1 Flashcards

1
Q
  1. Teoria della selezione naturale
A

La teoria della selezione naturale proposto da Charles Darwin nel suo libro “L’origine delle specie”, pubblicato nel 1859. Questa teoria è stata ulteriormente sviluppata e raffinata nel corso degli anni ed è ora uno dei pilastri centrali della biologia evoluzionistica.

Quando si parla di evoluzione è importante ricordarsi della casualità e della NON intenzionalità delle mutazioni che portano a fattori dominanti.
L’ambiente seleziona gli individui con maggiore fitness, cioè la capacità di un individuo di sopravvivere e riprodursi.
La fitness si misura attraverso 3 fattori:
.sopravvivenza
.capacità riproduttiva (quanto maschi e femmine riescono a riprodursi)
.fecondità (numero di progenie prodotta)

Biston betularia, nota comunemente come falena del betulla o falena del peppered, è una specie di falena notturna.

L’evoluzione naturale di Biston betularia è stata ampiamente studiata in Inghilterra durante la rivoluzione industriale. Questa falena ha due forme principali: una forma chiara (pale) e una forma scura (melanica). La forma chiara ha una colorazione grigia o biancastra con piccoli puntini neri (da cui il nome “peppered”), mentre la forma melanica è di colore scuro o nera.

Prima dell’industrializzazione, la forma chiara era la forma predominante, poiché si mimetizzava bene con l’ambiente naturale dominato da alberi chiari come il betulla. Tuttavia, con l’avvento dell’industrializzazione, la fuliggine e l’inquinamento hanno reso la forma chiara più visibile ai predatori. Di conseguenza, nel corso di alcune generazioni, la frequenza delle falene melaniche è aumentata in modo significativo nelle popolazioni industrializzate.

Questo è un esempio di adattamento basato sulla selezione naturale. Le falene con colorazione melanica avevano una migliore probabilità di sopravvivere in un ambiente industrializzato, poiché erano meno visibili ai predatori come gli uccelli. Di conseguenza, la frequenza della forma melanica è aumentata nel corso del tempo.

Esistono diversi tipi di selezione, per esempio:

Direzionale: vengono favoriti individui che si trovano in un estremo della distribuzione di popolazione.

Stabilizzatrice: seleziona il carattere posseduto dalla gran parte della popolazione.

Divergente: seleziona diversi caratteri, uno in un estremo della popolazione e uno in un altro, creando così (nel tempo) due possibili specie diverse.

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2
Q
  1. fattori di controllo della fotosintesi: radiazione e CO2
A

I due principali fattori di controllo della fotosintesi sono la radiazione luminosa e la concentrazione di anidride carbonica (CO2) nell’ambiente delle piante.
Questi fattori sono essenziali per il processo di fotosintesi e influenzano significativamente la sua velocità e l’efficienza della produzione di glucosio e ossigeno. La combinazione ottimale di luce e CO2 può massimizzare l’efficienza della fotosintesi nelle piante, tuttavia altri fattori come temperatura, l’umidità e la disponibilità di nutrienti possono anche influenzare la fotosintesi.

Radiazione Luminosa:

Assorbimento di Luce: Le piante contengono pigmenti fotosintetici, come la clorofilla, che assorbono la luce solare. Questa luce solare viene catturata dalle foglie delle piante e convertita in energia chimica durante la fotosintesi.

Limite di Saturazione Luminosa: Le piante hanno un limite massimo di quanta luce possono utilizzare per la fotosintesi. Oltre un certo punto l’assorbimento di luce in eccesso non aumenta ulteriormente la velocità della fotosintesi. Questo è noto come “limite di saturazione luminosa”. La fotosintesi è più efficiente sotto la luce solare diretta piuttosto che in condizioni di ombra.

Fotoinibizione: Troppa luce può danneggiare le piante. Se la luce è intensa e prolungata, può causare danni ai pigmenti fotosintetici e al sistema fotosintetico stesso, questo è noto come “fotoinibizione”.

Concentrazione di Anidride Carbonica (CO2):

Assorbimento di CO2: Le piante assorbono la CO2 atmosferica attraverso piccole aperture chiamate stomi presenti nelle foglie. La CO2 è un input essenziale per la fotosintesi, poiché fornisce il carbonio necessario per la formazione di zuccheri e altre molecole organiche.

Limite di Saturazione di CO2: Anche la CO2 ha un limite massimo di concentrazione al di sopra del quale la fotosintesi non può più aumentare. Questo limite è noto come “limite di saturazione di CO2”. In molte situazioni, le piante possono trarre vantaggio da una maggiore concentrazione di CO2 atmosferica.

Concentrazione di CO2 Ambientale: La concentrazione di CO2 nell’atmosfera terrestre è aumentata negli ultimi decenni a causa delle attività umane come la combustione di combustibili fossili. Questo aumento può aumentare l’efficienza della fotosintesi in molte piante, un fenomeno noto come l’“effetto fertilizzantedellaCO2”.

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3
Q
  1. adattamento ed acclimatizzazione
A

“Adattamento” ed “acclimatizzazione” sono due concetti correlati ma distinti per descrivere come gli organismi rispondono e si adattano a cambiamenti nell’ambiente o nelle condizioni ambientali.

Adattamento:

Definizione: L’adattamento è un processo evolutivo attraverso il quale le specie si modificano geneticamente nel corso del tempo per sviluppare caratteristiche o tratti che migliorano la loro sopravvivenza e la loro riproduzione nell’ambiente in cui vivono.

Scala temporale: L’adattamento avviene su scala evolutiva, quindi richiede molte generazioni per essere evidente. Gli individui con tratti adattativi avranno maggiori probabilità di sopravvivere e riprodursi, trasmettendo questi tratti alla prossima generazione.

Esempio: Un esempio classico di adattamento è il becco delle varie specie di uccelli delle Galapagos studiate da Charles Darwin. Le differenze nei becchi di queste specie riflettono adattamenti a diverse fonti di cibo disponibili nelle diverse isole dell’arcipelago.

Acclimatizzazione:

Definizione: L’acclimatizzazione è una risposta fisiologica o comportamentale a breve termine di un organismo a cambiamenti ambientali. Questa risposta permette all’organismo di tollerare meglio le nuove condizioni, ma non coinvolge cambiamenti genetici permanenti.

Scala temporale: L’acclimatizzazione è un processo relativamente rapido che avviene durante la vita di un individuo. Gli organismi possono acclimatarsi a cambiamenti stagionali, altitudine, temperatura o altre condizioni ambientali temporanee.

Esempio: gli uccelli migratori che si spostano tra le diverse altitudini durante le loro migrazioni stagionali, durante il volo a quote elevate l’ossigeno nell’aria è scarso , gli uccelli hanno sviluppato quindi adattamenti fisiologici per affrontare queste sfide. Ad esempio, gli ematocriti, le cellule nel sangue che trasportano l’ossigeno, aumentano durante il volo a quote elevate. Questo aumenta la capacità di trasporto dell’ossigeno nel sangue e aiuta gli uccelli a sopportare condizioni di bassa pressione atmosferica.

In sintesi, l’adattamento è un processo evolutivo che coinvolge cambiamenti genetici permanenti in una popolazione nel corso delle generazioni, mentre l’acclimatizzazione è una risposta temporanea di un individuo a cambiamenti ambientali, senza coinvolgere modifiche genetiche permanenti.

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4
Q
  1. efficienza di conversione dell’energia nelle diverse comunità
A

L’efficienza di conversione dell’energia nelle diverse comunità ecologiche può variare notevolmente in base alla complessità della catena alimentare, alle risorse disponibili e agli adattamenti degli organismi.

Comunità dei Produttori:

Esempio: Piante, alghe.
Efficienza: Le piante sono i produttori primari e convertono l’energia solare in energia chimica tramite la fotosintesi. L’efficienza di conversione varia ma è generalmente bassa, spesso inferiore al 1%. Questo significa che solo una piccola frazione dell’energia solare incidente viene immagazzinata nelle molecole organiche delle piante.

Comunità degli Erbivori:

Esempio: Insetti, erbivori terrestri, erbivori marini.
Efficienza: Gli erbivori consumano le piante per ottenere energia. L’efficienza di conversione è più elevata rispetto alle piante, ma comunque limitata, spesso nell’ordine del 10-20%. Questo è dovuto alle perdite di energia durante la digestione, la locomozione e la crescita.

Comunità dei Predatori:

Esempio: Carnivori, predatori.
Efficienza: I predatori si nutrono di erbivori o di altri predatori. L’efficienza di conversione dell’energia può variare notevolmente, ma è generalmente più alta rispetto agli erbivori, spesso nell’ordine del 10-50%. Gli animali predatori tendono ad essere più efficienti nel trasferire l’energia tra i livelli trofici.

Decompositori:

Esempio: Funghi, batteri
Efficienza: Questi organismi svolgono un ruolo chiave nella decomposizione della materia organica morta. L’efficienza di conversione può essere relativamente alta, poiché possono convertire efficacemente la materia organica in sostanze nutrienti, contribuendo al riciclo di energia nell’ecosistema.

L’efficienza di conversione dell’energia è influenzata da diversi fattori, tra cui la temperatura, la disponibilità di cibo, la complessità delle catene alimentari e le strategie evolutive degli organismi. In generale, a ogni passaggio tra i livelli trofici, vi sono perdite di energia sotto forma di calore e sprechi metabolici, il che limita l’efficienza complessiva.

alcune comunità possono essere più efficienti nell’uso dell’energia rispetto ad altre, in base alle loro interazioni ecologiche e alle strategie alimentari adottate.

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5
Q
  1. Evidenze degli effetti dell’attività dell’uomo sugli ecosistemi
A

Tutti gli ambienti sono stati direttamente o indirettamente modificati dall’attività dell’uomo

L’azione più evidente si nota nella trasformazione delle terre emerse dove circa il 50% è stato direttamente modificato, con la conversione di aree naturali in terreni agricoli, urbani o industria

-sup. agricole e aree urbane sono circa 10-15% terre emerse; i pascoli sono il 6-8%
- 22% delle riserve marine sono sovrasfruttate o esaurite
e 44% sono al limite dello sfruttamento

Perdita di Biodiversità: L’attività umana, in particolare la deforestazione, l’urbanizzazione, l’agricoltura intensiva e l’intrusione nelle aree naturali, ha causato la perdita di habitat naturali e la diminuzione delle popolazioni di molte specie animali e vegetali. Questa perdita di biodiversità può portare all’estinzione delle specie e all’indebolimento degli ecosistemi.

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6
Q
  1. Ecosistema, definizione ed attributi
A

Ecosistema è un concetto più che una specifica entità fisica:

“E’ una unità funzionale costituita
da organismi interagenti e
dall’ambiente che agisce su di loro e
su cui loro reagiscono”

Per definire un ecosistema abbiamo degli attributi:
-struttura
definisce le diverse componenti del sistema (nella struttura della foresta abbiamo altezza media, densità etc)

-funzione
c’è un costante flusso di energia e di materia tra ambiente fisico e comunità biotica.
La funzione determina la struttura, ma osservando la struttura posso diagnosticare la funzione.
Per noi è importantissimo perché dalla struttura della foresta (altezza media, densità etc) posso risalire alla funzione, ovvero l’assorbimento di CO2 permettendoci di stimarlo.

-complessità
un sistema è complesso quando ogni evento o condizione è determinata in modo multiplo.

Es. da cosa dipende la chiusura stomatica? Dipende da quanta CO2 c’è nella foglia, che a sua volta dipende dalla radiazione.
Dipende anche dalla quantità di H2O nella foglia, che dipende a sua volta dall’efficienza del trasporto e dalla disponibilità di H2O che a sua volta dipende da elementi esterni come le precipitazioni e la ritenzione idrica

-interazione
ogni parte è legata in qualche modo alle altre e un cambiamento in una di queste parti determina cambiamenti in tutte le altre

L’interdipendenza tra comunità biotica e ambiente è talmente stretta che ogni variazione di un componente porta ad una conseguente modifica in tutti gli altri

-dinamica temporale
gli ecosistemi non sono statici: funzione e struttura possono cambiare nel tempo.
Noi di questa successione temporale vediamo solo un momento, un fotogramma. E’ importante studiare il prima e il dopo, andando a capire il passato per stimare il futuro

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7
Q
  1. Bioma foresta tropicale (pluviale, decidua)
A

Caratterizzate da una densità fogliare massima.
C’è la biomassa fogliare massima possibile.

Hanno il massimo valore di LAI.
si trovano in aree centrali vicino all’equatore
Sono presenti specie molto diverse, così tante che è impossibile riconoscerle tutte. Inoltre la variabilità tra individui è massima.

Temperatura media annua: 25-30°C
Precipitazioni: 1700-4500 mm y-
NPP totale: 21.9 Pg C y-1 (Peta = *1015)
NPP giornaliera: 6.8g m-2 d-1 (2500 g m-2 y-1)
LAI: 6-10 m2 m-2
Stagione vegetativa: 365 gg (infatti non ci sono anelli di crescita)

Questo bioma è in attuale distruzione dell’1% annuo.

Altezza degli alberi considerevole (40m), ma non ci sono le maggiori altezze del pianeta (quelle le troviamo nelle foreste temperate).
Sono alberi a foglia persistente.
Ci sono tantissimi strati di vegetazione, quindi abbiamo una altissima densità fogliare.

Questi sistemi hanno maggiore biodiversità sia vegetale che animale di tutto il pianeta.

1ha di foresta ha 18.000 specie di coleotteri (24.000 in tutti USA e Canada).
43 specie di formiche in un solo albero, che sono tante specie quante quelle in tutti UK.

Grandissima velocità di degradazione della lettiera grazie a temperature e umidità elevatissime.

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8
Q

savana

A

Savane tropicali e praterie:

Si trovano a nord e sud delle foreste tropicali e rappresentano la transizione da foresta tropicale a deserto
Troviamo molta Acacia, leguminose e alcune specie particolari come il baobab.

Le savane non sono considerate foreste secondo la FAO perché la copertura è troppo bassa.

Abbondanza di popolazioni di erbivori, in savana la produzione primaria netta è largamente edibile (erbacee) e lascia spazio a grandi erbivori e di conseguenza anche grandi carnivori.

Temperatura media annua: 21-28°C
Precipitazioni: 250-600 mm y-1
NPP totale: 14.9 Pg C y-1
Stagione vegetativa: 200g
NPP giornaliera: 3-5 g m-2 d-1 (600-1000/anno)
LAI: 2-5

Altezza degli alberi abbastanza contenuta (5-8m in media) perché hanno poche foglie, quindi crescono anche poco in altezza.
Il fuoco ha un ruolo fondamentale nel mantenimento del bioma, perché consumano solo la parte aerea senza toccare troppo le radici (perché l’incendio è rapido) e le piante poi possono riemettere la parte aerea.

Il 30-60% della NPP è consumata dagli erbivori.

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9
Q

bioma deserto

A

Sono il 30% sup. emerse del pianeta

Temperature medie annue: 17-24°C
con grandissima escursione termica. Questo perché l’atmosfera è molto limpida e l’irraggiamento notturno è molto limitato perché c’è minore effetto serra locale.
Precipitazioni: <200mm y-1
NPP totale: 3.5 Pg C y-1
Stagione vegetativa: 100d
NPP giornaliera: 0-2.5 g m-2 d-1 (0-250/anno)
LAI <= 1

Dominano gli arbusti con estese radici (fino a 50m di profondità).
Ci sono specifici adattamenti (piante CAM) per la conservazione dell’acqua.
Diffusa l’evitazione temporale che significa che le piante germinano solamente in corrispondenza di precipitazioni. Inoltre spesso le piante hanno semi che non germinano tutti nello stesso periodo vegetativo, ma anche dopo anni.
Bassa biodiversità vegetale e animale.
Molti animali estivano, cioè vanno in letargo durante la stagione calda.

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10
Q

prateria temperata

A

T media annua: 3-18°C
Precipitazioni: 200-600 mm y-1
NPP totale: 5.6 Pg C y-1
Stagione vegetativa: 150g
NPP giornaliera: 2.5-5 g
LAI: 3

3 principali forze selettive: incendi ricorrenti(superficiali, non causano danni alle radici anzi favoriscono la degradazione della lettiera), periodiche siccità, pascolamento animali
zone interne N e S America e eurasia
Sono aree non boscate perché sono pascolate e gli alberi hanno un periodo di qualche anno prima di produrre semi per riprodursi, quindi prima che possano maturare vengono mangiati e non si riproducono.

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11
Q

foresta temperata

A

T media annua: 7-13°C
Precipitazioni: 600-2000 mm y-1 (no siccità estiva)
NPP totale: 8.1 Pg C y-1
Stagione vegetativa: 250d
NPP giornaliera: 3-6.2 g m-2 d-1 (600-1500/anno)
LAI: 3-6

Presenza di 2-3 strati di vegetazione.
Animali vanno in letargo invernale.
Media biodiversità.
grandi pianure euro-asiatiche e N americane
Clima temperato: inverno mite, estate calda e umida

Sono gli ecosistemi che manifestano la massima altezza al mondo, con 120m Sequoia sempervirens,

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12
Q

foresta mediterranea

A

T° media annua: 14-18°C
Precipitazioni: 400-1500mm y-1 (con marcata siccità estiva)
NPP totale: 1.4 Pg C y-1
Stagione vegetativa: 200d
NPP giornaliera: 2.5 g m-2 d-1 (600-1500/anno)
LAI: 2

Caratteristico del bacino del Mediterraneo e poche altre zone.
Vegetazione adattata ai fuochi ricorrenti
Clima mediterraneo: inverno mite e piovoso, estate calda e secca

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13
Q

foreste boreali taiga

A

Sono la maggior parte delle foreste.

T° media annua: 0-5°C
Precipitazioni: 400-800 mm y-1 (prevalentemente nel periodo estivo)
NPP totale: 2.6 Pg C y-1
Stagione vegetativa: 130-150d
NPP giornaliera: 2.5 g m-2 d-1 (350-600/annuo)
LAI: 3

Caratteristico il permafrost (= strato del suolo che non sgela mai durante l’estate; può essere a 50-100cm dalla superficie e può essere spesso fino a centinaia di metri.

la vegetazione che si trova qui è estremamente sensibile ai cambiamenti di temperatura.
Queste aree vengono infatti usate come indicatore degli effetti del cambiamento climatico perché con un piccolissimo cambiamento la foresta avanza verso nord e aumenta il suo limite superiore del bosco (altro fattore che viene molto limitato dalla temperatura).

L’avanzamento delle foreste boreali sta provocando un effetto negativo sul clima, facendo aumentare l’effetto iper-serra. Questo perché le zone che vengono coperte da nuove piante prima erano coperte da neve e prato, che hanno una maggiore riflettanza e quindi riflettono meglio la radiazione, escludendola così dal calcolo dell’effetto serra. Invece gli alberi hanno una riflettanza minore, assorbono più radiazione solare e quindi aumentano l’effetto iper-serra. Quindi in ambienti boreali l’espansione delle foreste provoca un aumento della temperatura dell’atmosfera piuttosto che una sua diminuzione.

Inoltre in generale abbiamo poca biodiversità.

N.B.2: la pressione selettiva della neve va a favore di chiome ristrette.

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14
Q

tundra

A

Assenza di alberi
E’ il limite della treeline.

T° minime basse fino a -50°C e massime di 10°C con estati brevi.
Precipitazioni: 100-400 mm y-1
NPP totale: 0.5 Pg C y-1
Stagione vegetativa: 100d
NPP giornaliera: 0.5 g m-2 d-1
LAI: 1

Si trovano specie legnose prostrate perché sfruttano l’effetto riscaldante del suolo, è dominata da piante nane, muschi, licheni e arbusti a bassa crescita.
A causa delle sfide ambientali, la biodiversità nella tundra è relativamente bassa rispetto ad altri biomi. Tuttavia, è comunque possibile trovare una varietà di specie animali adattate a queste condizioni, tra cui caribù, renne, lemming, orsi polari e uccelli migratori.
Suolo gelato anche in estate (permafrost) senza orizzonti superficiali.
Suoli poveri di nutrienti (N).

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14
Q

Fattori determinanti la distribuzione dei biomi

A

La distribuzione dei biomi, o delle grandi comunità vegetali e animali terrestri, è influenzata da una complessa interazione di fattori naturali e antropogeni (dovuti all’azione dell’uomo). Di seguito sono elencati alcuni dei principali fattori che determinano la distribuzione dei biomi

Temperatura:

La temperatura media annuale e le variazioni stagionali influenzano notevolmente il tipo di bioma presente in un’area. Ad esempio, le regioni con inverni freddi e estati calde sono più propense a ospitare foreste temperate, mentre le regioni con inverni freddi prolungati possono sostenere la tundra.

Precipitazioni: La quantità e la distribuzione delle precipitazioni sono fondamentali. Le regioni con precipitazioni abbondanti tendono ad avere foreste pluviali tropicali, mentre le regioni con precipitazioni limitate ospitano deserti o steppe.

Altitudine:

L’altitudine influisce sul clima, con temperature che diminuiscono con l’altitudine. Questo determina la distribuzione verticale dei biomi, ad esempio dalle foreste tropicali alle foreste temperate e poi alle tundre nelle zone di alta montagna.

Lunghezza del Giorno:

La latitudine influenza la lunghezza del giorno durante le stagioni. Questo influenza i cicli stagionali di crescita delle piante e può determinare se si svilupperanno foreste sempreverdi o decidue.

Suolo:

La tipologia di suolo, inclusi fattori come la composizione chimica, la struttura e la profondità, influenza il tipo di vegetazione che può crescere in un’area specifica. Ad esempio, i suoli aridi e sabbiosi favoriscono la crescita di piante adattate alla siccità.

Disturbi Naturali:

Incendi, inondazioni, eruzioni vulcaniche e altri disturbi naturali possono modellare la distribuzione dei biomi. Ad esempio, alcune piante hanno adattamenti al fuoco e prosperano in aree soggette agli incendi.

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14
Q

variazione di radiazione solare alla superficie del suolo

A

1:La superficie terrestre non riceve eguale radiazione
i tropici ricevono una radiazione maggiore (2.5x) dei poli a causa della curvatura della terra
Il Sole emette uno spettro di radiazione, ovvero più lunghezze d’onda.
Una parte della radiazione viene assorbito dalle parti alte dell’atmosfera (ozonosfera, dall’ozono).

Oggi si sa che la luce è costituita da particelle chiamate FOTONI

Quanta energia un fotone?
E= hc/λ

h = Costante di Plank 6.63 x10alla-34 J s
c = velocità della luce 3x10alla8 m s-1
λ = lunghezza d’onda (c/ λ = ν = frequenza)

Se il fotone percorre un percorso breve in atmosfera è poco probabile che verrà in contro a fenomeni di attenuazione dovuta alle molecole dell’atmosfera.
Se invece il fotone percorre un percorso più lungo è più probabile che ci siano fenomeni di attenuazione dovuta alle molecole dell’atmosfera. Questo succede verso i poli.

15
Q

atmosfera, composizione e struttura

A

2:La composizione dell’atmosfera è per la maggior parte azoto. Abbiamo circa un 21% di ossigeno e 1% di argon.
CO2 si calcola in ppm, ovvero parti per milione.

C’è anche un’altra componente che è il vapore acqueo. Di norma non supera l’1-2%, ma è molto variabile come valore. E’ importantissimo sapere quanto vapor d’acqua c’è nell’aria perché guida l’evaporazione delle foreste :Più vapore c’è in atmosfera più la traspirazione è bassa. Al contrario meno vapore c’è in atmosfera più la traspirazione è alta.

Struttura dell’atmosfera
E’ divisa in diversi strati.
Il primo è la troposfera che arriva circa a 17 km.
Poi troviamo la stratosfera, che arriva circa a 50 km.

Nella troposfera sappiamo che la temperatura diminuisce con l’aumentare dell’altitudine. Diminuzione di circa 6°C/kmaltitudine.
Nella stratosfera invece la temperatura aumenta con l’altitudine, fino ad arrivare a 0°C al limite superiore della stratosfera.
Questo succede perché la troposfera non è scaldata dal sole (abbiamo detto che l’atmosfera è trasparente alla radiazione del sole (escluso l’UV), quindi non può trasferire calore e scaldarsi), ma è scaldata dalla Terra che riemette onde lunghe, che sono fortemente assorbite dall’atmosfera, quindi la scaldano. Perciò maggiore la distanza dalla superficie terrestre minore la temperatura.
Invece la stratosfera che è ricca di ozono, assorbe la radiazione solare che arriva dall’alto, quindi la sua temperatura aumenta con l’altitudine.

16
Q

misurazione vapore acqueo nell’atmosfera

A

Ci sono varie misure dell’umidità:
-L’umidità assoluta è la quantità effettiva di vapore acqueo presente in un dato volume di aria, solitamente misurata in grammi per metro cubo

-L’umidità relativa è la misura della quantità di vapore acqueo presente nell’aria rispetto alla massima quantità di vapore acqueo che quell’aria potrebbe contenere a una determinata temperatura, espressa come percentuale. Se l’umidità relativa è del 50% a una temperatura di 25°C, significa che l’aria contiene effettivamente la metà della massima quantità di vapore acqueo che potrebbe contenere a quella temperatura.

17
Q

atmosfera, circolazione globale

A

I movimenti dell’atmosfera sono sempre dovuti ad un gradiente di pressione.
L’aria fluisce da zone di alta pressione (zone di divergenza) a zone di bassa pressione (zone di convergenza).

All’equatore c’è una perenne zona di bassa pressione al suolo (zona di convergenza).