italiani, lo schema “scrivere” implica l’ insieme di elementi che si manifestano nel nostro pensiero per identificare questa azione, quindi, una penna matita, un dito o un oggetto sottile, usato per scrivere una parola, una frase, un testo. Per i giapponesi lo schema “kaku” è differente, loro intendono lo scrivere ma anche quello che per noi è lo schema “disegnare”. Quindi per i giapponesi varrebbe il “scrivo una casa” al posto del nostro “disegno una casa”.

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Concetto di RELIGIONE.

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La RELIGIONE è un complesso più o meno coerente di pratiche (riti e osservazioni di precetti) e rappresentazioni (le credenze) che riguardano i fini ultimi e le preoccupazioni di una società, di cui si fa garante una forza superiore all’ essere umano.
La religione si basa sul SIGNIFICATO (cioè i valori esprimenti i fini ulti o le preoccupazioni della società) e l’ AUTORITÀ (cioè l’ idea che vi sia una entità superiore all’ essere umano capace di dettare i valori all’ uomo, in maniera diretta o indiretta, sfruttando quindi dei rappresentanti umani come i sacerdoti).
La religione ha lo scopo di affermare, ribadire, imporre, al gruppo o società l’ importanza indiscutibile dei VALORI fondanti, i quali servono a riparare l’ individuo o la collettività dalle ansie e dalle insicurezze connesse alla vita personale e collettiva (funzione INTEGRATIVA). Allo stesso tempo la religione si cura di tenere sotto controllo gli individui che non si adeguano ai principi morali, etici ecc della religione stessa (funzione NORMATIVA).

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CULTI INDIVIDUALI, SCIAMANESIMO e POSSESSIONI.

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I culti individuali sono quelli praticati da singolo individuo (preghiere, offerte, invocazioni) che però sono immesse all’ interno di un codice di rappresentazioni religiose culturalmente e socialmente condivise.
Un esempio di culto individuale è il fenomeno dello SCIAMANESIMO. Tale fenomeno prevede che il contatto con le “entità spirituali”,da parte dei viventi, sia possibile solamente attraverso la figura umana dello sciamano. Lo sciamano è un individuo come gli altri nella vita di tutti i giorni e che solo occasionalmente veste i panni della figura ponte tra naturale e sovrannaturale.
Le POSSESSIONI sono fenomeni presenti in diverse culture, perciò un individuo viene impossessato da uno spirito di un defunto, di un eroe o da una divinità, la quale si manifesta o comunica con il mondo umano attraverso di lui. Molte possessioni prevedono le “esibizioni” organizzate di soggetti predisposti, spesso psichicamente instabili, che danno luogo ad una serie di movimenti sussultori e scoordinati del corpo, perdita del senso del tempo e dello spazio, insensibilità al dolore o alla fatica. Il corpo di questi soggetti diviene il ricettacolo che gli spiriti usano per manifestarsi. A volte le possessioni possono essere istituzionalizzate (cioè gli individui che saranno impossessati fanno parte di specifiche categorie di genere o classe).
Un esempio di possessione istituzionalizzata, di genere, è quella che avviene nelle isole Bijago (vicino alla Guinea Bissau). In tal caso ad essere possedute sono le donne, le quali attuano da ricettacolo per gli spiriti degli uomini (morti prima del rituale di iniziazione, i Manras). Tramite questa possessione, lo spirito dei Manras viene placato, poiché consentirebbe il passaggio degli spiriti all’ età adulta.

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CULTI COMUNITARI.

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Si tratta di tutte quelle pratiche religiose che prevedono la partecipazione di gruppi di individui, organizzati in base all’ età, al sesso, del rango, che, su base volontaria, si riuniscono per un preciso scopo, senza alcun aspetto permanente e continuità delle funzioni culturali.
Esempi di culti comunitari è il TOTEMISMO: Il termine “totem”, per popolazioni di nativi nordamericani, significa “egli fa parte della mia parentela”. Essi erigevano i totem, dei veri e propri pali con incise le figure dei propri antenati mitici (corvo, castoro, balena ecc). Tale religione totemica porta come fondamento il culto dell’ antenato Eponimo (portante cioè lo stesso nome del gruppo oltre che ad un atteggiamento rituale nei confronti nei confronti di tutto ciò che fosse associato a esso).

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TABÚ

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Per tabú si intende qualcosa che è off-limits. Un agente (umano o non) va a definire quello che è tabú. Qualcosa è tabú solo da una determinata prospettiva (quello che è off-limits per una persona può non esserlo per un altra). Qualcosa che è tabú non lo è per se stesso, ma per una persona o gruppo di persone.

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SIMBOLI e RITI

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Secondo Geertz, alla base di ogni religione vi sono dei SIMBOLI SACRI (che significano dei concetti che rinviano ai valori fondamentali e ultimi di una società). I simboli sacri agiscono su coloro i quali li percepiscono in tal modo, e in essi, suscitano un determinato stato d’ animo (santo sepolcro per i cristiani, la Kaba per i musulmani e il muro del pianto per gli ebrei). Tali simboli sacri hanno la funzione di creare un ordine contrapposto al Chaos che governa il mondo, così da rassicurare l’ individuo e la società della presenza di un luogo (metafisico) in cui trovare conforto.
Per far si che gli esseri umani riconoscano un simbolo sacro è necessario “addestrarli al riconoscimento” di esso, per fare ciò sono necessari i RITI.
Un RITO può essere inteso come un complesso di azioni la cui sequenza è prestabilita da una formula fissa. Un esempio di rito è, per i cristiani, la processione del venerdì santo.in questi riti vengono evocati i simboli sacri religiosi, cosicché il loro carattere sacro possa manifestarsi apertamente. I riti, inoltre, sono spesso ufficializzati da cariche autorevoli (es. Sacerdoti).
Oltre ai riti sacri esistono anche i RITI PROFANI, i quali risultano privi di finalità religiose, ma che mettono comunque in gioco rappresentazioni che sono da considerarsi “sacre” a tutti gli effetti. Un esempio di ciò è le cerimonie in cui si pone omaggio alla bandiera nazionale (simbolo più importante dello stato nazione)

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RITUALI FUNEBRI.

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Poste davanti alla morte, tutte le culture, e quindi le rispettive società, cercano di radunare le proprie energie al fine di attenuare lo “Shock della perdita”. Di fronte alla morte le comunità fanno riferimento ai valori ultimi su cui esse si fondano. I riti funebri, pertanto contengono una serie di simboli (gesti, azioni e parole) che richiamano nei presenti i principi ultimi su cui la società si fonda.
I riti funebri sono differenti a seconda del genere, della classe sociale e del ruolo, oltre che all’ età dell’ individuo defunto.
Visto che la morte è il “dramma finale”, un insensata separazione degli affetti senza rimedio, in molte culture viene direttamente associati a simboli di vitalità (ad esempio vita attraverso il concepimento e morte), il tutto per attenuare il dolore.

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Religione e globalizzazione.

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Dalla fine del diciannovesimo secolo si pensa che il mondo stesse intraprendendo un percorso di SECOLARIZZAZIONE, ovvero il processo per il quale si ha una progressiva ritrazione del sacro. Ad oggi, osserviamo che, in realtà, stanno nascendo nuove forme di culti e movimenti religiosi (a cause di dinamiche relativamente recenti, come il colonialismo). Al tempo stesso, pare che la religione stia andando incontro ad un processo di ESSENZIALIZZAZIONE (cioè identificate come fattore essenziale rappresentativo della religione uno strumento per l opposizione politica, etnica e culturale). La religione o i vari culti stanno passando dalla loro attività individuale ad una “di massa” (basti pensare ai pellegrinaggi, per i cristiani, a Medjugorie). Inoltre si assiste a fenomeni di PRIVATIZZAZIONE della religione (come la nascita di movimenti New Age, filosofie orientali e buddismo, viste nell’ ottica della religione “fai da te”).
Queste religioni nate in risposta alle mutazioni sociali e culturali del Novecento si manifestano in:
1)culti di revitalizzazione, in cui un gruppo o una comunità puntano a migliorare le proprie condizioni di vita, e in cui i riti hanno lo scopo di rivitalizzare il senso identitario della comunità stessa (es. Movimenti dei nativi nord-americani con i loro riti noti come “danze dello spirito”).
2)culti millenaristici, in cui si accentuano le rappresentazioni relative all’ evento di un epoca di pace e felicità, il quale può essere favorito tramite la manifestazione di rituali.
3)culti nativistici, sono quelli che fanno proprie le proteste contro lo svantaggio delle popolazioni native e che mirano a far rinascere aspetti culturali come strumenti di rivendicazione della propria identità.
4)culti messianici, legati alla presenza di una figura forte, un “messia”.
In molti casi si può osservare in un singolo caso la presenza di fattori di molti di questi culti in contemporanea, ne è un esempio il culto del “Cargo”: tipica dell’ area Melanesiana. Tale culto si basa sulla credenza nell’ arrivo di grandi bastimenti (cargo) carichi di beni caratteristici delle società occidentali. Questi cargo, secondo le popolazioni locali, sarebbero inviati dagli antenati allo scopo di rivitalizzare la società locale, la quale ha subito un processo di decadenza a causa delle interferenze dei bianchi occidentali (culto rivitalizzante). Inoltre tale culto possedeva dei tratti messianici e nativistici, poiché era promosso da profeti, i quali prevedevano l’ intervento degli antenati nella lotta contro i bianchi.
Questo culto fonde l’ arrivo dei bianchi con le navi cargo con l’ arrivo degli antenati (entrambi, secondo la popolazione locale, responsabili dei disordini) che potrebbero ristabilire una situazione di ordine.

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EL TIO boliviano.

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Il culto di “El tuo” è un tipo di culto occupazionale diffusosi recentemente tra i minatori boliviani dello stagno. EL TIO è rappresentato, all’ ingresso dei passaggi nel sottosuolo, nelle miniere, come una maschera con corna e “occhi assetati di sangue dei minatori”, tale figura demoniaca va a rappresentare il rapporto che i minatori hanno con il proprio lavoro. I minatori pregano a El Tuo di risparmiarli e di fargli trovare lo stagno nel sottosuolo, senza morire. Tale figura, secondo i minatori, sarebbe adirata poiché i minatori depredano le risorse del sottosuolo, cosa che fanno poiché costretti dalle multinazionali, di modo da potersi guadagnare da vivere. Facendo preghiere ed offerte a El TIO, i minatori sperano di placare la sua ira e di essere ricompensati.